Storia della filosofia/John Wyclif
John Wyclif fu considerato la stella della sera della scolastica e la stella del mattino della Riforma inglese.[1] I suoi scritti in latino influenzarono fortemente la filosofia e l'insegnamento del ceco Jan Hus (c. 1369-1415).[2] Wyclif infatti mise in dubbio i privilegi del clero e sostenne la necessità di tradurre la Bibbia nelle lingue volgari comuni. Nel 1382 completò la traduzione direttamente dalla Vulgata in medio inglese, una versione oggi conosciuta come Bibbia di Wyclif.
I seguaci di Wyclif, soprannominati in modo dispregiativo "lollardi", seguirono la sua guida meditando su temi come le virtù teologali, la predestinazione, l'iconoclastia e il cesaropapismo, polemizzando sulla venerazione dei santi, sui sacramenti, sulle messe di requiem, sulla transustanziazione, sul monachesimo e sull'esistenza del papato.
I primi anni
[modifica | modifica sorgente]Wyclif nacque nel villaggio di Hipswell, vicino a Richmond, nel North Riding dello Yorkshire, in Inghilterra, negli anni venti del XIV secolo. Ricevette la sua prima educazione vicino a casa sua. Non si sa con esattezza quando arrivò per la prima volta all'università di Oxford, forse intorno al 1345. Thomas Bradwardine era all'epoca arcivescovo di Canterbury e il suo il libro De causa Dei contra Pelagium et de virtute causarum, un audace recupero della dottrina della grazia di ascendenza paolino-agostiniana, plasmò notevolmente le opinioni del giovane Wyclif,[3] così come la peste nera che raggiunse l'Inghilterra nell'estate del 1348.[4] Dai suoi frequenti riferimenti a essa in età avanzata, sembra che abbia lasciato su di lui un'impressione profonda e duratura. Secondo Robert Vaughn, la peste diede a Wyclif "visioni molto cupe riguardo alla condizione e alle prospettive della razza umana".[5] Wyclif sarebbe inoltre stato a Oxford durante la rivolta studentesca nel giorno di santa Scolastica (1355) in cui furono uccisi sessantatré studenti e un certo numero di cittadini.
Wyclif si laureò al Merton College nel 1356.[6] Quello stesso anno scrisse un piccolo trattato, The Last Age of the Church. Alla luce della virulenza della peste che si era placata sette anni prima, gli studi di Wyclif lo portarono a ritenere che la fine del XIV secolo avrebbe segnato la fine del mondo. Mentre altri scrittori consideravano la peste come il giudizio di Dio sui peccatori, Wyclif la considerava un'accusa contro un clero indegno. Il tasso di mortalità tra il clero era stato particolarmente alto e coloro che li sostituivano erano, a suo avviso, ignoranti o generalmente poco raccomandabili.[4]
Era maestro del Balliol College di Oxford nel 1361.[7] In questo stesso anno fu presentato dal college alla parrocchia di Fillingham nel Lincolnshire, che visitava raramente durante le lunghe vacanze da Oxford.[8] Per questo dovette rinunciare alla direzione del Balliol College, sebbene potesse continuare a vivere a Oxford. Nel 1362 gli fu concessa una prebenda ad Aust a Westbury-on-Trym, che ricoprì in aggiunta al posto a Fillingham.
La sua fama Simon Islip, arcivescovo di Canterbury, a collocarlo nel 1365 a capo di Canterbury Hall, dove dodici giovani si stavano preparando per il sacerdozio. Nel dicembre 1365 Islip nominò Wyclif guardiano ma quando l'arcivescovo morì l'anno successivo, il suo successore Simon Langham, un uomo di formazione monastica, affidò la guida del college a un monaco. Nel 1367 Wyclif fece appello a Roma, ma nel 1371 ricevette esito sfavorevole. Era una situazione comune all'epoca, dovuta alla rivalità in corso tra monaci e clero secolare a Oxford.[8]
Nel 1368 rinunciò a vivere a Fillingham e rilevò la canonica di Ludgershall, nel Buckinghamshire, non lontano da Oxford, cosa che gli permise di mantenere il suo legame con l'università. Nel 1369 Wyclif ottenne una laurea in teologia e il dottorato nel 1372.[9]
Politica
[modifica | modifica sorgente]Nel 1374 il suo nome appare secondo, dopo un vescovo, in una commissione che il governo inglese inviò a Bruges per discutere con i rappresentanti di Gregorio XI una serie di punti controversi nelle relazioni tra il re e il papa.[10] Non era più soddisfatto della sua cattedra come mezzo per diffondere le sue idee, e subito dopo il suo ritorno da Bruges iniziò a esprimerle in trattati e opere più lunghe. In un libro riguardante il governo di Dio e i Dieci Comandamenti attaccò il governo temporale del clero, la raccolta di annate, le indulgenze e la simonia.
Entrò nella politica del tempo con la sua grande opera De civili dominio. Ciò portò, però, alla cessione di tutta la proprietà della Chiesa.[11] Le sue idee sulla signoria e la ricchezza della Chiesa causarono la sua prima condanna ufficiale nel 1377 da parte del papa Gregorio XI, che censurò 19 articoli. Wyclif sostenne che la Chiesa era caduta nel peccato e che avrebbe dovuto quindi rinunciare a tutte le sue proprietà e che il clero avrebbe dovuto vivere in completa povertà. La tendenza a far ricoprire le alte cariche statali a chierici fu risentita da molti nobili.
Conflitto con la Chiesa
[modifica | modifica sorgente]Wyclif fu convocato davanti a William Courtenay, vescovo di Londra, il 19 febbraio 1377. Le accuse esatte non sono note. Lechler suggerisce che Wyclif sia stato preso di mira dagli avversari di Giovanni di Gaunt tra i nobili e la gerarchia della chiesa.[12] Gaunt, il maresciallo del conte Henry Percy e molti altri sostenitori accompagnarono Wyclif. Una folla si radunò in chiesa e all'ingresso cominciarono a manifestarsi animosità, soprattutto durante uno scambio tra il vescovo e i difensori di Wyclif.[10] Gaunt dichiarò che avrebbe umiliato l'orgoglio del clero inglese e dei suoi alleati, accennando all'intento di secolarizzare i possedimenti della Chiesa. L'assemblea si sciolse e Gaunt e i suoi alleati partirono con Wyclif.
La maggior parte del clero inglese fu irritata da questo incontro e iniziarono gli attacchi a Wyclif. Il secondo e il terzo libro della sua opera che trattano di governo civile scatenarono una feroce polemica. Il 22 maggio 1377 papa Gregorio XI inviò cinque copie di una bolla contro Wyclif, inviandone una all'arcivescovo di Canterbury e le altre al vescovo di Londra, a re Edoardo III, al cancelliere e all'università; tra gli allegati c'erano 18 sue tesi, denunciate come errate e pericolose per la Chiesa e lo Stato. Stephen Lahey suggerisce che l'azione di Gregorio XI contro Wyclif fosse un tentativo di fare pressione su re Edoardo per fare la pace con la Francia.[11] Edoardo III morì il 21 giugno 1377 e la bolla contro Wyclif non raggiunse l'Inghilterra prima di dicembre. A Wyclif fu chiesto di fornire al consiglio del re la sua opinione sulla liceità di trattenere i tradizionali pagamenti a Roma, domanda a cui rispose in maniera affermativa.[13]
Tornato a Oxford, il vicecancelliere confinò Wyclif per qualche tempo a Black Hall, ma i suoi amici ottennero presto il suo rilascio. Nel marzo 1378, fu chiamato a comparire a Lambeth Palace per difendersi. Tuttavia, Sir Lewis Clifford entrò nella cappella e in nome della regina madre (Giovanna di Kent), proibì ai vescovi di procedere a una sentenza definitiva riguardante la condotta o le opinioni di Wyclif.[5] I vescovi, divisi, si accontentarono di proibirgli di parlare ulteriormente della controversia. Wyclif scrisse quindi il De incarcerandis fedelibus, in cui chiedeva che fosse legale per gli scomunicati fare appello al re e al suo consiglio contro la scomunica; in questo scritto descrisse l'intero caso, in modo che fosse compreso dai laici. Scrisse così le sue 33 conclusioni in latino e in inglese. Le masse, alcuni dei nobili e il suo ex protettore, Giovanni di Gaunt, si radunarono attorno a lui. Prima che Roma potesse prendere ulteriori provvedimenti, Gregorio XI morì nel 1378.
Gli attacchi a papa Gregorio XI si fecero sempre più estremi. La posizione di Wyclif sull'ideale di povertà divenne sempre più ferma, così come la sua posizione riguardo al potere temporale del clero. Strettamente legato a questo atteggiamento era il suo libro De officio regis, il cui contenuto era stato prefigurato nelle sue 33 conclusioni. Questo libro, come quelli che precedettero e seguirono, si occupava della riforma della Chiesa, in cui il braccio temporale avrebbe avuto un ruolo influente.
Dal 1380 in poi, Wyclif si dedicò a scritti che sostenevano il suo rifiuto della transustanziazione e criticò fortemente i frati che la sostenevano. [14]
Dottrina teologica
[modifica | modifica sorgente]Wycliffe considerava le Scritture come l'unica guida affidabile alla verità su Dio, e sosteneva che tutti i cristiani dovrebbero fare affidamento sulla Bibbia piuttosto che sugli insegnamenti di papi e chierici. Diceva che non c'era alcuna giustificazione scritturale per il papato.[15]
La predicazione di Wyclif esprimeva una forte fede nella predestinazione. Parlava quindi di una Chiesa invisibile degli eletti, composta da coloro che sono predestinati ad essere salvati, mentre rifiutava la Chiesa cattolica "visibile".[16] Per Wyclif, la Chiesa era la totalità di coloro che sono predestinati alla beatitudine, e non può farne parte nessuno che è destinato all'eterna dannazione. C'è una Chiesa universale e al di fuori di essa non c'è salvezza.
I suoi primi trattati e le maggiori opere di contenuto politico-ecclesiastico difendevano i privilegi dello Stato. Nel 1379 nel suo De ecclesia, Wyclif rivendicò chiaramente la supremazia del sovrano sul sacerdozio.[17] Respinse il concetto di purgatorio, e disapprovò il celibato clericale, i pellegrinaggi, la vendita di indulgenze e la preghiera ai santi.[15]
Attacco al monachesimo
[modifica | modifica sorgente]La battaglia contro quello che vedeva come un papato imperializzato e contro i suoi sostenitori, cioè le "sette", come chiamava gli ordini monastici, occupa un ampio spazio non solo nelle sue opere successive come il Trialogus, il Dialogus, l'Opus evangelicum e nei suoi sermoni, ma anche in una serie di trattati taglienti e di opere polemiche in latino e in inglese.
Nel 1380 in Objections to Friars chiama i monaci i parassiti della società, nemici della religione, patroni e promotori di ogni crimine.[4] Rivolse le sue critiche più forti contro i frati, la cui predicazione non considerava né scritturale né sincera, ma motivata da "guadagno temporale".[8] Mentre altri si accontentavano di cercare la riforma di particolari errori e abusi, Wyclif cercava nientemeno che l'estinzione dell'istituzione stessa della Chiesa, in quanto ritenuta contraria alla Scrittura.[5] Sostenne l'abolizione dei monasteri.
La Bibbia in inglese
[modifica | modifica sorgente]In linea con la convinzione che le Scritture fossero l'unica guida affidabile e autorevole alla verità su Dio, si impegnò a tradurre la Bibbia in inglese. Sebbene Wyclif sia accreditato, non è possibile definire quale sia stata esattamente la sua parte nella traduzione, che era basata sulla Vulgata.[18] Non c'è dubbio che sia stata una sua iniziativa e che il successo del progetto sia dovuto alla sua guida. Esistono ancora circa 150 manoscritti, completi o parziali, contenenti la traduzione nella sua forma rivista. Da ciò si può facilmente dedurre quanto fosse ampiamente diffuso nel XV secolo. Per questo motivo i seguaci di Wyclif in Inghilterra erano spesso designati dai loro oppositori come "uomini della Bibbia".
Posizioni filosofiche
[modifica | modifica sorgente]Wyclif è stato il più eminente filosofo inglese della seconda metà del XIV secolo.[17] Si guadagnò presto la sua grande reputazione di filosofo. C'è stato un periodo nella sua vita in cui si è dedicato esclusivamente alla filosofia scolastica. Il suo primo libro, De Logica (1360), esplora i fondamenti della teologia scolastica. Credeva che si dovrebbe studiare la logica per comprendere meglio la mente umana perché... i pensieri, i sentimenti e le azioni umane portano l'immagine e la somiglianza di Dio.[19]
Il centro del sistema filosofico di Wyclif è formato dalla dottrina dell'esistenza precedente nel pensiero di Dio di tutte le cose e gli eventi. Mentre il realismo platonico considera la "bellezza" come una proprietà che esiste in una forma ideale indipendentemente da qualsiasi mente o cosa, per Wyclif ogni universale, come parte della creazione, derivava la sua esistenza da Dio, il Creatore.[19] Wyclif era uno stretto seguace di Agostino, e ha sempre sostenuto il primato del Creatore sulla realtà creata.
Un secondo punto chiave di Wyclif è la sua enfasi sulla nozione di Signoria divina, esplorata nel De dominio divino (c. 1373), che esamina la relazione tra Dio e le sue creature. L'applicazione pratica di questo per Wyclif è stata vista nell'atteggiamento ribelle degli individui (particolari) verso l'autorità legittima (universali). Nel De civili dominio discute la circostanza appropriata in base alla quale un'entità può essere vista come in possesso di autorità su soggetti minori. Il dominium è sempre conferito da Dio. "Al di là di ogni dubbio, l'errore intellettuale ed emotivo sugli universali è la causa di tutto il peccato che regna nel mondo."[20] In alcuni dei suoi insegnamenti, come nel De annihilatione, l'influenza diTommaso d'Aquino può essere rilevato.
Disse che Democrito, Platone, Agostino e Grossatesta superavano di gran lunga Aristotele. Per quanto riguarda i suoi rapporti con i filosofi del Medioevo, si attenne al realismo in contrapposizione al nominalismo avanzato da Guglielmo di Ockham.
Il principio fondamentale di Wyclif della preesistenza nel pensiero di tutta la realtà trova un serio ostacolo più serio nella libera volontà; il filosofo poteva aiutarsi solo sostenendo che il libero arbitrio dell'uomo era qualcosa di predeterminato da Dio. Richiedeva una rigorosa preparazione dialettica come mezzo per distinguere il vero dal falso e asseriva che la logica (o il sillogismo) favoriva la conoscenza delle verità cattoliche; l'ignoranza della logica era la ragione per cui gli uomini fraintendevano la Scrittura, poiché gli uomini trascuravano la connessione, la distinzione tra idea e apparenza.
Wyclif non era solo consapevole della distinzione tra teologia e filosofia, ma il suo senso della realtà lo portò ad affrontare questioni della filosofia scolastica. Lasciò poi da parte le discussioni filosofiche che sembravano non avere alcun significato per la coscienza religiosa e quelle che riguardavano esclusivamente la scolastica.
La condanna e gli ultimi anni
[modifica | modifica sorgente]Nell'estate del 1381 Wyclif formulò la sua dottrina dell'Ultima Cena in dodici brevi sentenze, e si fece obbligo di difenderla ovunque. Poi la gerarchia inglese procedette contro di lui. Il cancelliere dell'università di Oxford fece dichiarare eretiche alcune dichiarazioni. Quando questo fu annunciato a Wyclif, dichiarò che nessuno poteva cambiare le sue convinzioni. Quindi si appellò non al papa né alle autorità ecclesiastiche del paese, ma al re. Pubblicò la sua grande confessione sull'argomento e anche un secondo scritto in inglese destinato alla gente comune.[21]
Finché Wyclif limitava i suoi attacchi agli abusi e alla ricchezza della Chiesa, poteva contare sull'appoggio di parte del clero e dell'aristocrazia, ma una volta respinta la dottrina tradizionale della transustanziazione, le sue tesi non potevano più essere difese.[17] Questa visione gli costò il sostegno di Giovanni di Gaunt e molti altri.[13]
In mezzo a questo ci fu la rivolta dei contadini del 1381, scatenata in parte dalla predicazione di Wyclif che fu portata in tutto il regno da "poveri sacerdoti" nominati dallo stesso Wyclif (per lo più laici). I predicatori non limitarono le loro critiche all'accumulo di ricchezze e proprietà da parte dei monasteri, ma so scagliavano anche contro le proprietà secolari appartenenti alla nobiltà.[22] Sebbene Wyclif disapprovasse la rivolta, alcuni dei suoi discepoli giustificarono l'uccisione di Simon Sudbury, arcivescovo di Canterbury. Nel 1382 il vecchio nemico di Wyclif William Courtenay, ora arcivescovo di Canterbury, convocò un'assemblea ecclesiastica di notabili a Londra. Durante le consultazioni del 21 maggio si verificò un terremoto: i partecipanti erano terrorizzati e volevano sciogliere l'assemblea, ma Courtenay dichiarò che il terremoto indicava la purificazione della terra da una dottrina errata, e il risultato fu assicurato.[23]
Delle 24 proposizioni attribuite a Wyclif senza menzionare il suo nome, 10 furono dichiarate eretiche e 14 errate. Il primo si riferiva alla trasformazione del sacramento, il secondo a questioni relative all'ordine e alle istituzioni della chiesa. Da quel momento era proibito tenere queste opinioni o portarle avanti in prediche o in discussioni accademiche. Tutte le persone che ignoravano quest'ordine dovevano essere perseguite. Per fare ciò era necessario l'aiuto dello Stato; ma i Commons hanno respinto il disegno di legge. Il re, tuttavia, fece emanare un decreto che consentiva l'arresto di coloro che erano in errore.
La cittadella del movimento riformatorio era Oxford, dove si trovavano i più attivi aiutanti di Wyclif; questi furono chiamati a ritrattare, e Nicola di Hereford andò a Roma per fare appello.[24]
Il 17 novembre 1382 Wyclif fu convocato prima di un sinodo a Oxford. Egli continuava a chiedere il favore della corte e del Parlamento, al quale si rivolse con un memoriale. Non fu né scomunicato né ucciso.
Wyclif mirava a farla finita con la gerarchia esistente e sostituirla con sacerdoti che vivevano in povertà, non erano vincolati da voti, non avevano ricevuto alcuna consacrazione formale e predicavano il Vangelo al popolo. Predicatori itineranti diffondevano gli insegnamenti di Wyclif. La bolla di Gregorio XI dava loro il nome di lollardi, inteso come epiteto oltraggioso, ma divenne, per loro, un nome d'onore. Anche ai tempi di Wyclif i lollardi avevano raggiunto ampi circoli in Inghilterra e predicato "la legge di Dio, senza la quale nessuno poteva essere giustificato".[25]
Negli anni prima della sua morte nel 1384 sostenne sempre più le Scritture come centro autorevole del cristianesimo, mentre le affermazioni del papato erano antistoriche, il monachesimo era irrimediabilmente corrotto e l'indegnità morale dei sacerdoti invalidava il loro ufficio e i loro sacramenti.[26]
Wyclif ritornò a Lutterworth, e inviò dei trattati contro i monaci e Urbano VI, poiché quest'ultimo, contrariamente alle speranze di Wyclif, non si era rivelato un papa riformatore. Tuttavia, mentre celebrava la messa nella chiesa parrocchiale il 28 dicembre 1384, il giorno degli Innocenti, Wyclif ebbe un ictus e morì alla fine dell'anno.
La sua morte non placò tuttavia le polemiche. I suoi seguaci furono condannati e il 4 maggio 1415 il Concilio di Costanza dichiarò Wyclif eretico e bandì i suoi scritti, scomunicandolo retroattivamente. Il Concilio decretò anche che le sue opere fossero bruciate e i suoi resti corporei rimossi dal suolo consacrato. Questo ordine, confermato da papa Martino V, fu eseguito nel 1428.[17] Il cadavere di Wyclif fu riesumato e bruciato e le ceneri gettate nel fiume Swift, che attraversa Lutterworth.
Note
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- ↑ 5,0 5,1 5,2 Robert Vaughan, Tracts and Treatises of John de Wycliffe: With Selections and Translations from His Manuscripts and Latin Works, su books.google.com, 26 October 1845.
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