Storia della filosofia/Filosofia medievale
La filosofia medievale costituisce un imponente ripensamento dell'intera tradizione classica sotto la spinta delle domande poste dalle tre grandi religioni monoteiste. I limiti spaziali e cronologici della filosofia medioevale non sono definiti univocamente. Pasnau ne colloca l'inizio a Baghdad nell'VIII secolo, e in Francia presso la corte itinerante di Carlo Magno nell'ultimo quarto dell'VIII secolo[1]. De Libera sostiene invece una continuità tra filosofia pagana, bizantina e araba[2], mentre Maurice de Wulf ritiene che la filosofia medioevale per eccellenza si identifichi con il pensiero scolastico tomista, verso il quale la patristica svolse un ruolo preparatorio[3].
La patristica
[modifica | modifica sorgente]La Patristica, cioè il pensiero dei antichi padri della Chiesa, rappresentò il primo tentativo di fusione fra la tradizione ebraica e la filosofia greca, di cui costoro cercarono di assimilare profondamente il senso del logos, concetto chiave della filosofia greca: logos significava la ragione e il fondamento universale del mondo, in virtù del quale la realtà terrena veniva ricondotta a un principio intellettivo ideale, in cui risiederebbe la vera dimensione dell'essere.
Il maggiore esponente della Patristica fu Agostino di Ippona, che conciliò la filosofia greca con la fede cristiana riprendendo dal neoplatonismo il tema delle tre nature o ipostasi divine (Uno, Intelletto e Anima) e identificandole con le tre Persone della Trinità cristiana (Padre, Figlio e Spirito Santo), ma concependo il loro rapporto di processione non più in senso degradante, ma in un'ottica di parità-consustanzialità.
Dal V al VIII secolo vi fu l'ultimo sviluppo della Patristica, che consistette più che altro nella rielaborazione di dottrine già formulate, ma in parte anche in nuove riflessioni. Tra i più originali vi fu Boezio, ritenuto uno dei precursori della Scolastica e della disputa sugli universali, riguardante la definizione delle essenze attribuibili a generi e specie universali. Nello Pseudo-Dionigi l'Areopagita si trova invece la prima esplicita distinzione tra teologia negativa e teologia affermativa.
L'aristotelismo arabo ed ebraico
[modifica | modifica sorgente]Mentre in Europa si diffondeva il platonismo, durante tutto il Medioevo gli arabi avevano mantenuto viva la tradizione filosofica aristotelica con commenti e traduzioni, e sviluppando interessi per le scienze naturali. Si trattava di un aristotelismo penetrato in Medio Oriente attraverso l'interpretazione che ne aveva dato in epoca ellenistica Alessandro di Afrodisia, mescolato con motivi giudaici, cristiani e soprattutto neoplatonici. In questo sincretismo di culture, favorito dall'espansione araba verso l'Occidente, fiorirono nuovi centri come Baghdad, Granada, Cordova e Palermo.
In ambito ebraico, invece, si era avuto già con Filone di Alessandria (I secolo d.C.) un primo tentativo di conciliare la Legge mosaica con la filosofia platonica, tentativo tuttavia che aveva avuto maggior seguito presso i primi cristiani. Con Avicebron, e poi con Mosè Maimonide, si avrà un effettivo confronto tra la fede ebraica e il retaggio culturale greco.
La Scolastica
[modifica | modifica sorgente]A partire dall'anno Mille nasce la filosofia scolastica, così chiamata dall'istituzione delle scholae, ossia di un sistema scolastico-educativo diffuso in tutta Europa, e che garantiva una sostanziale uniformità di insegnamento.
«Padre della Scolastica» è considerato l'abate benedettino Anselmo d'Aosta,[4] che cercò una convergenza tra fede e ragione nel solco della tradizione platonica e agostiniana.
Agli inizi del Duecento nacquero due nuovi ordini, uno fondato dallo spagnolo Domenico di Guzman, la cui predicazione di basava sull'efficacia degli argomenti e la forza della persuasione, l'altro da Francesco d'Assisi, che mirava invece a convertire tramite un esempio di vita umile, semplice, e in armonia con la natura. Questi movimenti si diffusero soprattutto nelle città e a contatto con le loro scuole che erano divenute i nuovi centri della cultura medievale. Furono due frati domenicani, Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, a dare un contributo fondamentale allo sviluppo della filosofia scolastica, attraverso lo studio e la riflessione del pensiero di Aristotele. Bonaventura di Bagnoregio fu invece il maggiore esponente della corrente neoplatonica.
Mentre Tommaso e Bonaventura insegnarono soprattutto a Parigi, altre scuole crebbero di rinomanza, come quelle di Oxford e di Colonia. Il più importante maestro di Oxford fu Ruggero Bacone.
Filosoficamente, il Medioevo si caratterizza per una grande fiducia nella ragione umana, ossia nella capacità di indagare i misteri della fede, in virtù del fatto che Dio nei Vangeli si presenta come logos (cioè principio logico). La crisi di questa fiducia iniziò a partire dal Trecento, quando il filosofo scozzese Duns Scoto affermò che esiste un limite che non può essere esplorato dalla filosofia, e oltre il quale la ragione non può andare. Scoto divenne un assertore della dottrina del volontarismo, secondo cui Dio sarebbe animato da una volontà incomprensibile e arbitraria, del tutto slegata da criteri razionali che altrimenti ne limiterebbero la libertà d'azione. Questa posizione ebbe come conseguenza un crescente fideismo, ossia una fiducia cieca in Dio, non motivata da argomenti. Al fideismo aderì soprattutto Guglielmo di Ockham, esponente della corrente nominalista, all'interno della quale egli giunse a negare alla Chiesa il ruolo di mediazione tra Dio e gli uomini.
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ Robert Pasnau, Introduction, The Cambridge History of Medieval Philosophy, 2010, Cambridge University Press.
- ↑ Alain de Libera, Storia della filosofia medievale, trad. it., Jaca Book, Milano 1995
- ↑ Maurice De Wulf, History of medieval philosophy, ed. 1900-1947, trad. ingl. di Ernest C. Messenger, Dover Publications, 1952
- ↑ Scheda su Anselmo d'Aosta.