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Guida alle costellazioni/Le stelle

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La costellazione di Orione
La costellazione di Orione

CopertinaGuida alle costellazioni/Copertina

Parte I - Stelle e oggetti
Parte II - Le 88 costellazioni
Parte III - Carte stagionali
Appendici
Sirio, la stella più brillante del cielo notturno, è una stella bianca di sequenza principale che appare azzurrognola per via dello scattering atmosferico.
Betelgeuse, nella costellazione di Orione, è un famoso esempio di stella supergigante rossa.

Una stella è un corpo celeste che brilla di luce propria. Le stelle si formano all'interno delle nubi molecolari, ossia delle regioni di gas ad "alta" densità presenti nel mezzo interstellare, costituite essenzialmente da idrogeno, con una quantità di elio del 23-28% e tracce di elementi più pesanti. Le stelle più massicce che si formano al loro interno le illuminano e le ionizzano, creando le cosiddette regioni H II (vedi più avanti). La formazione di una stella ha inizio quando una nube molecolare inizia a manifestare fenomeni di instabilità gravitazionale, spesso innescati dalle onde d'urto di una supernova o della collisione tra due galassie. Non appena si raggiunge una densità della materia tale da rompere l’equilibrio fra pressione interna e collasso gravitazionale, la regione inizia a collassare sotto la sua stessa gravità. Il graduale collasso della nube porta alla formazione di densi agglomerati di gas e polveri oscure al cui interno si forma la protostella, circondata da un disco che ne accresce la massa; questa contrazione provoca la conversione dell'energia di gravitazione in calore. Il periodo di contrazione gravitazionale termina dopo circa 10-15 milioni di anni.

La sequenza principale è una fase di stabilità durante la quale le stelle fondono l'idrogeno del proprio nucleo in elio a temperatura e pressione elevate; le stelle trascorrono in questa fase circa il 90% della propria esistenza. Queste stelle si trovano nella cosiddetta sequenza principale (MS) e sono chiamate a volte stelle nane. In questa fase ogni stella genera un vento di particelle cariche (il vento stellare) che provoca una continua fuoriuscita di materia nello spazio, che per gran parte delle stelle risulta irrisoria. La durata della sequenza principale dipende dalla massa iniziale e dalla luminosità della stella.

Le stelle più massicce consumano il proprio "combustibile nucleare" piuttosto velocemente ed hanno una vita decisamente più breve (qualche decina o centinaio di milioni di anni); le stelle più piccole invece bruciano l'idrogeno del nucleo molto lentamente ed hanno un'esistenza molto più lunga (decine o centinaia di miliardi di anni). La sequenza principale termina non appena l'idrogeno, contenuto nel nucleo della stella, è stato completamente convertito in elio dalla fusione nucleare; la successiva evoluzione della stella segue vie diverse a seconda della massa dell'oggetto celeste.

Le stelle più piccole, le nane rosse (tra 0,08 e 0,4 masse solari), si riscaldano, divenendo per breve tempo delle stelle azzurre, per poi contrarsi gradualmente in nane bianche. Le stelle la cui massa è compresa tra 0,4 e 8 masse solari attraversano, al termine della sequenza principale, una fase di notevole instabilità: il nucleo subisce una serie di collassi incrementando la propria temperatura e dando inizio a diversi processi di fusione nucleare che riguardano anche gli strati immediatamente contigui al nucleo; gli strati più esterni invece si espandono e gradualmente si raffreddano, assumendo una colorazione rossastra; la stella diviene una gigante rossa. Durante questo stadio la stella fonde l'elio trasformandolo in carbonio e ossigeno e, qualora la massa sia sufficiente (circa 7-8 masse solari), una parte di quest'ultimo in magnesio.

Parallela a quella di gigante rossa è la fase di gigante blu, che intercorre come meccanismo di compensazione qualora la velocità delle reazioni nucleari subisca un rallentamento. Le stelle supermassicce (ossia con una massa superiore alle 30 masse solari) accumulano al loro centro un grande nucleo di ferro inerte diventando così stelle di Wolf-Rayet, oggetti caratterizzati da forti venti stellari che provocano una consistente perdita di massa.

Quando una stella è prossima alla fine della propria esistenza, la pressione di radiazione del nucleo non è più in grado di contrastare la gravità degli strati più esterni dell'astro. Di conseguenza il nucleo va incontro a un collasso, mentre gli strati più esterni vengono espulsi; ciò che resta alla fine del processo è un oggetto estremamente denso. Se la stella possedeva originariamente una massa tra 0,08 e 8 masse solari si forma una nana bianca, un oggetto dalle dimensioni piuttosto piccole (paragonabili a quelle della Terra). Se la sua massa è compresa tra 0,4 e 8 masse solari, essa, prima di trasformarsi in nana bianca, perde i suoi strati più esterni in una spettacolare nebulosa planetaria. Nelle stelle con masse maggiori, la fusione nucleare continua finché il nucleo non riesce più a tollerare la sua stessa massa e va incontro a un improvviso e irreversibile collasso. L'onda d'urto che si genera provoca la catastrofica esplosione della stella in una brillantissima supernova. L'esplosione diffonde nello spazio la gran parte della materia che costituiva la stella, mentre il nucleo residuo sopravvive in uno stato altamente degenere. Se la massa del residuo è compresa tra 1,4 e 3,8 masse solari, esso collassa in una stella di neutroni; se la massa del residuo è superiore a 3,8 masse solari, nessuna forza è in grado di contrastare il collasso gravitazionale e si origina un buco nero.

Gli elementi pesanti espulsi dalle stelle morenti vengono riciclati alla nascita di nuove stelle. Questi stessi elementi consentono inoltre la formazione dei pianeti rocciosi. Gli elementi espulsi dalle supernovae e dal vento stellare delle stelle più massicce giocano un ruolo importante nell'evoluzione del mezzo interstellare.

Caratteristiche spettrali

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Rapporto fra le dimensioni di stelle di sequenza principale in base alla loro classe spettrale; una stella di classe O è molto più grande di stella di classe B e infinitamente più estesa di una stella di classe M.

Le stelle sono classificate in base alle loro caratteristiche spettrali. La classe spettrale di una stella è una classe di designazione che descrive la ionizzazione della sua cromosfera e quali eccitazioni atomiche dominano la sua luce, dando così una misura obiettiva della temperatura della sua cromosfera. La spettroscopia permette in aggiunta di analizzare gli spettri di emissione delle stelle; infatti è possibile associare in maniera molto approssimativa il nucleo di una stella a un corpo nero (corpo ideale che emette tutte le onde elettromagnetiche che assorbe) e tenere conto che ciò che giunge sino ai nostri occhi è uno spettro di "assorbimento" causato dal passaggio della luce ideale prodotta dal corpo nero attraverso gli strati gassosi dell'astro. Di conseguenza analizzando tale spettro di assorbimento è possibile persino intuire la stessa costituzione chimica della stella.

Quasi tutte le stelle sono classificate con le lettere O, B, A, F, G, K e M, dove le stelle di classe O sono le più calde e la sequenza delle lettere indica un raffreddamento progressivo fino alla classe M. Secondo la tradizione informale:

  • le stelle O sono "blu"; temp. superficiale 60.000 K;
  • le stelle B sono "bianco-azzurre"; temp. sup. 30.000 K;
  • le stelle A sono "bianche"; temp. superficiale 10.000 K;
  • le stelle F sono "bianco-gialle"; temp. sup. 7500 K;
  • le stelle G sono "gialle"; temp. superficiale 6000 K;
  • le stelle K sono "arancioni"; temp. superficiale 5000 K;
  • le stelle M sono "rosse"; temp. superficiale 3500 K.

Ciò nonostante, il colore reale percepito da un osservatore può variare da questo schema a causa delle condizioni di visuale e dalle singole stelle osservate. Nell'attuale sistema di classificazione stellare, la lettera spettrale è accompagnata da un numero compreso fra 0 e 9, che indica decimi di suddivisione fra due classi: A5 è cinque decimi fra A0 e F0, mentre A2 è due decimi fra A0 e F0.

Un'altra dimensione inclusa in questo sistema è la classe di luminosità espressa dai numeri romani I, II, III, IV e V, che indicano lo spessore di alcune linee di assorbimento nello spettro stellare. Questo sistema è di fatto una misura generale del diametro di una stella, e quindi della luminosità totale rilasciata dalla stella stessa.

  • La classe I è quella delle supergiganti, a sua volta divisa in Ia e Ib;
  • la classe II è quella delle giganti brillanti;
  • la classe III è quella delle giganti;
  • la classe IV è quella delle subgiganti;
  • la classe V è quella delle nane o, più propriamente, stelle di sequenza principale.

Sotto questo sistema, il Sole possiede il tipo spettrale G2V, che deve essere interpretato come "stella gialla di sequenza principale due decimi verso l'arancione".

A queste classi se ne aggiungono altre più rare, come la classe W, utilizzata per delle stelle particolarmente calde e massicce, le stelle di Wolf-Rayet.

Designazioni stellari

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Generalmente le stelle più luminose della volta celeste possiedono nomi propri, assegnati nel corso della storia da varie popolazioni e civiltà. Al di là di questi nomi, la designazione maggiormente usata per le stelle più luminose di una determinata costellazione è la designazione di Bayer. Le stelle catalogate con questo sistema presentano una lettera greca seguita dal genitivo latino del nome della costellazione di appartenenza (per una panoramica dei nomi latini delle costellazioni consultare la relativa tabella inserita in Appendice); alla stella più luminosa di una costellazione viene assegnata generalmente la lettera α, quindi alla seconda è data la lettera β, e così via (ad esempio α Lyncis, γ Persei…). Oltre la lettera ω si usano i caratteri latini minuscoli (a, b, c…) e poi quelli maiuscoli (A, B, C…).

I numeri di Flamsteed, al contrario, procedono a elencare le stelle di una costellazione (comprese quelle con designazione di Bayer) con un numero crescente dalla più occidentale alla più orientale, facendo sempre seguire al numero il genitivo del nome della costellazione in latino. A differenza della designazione di Bayer, i numeri di Flamsteed non sono utilizzati per la maggior parte delle costellazioni dell’emisfero australe.

Un catalogo tutt’oggi molto utilizzato è il Catalogo di Henry Draper (sigla HD), compilato fra il 1918 e il 1924 e contenente 225.300 stelle fino alla magnitudine 9 circa. I numeri HD sono oggi usati diffusamente per le stelle che non hanno un nome assegnato dalla nomenclatura di Bayer o da quella di Flamsteed. Le stelle numerate da 1 a 225.300 sono presenti nel catalogo originale e sono numerate in ordine crescente di Ascensione Retta (per l'epoca 1900.0). Le stelle da 225.301 a 359.083 sono presenti nell'estensione pubblicata nel 1949. Queste ultime sono a volte chiamate HDE (Henry Draper Extension), ma il numero basta a separarle e sono quindi spesso chiamate semplicemente HD.

Altri cataloghi molto diffusi oggi sono il Catalogo Hipparcos (sigla HIP), compilato dai dati della missione Hipparcos dell’Agenzia Spaziale Europea fra il 1989 e il 1993 e comprendente 118.218 stelle, e il Catalogo Tycho-2 (sigla Tyc o Tyc-2), del 2000, con ben 2.539.332 stelle, ossia il 99% delle stelle fino alla magnitudine 11.

Stelle doppie

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Una stella doppia è una coppia di stelle che appaiono vicine l'un l'altra nel cielo se viste da Terra con un telescopio ottico. Ciò accade sia quando due stelle costituiscono un sistema binario a tutti gli effetti e quindi legato gravitazionalmente, sia quando due stelle distanti fra loro vengono a trovarsi sulla stessa linea di vista e apparire, quindi, vicine.

Una stella binaria è un sistema formato da due stelle che orbitano attorno al loro comune centro di massa. La stella più luminosa è chiamata "primaria" e l'altra è la stella compagna, o "secondaria". Le stelle binarie sono classificate in quattro tipi a seconda del modo in cui possono essere osservate: visuali, attraverso l'osservazione; spettroscopiche, attraverso cambiamenti periodici delle linee spettrali; fotometriche, attraverso variazioni di luminosità dovute ad eclissi; astrometriche, tramite la misurazione dello spostamento di una stella causato da una compagna invisibile.

Una stella binaria visuale è una stella binaria in cui la separazione angolare fra le due componenti è grande abbastanza da poter essere osservata come stella doppia in un telescopio o in binocoli molto potenti. La stella più luminosa di una binaria visuale è detta primaria e la più debole è detta secondaria. Una classe particolare di stelle binarie è quella delle binarie a eclissi; in questi sistemi il piano orbitale delle due stelle giace così vicino alla linea di vista che le due componenti si eclissano a vicenda. Nel caso in cui la binaria è anche una binaria spettroscopica e la parallasse del sistema è conosciuta, la binaria è adatta per l'analisi stellare. Le binarie a eclissi dunque appaiono come stelle variabili, non perché la luce delle singole componenti varia ma a causa dell'eclissi.

Un sistema stellare può essere composto da tre o più stelle legate gravitazionalmente fra loro; in questo caso il sistema è chiamato stella multipla.

Stelle variabili

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Una stella variabile è una stella che mostra cambiamenti nel tempo della sua luminosità apparente. Quasi tutte le stelle possiedono variazioni di luminosità, seppur minime: l'energia proveniente dal Sole, per esempio, varia di circa lo 0,1% durante il ciclo solare di 11 anni, equivalente a un millesimo di magnitudine.

Le stelle variabili possono essere intrinseche o estrinseche.

Le variabili intrinseche sono stelle la cui variabilità è causata da cambiamenti delle proprietà fisiche delle stelle stesse. Questa categoria può essere suddivisa in tre sottogruppi:

  • Variabili pulsanti, stelle il cui raggio si espande e si contrae ritmicamente a causa del loro naturale processo di evoluzione. Le variabili Cefeidi Classiche, le variabili semiregolari e le variabili Mira appartengono a questo sottogruppo.
  • Variabili eruttive, stelle che subiscono eruzioni sulla loro superficie come brillamenti o espulsioni di massa. Le giovani stelle di pre-sequenza principale, le stelle di Wolf-Rayet e le variabili blu luminose appartengono a questo sottogruppo.
  • Variabili cataclismiche o esplosive, stelle che subiscono cambiamenti cataclismici nelle loro proprietà, come le novae e le supernovae.

Le variabili estrinseche sono stelle la cui variabilità è causata da proprietà esterne come la rotazione o le eclissi. Si dividono in due sottogruppi.

  • Binarie a eclissi, stelle doppie che si eclissano a vicenda durante la loro orbita se viste da Terra.
  • Variabili rotanti, stelle la cui variabilità è causata da fenomeni connessi alla loro rotazione. Esempi sono stelle con estremi "sunspot" che possono influenzare la luminosità apparente o stelle che possiedono una velocità di rotazione così elevata da provocare un loro schiacciamento.

La luminosità delle stelle

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La luminosità di un corpo, sia esso una stella o anche una candela, è detta magnitudine. Esistono due tipi di misurazioni per la magnitudine di un corpo: la magnitudine apparente, ossia la luminosità con cui un corpo appare all'osservatore, a prescindere dalla sua distanza, e la magnitudine assoluta, ossia la luminosità che un corpo ha alla distanza fissa di 10 parsec di distanza (1 parsec = 3,26 anni luce; 1 anno luce = circa 9,4 mila miliardi di km). Ai fini dell'osservazione amatoriale interessa di più conoscere la magnitudine apparente.

La scala della magnitudine è decrescente: questo significa che più il valore è basso, più il corpo è luminoso; pertanto oggetti con una magnitudine negativa sono più luminosi di oggetti con una magnitudine positiva. Di seguito sono riportati alcuni esempi di magnitudini apparenti sia di stelle che di pianeti, allo scopo di fornire un riferimento.

  • Magnitudine -26: il Sole visto da Terra;
  • Magnitudine -13: la Luna piena;
  • Magnitudine -5: il pianeta Venere;
  • Magnitudine -1,46: Sirio, la stella più brillante del cielo notturno;
  • Magnitudine 0: Vega, la quinta stella più brillante del cielo;
  • Magnitudine 2: la Stella Polare: in alcune grandi città è anche il limite di visibilità delle stelle;
  • Magnitudine 3: limite in un centro abitato di medie dimensioni in buone condizioni meteorologiche;
  • Magnitudine 4: limite in un cielo non inquinato di una notte molto umida;
  • Magnitudine 5: limite in un buon cielo fuori dai centri abitati;
  • Magnitudine 6: indica una visibilità perfetta.

Il diagramma Hertzsprung-Russell

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Il diagramma Hertzsprung-Russell (dal nome dei due astronomi, Ejnar Hertzsprung e Henry Norris Russell, che verso il 1910 lo idearono indipendentemente; in genere abbreviato in diagramma H-R) è uno "strumento" teorico che mette in relazione la temperatura effettiva (riportata in ascissa) e la luminosità (riportata in ordinata) delle stelle. La temperatura effettiva e la luminosità sono quantità fisiche che dipendono strettamente dalle caratteristiche intrinseche della stella (massa, età e composizione chimica), non sono misurabili direttamente dall'osservatore, ma possono essere derivate attraverso modelli fisici.

Poiché esistono legami tra la temperatura effettiva di una stella ed il suo indice di colore, e tra la luminosità della stessa e la sua magnitudine apparente (o assoluta), è possibile ottenere una "versione osservativa" del diagramma H-R detta diagramma colore-magnitudine, che mette in relazione due quantità misurabili direttamente dall'osservatore: il colore della stella e la sua magnitudine. L'esatta trasformazione da diagramma H-R a diagramma colore-magnitudine non è semplice e dipende da fattori osservativi e teorici: distanza, età, composizione chimica, gravità superficiale e struttura interna ed atmosferica della stella.

Il diagramma H-R viene utilizzato per comprendere l'evoluzione stellare e le caratteristiche fisiche delle singole stelle e degli agglomerati stellari: ammassi aperti, ammassi globulari e galassie. Grazie al diagramma H-R è possibile: confrontare le predizioni teoriche dei modelli di evoluzione stellare con le osservazioni per verificare l'accuratezza delle prime; determinare l'età, la composizione chimica e la distanza di una popolazione stellare; derivare la storia della formazione stellare di un agglomerato di stelle, eccetera.

Da un primo esame del diagramma H-R si osserva immediatamente come le stelle tendano a posizionarsi in regioni ben distinte: la struttura evolutiva predominante è la diagonale che parte dall'angolo in alto a sinistra (dove si trovano le stelle più massicce, calde e luminose) verso l'angolo in basso a destra (dove si posizionano le stelle meno massicce, più fredde e meno luminose), chiamata sequenza principale. In basso a sinistra si trova la sequenza delle nane bianche, mentre sopra la sequenza principale, verso destra, si dispongono le giganti rosse e le supergiganti, nel cosiddetto ramo asintotico delle giganti (abbreviato AGB).

Le popolazioni stellari

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L’ammasso globulare M80. Gli ammassi globulari sono formati da vecchie stelle di popolazione II povere di metalli.

Le stelle possono essere divise in due grandi classi chiamate popolazione I e popolazione II. Un'ulteriore classe chiamata popolazione III è stata aggiunta nel 1978.

Le stelle di popolazione I sono osservabili soprattutto nei dischi delle galassie a spirale, mentre quelle di popolazione II si trovano soprattutto negli aloni galattici e negli ammassi globulari. Il Sole è una stella di popolazione I. Alla popolazione I appartengono stelle più giovani che contengono gli elementi pesanti prodotti nelle stelle di popolazione II e poi dispersi nel mezzo interstellare dopo la fine della loro esistenza; Alla popolazione II appartengono stelle vecchie formatesi poco dopo il Big Bang, che hanno una quantità molto ridotta di elementi più pesanti dell'elio (chiamata metallicità).

Le stelle di popolazione II sono stelle relativamente povere di metalli. È importante sottolineare che si tratta di una povertà relativa dato che anche gli oggetti ricchi di metalli presentano una percentuale di elementi più pesanti dell'elio molto piccola e sono per lo più costituiti da quest'ultimo elemento e da idrogeno. Tuttavia, le stelle povere di metalli ne hanno una percentuale ancora più piccola perché sono oggetti molto antichi che si sono formati nell'universo primitivo, quando questo conteneva frazioni piccolissime di elementi diversi dall'idrogeno e dall'elio. La percentuale di metalli nelle stelle di popolazione II si aggira in media intorno allo 0,1% contro una percentuale del 2-3% delle stelle di popolazione I.

Una caratteristica interessante delle stelle di popolazione II è che, nonostante la loro bassa metallicità, esse presentano un tasso relativamente alto di elementi alfa (cioè elementi i cui isotopi più importanti hanno un numero di massa multiplo di 4), come l'ossigeno, il silicio e il neon rispetto alle stelle di popolazione I. È stato proposto che questa particolarità si deve al fatto che al tempo di formazione delle stelle di popolazione II i principali contributi all'arricchimento di metalli del mezzo interstellare erano le supernovae di tipo II, mentre l'arricchimento dovuto alle supernovae Ia si verificò in periodi successivi. Infatti le supernovae di tipo II disperdono nel mezzo interstellare soprattutto ossigeno, neon e magnesio, ma piccole quantità di ferro. Invece, le supernovae di tipo Ia disperdono grandi quantità di ferro e quantità più modeste di magnesio e ossigeno.

La generazione successiva di stelle, quelle di popolazione I, nacquero da nubi di gas contaminate dai metalli prodotti dalle stelle di popolazione II e rilasciati nel mezzo interstellare da tali stelle dopo la fine della loro esistenza. Quando una stella muore, rilascia parte del materiale di cui è composta tramite l'esplosione di una supernova o la formazione di una nebulosa planetaria. Poiché nel corso della sua esistenza la stella ha prodotto vari elementi chimici più pesanti dell'idrogeno e dell'elio, i materiali che essa rilascia nel mezzo interstellare saranno più ricchi di metalli di quelli che componevano la nube da cui essa è nata. Tali materiali espulsi dalla stella morente e ricchi di metalli andranno a mischiarsi con le nubi da cui nascono nuove stelle. Queste stelle più giovani, pertanto, presenteranno una percentuale di metalli superiore a quelle della generazione precedente. Il Sole fa parte delle stelle di seconda generazione.

A parità di massa le stelle di popolazione I sono meno luminose delle stelle di popolazione II. Ciò è dovuto al fatto che i metalli presenti al loro interno assorbono parte dei fotoni prodotti, rendendole maggiormente opache. Di conseguenza, meno energia viene liberata e la stella risulta meno luminosa. Poiché i metalli tendono ad assorbire prevalentemente le frequenze più corte (blu), a parità di massa le stelle di popolazione I risultano più rosse e meno calde di quelle di popolazione II. Tuttavia, tenendo fissa una certa lunghezza d'onda sul diagramma Hertzsprung-Russell le stelle di popolazione I della sequenza principale risultano più luminose di circa una magnitudine rispetto a quelle di popolazione II, che pertanto, ponendosi sotto la sequenza principale, vengono chiamate subnane. Infatti, nonostante a parità di massa le stelle di popolazione II siano più luminose, presa una certa lunghezza d'onda sul diagramma H-R, le stelle di popolazione II di quel colore saranno meno massicce delle corrispondenti stelle di popolazione I (esse sono infatti più blu delle stelle di popolazione I aventi la loro stessa massa). Essendo meno massicce, esse sono anche meno luminose delle stelle di popolazione I del loro stesso colore.

L'alta metallicità delle stelle di popolazione I rende più probabile che esse possiedano un sistema planetario, data la presenza di elementi più pesanti. Nella Via Lattea, la metallicità tende ad essere più alta nei pressi del centro galattico e a decrescere mano a mano che ci si allontana da esso.

Classificazione delle stelle variabili

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Nomenclatura

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Alle prime stelle variabili scoperte in una costellazione vengono assegnate le lettere dalla R alla Z, per esempio R Coronae Borealis. Questa nomenclatura è in vigore da quando Friedrich W. Argelander (1799-1875) assegnò a una stella variabile ancora senza nome la lettera R, la prima lettera non ancora utilizzata della nomenclatura di Bayer nella sua costellazione. Le lettere da RR a RZ, da SS a SZ, da TS a TZ e così via fino a ZZ vengono utilizzate per le variabili scoperte successivamente, ad esempio RR Lyrae. Quindi si procede ad utilizzare le lettere da AA a AZ, da BB a BZ, e così via fino a QZ (omettendo la lettera J).

Se vengono esaurite queste 334 combinazioni, alle variabili successivamente scoperte vengono assegnate le sigle V335, V336, V337 e così via. Nelle costellazioni più estese o situate lungo il piano della Via Lattea, le stelle variabili conosciute sono spesso dell’ordine delle migliaia.

Questo sistema, in particolare per l’uso delle lettere latine, può creare ambiguità col sistema di Flamsteed in alcuni limitati casi.

Le variabili intrinseche

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Come si è detto, i principali sottogruppi delle variabili intrinseche sono le variabili pulsanti, quelle eruttive e quelle cataclismiche.

Variabili pulsanti

Una stella pulsante è una stella che ritmicamente espande e diminuisce il suo raggio. La pulsazione avviene per lo più in periodi regolari, ma a volte in periodi semiregolari o, più raramente, in modo irregolare. Con la modificazione delle dimensioni del raggio cambiano solitamente anche la magnitudine e lo spettro della stella. I tipi di variabili pulsanti più importanti sono i seguenti:

  • Le variabili cefeidi, che hanno periodi relativamente brevi (da giorni a mesi) e un ciclo di luminosità molto regolare.
  • Le variabili a lungo periodo, il cui periodo è più lungo, nell'ordine di un anno, e meno regolare.
  • Le stelle azzurre con spettro variabile, stelle di tipo O o B che presentano piccole variazioni di luminosità in periodi brevi.
  • Le variabili RV Tauri, stelle supergiganti che con il cambiare della loro luminosità modificano la loro classe spettrale da F o G al loro massimo a K o M al loro minimo.
  • Le variabili Alfa Cygni, supergiganti bianche, la cui luminosità varia di 0,1 magnitudini circa in molti periodi sovrapposti.
  • Le nane bianche pulsanti, nane bianche la cui luminosità varia a causa della propagazione di onde gravitazionali.

Cefeidi ed altre variabili regolari

Questo gruppo di variabili comprende molti tipi di stelle pulsanti che si espandono e contraggono in modo regolare. Negli anni trenta l'astronomo Arthur Stanley Eddington scrisse le equazioni matematiche che descrivono le instabilità alla base delle pulsazioni stellari. Il più comune tipo di instabilità è relativa ai diversi gradi di ionizzazione del gas negli strati convettivi superficiali della stella. Si supponga che tali strati a causa della forza di gravità precipitino verso l'interno dell'astro; di conseguenza essi vengono compressi e si scaldano aumentando il grado di ionizzazione dei gas che li compongono. In seguito a ciò, essi divengono maggiormente opachi alla radiazione proveniente dall'interno della stella, che viene pertanto catturata dal gas, producendo un ulteriore aumento di temperatura. Quando questa raggiunge un certo livello, lo strato comincia ad espandersi facendola diminuire. Ciò a sua volta produce una diminuzione del grado di ionizzazione e, di conseguenza, di opacità del gas; ciò si traduce in un maggior rilascio della radiazione proveniente dall'interno della stella, con una conseguente ulteriore diminuzione della temperatura. A questo punto gli strati esterni sono nuovamente attirati verso il centro della stella dalla forza di gravità e il ciclo ricomincia. Questo meccanismo alla base delle pulsazioni viene chiamato "meccanismo κ". Le cefeidi occupano nel diagramma H-R la cosiddetta striscia di instabilità, una porzione del diagramma che interseca la sequenza principale nella regione compresa tra le stelle di classe A e quelle di classe F (1-2 masse solari) e si estende quasi verticalmente (lievemente inclinata a destra) verso le stelle più luminose. Generalmente in ognuno dei sottogruppi delle cefeidi esiste una relazione fissa fra periodo della variazione e magnitudine assoluta della stella e fra periodo e densità media. La relazione periodo-luminosità delle cefeidi fu per la prima volta notata da Henrietta Swan Leavitt nel 1908. Le cefeidi sono ulteriormente divisibili in sottogruppi. I più importanti sono: le variabili cefeidi classiche, le cefeidi di tipo II (o W Virginis), le variabili RR Lyrae, le variabili Delta Scuti e le variabili SX Phoenicis.

Variabili cefeidi classiche

Le cefeidi classiche (o variabili Delta Cephei) sono stelle giganti o supergiganti gialle di classe spettrale F6-K2 e di popolazione I che pulsano in modo molto regolare con periodi che vanno dall'ordine dei giorni a quello dei mesi. Si tratta di stelle aventi una massa 4-20 volte quella solare e una luminosità fino a 100.000 volte quella del Sole.

Il 10 settembre 1784 Edward Pigott osservò per primo la variabilità di η Aquilae, la prima delle variabili cefeidi ad essere scoperta. Tuttavia il prototipo delle cefeidi classiche è δ Cephei, riconosciuta come variabile da John Goodricke qualche mese più tardi.

Le cefedi rivestono una importanza fondamentale in astronomia perché sono utilizzate come candele standard. Infatti la loro luminosità assoluta è in relazione con il loro periodo di variazione, sebbene anche la metallicità della stella abbia un ruolo. In particolare, più lungo è il periodo di pulsazione, più luminosa è la stella. Una volta che si sia stabilita con una certa precisione questa relazione fra periodo e luminosità, dato il periodo di variazione della stella, si può ricavare la sua luminosità assoluta. Data questa e data la magnitudine apparente dell'astro, la sua distanza è facilmente calcolabile.

Le osservazioni delle variabili cefeidi hanno permesso di determinare le distanze fra le galassie all'interno del Gruppo Locale. Edwin Hubble le utilizzò per dimostrare che le cosiddette nebulose a spirale erano in realtà galassie situate al di fuori della Via Lattea.

La Stella Polare è una cefeide classica, anche se presenta alcune peculiarità rispetto alle stelle di questa classe.

Cefeidi di tipo II

Le cefeidi di tipo II hanno pulsazioni regolari e una relazione periodo-luminosità fissa, in modo simile alle variabili δ Cephei, tanto che inizialmente erano state confuse con queste ultime. Tuttavia esse si distinguono dalla cefeidi classiche in quanto, dato un certo periodo, esse risultano meno luminose di 1,6 magnitudini rispetto alle loro cugine. Il periodo delle loro variazioni è compreso fra 1 e 50 giorni. Le cefeidi di tipo II sono stelle di popolazione II, aventi di conseguenza una bassa metallicità, osservabili soprattutto nell'alone galattico e negli ammassi globulari. Come si è detto, invece, le cefeidi classiche sono stelle di popolazione I. Inoltre le cefeidi di tipo II hanno in genere una massa inferiore rispetto a quelle classiche, solitamente tra le 0,5 e le 0,6 masse solari.

Le cefeidi di tipo II si dividono in sottogruppi a seconda del periodo e in particolare i sottogruppi più comuni sono le variabili BL Herculis (periodo compreso fra 1 e 4 giorni) e le variabili W Virginis (10–20 giorni).

Le variabili BL Herculis sono stelle che stanno fuoriuscendo dal ramo orizzontale delle giganti e che stanno espandendo il loro raggio e aumentando la loro luminosità. Esse stanno quindi sviluppando un nucleo degenere di carbonio e ossigeno e stanno cominciando a fondere l'elio e l'idrogeno in due gusci esterni al nucleo degenere.

Le variabili W Virginis sono stelle appartenenti al ramo asintotico delle giganti (AGB), che quindi hanno pienamente sviluppato un nucleo degenere di carbonio e ossigeno. Si trovano quindi in uno stadio evolutivo più avanzato rispetto alle variabili RR Lyrae, da cui si distinguono per il periodo più lungo. Anche le variabili RV Tauri vengono a volte classificate fra le cefeidi di tipo II, anche se presentano delle peculiarità non essendo del tutto regolari.

Variabili RR Lyrae

Si tratta di stelle simili alle cefeidi, ma meno luminose (circa 50 luminosità solari). Sono stelle di massa medio-piccola (circa 0,7 masse solari) e di popolazione II, molto povere di metalli, che sono uscite dalla sequenza principale e che si trovano nel ramo orizzontale delle giganti, ossia nella fase di fusione centrale dell'elio. Hanno periodi più brevi sia di quelli delle cefeidi classiche che di quelli delle cefeidi di tipo II (0,2-1,1 giorni) e la loro luminosità varia da 0,2 a 2 magnitudini. Esse sono molto comuni negli ammassi globulari, all'interno dei quali costituiscono il 90% delle stelle variabili.

Variabili Delta Scuti

Le variabili Delta Scuti (δ Sct) occupano la zona del diagramma H-R in cui la striscia di instabilità incrocia la sequenza principale. Esse sono pertanto stelle di sequenza principale o subgiganti (da cui deriva la loro denominazione di cefeidi nane). Hanno classe spettrale compresa fra F8 e A2 e masse comprese fra 1,5 e 2,5 masse solari. Dato che non hanno ancora raggiunto lo stadio di gigante sono mediamente meno luminose delle cefeidi classiche e anche delle variabili RR Lyrae. Rispetto alle altre cefeidi i loro periodi sono più brevi (fra 0,03 e 0,3 giorni) con ampiezze che variano da 0,003 a 0,9 magnitudini. Si distinguono inoltre dalle altre cefeidi perché sovraimposte alla variazione principale, dovuta a pulsazioni radiali della stella, sono presenti anche variazioni secondarie, dovute a pulsazioni non radiali dell'astro.

Variabili SX Phoenicis

Le variabili SX Phoenicis sono simili alle variabili δ Scuti, ma rispetto a queste ultime sono molto più povere di metalli, tanto da essere classificate come stelle subnane, che occupano una regione del diagramma H-R in corrispondenza della striscia di instabilità, ma disposta al di sotto della sequenza principale. Come le variabili RR Lyrae esse si trovano soprattutto negli ammassi globulari. Rispetto alle loro cugine δ Scuti presentano variazioni di luminosità meno ampie (fino a 0,7 magnitudini) e con periodi più brevi (0,7 - 1,9 ore).

Variabili a lungo periodo e semiregolari

Le variabili appartenenti a questo sottogruppo, al contrario delle cefeidi, non hanno periodi costanti. I loro periodi possono cambiare da ciclo a ciclo, anche in modo considerevole, oppure non è addirittura possibile individuare un periodo di alcun tipo. Le stelle appartenenti a questo sottogruppo sono giganti o supergiganti rosse e, quando presente, il loro periodo di variazione può andare da settimane a diversi anni.

Esse si dividono in ulteriori sottogruppi: le variabili Mira, le variabili semiregolari e le variabili irregolari lente.

Variabili Mira

Si tratta di giganti rosse, appartenenti alle classi spettrali M, C e S, giunte a uno stadio molto avanzato della loro evoluzione. Si tratta di stelle molto più luminose del Sole (3000 - 4000 luminosità solari) e molto più grandi (200 - 300 raggi solari), aventi massa media (1 - 1,5 masse solari) e appartenenti al ramo asintotico delle giganti, che presentano variazioni molto ampie di luminosità (da 2,5 a 11 magnitudini, cioè nel passare dal minimo al massimo esse incrementano la loro luminosità da 10 a 20.000 volte) in periodi di 80 - 1000 giorni. A causa della loro instabilità, le variabili Mira perdono grandi quantità di massa (10−7 - 10−6 masse solari per anno), che causano la formazione di nubi di gas nei loro immediati dintorni. Le pulsazioni che interessano le variabili Mira sono in genere abbastanza regolari, con periodi che variano di poco da un ciclo all'altro. Tuttavia alcune di esse sperimentano variazioni consistenti nell'arco di tempo di alcuni anni o decenni, tanto da cessare in alcuni casi di essere variabili di tipo Mira. Il meccanismo che sta alla base delle pulsazioni di queste variabili non è stato ancora ben compreso, al contrario di quello delle cefeidi. Si pensa che le pulsazioni regolari siano il risultato della opacità di un qualche strato esterno dell'astro, mentre le variazioni su larga scala dovrebbero dipendere da cambiamenti radicali della struttura profonda della stella, quali l'innesco di strati di idrogeno nelle regioni appena superiori al nucleo stellare.

Variabili semiregolari

Le variabili semiregolari sono stelle giganti o supergiganti appartenenti alle classi spettrali intermedie che esibiscono una considerevole periodicità nei loro cambiamenti di luminosità, accompagnata o a volte interrotta da varie irregolarità. I periodi vanno da 2 a 2000 giorni, mentre la forma della curva di luce può essere abbastanza differente da ciclo a ciclo. L'ampiezza della variazione può variare da pochi centesimi di magnitudine a parecchie magnitudini, ma è solitamente di 1 o 2 magnitudini nella banda del visibile. Un esempio di variabile semiregolare è Betelgeuse, la cui magnitudine apparente varia da 0,2 a 1,2.

Variabili irregolari lente

Si tratta di solito di giganti o supergiganti di classe K, M, S o C che non esibiscono alcuna periodicità evidente o al massimo una periodicità che appare solo occasionalmente. In realtà si tratta spesso di stelle non ancora molto studiate e che sono in realtà semiregolari o addirittura regolari, ma il cui periodo non è stato ancora individuato.

Stelle azzurre (O e B) con spettro variabile

Si tratta di stelle spesso giganti o supergiganti, appartenenti alle prime classe spettrali (O oppure B), che presentano piccole variazioni di luminosità in periodi brevi. I due sottogruppi principali di questo tipo di variabili sono le variabili Beta Cephei e le variabili PV Telescopii.

Variabili Beta Cephei

Le variabili Beta Cephei (β Cep), chiamate anche, specialmente in Europa, variabili Beta Canis Majoris, sono stelle di tipo spettrale B0-B2 III-V, che possiedono masse comprese fra le 10 e le 20 masse solari e che nel diagramma H-R si collocano leggermente al di sopra della sequenza principale, con magnitudine assoluta compresa tra −3 e −5; il punto di massima luminosità di una variabile β Cephei corrisponde approssimativamente alla massima contrazione della stella. Tipicamente le variabili β Cephei subiscono delle variazioni di luminosità di alcuni centesimi di magnitudine con periodi da 0,1 a 0,3 giorni. Molte di esse presentano parecchi periodi sovrapposti.

Queste stelle non vanno confuse con le variabili cefeidi, che invece prendono il loro nome da δ Cephei. Tuttavia, benché le due classi di variabili siano differenti, i meccanismi che presiedono alla loro variabilità sono in parte simili. Se la variabilità delle cefeidi è dovuta alla doppia ionizzazione dell'elio, la variabilità delle stelle β Cephei sembra essere dovuta alla presenza di ferro negli strati superficiali di tali stelle e alla sua notevole opacità intorno a temperature di 100.000-200.000 K. Le pulsazioni sarebbero quindi dovute al meccanismo κ con il coinvolgimento del ferro. La maggiore o minore presenza di ferro determinerebbe se una stella massiccia è destinata a diventare una Beta Cephei o meno.

La parte del diagramma H-R che sovrasta la sequenza principale in corrispondenza delle prime sottoclassi della classe B viene chiamata striscia di instabilità delle β Cephei. Si tratta della stessa zona in cui giacciono anche le stelle Be e probabilmente il fenomeno delle β Cephei e quello delle stelle Be sono collegati.

Variabili PV Telescopii

Sono supergiganti di classe spettrale Bp (peculiari) che, rispetto ad altre stelle di tipo B, presentano una carenza di idrogeno, mentre l'elio e il carbonio sono più abbondanti della norma. Esibiscono cambiamenti di luminosità aventi una ampiezza di circa 0,1 magnitudini in periodi di 0,1 - 1 giorni.

Variabili RV Tauri

Sono giganti o supergiganti gialle che alternano due periodi sovrapposti, il principale dei quali dovrebbe essere la frequenza fondamentale, mentre il secondario dovrebbe essere il primo ipertono. Quando sono al massimo della luminosità diventano di classe spettrale F o G, mentre al minimo sono di classe K o M. Fra due minimi primari passano 30 - 150 giorni, mentre l'ampiezza delle variazioni è di circa 1 o 2 magnitudini, anche se in certi casi è superiore a 3 magnitudini. Sono solo in parte regolari perché il periodo principale e quello secondario possono scambiarsi in modo graduale oppure improvvisamente; inoltre presentano episodi di comportamento caotico e completamente irregolare.

Si tratta di stelle in avanzato stato evolutivo, appartenenti o al ramo asintotico delle giganti o a una fase addirittura successiva, sono cioè a volte oggetti post-AGB. È stato ipotizzato che la maggioranza di loro siano binarie circondate da un disco di polveri. A volte vengono considerate una sottoclasse peculiare delle cefeidi di tipo II.

Variabili Alfa Cygni

Si tratta usualmente di supergiganti di classe spettrale Aep o Bep, la cui luminosità varia di 0,1 magnitudini. Esse presentano molti cicli di variabilità sovrapposti, con periodi che vanno da alcuni giorni a molte settimane. Si pensa che la loro variabilità sia dovuta a pulsazioni non radiali della superficie stellare. Si tratta di variabili difficili da studiare dato che presentano piccole variazioni con periodi abbastanza lunghi.

Nane bianche pulsanti

Una nana bianca pulsante è una nana bianca la cui luminosità varia a causa delle pulsazioni delle sue onde di gravità non-radiali. Questi astri hanno corti periodi che variano da qualche centinaio a qualche migliaio di secondi e fluttuazioni di luminosità nell'ordine delle 0,001 - 0,2 magnitudini. Spesso presentano molti periodi sovrapposti. In genere le pulsazioni sono stabili, ma a volte compaiono delle instabilità della durata di qualche ora durante le quali i periodi sono irregolari. Probabilmente esse sono dovute alla interazione dei diversi periodi di variazione. Le nane bianche pulsanti si dividono in parecchi sottogruppi determinati dagli elementi dominanti nelle loro atmosfere. Nelle ZZ Ceti, o nane bianche di tipo spettrale DAV, l'elemento dominante è l'idrogeno. Invece nelle nane bianche DVB o V777 Her l'elemento dominante è l'elio. Infine nelle variabili GW Vir l'atmosfera è dominata da elio, carbonio e ossigeno; esse sono talvolta suddivise nei sottotipi DOV e PNNV.

Variabili eruttive

Le variabili eruttive sono stelle che variano la loro luminosità a causa di violenti processi e brillamenti che hanno luogo nelle loro cromosfere o nelle loro corone. Tale variazione di luminosità è legata a un'eruzione, cioè una forte dilatazione, che, se di particolare entità, può provocare la liberazione degli strati più esterni della stella, nello spazio circostante.

La classe delle variabili eruttive è molto eterogenea in quanto le eruzioni sono originate da molteplici meccanismi, fra loro molto differenti. Un modo per classificarle è distinguere la fase evolutiva nella quale la stella si trova. Possiamo quindi suddividere la classe delle variabili eruttive in:

  • stelle eruttive pre-sequenza principale
  • stelle eruttive di sequenza principale
  • stelle eruttive giganti e supergiganti

Infine esistono stelle binarie eruttive la cui attività è causata dall'essere binarie strette. Questi sistemi stellari vengono raccolti in una classe apposita: le stelle eruttive binarie.

Eruttive pre-sequenza principale

Le stelle pre-sequenza principale sono oggetti nella fase di formazione stellare, che non hanno ancora completato il processo che porta la nube molecolare a diventare una vera e propria stella. La maggior parte di essi esibiscono fenomeni di variabilità. I due sottogruppi principali di questo tipo di variabili sono: le stelle Ae/Be di Herbig, le variabili Orione.

Stelle Ae/Be di Herbig

Si tratta di stelle di pre-sequenza principale medio-grandi (2 - 8 masse solari) di tipo spettrale A o B, che ancora non fondono l'idrogeno nei loro nuclei, collocate nel diagramma H-R alla destra della sequenza principale. Presentano un eccesso di radiazione infrarossa, dovuto alla presenza di inviluppi di gas o di dischi protoplanetari. Le stelle Ae/Be di Herbig esibiscono talvolta una spiccata variabilità che si pensa sia dovuta alla presenza di addensamenti o di planetesimi nel disco circumstellare. L'ampiezza delle variazioni si aggira intorno a una magnitudine. Durante i minimi, la radiazione proveniente dalla stella diventa più blu a causa della polarizzazione a cui viene sottoposta (si tratta dello stesso fenomeno che fa apparire il cielo terrestre blu).

Variabili Orione

Si tratta di stelle di pre-sequenza principale medio-piccole (< 2 masse solari), immerse all'interno di nebulose diffuse, che presentano fenomeni di variabilità irregolari dell'escursione di 3-6 magnitudini. Si dividono a loro volta in due sottoclassi: le stelle T Tauri (compreso il sottogruppo delle EX Lupi o EXor) e le FU Orionis (o FUor).

Le stelle T Tauri sono riconoscibili per via del fatto che presentano emissioni da parte del litio, metallo solitamente distrutto dalle alte temperature dei nuclei delle stelle di sequenza principale, la cui presenza è quindi segno della giovinezza della stella. La variabilità delle T Tauri si aggira solitamente intorno alle 3 magnitudini ed è irregolare e imprevedibile. Anche se non si conosce con precisione il meccanismo alla sua base, si pensa che essa sia dovuta a instabilità nel disco circumstellare, ad attività violente nell'atmosfera stellare o al movimento di nuvole di polvere e gas nella nebulosità circostante. Le stelle EX Lupi sono stelle T Tauri di classe spettrale K e M con ciclo di variabilità dell’ordine di alcuni mesi.

Le stelle FU Orionis esibiscono i fenomeni di variabilità più violenti fra quelli delle variabili eruttive di pre-sequenza principale. La loro ampiezza può arrivare infatti a 6 magnitudini. Il brillamento è probabilmente determinato dall'instabilità termica della porzione più interna del disco circumstellare, che innalzando la propria temperatura ionizza l'idrogeno di cui è composto. La sua durata è legata alla viscosità di questa regione ionizzata. L'eruzione comincia a declinare quando la parte più interna del disco ricade sulla stella centrale, facendo scendere la temperatura e permettendo all'idrogeno di ricombinarsi. A questo punto altro gas proveniente dalle regioni più esterne del disco ricomincia ad accumularsi nella porzione centrale, sicché quando la massa raggiunge un valore critico, la temperatura aumenta a un livello sufficiente per causare la ionizzazione dell'idrogeno e far ricominciare il ciclo. È possibile che le variabili FU Orionis non siano altro che uno stadio nell'evoluzione delle T Tauri e che le T Tauri vadano incontro a più episodi FU Orionis nell'arco della loro evoluzione.

Eruttive di sequenza principale

Le stelle di sequenza principale non presentano per lo più variabilità di tipo eruttivo. Tuttavia essa è comune fra le stelle di sequenza principale meno massicce (di classe spettrale K e M), che sono soggette a brillamenti.

Stelle a brillamento (UV Ceti)

Le stelle a brillamento, conosciute anche come variabili UV Ceti, sono deboli stelle di sequenza principale di classe spettrale K o M che talvolta esibiscono incrementi di luminosità compresi fra qualche decimo di magnitudine e le sei magnitudini. Sebbene l'incremento avvenga su tutte le lunghezze d'onda, esso è particolarmente accentuato nell'ultravioletto. Il massimo viene raggiunto dopo alcune decine di secondi dall'inizio del brillamento; la stella ritorna poi alla sua luminosità usuale in poche decine di minuti. L'intervallo fra un brillamento e l'altro può variare da qualche ora a qualche giorno.

Le variabili UV Ceti hanno masse comprese fra 0,1 e 0,6 masse solari. Molte di loro fanno parte di giovani associazioni stellari e molte sono stelle binarie, anche se esistono stelle a brillamento vecchie e singole. Si pensa che i brillamenti siano molto simili a quelli che accadono nel Sole e siano legati alla riconnessione magnetica nell'atmosfera della stella: a un certo punto il campo magnetico presente nell'atmosfera stellare a causa delle correnti convettive che trasportano l'energia termica in superficie si ridispone a un livello di energia più basso: l'energia in eccesso viene ceduta al plasma circostante, che viene scaldato e accelerato molto rapidamente. Il plasma emette quindi soprattutto nell'ultravioletto e perfino nella banda dei raggi X producendo il brillamento. La differenza fra i brillamenti che avvengono nel Sole e quelli che avvengono nelle variabili UV Ceti consiste nella dimensione: mentre i brillamenti solari interessano qualche migliaio di km di superficie, quelli che avvengono nelle variabili UV Ceti interessano importanti porzioni della superficie, forse fino a un quinto del totale. Ciò produce un innalzamento significativo della luminosità della stella.

Molte nane rosse nelle vicinanze del Sole sono stelle a brillamento. Alcuni esempi sono Proxima Centauri e Wolf 359.

Eruttive giganti e supergiganti

Le stelle giganti e supergiganti perdono grandi quantità di materia. In questo tipo di stelle, specie in quelle di grande massa, i fenomeni eruttivi sono molto comuni. Fra le stelle giganti e supergiganti eruttive possiamo distinguere le variabili di tipo Wolf–Rayet, le variabili S Doradus, le variabili Gamma Cassiopeiae e le variabili R Coronae Borealis.

Variabili Wolf-Rayet

Le stelle di Wolf-Rayet sono stelle massicce (almeno 20 masse solari alla ZAMS) giunte a uno studio molto evoluto della loro esistenza, che presentano nei loro spettri linee molto forti dell'elio, dell'azoto, del carbonio e dell'ossigeno. Si pensa che esse siano astri che, a causa di intensissimi venti stellari, hanno espulso i loro strati più superficiali, ricchi di idrogeno, scoprendo strati ricchi dei prodotti del ciclo CNO e del processo tre alfa. I venti stellari provenienti dalle stelle di Wolf-Rayet sono molto rapidi (fra 1000 e 5000 km/s) e comportano ingenti perdite di massa da parte della stella, nell'ordine di una massa solare ogni 100.000 anni.

Le stelle di Wolf-Rayet vanno incontro a cambiamenti di luminosità con periodo irregolare e con ampiezza in media di 0,1 magnitudini. Essi sono probabilmente prodotti da irregolarità nel vento stellare dell'astro.

La stella di Wolf-Rayet più brillante del cielo notturno è la Gamma Velorum.

Variabili S Doradus

Chiamate anche "variabili LBV", acronimo dell'inglese luminous blue variable, variabile blu luminosa, sono stelle supergiganti o ipergiganti di classe O o B, centinaia di migliaia di volte, o addirittura milioni di volte, più luminose del Sole: molte delle stelle intrinsecamente più luminose conosciute sono variabili S Doradus. Si tratta di una fase dell'evoluzione delle stelle più massicce (>45 masse solari); a causa della rarità delle stelle di massa così grande e del tempo astronomicamente piccolo che trascorrono nella fase di variabili LBV (circa un milione di anni), ne sono attualmente conosciute solo poche decine. Vanno incontro a piccole variazioni di luminosità in periodi misurabili in decine di giorni alternati ad eruzioni che comportano perdite di massa di qualche millesimo di masse solari e che si verificano in periodi nell'ordine di qualche decina di anni. Inoltre, in archi di tempo della durata di qualche secolo, le variabili LBV vanno soggette a gigantesche esplosioni che comportano ingenti perdite di massa (1 massa solare o più) e che causano un aumento di luminosità fino a 7 magnitudini. Sebbene i meccanismi che provocano le eruzioni non siano stati ancora ben compresi, essi sembrano legati a un eccesso di energia prodotta dalla stella, che la porta a superare talvolta il limite di Eddington. Esempi di variabili LBV sono η Carinae e P Cygni.

Variabili Gamma Cassiopeiae

Sono stelle di classe spettrale BIII-IVe che ruotano su se stesse molto rapidamente, fino alla velocità di 450 km/s all'equatore. La loro luminosità varia fino a 1,5 magnitudini in modo irregolare. La causa delle variazioni è da ricercarsi nell'alta velocità di rotazione dell'astro che riduce l'effetto della gravità all'equatore. La notevole radiazione proveniente dalla stella (in genere sono migliaia di volte più luminose del Sole), unita alla diminuita attrazione gravitazione, produce una perdita, in corrispondenza dell'equatore, di materiale che si dispone in un disco circumstellare e che causa la presenza di evidenti e sottili linee di assorbimento nello spettro della stella. Le variazioni sono collegate alla ciclica comparsa e scomparsa del disco circumstellare e alle variazioni a cui lo stesso va incontro.

Variabili R Coronae Borealis

Queste stelle sono chiamate anche novae inverse perché a intervalli irregolari esse diminuiscono la loro luminosità di 1 - 9 magnitudini (cioè da 2,5 a 4000 volte); esse poi ritornano lentamente alla loro luminosità abituale in periodi che vanno da giorni ad anni. A queste variazioni ne sono sovrapposte altre, di alcuni decimi di magnitudine e aventi periodi di 30-100 giorni, dovute a pulsazioni della stella. Si ritiene che le variazioni principali siano dovute alla formazione di nubi circumstellari di carbonio: le variabili R Coronae Borealis espellono notevoli quantità di carbonio che, quando raggiungono una distanza sufficiente dalla stella, si raffreddano abbastanza per condensarsi sotto forma di nubi che schermano parzialmente la luce dell'astro; in seguito la pressione di radiazione della luce e il vento stellare emesso dell'astro spazzano queste nubi permettendo nuovamente alla luce della stella di raggiungere la Terra, fino a che la formazione di nuove nubi determina un nuovo oscuramento della luce stellare.

Le variabili R Coronae Borealis sono solitamente supergiganti di classe F o G estremamente deficitarie di idrogeno e molto ricche di carbonio. La loro formazione non è ancora chiara, anche se è certo che non avvenga tramite gli usuali processi di formazione stellare. Una delle ipotesi avanzate è che esse siano il risultato della fusione di due nane bianche.

Stelle eruttive binarie (RS Canum Venaticorum)

Sono stelle binarie strette caratterizzate da cromosfere attive e da un intenso magnetismo, che sono la causa della loro variazione di luminosità. Il periodo di variazione è, in generale, vicino al periodo del sistema binario. A volte a questo tipo di variazione si sovrappone una ulteriore variazione dovuta al fatto che le due componenti si eclissano l'una con l'altra. La tipica fluttuazione di luminosità è 0,2 magnitudini.

Nelle stelle variabili RS Canum Venaticorum, una delle due componenti del sistema binario, quella più massiccia ed evoluta, di solito di classe spettrale G o K, è caratterizzata da un magnetismo molto intenso che comporta la comparsa di grandi macchie stellari, che possono arrivare a ricoprire il 50% della superficie della stella. La variabilità è determinata proprio dalle presenza di tali macchie in quanto, ruotando, la stella espone all'osservatore alternativamente la zona interessata dalle macchie e quella non interessata.

Questo tipo di variabili esibiscono una cromosfera attiva e sono note anche per emettere raggi X: queste emissioni sono state interpretate come collegate a corone molto calde. Inoltre si presume che le aree interessate dall'attività magnetica siano soggette a brillamenti energetici, che sono fonti di radiazione ultravioletta e raggi X.

L'imponente attività magnetica di queste variabili deve in qualche modo essere collegata alle interazioni con la compagna, visto che tutte le stelle di questo tipo si trovano in sistemi doppi. Tuttavia non è ancora chiaro l'esatto meccanismo che origina tale attività. Infatti, sebbene si tratti di binarie strette, tuttavia ognuna delle sue componenti si trova ben all'interno del suo lobo di Roche e quindi gli scambi di materia fra le due stelle sono trascurabili.

Variabili cataclismiche

Le variabili cataclismiche ed esplosive sono caratterizzate dall'innesco di reazioni termonucleari in consistenti parti della superficie o del nucleo della stella. Ciò libera in tempi brevi una grande quantità di energia. Alcuni dei più importanti sottogruppi di questo tipo di variabili sono i seguenti:

  • Supernovae, prodotte dall'esplosione di una stella massiccia o di una nana bianca
  • Novae, prodotte dall'esplosione degli strati superficiali di una nana bianca
  • Novae nane, prodotte dall'instabilità di un disco di accrescimento, attorno a una nana bianca
  • Variabili Z Andromedae, sistemi binari costituiti da una gigante rossa e da una stella azzurra, che condividono lo stesso inviluppo di gas.

Supernovae

Le supernovae sono uno degli eventi più energetici dell'intero universo: in pochi secondi una supernova emette tanta energia quanto un'intera galassia, aumentando la propria luminosità fino a 20 magnitudini (100 milioni di volte la luminosità originaria) per poi diminuire lentamente nei mesi successivi all'evento.

Le supernovae si manifestano quando una nana bianca o il nucleo di una stella massiccia raggiungono il limite di Chandrasekhar, collassando. Il collasso libera una grande quantità di energia che fa esplodere l'astro: gli strati più esterni vengono scagliati nello spazio alla velocità di diverse migliaia di km/s e formano una nebulosa, chiamato resto di supernova, mentre il nucleo della stella o della nana bianca viene o compresso in una stella di neutroni oppure disintegrato completamente.

Le supernovae si distinguono fra loro per il tipo di oggetto che raggiunge il limite di Chandrasekhar. Quelle di tipo Ia sono di solito sistemi binari in cui una nana bianca riceve massa da una compagna evoluta fino al raggiungimento del limite di Chandrasekhar. Poiché tale limite è uguale per tutte le stelle, la luminosità assoluta di questo tipo di supernovae è pressoché costante e può essere utilizzata per la misurazione della distanza di altre galassie. Invece nelle supernovae di tipo II è una stella molte volte più massiccia del Sole ad esplodere: queste stelle sviluppano un nucleo di ferro che non può andare incontro ad ulteriori processi di fusione. Quando la massa di tale nucleo raggiunge il limite di Chandrasekhar, collassa, dando vita alla supernova. Le supernovae di tipo Ib e Ic sono invece prodotte dall'esplosione di una stella massiccia che ha perso il proprio involucro di idrogeno, come una stella di Wolf-Rayet.

Novae

Anche nelle novae avvengono esplosioni di grandi proporzioni, ma a differenza delle supernovae il risultato non è la distruzione della stella progenitrice. Esse si originano dall'accumulo di materiale sulla superficie di una nana bianca proveniente da una compagna stretta, solitamente una gigante o subgigante di classe spettrale K o M. Quando il gas accumulato raggiunge densità e temperatura critiche, si innescano reazioni di fusione che, a causa della condizione degenere in cui si trova il materiale, accelerano in modo esplosivo. L'esplosione converte in breve tempo una grande quantità di idrogeno in elementi più pesanti; l'energia liberata soffia via l'idrogeno rimanente dalla nana bianca, impennandone la brillantezza. La luminosità può aumentare di 8 - 15 magnitudini per poi ritornare a quella di partenza in periodi che vanno da giorni ad anni. Poiché dopo l'esplosione il materiale può ricominciare ad accumularsi sulla superficie della nana bianca, possono verificarsi esplosioni ricorrenti, fra loro intervallate da periodi che possono andare da decine di anni a millenni.

Le novae vengono suddivise in base al tempo che impiegano a diminuire la loro luminosità di 2 - 3 magnitudini dopo l'esplosione. Una nova veloce impiega meno di 25 giorni, mentre una nova lenta impiega più di 80 giorni.

Nel corso della storia sono state registrate molte novae visibili ad occhio nudo: la più luminosa è stata la CP Puppis, che nel 1942 ha raggiunto magnitudine -0,2.

Novae nane

Anche nelle novae nane una nana bianca riceve materiale da una compagna stretta, ma in questo caso la variabilità non è determinata dalla detonazione dello strato di idrogeno che si deposita sulla nana bianca, ma dall'instabilità del disco di accrescimento che si forma intorno alla nana bianca mano a mano che essa riceve materiale dalla sua compagna. In particolare, periodicamente il disco di accrescimento raggiunge temperature critiche tali da modificarne la viscosità e a causa di ciò collassa sulla superficie della nana bianca, con conseguente rilascio di energia potenziale gravitazionale e innalzamento della luminosità. La luminosità delle novae nane è inferiore a quelle delle novae classiche di circa 5 magnitudini, mentre il loro periodo si misura in giorni o mesi. La luminosità delle esplosioni sembra essere collegata in modo inverso al loro periodo e ciò suggerisce che le novae nane possano essere usate come candele standard.

Le novae nane sono suddivisibili in tre sottotipi.

Le variabili U Geminorum che presentano esplosioni che innalzano la loro luminosità di 2 - 6 magnitudini e che hanno una durata di uno o due giorni. Nei giorni seguenti il sistema ritorna alla sua luminosità usuale. Vengono chiamate anche variabili SS Cygni a partire dal loro prototipo alternativo, SS Cygni, che esibisce periodicamente gli eventi più brillanti di questo sottotipo di variabili.

Le variabili SU Ursae Majoris sono caratterizzate da due tipi di esplosioni denominate normali e supermassimi. Le esplosioni normali sono simili a quelle che avvengono nelle variabili U Geminorum, mentre i supermassimi sono 2 magnitudini più luminosi, durano 5 volte di più e sono tre volte meno frequenti. Solitamente il periodo orbitale di questi sistemi è inferiore alle 2,5 ore.

Le variabili Z Camelopardalis differiscono dalle variabili U Geminorum perché frequentemente dopo un'esplosione non ritornano alla loro luminosità originaria, ma esibiscono una luminosità a metà strada fra i massimi e i minimi. L'ampiezza delle variazioni è di 2 - 5 magnitudini, mentre i periodi sono di 10 - 40 giorni.

Variabili Z Andromedae

Si tratta di un gruppo molto disomogeneo di sistemi variabili simbiotici composti da una gigante rossa, che è spesso una variabile Mira, e da una stella più calda, che può essere una stella di sequenza principale, una nana bianca o una stella di neutroni. La gigante rossa perde massa a vantaggio dell'altra componente; parte del materiale perso dalla gigante forma in questi sistemi un inviluppo di gas e polveri che racchiude entrambe le componenti. Questo inviluppo, eccitato dalla radiazione proveniente dalla componente calda, è responsabile della presenza di linee di emissione nello spettro di queste variabili, che costituisce la loro caratteristica distintiva. Periodicamente vanno incontro a esplosioni simili a quelle delle novae classiche, che innalzano la luminosità di circa 4 magnitudini, seguite da oscillazioni quasi periodiche.

Le variabili estrinseche

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Le variabili estrinseche non presentano reali cambiamenti di luminosità. Tuttavia appaiono variabili, se viste dalla Terra, perché il quantitativo di radiazione che giunge non è costante nel tempo. Esse possono essere divise in due sottogruppi principali, sulla base dei due principali motivi per cui la stella appare estrinsecamente variabile.

Stelle variabili rotanti, la cui variabilità è dovuta alla rotazione della stella sul proprio asse e all'esposizione all'osservatore di diverse parti della superficie stellare nel corso del tempo.

Stelle binarie a eclissi, ossia sistemi binari nei quali il piano orbitale delle due stelle si trova così ben allineato con la linea di vista dell'osservatore che le due componenti mostrano eclissi reciproche.

Variabili rotanti

La variabilità di queste stelle è determinata dal moto di rotazione sul proprio asse. Se la superficie stellare è disomogenea per qualche motivo e quindi è più brillante in certe regioni rispetto ad altre, nel suo moto di rotazione la stella esporrà all'osservatore alternativamente le regioni più luminose e quelle meno luminose. Ciò determinerà una variazione apparente della sua luminosità. Le stelle variabili rotanti sono suddivisibili sulla base delle ragioni per cui la superficie stellare si presenta non omogenea.

  • Variabili non sferiche, nelle quali la forma della superficie esposta all'osservatore muta con il moto della stella.
  • Variabili con macchie, nelle quali estese macchie stellari rendono disomogenea la superficie.
  • Variabili magnetiche, nelle quali il campo magnetico è disassato rispetto all'asse di rotazione.

Variabili non sferiche

Questo tipo di variabili sono sistemi composti da stelle molto vicine tra loro che, a causa delle loro reciproche forze mareali, assumono forme ellissoidali. Non sono binarie a eclisse, ma la loro la variabilità è dovuta alla diversità dell'area delle superfici stellari visibili rivolte verso un osservatore durante il movimento delle componenti nelle loro orbite. I picchi di luminosità avvengono quando la stella rivolge all'osservatore superfici con aree maggiori.

Variabili con macchie

Le macchie stellari sono simili alle macchie solari. Se sono molto estese, coinvolgendo importanti porzioni della superficie stellare, la cromosfera della stella varia in luminosità al variare della regione esposta. La variazioni ammontano solitamente ad alcuni decimi di magnitudine. Si distinguono due sottotipi di variabili di questo tipo: le variabili FK Comae Berenices e le variabili BY Draconis.

Variabili FK Comae Berenicis

Si tratta di giganti di tipo G o K in rapida rotazione (~100 km/s all'equatore) e quindi di forma ellissoidale. Presentano una intesa attività cromosferica evidenziata dalle linee di emissione del calcio e talvolta dell'idrogeno. La loro variabilità è causata dalla presenza di una superficie irregolarmente brillante: di conseguenza il periodo di variazione è uguale a quello di rotazione della stella e può variare da qualche ora a qualche giorno, mentre l'ampiezza delle variazioni si aggira intorno a qualche decimo di magnitudine. Poiché di solito le stelle giganti, aumentando di dimensione, diminuiscono la loro velocità di rotazione a causa della legge di conservazione del momento angolare, è necessario spiegare come mai questo tipo di giganti ruoti così velocemente: esse possono essere il risultato della fusione di due binarie a contatto oppure essere state, durante la loro fase di sequenza principale, stelle di tipo A ad altissima velocità di rotazione. Infine, se si trovano in sistemi binari stretti, la loro alta velocità può essere il risultato della sincronizzazione del periodo di rotazione con quello di rivoluzione.

Variabili BY Draconis

Si tratta di stelle di sequenza principale appartenenti alle classi spettrali K e M che presentano una rilevante attività cromosferica e estese macchie stellari responsabili di una variazione di luminosità fino a 0,5 magnitudini. Il periodo di variazione, compreso fra qualche ora e qualche mese, è uguale a quello di rotazione della stella su se stessa. Alcune variabili BY Draconis esibiscono periodici brillamenti e quindi sono classificate anche come variabili UV Ceti.

Variabili magnetiche

Queste stelle presentano intensi campi magnetici. L'asse di rotazione della stella non è allineato rispetto a quello del campo magnetico: di conseguenza il campo magnetico sembrerà avere valori differenti mentre la stella ruota su se stessa perché verranno esposte di volta in volta all'osservatore parti differenti di esso. Ciò produce una apparente variazione di luminosità dell'astro. Le variabili magnetiche possono essere suddivise nelle variabili Alfa2 Canum Venaticorum, nelle variabili SX Arietis e nelle pulsar variabili ottiche. Non è chiaro tuttavia se le prime due classi siano effettivamente separate fra loro o se si tratta di differenti aspetti della stessa classe.

Variabili Alfa2 Canum Venaticorum

Le variabili Alfa2 Canum Venaticorum (α2 CVn) sono stelle peculiari di sequenza principale di classe spettrale compresa fra B8p e A7p. Presentano forti campi magnetici e nei loro spettri linee marcate del silicio, dello stronzio e del cromo. La loro luminosità varia di 0,01 - 0,1 magnitudini in periodi di 0,5 - 160 giorni. Oltre alla luminosità varia il loro campo magnetico, così come l'intensità delle loro linee spettrali. Si pensa che il periodo di tutte queste variazioni sia identico al periodo di rotazione: infatti, la distribuzione dei metalli nell'atmosfera di queste stelle è irregolare a causa del loro intenso magnetismo, sicché la luminosità superficiale varia da un punto all'altro della superficie.

Variabili SX Arietis

Sono stelle dalle caratteristiche molto simili a quelle delle variabili α2 CVn ma caratterizzate da temperature superficiali più elevate. Sono stelle peculiari di classe spettrale B0p - B8p che esibiscono intensi campi magnetici e marcate linee dell'He I e del Si III. Variano di 0,1 magnitudini in periodi di circa un giorno. Poiché l'unica differenza fra di esse e le variabili α2 CVn consiste nella classe spettrale, non è chiaro se effettivamente sia necessario distinguere due classi e non piuttosto riunirle in una classe sola.

Pulsar variabili ottiche

Le pulsar sono stelle di neutroni che ruotano molto velocemente su se stesse e che possiedono un fortissimo campo magnetico non allineato con l'asse di rotazione. La radiazione elettromagnetica emessa dalla stella viene convogliata dal campo magnetico in coni ristretti che, a causa del non allineamento del campo, appaiono e scompaiono all'osservatore durante il movimento rotatorio dell'astro. Solitamente la radiazione emessa appartiene alla frequenza delle onde radio, ma alcune pulsar emettono anche nella banda del visibile: queste pulsar vengono definite pulsar variabili ottiche. I periodi sono molto brevi a causa dell'alta velocità di rotazione, fra i 4 ms e i 4 s. L'ampiezza della variazione nel visibile può arrivare a 0,8 magnitudini.

Binarie a eclissi

Sono sistemi binari in cui le due componenti si eclissano a vicenda provocando un'apparente diminuzione di luminosità. Alcune di questi sistemi presentano due minimi, uno più importante quando la stella secondaria eclissa la primaria, l'altro meno accentuato quando è la primaria a eclissare la secondaria. Il minimo più marcato viene chiamato primario, l'altro secondario. Le variabili a eclissi vengono suddivise sulla base delle caratteristiche fisiche ed evolutive del sistema: tali caratteristiche sono all'origine di curve di luce differenti. I sottotipi principali sono le variabili Algol, le variabili Beta Lyrae e le variabili W Ursae Majoris. Infine, la strumentazione sempre più precisa a disposizione degli astronomi ha permesso di individuare anche eclissi determinate dalla presenza di un pianeta in orbita intorno a una stella.

Variabili Algol

Le variabili Algol (β Persei) presentano una luminosità costante intervallata da uno o due minimi. Il periodo che intercorre fra due minimi è molto regolare perché dipendente dal moto di rivoluzione del sistema: esso è di solito breve in quanto per eclissarsi le due componenti devono essere abbastanza vicine fra loro. Il periodo più corto conosciuto è di 2 ore e 48 minuti e appartiene alla stella HW Virginis. Il più lungo è di circa 9892 giorni (27 anni) ed è della stella ε Aurigae.

Le stelle componenti di un sistema binario tipo Algol hanno forma sferica o, al massimo, leggermente ellissoidale. Questa caratteristica le differenzia delle variabili Beta Lyrae e dalle variabili W Ursae Majoris, in cui le due componenti sono così vicine da essere fortemente deformate dagli effetti gravitazionali, e permette inoltre di distinguere distintamente nella curva di luce i momenti in cui le eclissi iniziano e terminano, dato che c'è una distinzione netta fra i minimi e il massimo, in cui la curva è costante nel tempo.

L'ampiezza della variazione di luminosità dipende dalla parzialità o totalità dell'eclissi e può andare da un centesimo di magnitudine a qualche magnitudine. La variazione più ampia conosciuta è di 3,4 magnitudini (V342 Aquilae). Le componenti dei sistemi tipo Algol possono avere un qualunque tipo spettrale, sebbene nella maggior parte dei casi esse sono di tipo B, A, F o G.

Il prototipo di questo tipo di stelle variabili è Algol (Beta Persei). La variabilità di Algol è stata scoperta ufficialmente dall'astronomo italiano Geminiano Montanari nel 1669, anche se probabilmente la sua variabilità era già note fin dall’età antica. Il meccanismo alla base della sua variabilità è stato invece spiegato per la prima volta da John Goodricke nel 1782.

Variabili Beta Lyrae

Si tratta di sistemi generalmente composti da componenti massicce appartenenti alle classi spettrali B o A, spesso in avanzato stato evolutivo, molto vicine fra loro. La reciproca forza di attrazione distorce marcatamente la forma delle due stelle che diventa accentuatamente ellissoidale; inoltre esiste uno scambio di materiale fra le due componenti. A causa della vicinanza e dello scambio di gas la luminosità cambia continuamente nel tempo, sicché è difficile distinguere l'inizio e la fine delle eclissi. Solitamente l'ampiezza delle variazioni è inferiore alle 2 magnitudini. I periodi fra i minimi coincidono con quelli del moto di rivoluzione e sono molto brevi, data la vicinanza delle due componenti: solitamente qualche giorno.

Gli scambi di materia avvengono perché, nel corso della sua evoluzione, una delle stelle diventa una gigante o una supergigante. Queste stelle di grosse dimensioni possono facilmente perdere massa, dato che la forza gravitazionale alla loro superficie è debole, sicché il gas si allontana con facilità (tramite il cosiddetto vento stellare). Nelle binarie strette, come i sistemi Beta Lyrae, questa perdita di massa è rinforzata dal fatto che, quando la stella gigante si gonfia, essa raggiunge il suo lobo di Roche, cioè l'insieme di punti oltre il quale gli strati esterni di una stella finiscono per cadere sull'altra.

Nei sistemi binari la stella più massiccia generalmente evolve per prima in una gigante o supergigante. La sua perdita di massa è tale che in un tempo relativamente molto breve (meno di mezzo milione di anni) questa stella diventa la meno massiccia delle due, pur essendo stata inizialmente la più massiccia. Parte della sua massa è trasferita alla compagna, il resto è perduto nello spazio.

Alcuni di questi sistemi presentano eruzioni improvvise dovute all'instabilità del disco di accrescimento, sicché è spesso difficile distinguerli dalle variabili Z Andromedae.

Variabili W Ursae Majoris

Si tratta di binarie a contatto, cioè di stella binarie talmente vicine che le loro superfici si toccano. La loro vicinanza causa importanti scambi di materiale fra le due componenti che arrivano a condividere la stessa atmosfera e quindi ad avere temperature superficiali uguali. La loro forma è molto distorta dall'attrazione reciproca e marcatamente ellissoidale. Si pensa che le variabili W Ursae Majoris si formino da binarie distaccate che si avvicinano le une alle altre a causa di perdite nel loro momento angolare.

Esse presentano periodi di variazioni molto brevi, fra 6 ore e un giorno, dovuti alla vicinanza delle due componenti. Inoltre la curva di luce è molto arrotondata, con variazioni continue nel tempo, rendendo impossibile stabilire l'inizio e la fine delle eclissi. I minimi hanno quasi uguale profondità, rendendo a volte difficile anche distinguere il minimo principale da quello secondario: ciò è dovuto al fatto che la temperatura superficiale delle due componenti è la stessa, anche se le masse sono differenti. Le variazioni di luminosità sono attestate fra 0,1 e 1 magnitudini.

Le variabili W Ursae Majoris sono caratterizzate da curve di luce con minimi molto vicini e da una variazione di luminosità continua. Infatti, essendo le due componenti in contatto fisico, esse si eclissano costantemente l'una con l'altra. Inoltre i minimi sono di solito uguali in quanto le stelle hanno quasi la stessa luminosità. Il periodo di queste stelle è breve e tipicamente è contenuto nel range che va delle 6 ore a un giorno. Le due stelle sono quasi della stessa classe spettrale che va dalle sottoclassi intermedie della classe A alle prime sottoclassi della classe K, con la maggior parte concentrate fra le sottoclassi intermedie della classe F e le prime sottoclassi della classe G. Si pensa che le due stelle abbiano lo stesso stato evolutivo, collocato nella o appena sopra la sequenza principale. Il fatto che appartengano alla stessa classe spettrale non significa che le due componenti abbiano masse simili: esse possono avere masse molto diverse (fino a un rapporto di uno a dieci), ma lo scambio di calore fra le due componenti, eguagliando le temperature superficiali, fa sì che esse finiscano per appartenere alla stessa classe spettrale. La vicinanza delle due componenti distorce pesantemente la loro forma, allungando le parti più vicine e creando un corridoio che unisce le due stelle. Si pensa che le variabili W Ursae Majoris si formino da binarie staccate che si avvicinano le une alle altre a causa di perdite nel loro momento angolare.

I transiti planetari

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Le stelle possono essere eclissate, oltre che da altre stelle, anche da eventuali pianeti che orbitano intorno ad esse. Poiché un pianeta è molto più piccolo di una stella, esso produce variazioni di luminosità più contenute, al massimo nell'ordine di qualche millesimo di magnitudine. Per la rilevazione di queste eclissi sono quindi richieste strumentazioni molto precise. Un ulteriore problema consiste nella difficoltà con la quale è possibile distinguere le variazioni di luminosità determinate dalla presenza di un pianeta da quelle determinate dalla presenza di macchie o dalla presenza di eclissi parziali di un'altra stella. I telescopi spaziali COROT e Kepler hanno l'obiettivo di scoprire nuovi pianeti mediante le eclissi da essi causate.

La stragrande maggioranza dei pianeti extrasolari scoperti finora sono stati individuati proprio tramite il metodo del transito, che coi telescopi spaziali è relativamente facile da implementare.

Il telescopio Kepler in particolare è stato specificatamente progettato per monitorare una porzione della nostra regione della Via Lattea e scoprire dozzine di pianeti simili alla Terra vicino o nella zona abitabile e determinare quante delle miliardi di stelle della nostra galassia posseggano pianeti. Per fare ciò, un fotometro monitora costantemente la luminosità di più di 145.000 stelle di sequenza principale nel suo campo di vista fissato, presso le costellazioni del Cigno, della Lira e del Drago. I dati sono trasmessi a terra, dove vengono analizzati in cerca di periodiche diminuzioni di luminosità delle stelle causate da pianeti extrasolari che transitano di fronte alla loro stella. Il team di Kepler ha individuato oltre 2600 pianeti. Nel gennaio 2013 un gruppo di astronomi dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics ha stimato dai dati di Kepler che nella Via Lattea risiedano "almeno 17 miliardi" di esopianeti simili alla Terra. La missione Kepler si è conclusa il 30 ottobre 2018.