Cyberbullismo/Versione stampabile

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Introduzione

Indice del libro

Fortemente consapevoli, in una scuola secondaria di secondo grado, del fatto che oggi, per non incorrere in pericoli di sorta, sia necessario ricevere le giuste sollecitazioni dagli altri ma anche formarsi e acquisire in autonomia le informazioni corrette, abbiamo deciso di scrivere a più mani un libro sul cyberbullismo nella speranza che i nostri allievi, reperendo sulla carta ed in rete tutte le informazioni necessarie per meglio conoscere il fenomeno in questione, non solo sappiano quali sono i giusti passi da compiere casomai ne divenissero vittime, ma si guardino bene dal mettere in atto con leggerezza comportamenti aggressivi in rete e non solo.

L'intento è duplice. Ci proponiamo infatti:

  1. di aiutare gli allievi a diventare selettivi e critici dinanzi alle fonti in rete ed a far sì che siano in grado di utilizzare consapevolmente i documenti selezionati per crearne dei loro
  2. di ottenere la giusta informazione sul fenomeno in modo da "formare" cittadini consapevoli

Il nostro testo si strutturerà in diverse parti. Il primo capitolo riguarderà due fenomeni quasi speculari, il bullismo e il cyberbullismo, di cui i ragazzi sono di solito protagonisti, carnefici e vittime al tempo stesso. Sarà nostra cura studiare e presentare ai lettori dei due fenomeni gli aspetti linguistici, etimologie dei termini in particolare e parole utilizzate nelle diverse lingue per indicarli, le diverse definizioni che gli studiosi nel tempo hanno prodotto, le caratteristiche specifiche oltre che i dati di diffusione e gli aspetti normativi che li riguardano. Ci soffermeremo poi sugli aspetti psicologici correlati ai due fenomeni, disagio adolescenziale e aggressività in particolare, su storie di cyberbulismo e cercheremo, se possibile, di presentare i dati di una piccola indagine conoscitiva sul fenomeno del cyberbullismo effettuata tra gli alunni della nostra scuola. Infine ci occuperemo della prevenzione e della sensibilizzazione al fenomeno non solo elencando gli interventi già in atto contro il cyberbullismo ma anche proponendo strategie di intervento che partano dalla voce stessa dei ragazzi.


Bullismo

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Il bullismo: definizione e aspetti linguistici[modifica]

Tra Bullismo e Cyberbullismo

Nella società, di oggi come di ieri, nessuno dovrebbe aver paura di alcuna persecuzione, petulanza o aggressione. Oggi violenza ed aggressività, anche negli ambiti scolastici, sono fenomeni all’ordine del giorno e sono indice di un diffuso disagio adolescenziale. Il bullismo, che ha ormai assunto una rilevanza molto elevata, rappresenta una grave forma di disagio socio-relazionale comprendendo un insieme di comportamenti prepotenti, prevaricatori ed aggressivi[1].

Studiosi di diverse nazioni hanno attribuito un nome a questo fenomeno: lo studioso svedese Heinemann usa il termine mobbing, una parola di origine inglese la cui radice, mob, sta ad indicare un gruppo di persone, o anche un singolo individuo, soggetto a molestie ed aggressioni. In lingua inglese il fenomeno è chiamato bullying, termine che è usato nella letteratura internazionale sull’argomento e che ha dato origine al corrispettivo italiano “bullismo”. In generale la parola bullismo fa riferimento ad una situazione in cui coesistono soggetti attivi e passivi, bulli e vittime. In Italiano il termine più vicino a quello inglese è "prepotenze", ma esso è utilizzato con un’accezione più ampia riferendosi a situazioni spesso molto diverse tra loro[2].

Olweus definisce il bullismo come “una violenza fisica, verbale o psicologica ripetuta, che si protrae nel tempo, con uno squilibrio tra vittima e carnefice. Il bullo sceglie la sua vittima, di solito più debole sia fisicamente sia psicologicamente e la perseguita per un tempo indeterminato. Con conseguenze devastanti nel tempo”[3]. Farrington, invece, afferma che il bullismo è “un’oppressione ripetuta, psicologica o fisica, verso una persona meno potente, da parte di una persona più potente o da un gruppo”. Secondo Heineman (1973) esso è: “Una violenza continuata, fisica o psicologica, condotta da un individuo o un gruppo, diretta contro un individuo che non è in grado di difendersi “.

Altri autori come Sharp e Smith definiscono il bullismo come “un tipo di azione che mira deliberatamente a fare del male e/o danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi e persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono vittime”. Alla base della maggior parte dei comportamenti sopraffattori c’è un abuso di potere e un desiderio di intimidire e dominare”[4]. Sullivan afferma che “il bullismo è un abuso di potere, premeditato e opportunistico, diretto contro uno o più individui incapaci di difendersi a causa di una differenza di status o di potere”. La definizione che ne dà Fonzi è invece la seguente: “Un ragazzo subisce delle prepotenze quando un altro ragazzo, o un gruppo di ragazzi, gli dicono cose spiacevoli. Questi fatti capitano spesso e chi li subisce non riesce a difendersi. Si tratta sempre di prepotenze anche quando un ragazzo viene preso in giro ripetutamente e con cattiveria. Non si tratta di prepotenza quando due ragazzi, all’incirca della stessa forza, litigano tra loro o fanno la lotta“[5].

Caratteri generali[modifica]

Il bullismo assume forme diverse a seconda delle azioni ad esso correlate, fisiche e verbali. Esso viene solitamente distinto in diretto e indiretto: diretto con attacchi e aggressioni compiute direttamente sulla vittima, indiretto attraverso l’esclusione o l’isolamento delle vittima dal suo gruppo [6]. Uno studio condotto da Ken Rigby nel 1997 distingue il bullismo maligno da quello non maligno. Il bullismo maligno è posto in essere quando si fa volutamente del male a qualcuno. Esso è caratterizzato da sette elementi:

  • il desiderio iniziale di fare del male, tipico del bullo che non riesce a controllare, come gli altri individui, il desiderio di fare del male;
  • l’azione stessa del fare del male, spesso influenzata da fattori diversi quali l’incoraggiamento degli altri o la eventuale non punizione;
  • l’incapacità della vittima di difendersi;
  • il ricadere dell’azione da una persona o gruppo più potente ad una meno potente;
  • la mancanza di giustificazione o spiegazione;
  • la ripetitività dovuta al fatto che la vittima non è in grado di opporre resistenza;
  • il divertimento del bullo conseguente alla sottomissione del debole.

Il bullismo non maligno è il bullismo non motivato dalla malizia: si distingue in bullismo “senza pensarci”, in cui i bulli non sono consapevoli di ciò che stanno facendo, e “bullismo educativo”, quando il bullo crede che così facendo può creare beneficio alla vittima ed inoltre educarla. Il bullismo presenta tre caratteristiche fondamentali:

  • l’asimmetria: negli atti di bullismo c’è sempre un’enorme differenza soprattutto nella forza fisica ma anche nel modo di agire, relazionarsi e pensare
  • la persistenza: le azioni di bullismo avvengono sempre in maniera ripetuta
  • l’intenzionalità: il bullo è consapevole del male che provoca all’altra persona[7].

Oggi il bullismo assume diverse forme: c’è quello razzista, quello contro i disabili o contro le diverse sessualità e infine il cyberbullismo, una nuova forma di aggressione che si manifesta attraverso internet, sms, email.

I protagonisti: il bullo, la vittima e il gruppo dei pari[modifica]

I bulli sono dei ragazzi molto aggressivi che scaricano i loro problemi su persone più deboli, coetanei o adulti che siano. La loro aggressività è un’aggressività proattiva: infatti si servono dei loro comportamenti per avere benefici personali e per affermarsi nel gruppo di pari come boss. Le vittime, invece, sviluppano un’aggressività reattiva con cui tendono a giustificare i comportamenti che il bullo ha nei loro confronti. Inoltre i bulli hanno delle caratteristiche distintive: di solito prendono sempre in giro e le loro azioni sono rivolte sempre più spesso a studenti indifesi e molto più deboli. Sono fisicamente molto forti e aggressivi ma mentalmente tormentati, hanno sempre appoggio e sostegno dal loro gruppo dei pari, anche se il loro rendimento scolastico non è dei migliori. Spesso sviluppano un atteggiamento masochista verso le vittime provando piacere quando soffrono e soddisfazioni nel fare del male. Esiste anche il bullo passivo cioè colui che, pur avendo un ruolo di leader nel proprio gruppo, non prende mai iniziative da solo ma aspetta, di solito, le sollecitazioni da parte degli altri sostenitori[8].

Si crede erroneamente che siano solo le vittime ad essere escluse dai loro gruppi; in realtà, però, i bulli sviluppano un comportamento aggressivo e violento proprio perché spesso non si sentono accettati. Le vittime sono le persone che subiscono gli atti di bullismo e anche loro si differenziano per alcune caratteristiche: hanno scarsa autostima, sono fisicamente molto deboli ed hanno le lacrime facili, non si accettano così come sono, partecipano passivamente alla vita del gruppo dei pari, si relazionano meglio con gli adulti. In alcuni casi possono essere passive e provocatrici. Le vittime passive subiscono senza reagire gli attacchi di bullismo, mentre le vittime provocatrici suscitano spesso irritazione con i loro comportamenti. Il gruppo dei pari serve a dare rinforzo o a provocare atti di bullismo a seconda delle funzioni che svolge. Esistono sostanzialmente tre diversi ruoli del gruppo: gli spettatori (coloro che assistono agli atti di bullismo senza intervenire e quindi agiscono passivamente), i sostenitori del bullo (coloro che incoraggiano gli atti aggressivi) e i difensori (coloro che confortano e offrono sostegno alla vittima).

Note[modifica]

  1. Il disagio adolescenziale. Tra aggressività, bullismo e cyberbullismo, a cura di Z. Formella e A. Ricci, Las, Roma, 2010, p. 43
  2. A. Ricci, Il bullismo “tradizionale” nelle relazioni disagiate, in Il disagio adolescenziale, Roma, 2010.
  3. D. Olweus, Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Firenze, 1996
  4. S. Sharp, P. K. Smith, Bulli e prepotenti nella scuola. Prevenzione e tecniche educative, Erickson, Trento, 1995.
  5. Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia, a cura di A. Fonzi, Giunti, Firenze, 1997.
  6. Olweus, Bullismo a scuola cit.
  7. Olweus, Bullismo a scuola cit.
  8. Olweus, Bullismo a scuola cit.


Cyberbullismo

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La vita dei giovani nella rete[modifica]

Le tecnologie giocano un ruolo  fondamentale nella vita quotidiana dei ragazzi, ruolo che non è uguale per tutti, ma si differenzia sulla base non solo delle funzioni più utilizzate, ma anche del livello di conoscenza tecnologica sviluppata. In una giornata tipo un adolescente può utilizzare un dispositivo per telefonare, ascoltare musica, comunicare con gli amici o semplicemente navigare in internet. A seconda  della frequenza di utilizzo dei dispositivi gli utilizzatori sono stati raggruppati in categorie (Livingstone 2002):

  • specialisti: sono coloro che utilizzano i dispositivi per molto tempo e per diverse attività (lettura, ascolto di musica, utilizzo del pc)
  • appassionati dell’intrattenimento su schermo: sono coloro che utilizzano il computer per scaricare video, per giocare ai videogiochi
  • tradizionalisti: sono coloro che passano poco tempo sul computer e che invece utilizzano i media tradizionali (televisione, musica, libri, riviste)
  • scarsi utilizzatori dei media: sono coloro che utilizzano raramente i media.

Lo studio della Livingstone mette in evidenza che con l’aumentare dell’età cresce la specializzazione nell’utilizzo delle diverse funzioni tecnologiche. Infatti già a partire dai nove agli undici anni e poi tra i 15 e i 17 anni  si assiste ad un aumento esponenziale dell'uso dei computer ai fini didattici. Nel 2003 Holloway e Valentine condussero uno studio sulla diffusione dei media e sulla modalità di utilizzo degli stessi rispetto al sesso dell’adolescente. Si è capito così che esistono infinite differenze sull’utilizzo dei media tra i ragazzi e le ragazze. I due studiosi hanno proposto la seguente classificazionei:

  • “ragazzi tecno” (techno boys): sono tutti i ragazzi che hanno una buona conoscenza delle nuove tecnologie che hanno influenzato esageratamente la loro vita;
  • “lads” che non hanno interesse per le competenze informatiche e le utilizzano per attività prevalentemente maschili (giochi, sport, musica, immagini femminili);
  • “ragazze competenti con il computer“ (computer competent girls): sono il corrispettivo dei ragazzi tecno ma usano le tecnologie con minore competenza;
  • “luddette” (dal movimento inglese che protestava contro l’industrializzazione): sono le ragazze che si considerano negate nell’uso dei dispositivi tecnologici.

Nel 2009 la Mac Arthur Foundation ha creato una ulteriore suddivisione sulla base delle azioni svolte dai ragazzi quando sono in rete: passare il tempo, trafficare divertendosi e dedicarsi ad attività complesse. Inizialmente i ragazzi si connettono alla rete per socializzare (condividere video, musica, immagini o semplici commenti), poi cominciano a capire che la rete è fonte di informazioni facili non solo da raggiungere ma anche da assemblare e riutilizzare; infine si impegnano in attività più specializzate e sono spinti a sperimentare l’utilizzo di strumenti sempre nuovi ed accattivanti. Avviene spesso, infatti, che i ragazzi si appassionino ad una tematica specifica ed entrino a far parte di gruppi di amici accomunati da un interesse con cui scambiano informazioni pur non essendosi mai incontrati. In tali gruppi la competizione è altissima e di conseguenza si accresce anche la conoscenza delle nuove tecnologie per il continuo utilizzo delle stesse.

Nuovi modi di socializzare[modifica]

Le nuove tecnologie ed i social network hanno assunto un ruolo chiave nella vita e nelle relazioni dei giovani. I giovani sono nella stragrande maggioranza dei casi interessati alle nuove tecnologie non tanto per attività culturali, quanto per le possibilità che esse offrono di socializzare. Se pensiamo, però, che ogni tipo di intervento fatto in rete può essere registrato, archiviato, replicato e ricercato e che esiste un pubblico invisibile nel momento in cui si immettono dati in rete, capiamo che gli effetti “sociali” della condivisione potrebbero essere devastanti se, come spesso accade, gli adolescenti non ne possiedono la piena consapevolezza. Oggi più del 90% della popolazione compresa tra 0 e 24 anni possiede un profilo Facebook e si relaziona con gli amici attraverso i social. Ciò non solo fa in modo che l’attenzione non sia mai focalizzata a lungo e in maniera approfondita su qualcosa ma crea anche vari tipi di conflittualità.

Cyberbullismo: di cosa si tratta?[modifica]

Cyberbullying

Punto di partenza per ogni tipo di discorso sul cyber-bullismo è il bullismo, di cui il cyber-bullismo è estensione e modernizzazione propria dell'era digitale e può avere diverse forme. Il cyberbullismo è un insieme di condotte aggressive che tramite sms, mms o mediante l’utilizzo del web diffonde contenuti denigratori, offensivi o lesivi nei confronti di una persona o di un gruppo di persone. Il termine cyberbullismo è stato coniato dal ricercatore canadese Bill Belsey nel 2004, secondo cui il cyberbullismo implica l’uso di informazioni e comunicazioni tecnologiche a sostegno di un comportamento intenzionalmente ripetitivo e ostile di un individuo o di un gruppo di individui che intende danneggiare uno o più soggetti. Il cyberbullo attacca principalmente su social network come Facebook, Instagram, Twitter e Ask, colpendo la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie o tramite la creazione di gruppi “contro”.

Secondo alcuni studiosi, questo fenomeno è ritenuto addirittura più pericoloso della droga, più preoccupante del subire una molestia da un adulto o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile. Nel cyberbullismo si verifica una riduzione dell’attenzione individuale verso gli standard interiori e normativi dei comportamenti di relazione. Ciò significa che si possono mettere in atto con maggiore facilità comportamenti che non si adeguano alle norme del gruppo sociale, senza apparente controllo. C’è poi un altro elemento che rende il cyberbullismo più aggressivo rispetto al bullismo tradizionale. Quando entriamo in relazione con qualcuno, lo osserviamo e ciò ci permette di interpretare meglio il significato delle sue parole. Sul web invece si escludono le espressioni del volto; questo indebolisce o disattiva il controllo morale interno. Quando le conseguenze delle proprie azioni non sono visibili, è facile non avere sensi di colpa; l’aggressore infatti può molestare la sua vittima dovunque e in qualunque momento, di conseguenza la vittima è esposta in ogni luogo e in ogni momento. [1]

Le tipologie di atti di cyberbullismo[modifica]

Il cyberbullismo è un fenomeno molto complesso che assume forme molteplici. Diversi studiosi si sono occupati di catalogarne le forme più comuni che sono di seguito elencate:

  • Flaming: invio di messaggi violenti o volgari su una persona a un gruppo in rete o alla vittima stessa allo scopo di suscitare dei conflitti.
  • Molestie on line: invio ripetuto di immagini offensive nei confronti di una persona.
  • Denigrazione: invio ad un gruppo di persone di messaggi o pettegolezzi lesivi nei confronti di qualcuno; pubblicazione on line di questi materiali per danneggiare la reputazione della vittima o i rapporti di amicizia della stessa.
  • Impersonificazione: sottrazione impropria dell’identità online della vittima attraverso la violazione del suo account personale o la creazione di un nuovo account di solito usato per spedire o pubblicare materiali in grado di ledere l'immagine e la reputazione della vittima.
  • Rivelazioni e inganno: spedizione o pubblicazione on line di informazioni personali, private e talvolta imbarazzanti, ottenute con l'inganno dalla vittima stessa, indotta a rivelare informazioni imbarazzanti su di sè in conversazioni scritte.
  • Esclusione: allontanamento o esclusione intenzionale e categorica di qualcuno da un gruppo online.
  • Cyberstalking: invio di messaggi intimidatori ripetuti che provocano ansia e preoccupazione nella vittima.
  • Liberazione (outing): il bullo trae in inganno la vittima e, una volta ottenuta la sua fiducia, diffonde in rete o via sms le informazioni intime ricevute.
  • Schiaffeggio allegro (happy slapping): registrazioni audio/video dell’attacco del bullo alla vittima con lo scopo di umiliare e ridicolizzare la vittima stessa. Tali atti possono essere reali oppure recitati dagli stessi ragazzi.

Differenza tra cyberbullismo e bullismo[modifica]

Come accennato in precedenza, il cyber-bullismo assume, rispetto al bullismo tradizionale, peculiarità specifiche dovute proprio al suo essere fenomeno strettamente connesso con l'utilizzo delle nuove tecnologie. Infatti, se nel bullismo tradizionale la prevaricazione del bullo è di tipo fisico o sociale, in questa nuova forma di attacco il potere viene sancito attraverso l'abilità nell'utilizzo delle nuove tecnologie e la capacità di mantenere l'anonimato. Mentre nel bullismo tradizionale i bulli sono studenti o compagni di classe, in genere persone ben conosciute dalla vittima, i cyberbulli sono anonimi e non è detto che conoscano la loro vittima. Il materiale usato dai cyberbulli ha una risonanza di portata anche mondiale, mentre invece il bullismo tradizionale ha una risonanza circoscritta nello spazio (scuola, quartiere). Il cyberbullo di solito tende a fare attraverso la rete ciò che non farebbe mai nella vita reale; nel bullismo tradizionale, invece, la visibilità e le dinamiche di gruppo esercitano una forte pressione sul bullo che tiene molto al dominio del gruppo stesso. Il bullo virtuale non ha cognizione degli effetti delle sue azioni sulla vittima, dunque non ne percepisce la reale sofferenza ed arriva a ferire in modo talvolta irreversibile. Nel bullismo tradizionale invece c'è comunque un feedback tra bullo e vittima anche se si tratta di una semplice conoscenza, senza alcun coinvolgimento emotivo, di ciò che l'atto in sé provoca[2].

In sintesi potremmo dire che il cyberbullismo presenta rispetto al bullismo le seguenti caratteristiche:

  • Indebolimento delle remore morali: l’anonimato del cyberbullo, che spesso on line si trasforma in "persona altra" rispetto alla sua reale identità, indebolisce le remore morali. È stato infatti dimostrato che, nel mondo virtuale, la gente osa, ovvero fa e dice cose che non farebbe o direbbe nella vita reale, specie quando nasconde la sua vera identità.
  • Assenza di limiti spazio-temporali: a differenza del bullismo che si manifesta frequentemente in luoghi e momenti specifici, il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico utilizzato dal cyberbullo all'interno del gruppo di amici. Il cyberbullo è un individuo che indossa una sorta di maschera virtuale e che sfrutta questa nuova situazione per compiere atti disinibiti e aggressivi. Egli crede di essere invisibile, impressione condivisa dalla stessa vittima: entrambi, infatti, assumono identità virtuali e nicknames.

Caratteristiche del cyberbullismo[modifica]

Il cyberbullismo rispetto al bullismo nella vita reale assume caratteristiche proprie:

  • Anonimità: il molestatore si nasconde dietro ad un nickname, tuttavia lascia delle tracce di sè. La vittima difficilmente può risalire al cyberbullo.
  • Difficile rintracciabilità: se il cyberbullo agisce attraverso sms, mms, mail, ecc. è più difficile rintracciarlo.
  • Abbattimento dell'etica: il cyberbullo dice o compie azioni che non farebbe nella realtà.
  • Cyberstalking: forma di violenza verso la vittima in modo costante. Il molestatore può colpire in qualsiasi ora del giorno e in qualsiasi posto si trovi.
  • Violazione della privacy: il cyberbullo può pubblicare in rete informazioni,video e immagini a volte senza che la vittima lo sappia, altre volte ricattandola.

Fonti[modifica]

Note[modifica]

  1. A.Meluzzi, Bullismo e Cyberbullismo, Reggio Emilia, 2014, Imprimatur editore
  2. L. Pisano, M. E. Saturno, Le prepotenze che non terminano mai, in «Psicologia Contemporanea», 210 (2008), pp. 40-45.


Glossario

Indice del libro
Termine Significato
Affettività L'insieme dei fenomeni affettivi (sentimenti, emozioni, passioni ecc.) che caratterizzano le reazioni psichiche di un individuo e sono alla base della comunicazione umana[1]
Aggressività Insieme di comportamenti volti ad arrecare un danno, fisico o psicologico, ad altri individui, indipendentemente dal raggiungimento o meno dell’obiettivo [2]
Aggressività proattiva E' un tipo di aggressività che non richiede provocazioni. E' diretta ad una persona con lo scopo di dominarla o intimidirla. E' un atto premeditato e calcolato, finalizzato ad ottenere ricompense materiali e psicologiche utili a sé[3].
Aggressività reattiva E' la risposta messa in atto per difendersi da una minaccia; è impulsiva, comporta scatti di ira ed è mossa allo scopo di nuocere fortemente all'altro [4]
Assertività L’insieme delle abilità cognitive e comportamentali che consentono a un soggetto di affermare la propria personalità senza cadere in comportamenti passivi o aggressivi[5]
Autorità Facoltà di un individuo o di un gruppo, attribuita in base a certe loro caratteristiche o alla posizione che occupano, di emanare comandi che obbligano, vincolano o comunque inducono uno o più soggetti ad agire in un determinato modo[6]
Autorevolezza Influenza esercitata da un singolo in virtù del suo modo di essere, del suo prestigio e della sua etica; contrario di autoritario
Collera Risentimento minaccioso e spesso fuori controllo per intensità e durata negli atti e nelle parole
Conformismo Atteggiamento o tendenza ad adeguarsi a opinioni, usi e comportamenti già definiti in precedenza e politicamente o socialmente prevalenti
Confronto sociale Valutazione dei propri atteggiamenti in relazione a quelli mediamente più diffusi nel gruppo di appartenenza
Corresponsabile Individuo che condivide con gli altri una responsabilità
Delinquenza Il complesso delle azioni criminose in quanto fenomeno sociale
Deumanizzare Negare l'umanità dell'altro
Devianza Atto o comportamento o espressione, anche verbale, di uno scostamento o violazione più o meno grave di determinate norme
Difensore Chi si assume un compito di protezione, impegnandosi a respingere offese o attacchi avversari
Disadattamento Condizione di chi non è in grado d'inserirsi in un ambiente o in un contesto familiare o socioculturale
Disagio Senso di pena e di molestia provato per l'incapacità di adattarsi a un ambiente, a una situazione
Discriminazione Disparità di trattamento in spregio a fondamentali principi di uguaglianza sociale e politica
Disprezzo Sentimento di chi, giustamente o ingiustamente, ritiene una persona o una cosa troppo inferiore a sé, o vile in sé stessa, o comunque indegna della propria stima e considerazione[7]
Disturbo della condotta Insieme di comportamenti aggressivi, messi in atto in modo ripetitivo, che violano i diritti degli altri[8]
Disturbo da deficit di attenzione Disturbo neourocomportamentale che si manifesta nella prima infanzia con un alto livello di disattenzione e comportamenti caratterizzati da impulsività e iperattività
Disturbo della condotta E' una modalità di comportamento ripetitiva e persistente in cui i diritti fondamentali degli altri oppure le norme o le regole della società appropriate per l'età adulta vengono violate
Emarginazione Condizione di chi viene relegato ai margini, cioè alla periferia del sistema sociale[9]
Paura Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso[10]


Aspetti psicologici e sociali

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I protagonisti e i casi del cyberbullismo[modifica]

Chi sono i protagonisti coinvolti in episodi di cyberbullismo?

  1. Il cyberbullo è il bambino o il ragazzo che mette in atto azioni di abuso ripetute verso la vittima. E'solitamente più forte dei ragazzi della sua età, ha bisogno di autoaffermarsi e vuole che l'attenzione sia rivolta su di lui; fa fatica a rispettare le regole, spesso non riesce ad autocontrollarsi, è aggressivo anche verso gli adulti; usa la violenza per imporre la sua forza; non conosce le conseguenze del suo comportamento infatti non mostra sensi di colpa; il suo rendimento scolastico regredisce con il passare del tempo. E' appoggiato dai cyberbulli gregari che solitamente hanno paura di lui;
  2. La vittima è il ragazzo che subisce maltrattamenti dal cyberbullo e dal suo gruppo. La vittima passiva spesso è maltrattata perché,in genere, è più debole rispetto ai coetanei, ansiosa, sfiduciata, emotiva, è incapace di comportarsi con decisione ed ha una bassa autostima. A scuola non stringe amicizia con nessuno e tende ad isolarsi; se viene maltrattata piange e si chiude in se stessa; il suo rendimento scolastico tende a peggiorare col passare del tempo; non si mostra sofferente in presenza degli altri e tende a non parlare con nessuno del suo problema perché teme di subire torti più gravi. Si parla invece di vittima provocatrice quando è il comportamento della stessa a provocare il bullo.
  3. Gli osservatori sono tutti quei ragazzi che sono a conoscenza degli atti di bullismo ma spesso non reagiscono per paura di diventare vittime del cyberbullo o per semplice disinteresse, infatti non hanno un ruolo principale;
  4. Il sostenitore della vittima é il ragazzo che prende le difese della vittima.Ha spesso un carattere sicuro,non teme il giudizio del cyberbullo e del suo gruppo e aiuta la vittima soprattutto in situazioni critiche;
  5. Il sostenitore del bullo è il ragazzo che lo difende negli atti di cyberbullismo. Si comporta così perché ha paura di diventare una vittima.

Esistono purtroppo molte storie di vittime di cyberbullismo che non hanno denunciato subito i fatti e che sono arrivate addirittura al suicidio.

Il comportamento dei cyberbulli[modifica]

Il comportamento dei bulli è causato da un disturbo comportamentale che li spinge ad agire sconsideramente abusando del loro potere su coetanei, persone più piccole e deboli. Stando a quanto si evince dai risultati di una ricerca, nel cervello dei bulli si accenderebbero i centri del piacere proprio nel momento in cui si compiono azioni malvagie ai danni altrui. Grazie alla risonanza magnetica è stata esaminata l'attività cerebrale dei bulli per vedere cosa pensavano nel momento del sopruso: l'infliggere pene ad altri individui li rendeva felici con un vero e proprio godimento.

I soggetti con condotta normale, posti davanti ad un video in cui si potevano osservare scene di violenza hanno sofferto immedesimandosi nel disagio dell'altro; i bulli, invece, hanno provato piacere nel vedere scene di violenza, attivando così lo "striato ventrale" ossia l'area del cervello che contiene i centri del piacere. Lo studio apre la strada ad una ricerca che indica il cyberbullismo non solo come un disturbo comportamentale ma anche come una vera e propria deviazione che ha origine nel cervello.

Le caratteristiche dei cyberbulli[modifica]

Una prima caratteristica distintiva dei cyberbulli è l'aggressività verso i coetanei. I cyberbulli sono spesso aggressivi verso gli adulti. Generalmente i bulli hanno un atteggiamento più positivo verso la violenza e verso qualsiasi uso di mezzi violenti. Sono caratterizzati da impulsività e da un forte bisogno di dominio verso gli altri. I bulli hanno un'opinione positiva di se stessi. Molti psicologi e psichiatri sostengono che il comportamento dei bulli, al di là delle apparenze, è ansioso ed insicuro. Questa ipotesi è stata analizzata attraverso metodi indiretta, come la rilevazione degli ormoni dello stress e delle tecniche proiettive. Ma i risultati ottenuti non confermano in nessun modo questa opinione, anzi mostrano che i bulli non sono portatori di ansia e di insicurezza. E non soffrono di complessi di autostima. Va poi ricordato che ci sono studenti che partecipano al bullismo ma non prendono iniziativa, e sono definiti "bulli passivi". Parecchi studi hanno dimostrato che i bulli sono dotati di una popolarità che rientra nella media, o che si pone di poco al di sotto di essa.

Quanto alle probabili cause psicologiche che soggiacciono, al comportamento del bullo, i risultati empirici ne suggeriscono almeno tre.

  1. i bulli hanno un forte bisogno di potere e di dominio;
  2. tenendo in considerazione l'ambiente familiare inadeguato, è naturale ipotizzare che abbiano sviluppato un certo grado di ostilità verso l'ambiente;
  3. i bulli costringono le vittime a procure loro oggetti di valore e altri oggetti come: birre, sigarette e denaro.

Il bullismo, da un'altra prospettiva, può anche essere visto come aspetto di un più generale comportamento anti-sociale, che si caratterizza per la mancanza del rispetto delle regole.

Fonte: Dan Olweus, Bullismo a scuola, Giunti, Firenze 1996.

L'ambiente condiziona il cyberbullo?[modifica]

Stili educativi e ragazzi aggressivi[modifica]

Per capire a fondo il modello reattivo di tipo aggressivo che caratterizza il cyberbullo, bisogna approfondire gli stili educativi familiari e quelle condizioni che durante l'infanzia e la fase dello sviluppo, possono aver favorito lo sviluppo di tale modello.

Quattro sono i fattori che risultano particolarmente significativi nel condizionamento:

  1. L'atteggiamento emotivo dei genitori, più precisamente di chi si occupa maggiormente del bambino nei primi anni di età: un atteggiamento negativo caratterizzato da una mancanza di calore, aumenta la probabilità che in futuro il ragazzo diventi ostile e aggressivo verso gli altri.
  2. Gli stili educativi adottati nell'allevare i figli: l'educatore generalmente permissivo, non ponendo chiari limiti al comportamento aggressivo del bambino, verso i coetanei, fratelli ed adulti crea le precondizioni per lo sviluppo delle condotte. Poco amore, poca cura, poca libertà sono condizioni che contribuiscono fortemente allo sviluppo di un modello aggressivo.
  3. L'uso coercitivo del "potere" da parte del genitore, in forma di punizioni fisiche e violente esplosioni emotive. "Violenza chiama violenza": ciò significa che bisogna definire in modo chiaro i limiti da rispettare e le regole da rispettare, non è educativo ricorrere alla punizione fisica.
  4. Il ruolo giocato dal temperamento del bambino, un bambino con temperamento attivo, dalla "testa calda", è più probabile che diventi un giovane aggressivo, rispetto ad un bambino con un temperamento più calmo.

In conclusione, amore e coinvolgimento da parte di chi alleva il bambino, la chiara individuazione dei limiti oltre i quali certi comportamenti non sono consentiti e l'uso di metodi non coercitivi promuovono lo sviluppo di bambini autonomi. Quando i ragazzi diventano adolescenti, è essenziale che i genitori supervisionino i comportamenti e le attività del ragazzo. La maggior parte delle condotte inadeguate tendono infatti a manifestarsi quando i genitori non sono a conoscenza di ciò che fanno i figli. In ogni caso, per limitare possibili danni, è opportuno che i genitori evitino di coinvolgere il bambino in qualsiasi conflitto di coppia. Infatti alcune ricerche dimostrano che i conflitti coniugali producono minori aspetti negativi quando sono gestiti privatamente dalla coppia rispetto a quando scoppiano in presenza dei figli. Le condizioni socio-economiche della famiglia (il reddito, il grado di istruzione dei genitori e il tipo di abitazione) non sembrano invece incidere sulle condotte aggressive dei ragazzi.

Fonte: Dan Olweus, Bullismo a scuola, Giunti, Firenze 1996.

Fonti[modifica]


Emozioni in rete

Indice del libro

Relazioni on line[modifica]

Il cyberbullismo è figlio delle relazioni online. Perché? Noi abbiamo cercato una risposta analizzandone le caratteristiche:

  • Stare insieme: gli adolescenti tendono a imitarsi adottando tutti lo stesso abbigliamento e comportamenti molto simili, perché non possono ancora essere solo se stessi;
  • In rete non c'è contatto fisico: in rete si può dialogare, vedere, ascoltare una voce, comunicare per immagini ma tutto a una distanza di sicurezza;
  • Lo schermo interattivo crea una sorta di barriera: come nelle relazioni online anche nel cyberbullismo la distanza e la mancanza di comunicazione emotiva fanno sentire il loro peso. Lo schermo interattivo funge da barriera per le emozioni. Quello che si riesce a dire in rete, spesso non si riesce ad esprimerlo allo stesso modo dal vivo, perché l'mmagine che abbiamo di noi stessi non coincide con quella reale;
  • È assente la comunicazione emotiva, quella che, passando per il corpo, è possibile solo in un incontro dal vivo, in cui la distanza, la vicinanza e la fisicità hanno un significato concreto, una propria reale dimensione.

Nel cyberbullismo le relazioni sono virtuali ma le conseguenze sono concrete!

Le emozioni[modifica]

Un'emozione, in ambito psicologico, viene considerata come una reazione ad uno stile ambientale, di breve durata. Tra le emozioni che interessano in prima persona i protagonisti del cyberbullismo troviamo: la paura, il disprezzo e la rabbia. Con il termine paura si identificano stati di diversa intensità emotiva che vanno da una polarità fisiologica, come il timore e l'apprensione, ad una polarità patologica, come l'ansia o il panico. Paura come:

  • emozione attuale
  • emozione prevista nel futuro
  • condizione pervasiva ed imprevista
  • semplice stato di preoccupazione o di incertezza

L'esperienza soggettiva è rappresentata da un senso di spiacevolezza e da un intenso desiderio di evitamento nei confronti di un soggetto o di una situazione giudicata pericolosa. Dai risultati di molte ricerche empiriche, si è giunti alla conclusione che potenzialmente qualunque oggetto, persona o evento, può essere vissuto come pericoloso e quindi indurre una emozione di paura. Essenzialmente la paura può essere innata o appresa. Le paure apprese riguardano un'infinita varietà di stimoli che derivano da esperienze dirette e che si sono dimostrate penose o pericolose. Le paure innate originano da: stimoli fisici molto intensi, oggetti e persone sconosciute, situazioni di pericolo, e infine circostanze in cui è richiesta l'interazione con individui o animali aggressivi. La paura si manifesta in modo piuttosto caratteristico: occhi sbarrati, bocca semi aperta, sopracciglia avvicinate, fronte aggrottata. Precisamente, uno stato di paura acuta ed improvvisa caratteristica del panico e della fobia si accompagna ad un'attivazione del sistema nervoso autonomo e parasimpatico. Il risultato di tale attivazione è una sorta di paralisi, ossia l'incapacità di reagire in modo attivo con la fuga o con l'attacco.

La rabbia è un'emozione tipica, considerata fondamentale da tutte le teorie psicologiche, poiché per essa è possibile identificare una specifica origine funzionale. Essendo un'emozione primitiva, essa può essere osservata sia in bambini molto piccoli che in specie animali diverse dall'uomo. Quindi insieme alla gioia e al dolore, la rabbia è una tra le emozioni più precoci. Inoltre la rabbia fa parte della triade dell'ostilità insieme al disprezzo, e ne rappresenta il fulcro e l'emozione di base. Per la maggior parte delle teorie la rabbia rappresenta la tipica reazione alla frustrazione e alla costrizione sia fisica che psicologica. Pur rappresentandone i denominatori comuni, la costrizione e la frustrazione non costituiscono in sé le condizioni sufficienti e neppure necessarie perché si origini il sentimento della rabbia. Ancor più delle circostanze concrete del danno, quello che più pesa nell'attivare un'emozione di rabbia sembra essere la volontà che si attribuisce all'altro di ferire e l'eventuale possibilità di evitare l'evento o situazione frustrazione. La rabbia possiede una tipica espressione facciale, ben riconoscibile in tutte le culture studiate: l'aggrottare violento della fronte e delle sopracciglia, e lo scoprire e digrignare i denti; queste rappresentano le modificazioni sintomatiche del viso che meglio esprimono l'emozione della rabbia; tutta la muscolatura del corpo può estendersi fino all'immobilità.

Il disprezzo viene espresso prevalentemente nelle situazioni di interazione sociale. Secondo Garotti (1980), il disprezzo verso un altro individuo è provocato soprattutto da comportamenti trasgressivi di norme morali o convenzioni sociali, dal tradimento della fiducia, da aggressività e violenza, da atteggiamenti immotivati di superiorità, di insincerità e falsità. Altri modi per definire l'emozione del disprezzo: sdegno, aborrimento, avversione, ripugnanza, schifo.

L'asocialità dei social[modifica]

Le nuove tecnologie oggi non possono essere considerate solo come delle innovazioni positive: bisogna vederne anche il lato negativo. Infatti alcune testimonianze spiegano il modo in cui ci siamo schiavizzati allo stesso mondo che abbiamo creato. Fingiamo di non vedere tutto questo isolamento dell'uomo, di non capire che il guardare uno schermo non sarà mai come il guardare gli occhi della persona con cui stiamo parlando. Spesso si hanno molti amici nei social ma nessuno veramente nella vita reale. E questo ci fa sentire soli. Soprattutto quando si tratta di adolescenti. Quella fase in cui si è in continuo combattimento con lo specchio, la società e noi stessi. In cui si ha la necessità di far parte di un gruppo.

"Ho 422 amici, parlo con loro ogni giorno, eppure nessuno mi conosce davvero. A causa di questi media che chiamiamo social, ma tutto sono fuorché sociali, quando togliamo lo sguardo dallo schermo ci accorgiamo di essere diventati ormai schiavi di tutta questa tecnologia. Editiamo, esageriamo, ricerchiamo adulazioni, fingiamo di non notare l'isolamento sociale. Quando siete in pubblico vi sentite soli, io non sopporto il silenzio dei treni di pendolari, nessuno parla per paura di sembrare matto. Stiamo diventando asociali, siamo circondati da bambini che invece di giocare nei parchi, sulle altalene, sulla bici, restano a casa facendosi intrattenere dalla tecnologia. Non guardate il telefono, spegnete il display, approfittate della giornata basta un incontro per fare la differenza." fonte:https://www.youtube.com/watch?v=j14bTApGTZM

Gruppo sociale[modifica]

In sociologia e psicologia sociale si definisce gruppo un insieme di persone che interagiscono le une con le altre, in modo ordinato, sulla base di aspettative condivise riguardanti il rispettivo comportamento. Gli esseri umani sono portati a cooperare, competere, analizzare, produrre idee, progettare e decidere in gruppo, i gruppi sono una parte vitale della struttura sociale. I gruppi si formano e si trasformano costantemente; non è necessario che siano autodefiniti e spesso sono definiti dall'esterno. Perché nascono i gruppi?

Nella nostra vita il gruppo costituisce una parte fondamentale: siamo nati in un gruppo, cioè la famiglia, in classe impariamo in gruppo, giochiamo in gruppo... Da quando l'uomo si trova sulla Terra, egli ha sempre vissuto in gruppo. Con il gruppo noi possiamo soddisfare dei bisogni, siano essi biologici o psicologici, che non possiamo soddisfare da soli. Quindi il gruppo ha l'obiettivo di migliorare la sopravvivenza dell'individuo. Gli psicologi sociali evoluzionisti dicono che la selezione naturale favorisce non chi vive in isolamento, ma chi vive in gruppo perché è, a partire da esso, che si forma la persona, nonché la società che la circonda. In base ai fini, vi sono due tipi di gruppo: quello strumentale e quello affiliativo · Il primo, lo strumentale è un gruppo che vuole raggiungere obiettivi specifici (squadra, associazione, comunità, ecc). · Il secondo ha obiettivi più generali, come le confraternite.

In base al tipo di relazione il gruppo può essere primario o secondario:

  • Il gruppo primario è composto da almeno tre persone che interagiscono per un periodo di tempo relativamente lungo, sulla base di rapporti intimi faccia a faccia (es: famiglia, gruppi, piccole comunità).
  • Il gruppo secondario è composto da un numero di persone che interagiscono su basi temporanee, anonime e impersonali. I suoi membri non si conoscono personalmente o si conoscono in relazione a particolari ruoli formali anziché come persone nella loro completezza. Solitamente conseguono finalità specifiche e meno emotivamente impegnate come ad es. nelle aziende, nei partiti politici, nelle burocrazie statali.

I gruppi si possono classificare in base al numero di componenti:

  • La diade è un gruppo composto da due elementi, come madre-figlio, moglie-marito, due amiche del cuore. Ciò che caratterizza la relazione, nella diade, è il legame affettivo. Anche se la comunicazione si interrompe per qualche motivo e quindi non si hanno più interazioni (come nel caso della assenza di uno dei due componenti, oppure nel caso di una separazione dopo un brusco litigio) la relazione permane. Tuttavia affinché la diade continui ad esistere nella comunicazione vi è la necessità di un'attenzione reciproca la quale venendo meno interrompe l'interazione tra i due componenti e pone fine all'atto comunicativo. Nella Diade due persone stanno insieme perché si sono scelte, perché hanno interessi in comune o per compensazione. L'una trova nell'altra quello che pensa gli manchi. Si tratta di due persone che rinnovano la loro scelta nella volontà di continuare lo scambio comunicativo.
  • La triade è un gruppo composto da tre membri. Un classico esempio è la classica famiglia padre-madre-figlio. La comunicazione nella triade si modifica perché, pur rimanendo nell'ambito della ralazione intima, due dei tre elementi possono temporaneamente interagire tra di loro escludendo il terzo. Risulta ovvio che, se la comunicazione si concentra sempre nella stessa coppia, esistono dei problemi di relazione nella triade. Si deduce, quindi, che sempre per questo stesso motivo nella triade è possibile la formazione delle coalizioni.
  • Il Piccolo Gruppo è un gruppo costituito solitamente da 4 a 10-12 membri. È uno dei modelli di interazione sociale fondamentali, e molte attività sociali e funzionali avvengono in o attraverso gruppi di tali dimensioni. Gruppi più ampi tendono a dare luogo alla formazione spontanea di sottogruppi di questa dimensione, sia in ambito sociorelazionale che operativo-lavorativo.
  • Il Gruppo Mediano è un gruppo costituito di solito da 10-12 a 25-30 membri. Col passaggio dal piccolo gruppo al gruppo mediano le relazioni personali divengono meno strette, ed in caso di interazione prolungata quest'ultimo tende a segmentarsi informalmente in piccoli gruppi.
  • Il Grande gruppo, o Large group, conta dai 30 membri in su. In tali tipi di gruppo le interazioni sono meno dirette e personali, e l'individuo è più soggetto alla dialettica di polarizzazione tra fenomeni di massificazione/individuazione.

Cyberspazio[modifica]

Fino a un po' di tempo fa, la sicurezza era una protezione dai pericoli del mondo. Con l'ingresso del cyberspazio sono cambiate molte cose. Gli ultimi 20 anni hanno visto una grande trasformazione alle modalità di comunicazione. Gli esempi più comuni sono le chat, le email e gli sms. Uno dei più grandi rischi nella comunicazione virtuale è il Cyberbullismo e i rischi sul piano psicologico non sono da sottovalutare, anche perché si tratta di soggetti che stanno subendo uno sviluppo fisico e psichico. Un altro dato preoccupante è che, spesso, glli adulti, soprattutto i genitori delle vittime, non sono a conoscenza del fenomeno. Se prima si parlava solo di bullismo, il "cyberbullismo" è abbastanza recente. La differenza è che il primo veniva attuato soprattutto negli ambiti scolastici e il secondo è online e può accadere 24h su 24.

Cyber-bullismo femminile[modifica]

Il cyberbullismo femminile sta diventando una preoccupazione: attuali ricerche osservano che le ragazze coinvolte nel cyberbullismo, rispetto ai ragazzi, hanno maggiore probabilità di delinquere nel cyberspazio. Le motivazioni del cyberbullismo femminile sono varie: per invidia e competizione, voglia di manipolare gli altri, attirare l'attenzione maschile, diffondere falsità e anche di valorizzarsi in un gruppo.

Gli atti del cyberbullismo femminile comprendono la violenza psicologica e l'abuso emotivo ripetuto nel tempo. Al contrario dei maschi, che assumono questi comportamenti per essere fisicamente dominanti, le ragazze preferiscono utilizzare come metodo di attacco l'interindividuale. In generale "quando viene presa in considerazione sia l'aggressività fisica che relazionale, le ragazze mostrano livelli di aggressività equiparabili a quelle dei maschi" (Moretti-Odgers, 2002). Quindi le cyberbulle danneggiano più dei maschi un individuo perché a differenza loro non danneggiano fisicamente, ma preferiscono offendere con minacce psicologiche.

Fonti[modifica]


Casi significativi di cyberbullismo

Indice del libro

Il caso di Pordenone[modifica]

In molti avranno sentito parlare dell'adolescente che ha cercato di suicidarsi a Galliano, scappando dalle offese dei suoi compagni di classe, che l'hanno perseguitata per un lungo anno.

"Oggi una ragazza della mia città ha cercato di uccidersi. Ha preso e si è buttata dal secondo piano. No, non è morta. Ma la botta che ha preso ha rischiato di prenderle la spina dorsale. Per poco non le succedeva qualcosa di forse peggiore della morte: la condanna a restare tutta la vita immobile e senza poter comunicare con gli altri normalmente". "Adesso sarete contenti", ha scritto. Parlava ai suoi compagni. Allora io adesso vi dico una cosa. E sarò un po' duro, vi avverto. Ma c'ho 'sta cosa dentro ed è difficile lasciarla lì. Quando la finirete? Quando finirete di mettervi in due, in tre, in cinque, in dieci contro uno? Quando finirete di far finta che le parole non siano importanti, che siano "solo parole", che non abbiano conseguenze, e poi di mettervi lì a scrivere quei messaggi – li ho letti, sì, i messaggi che siete capaci di scrivere – tutte le vostre "troia di merda", i vostri "figlio di puttana", i vostri "devi morire". Quando la finirete di dire "Ma sì, io scherzavo" dopo essere stati capaci di scrivere "non meriti di esistere"? Quando la finirete di ridere, e di ridere così forte, quando passa la ragazza grassa, quando la finirete di indicare col dito il ragazzo "che ha il professore di sostegno", quando la finirete di dividere il mondo in fighi e sfigati? Che cosa deve ancora succedere, perché la finiate? Che cosa aspettate? Che tocchi al vostro compagno, alla vostra amica, a vostra sorella, a voi? E poi voi. Voi genitori, sì. Voi che i vostri figli sono quelli capaci di scrivere certi messaggi. O quelli che ridono così forte. Quando la finirete di chiudere un occhio? Quando la finirete di dire "Ma sì, ragazzate"? Quando la finirete di non avere idea di che diavolo ci fanno otto ore al giorno i vostri figli con quel telefono? Quando la finirete di non leggere neanche le note e le comunicazioni che scriviamo sul libretto personale? Quando la finirete di venire da noi insegnanti una volta l'anno (se va bene)? Quando inizierete a spiegare ai vostri figli che la diversità non è una malattia, o un fatto da deridere, quando inizierete a non essere voi i primi a farlo, perché da sempre non sono le parole ma gli esempi, gli insegnamenti migliori? Perché quando una ragazzina di dodici anni prova a buttarsi di sotto, non è solo una ragazzina di dodici anni che lo sta facendo: siamo tutti noi. E se una ragazzina di quell'età decide di buttarsi, non lo sta facendo da sola: una piccola spinta arriva da tutti quelli che erano lì non hanno visto, non hanno fatto, non hanno detto. E tutti noi, proprio tutti, siamo quelli che quando succedono cose come questa devono vedere, fare, dire. Anzi urlare. Una parola, una sola, che è: "Basta". "Queste sono le parole che la professoressa Galliano rivolge ai suoi studenti, compagni di classe della ragazza che ha tentato il suicidio. In questo caso non si può parlare di cyberbullismo poiché l'adolescente non è stata perseguitata attraverso i social. Nelle chat archiviate la polizia ha trovato i discorsi fra lei e i suoi amici più fidati, dove la ragazza esplicitamente li implora di aiutarla. Ma purtroppo i ragazzi, non prendendola sul serio, cercano invano semplicemente di rassicurarla. Le tre parole pronunciate nell'ultimo periodo dalla ragazzina sono "bullismo, bullismo, bullismo", quelle otto lettere pronunciate tre volte cercano il supporto di qualcuno e gridano aiuto. E poi quell'ultimo messaggio "adesso sarete contenti". I genitori all'oscuro di tutto ricevono un duro colpo difficile da superare. Si interrogano su come per tutto questo tempo sono potuti essere così ciechi, da non vedere il dolore e la profonda tristezza della ragazza.

Fonte:

Il caso di Vercelli[modifica]

Nel settembre del 2015 si toglie la vita a soli 26 anni il giovane carrozziere Andrea Natali di Borgo D'Ale, vicino a Vercelli. Tutta colpa del cyberbullismo di cui è stato una delle tante vittime.

Si è impiccato al pavimento nella sua abitazione, non ne poteva più di essere preso in giro. Tutto ha inizio il 22 ottobre 2013. Andrea torna a casa dal lavoro fuori di senno in preda ad una grave crisi di nervi. Non ha voluto più tornare in carrozzeria per la paura di trovarsi davanti i suoi colleghi di lavoro che lo tormentavano continuamente. Solo una persona era stata indagata. Non usciva più solo da casa, voleva essere sempre accompagnato perché aveva paura di essere schernito dalla gente del paese che aveva visto tutto. Nel 2014 ha subito altri atti di cyberbullismo, è stato preso e gettato nel cassonetto della spazzatura con una busta in testa. Mentre lo deridevano filmavano tutto, per poi postarlo su una pagina Facebook, creata appositamente, visibile a tutti. Secondo gli psicologi Andrea era esasperato, era sprofondato nella depressione più nera. Grazie all'aiuto dei suoi genitori e della sua psicologa, è riuscito a denunciare alla polizia postale di Biella ciò che era accaduto, la quale è riuscita a rintracciare i video e le immagini postate da un suo ex collega su YouTube e Facebook e ad eliminare la pagina. Andrea si è suicidato non riuscendo a sopportare tutto ciò che è accaduto negli anni passati, ha scelto con drammatica e rassegnata convinzione di togliersi la vita.

La psichiatra ha voluto esprimere ciò che pensava sul caso, queste sono e sue parole: "Dovremmo chiedere all'Unione Europea perché vi sia la massima libertà di denigrazione sul web. Il suicidio del ragazzo di Vercelli è un'ennesima sconfitta per tutti noi". Lo ha affermato in una nota la psichiatra Donatella Marazziti, direttore scientifico della Fondazione Brf, ricordando che "sono duecentomila i ragazzi vittima di cyberbullismo in Italia, e non sono protetti in nessun modo dalla legislazione europea". "Il cyberbullismo annienta psicologicamente le vittime - ha detto ancora Marazziti - portando a un progressivo abbattimento dell'autostima, fino a giungere alla depressione. Non vi è una politica seria di repressione e prevenzione del fenomeno: si interviene solo il giorno dopo".

Fonti:

Il caso di Padova[modifica]

Un caso significativo è il caso di una ragazzina di Pordenone che si è buttata trenta metri più in basso lasciando solo una lettera di scuse per quell'orribile gesto, ai suoi genitori.

Chiedeva aiuto, ma nessuno l'ascoltava. Ha scritto, prima di commettere quell'orribile gesto, per non essere dimenticata, per chiedere scusa ai suoi genitori, per farsi perdonare. Poi si è gettata giù, trenta metri più in basso. No, non è stato un gesto improvviso. Era programmato da tempo. Aveva mostrato la sua disperazione più volte, anche con atti autolesionistici, ma nonostante questo, non veniva presa sul serio. Tra le parole mai dette e i fatti incompiuti, lei si suicida, lasciandosi un immenso vuoto alle spalle. Muore buttandosi dalla terrazza dell'ex hotel di Palace di Borgo Vicenza a Cittadella. Per spiegare ciò che ha provato e quell'eterno senso di solitudine che l’accompagnava, la quattordicenne lascia cinque lettere. Le lettere sono semplici, parole piene di significato emotivo. Due indirizzate ai genitori, una alla nonna e le ultime ai suoi amici. Preannunciava il gesto che avrebbe commesso. Pregava di non dimenticarsi di lei. E dava una spiegazione netta del gesto, mentre ai genitori chiedeva enormemente scusa di averli delusi. L'adolescenza pian piano era diventata una prigione, la sua libertà era svanita, la sua unica pecca era stata quella di essere fragile. Lo aveva confidato solo ai suoi amici più cari, che forse non l'avevano presa sul serio. Su Ask ricorrevano spesso parole come "uccidere", riusciva a manifestare il suo dolore solo attraverso i social. Non sapeva più dov'era la felicità, non si ricordava più dov'era nascosta. E si stupiva quando sul suo volto riusciva ad accennare un sorriso. La felicità le sembrava ormai un sogno irraggiungibile. La immaginava ormai solo come un periodo intermedio fra un male ed un altro. Cercava costantemente di nascondere la sua immagine priva di colore con la maschera di ragazza dark. Ask prima considerato come un rifugio, in seguito l'aveva tradita. Su Ask ormai da mesi qualcuno le rivolgeva domande e offese. Si firmava con il nome di Amnesia. Le chiedeva continuamente foto dei tagli che si produceva sul corpo e la offendeva di continuo mettendo in evidenza il suo essere insignificante. Un puntino trasparente che cerca, fumando e bevendo, di prendere colore. Pensava che l'unico modo per essere considerata dagli altri era imitarli. In seguito alla sua morte, è sceso il gelo su tutte le case di Cittadella. La Procura di Padova ha aperto un'indagine ma non esiste un vero e proprio capo d'accusa, ci sono semplicemente degli indagati. Le accuse vanno dal maltrattamento minorile all'istigazione al suicidio.

Fonte:

Il caso di Amanda Todd[modifica]

Uno dei casi più famosi di cyberbullismo è quello di Amanda Todd.

Era una ragazza di 15 anni che il 10 ottobre 2012 si è tolta la vita. Amanda Todd era vittima di bullismo e cyberbullismo. Prima di suicidarsi ha pubblicato un video su YouTube in cui raccontava la sua esperienza. Durante l'adolescenza si sentiva sola quindi decise di fare conoscenze on-line creando una webcam di gruppo. Facendo conoscenze online, tutti iniziarono a lodarla, e a riempirla di complimenti, e lei, così, iniziò a sentirsi finalmente amata e meno sola. Decise di farsi fotografare il seno nudo attraverso la webcam. Un giorno, ricevette un messaggio su Facebook da un ragazzo; si trattava forse del ragazzo che l'aveva fotografata in webcam. Lui la minacciava di diffondere la sua foto col seno nudo, se non le avesse subito inviato un'altra foto ritraente un'altra parte del suo corpo. Sconvolta per la minaccia ricevuta, Amanda torna a casa in preda alle lacrime. All'alba di Natale la famiglia Todd venne informata dalla polizia che la foto di Amanda stava già circolando in rete. Amanda fu sconvolta, provò ansia, depressione e attacchi di panico. Fu un periodo cupo per lei. Un anno dopo si trasferì con tutta la famiglia, cercando di lasciarsi tutto l'accaduto alle spalle. Mesi dopo il cyberbullo ritornò. Il ragazzo che oramai non la perseguitava più, ritornò. Egli creò un falso profilo di Amanda su Facebook, il suo seno era la sua immagine del profilo. Così Amanda perse tutti i suoi amici e il rispetto. In seguito cambiò ancora scuola, riallacciò i rapporti con un suo vecchio amico, il suo amico iniziò a interessarsi a lei mentre aveva già la ragazza, con lui ebbe rapporti sessuali mentre la fidanzata era in vacanza. Amanda ingenuamente pensava che questo ragazzo ci tenesse veramente a lei. La settimana dopo l'amico, la fidanzata e altri ragazzi l'aggredirono fuori scuola. Amanda tentò il suicidio ingerendo candeggina, ma questa volta si salvò. Al ritorno dall'ospedale lesse su Facebook parole offensive riguardo al suo tentativo di suicidio. Si trasferì nuovamente in una città lontana, ma sei mesi dopo altri commenti offensivi vennero pubblicati sui social, il suo stato peggiorò nonostante prendesse anti-depressivi. Trascorse del tempo in ospedale. Poco dopo fu trovata senza vita nella sua camera. Alcune fonti parlano di suicidio, la ragazza si sarebbe impiccata nella sua camera da letto.

Fonti:


Indagine conoscitiva

Indice del libro

Indagine conoscitiva presso le classi del primo biennio del Liceo Gianturco di Potenza[modifica]

Hanno compilato il questionario sul cyberbullismo 302 alunni, di cui 77 maschi e 223 femmine di età compresa tra i 14 e i 16 anni.

La quasi totalità dei ragazzi risiede nella provincia di Potenza. Il 54,8% degli alunni dichiara che i rispettivi genitori hanno conseguito un diploma di scuola superiore, il 26,1% la licenza di scuola media e il 17,4% la laurea, mentre solo l’1,7% la licenza di scuola elementare.

Rispetto alle domande che attengono alla sfera della percezione del sé (6.Ti senti soddisfatto del tuo carattere? 7.Ti senti soddisfatto del tuo aspetto fisico? 8.Ti senti soddisfatto dei rapporti con la tua famiglia? 9.Ti senti soddisfatto dei rapporti con gli amici?) emerge una sostanziale soddisfazione in merito ai rapporti con gli amici e la famiglia e al proprio carattere (il valore oscilla tra l’88,3% e il 77%), mentre rispetto al proprio aspetto fisico la soddisfazione scende al 53%.

Quando hanno un problema si confidano per lo più con gli amici (52%), poi con i genitori (28,5%) e infine con fratelli e/o sorelle (17%). Bisogna sottolineare, inoltre, che 9 ragazzi, pari all’1,9% del totale, si confidano con l’amico virtuale.

Quasi tutti i ragazzi dichiarano di possedere uno smartphone (293 su 302), ma molti hanno la possibilità di utilizzare anche un computer (247) e un tablet (163): dalle risposte risulta un elevato utilizzo dello smartphone (generalmente durante tutto l’arco della giornata), mentre l’84,6% dichiara di utilizzare il computer per un massimo di 2 ore al giorno.

Il 100% degli alunni è iscritto ad almeno un social network e di questi il 53,2% dichiara di dare loro “abbastanza” importanza nella propria vita, mentre il 41,1% “poca”.Solo il 5,7% dichiara di considerare i social network “molto” importanti. La maggior parte, pari a 254 ragazzi, afferma di essere consapevole rispetto alla presenza di regole nell’uso di internet, 14 dichiarano la mancanza di regole e ben 32 affermano di non sapere se esistano o meno delle norme che regolino l’uso di internet. Nonostante la generalizzata consapevolezza dell’esistenza delle predette regole il 7,2% non le rispetta mai e il 25,6% solo alcune volte (in totale 96 ragazzi).

La maggior parte conosce e rispetta le regole sulla privacy (285 alunni). Seguono la conoscenza e il rispetto di un linguaggio adeguato (168 alunni) e l’obbligo di utilizzare la propria identità (166 alunni). Circa un terzo (tra i 103 e i 97 alunni) dichiarano di conoscere e rispettare le regole su copyright, spam e censura.

In merito al bullismo oltre il 55% dichiara di non aver mai assistito ad un episodio di bullismo, mentre il 33% afferma di avervi assistito 1-2 volte e circa l’11% più di due volte. Per l’82% il comportamento da assumere in generale è “prendere le difese della vittima”, mentre il 15,3% rimane indifferente, l’1,4% ride o filma l’accaduto e ancora l’1,4% sostiene il bullo. Nel contesto classe tra i comportamenti personali in caso di episodi di bullismo emerge “Suggerisci alla vittima di chiedere aiuto” (37%), seguito rispettivamente da “Affronti il bullo” (21,3%), “Avvisi gli insegnanti” (19,7%),“Ti rivolgi ad una persona competente di cui ti fidi” (14,3%), “Avvisi la famiglia” (4,3%), “Rimani indifferente” (3,3%).

Solo 28 alunni non conoscono il fenomeno del cyberbullismo, di cui le forme più conosciute sono il Cyberbashing e il Cyberstalking (circa 200 alunni). Oltre il 50% dei ragazzi sa anche in cosa consistono il Flaming, il Cyber-harassment, e la Denigrazione. Circa il 10% è informato anche su Exposure e Masquerade. Ben 26 alunni dichiarano di conoscere ragazzi che stanno subendo forme di cyberbullismo. Alla domanda “27) Partecipi ad una chat ed un coetaneo viene umiliato tu:” la percentuale di alunni che prenderebbe le difese del coetaneo scende al 52% rispetto all’82% della domanda ”22) Se assisti ad un atto di bullismo come ti comporti?”. Il resto ha risposto che non sa (28,3%) o non partecipa uscendo dalla chat (19%). Due ragazzi dichiarano che in tale situazione inveirebbero.

33 alunni dichiarano di aver ricevuto video contenenti scene di cyber bullismo, mentre 43 di aver postato video foto imbarazzanti o informazioni personali violando la privacy del diretto interessato.

Circa il 40% degli alunni dichiara di essere stato vittima di insulti attraverso internet, social network o altri mezzi elettronici: 105 ragazzi “qualche volta”, 11 “spesso”, 6 “sempre”.

La consapevolezza che il cyberbullismo rappresenti un reato è diffusa (circa il 75%), ma 10 alunni sono del tutto inconsapevoli e 63 sono perplessi. A tal proposito circa il 70% sa che la polizia postale ha uno sportello specifico che si occupa del cyberbullismo.

La maggior parte dei ragazzi pensa che sia utile imparare ad usare le nuove tecnologie e difendersi sui social network, internet ecc… (82%), attivare nella scuola una campagna informativa sul cyberbullismo (91,3%) e che sia corretto informare i giovani nella scuola attraverso uno sportello dedicato a questo fenomeno (94,7%).

Per visionare il questionario aprire il seguente link.

Fonte[modifica]


Diritto

Indice del libro

Questo capitolo tratterà delle leggi che si occupano di punire coloro che praticano atti di bullismo e delle responsabilità dei genitori, degli insegnanti e dell'amministrazione scolastica.

Proporrà diversi articoli, con il loro contenuto in breve, su come punire i reati di bullismo o cyberbullismo.


Cyberbullismo e diritto[modifica]

Il grande sviluppo degli strumenti elettronici ha fatto aumentare il fenomeno del cyberbullismo. Quest'ultimo adotta le forme del bullismo ma viene amplificato dalle nuove tecnologie. Il cyberbullismo non cambia molto la prospettiva giuridica del fenomeno. Cambiano sicuramente gli strumenti, ma l'atteggiamento aggressivo e il continuo approfittarsi della debolezza della vittima restano identici; per questo la normativa non distingue bullismo e cyberbullismo.

Le responsabilità sono tante e pesanti:

Responsabilità del bullo: i soggetti sono imputabili dall'età di 14 anni se capaci di intendere e di volere; il bullo potrà rispondere di responsabilità legali dal momento che non è importante la capacità di agire ma quella di intendere e di volere (art. 2059 e legge 94/2009);

Responsabilità per i genitori: si tratta di una responsabilità presunta, salvo che non venga fornita dai genitori la dimostrazione di aver impartito al figlio una corretta educazione. Ma il concetto di corretta educazione è piuttosto vago (art. 2048);

Responsabilità per gli insegnanti: la Cassazione ha ribadito che il docente non deve solo istruire ed educare il giovane, ma deve anche proteggerlo e sorvegliarlo, al fine di evitare che procuri danni a se stesso o ad altri (art. 2048 e legge 312/1980);

Responsabilità per l'amministrazione scolastica: quest'ultima risponderà dei danni provocati dal collegamento con il docente, perché responsabile della vigilanza del minore. Le uniche prove liberatorie saranno dimostrare che il fatto è avvenuto quando la vittima non era sottoposta alla loro vigilanza.

Proposta di legge 2014[modifica]

Il 23 gennaio 2015 in Parlamento è stata proposta una legge per punire il bullismo e il cyberbullismo. La proposta di legge è formata da sei articoli che mirano a punire e a prevenire azioni di carattere aggressivo di qualsiasi tipo.

L'articolo 1 si pone l'obbiettivo di contrastare il fenomeno del cyberbullismo in tutte le sue forme per mezzo di azioni preventive e con strategie adatte a tutelare sia le vittime che i responsabili. Per cyberbullismo s'intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria e diffamazione realizzata per via telematica.

L'articolo 2 prevede che ciascun genitore, o qualunque responsabile del minore, può inoltrare all'aggressore una richiesta per la rimozione di qualsiasi dato personale del minore diffuso in rete; se la richiesta non viene soddisfatta entro ventiquattro ore si provvede con gli articoli 143/144.

L'articolo 3 illustra il piano d'azione, istituito dal Presidente del Consiglio dei ministri, e istituisce un tavolo tecnico per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo.

L'articolo 4 specifica che, per l'attuazione dell'art. 1, il Ministero dell'Istruzione prevede corsi di formazione del personale scolastico per dare sostegno ai minori vittime del cyberbullismo.

L'articolo 5 dice che la Polizia Postale, ogni sei mesi, si siede al tavolo delle altre autorità al fine di aggiornare sugli esiti e sulle misure di contrasto riguardo al cyberbullismo.

L'articolo 6 obbliga il Dirigente scolastico, qualora venga a conoscenza degli atti di bullismo e di cyberbullismo, a informare le famiglie dei soggetti coinvolti e convocare una riunione con le vittime e uno psicologo della Unità Sanitaria Locale di competenza per esaminare la situazione e predisporre percorsi per l'assistenza alla vittima e per la rieducazione del bullo. Nei casi più gravi è tenuto a sporgere denuncia all'autorità giudiziaria.

Violazioni di legge[modifica]

In Italia non esiste una legge specifica per punire il bullismo e il cyberbullismo però ci sono diverse norme di legge nel codice civile, penale e nella Costituzione che puniscono i comportamenti dei bulli.

  • Violazione dei principi fondamentali della Costituzione italiana: cioè uguaglianza, libertà dell'insegnamento e diritto all'istruzione.
  • Violazioni della legge penale (illecito penale): il codice penale e la sua applicazione nelle sentenze della Corte di Cassazione.
  • Violazione delle norme di diritto privato (illecito civile): il danno risarcibile e la responsabilità del bullo minore, dei genitori e della scuola.

Fonti[modifica]


Intervista alla Polizia Postale

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La pagina è in attesa di essere riempita. Avremmo voluto intervistare la Polizia Postale della nostra città, ma non ci siamo riusciti. Abbiamo inviato ad essa quattro semplici domande:

  1. Qual è la forma di cyberbullismo più denunciata?
  2. Cosa fa la Polizia nell’immediato per aiutare le vittime del cyberbullismo?
  3. Cosa famiglia e scuola potrebbero fare per prevenire il fenomeno?
  4. Abbiamo reperito in rete i dati nazionali di diffusione del fenomeno. Ci fornireste dati regionali dello stesso?

Ci è stato risposto di consultare il seguente link

https://www.commissariatodips.it/

La pagina sarà approntata il prima possibile


Tecnologie coinvolte

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Le tecnologie usate dai giovani per tenersi in contatto e socializzare sono sicuramente anche uno strumento pericoloso nelle mani dei cyberbulli che di solito sono anche molto esperti nell’utilizzo delle stesse. Nella tabella sottostante ne elenchiamo le principali evidenziandone aspetti positivi e negativi[11].

Tecnologie Usi positivi Usi negativi
Smartphone Utile per mantenersi in contatto con gli altri, fare video, foto, condividere e navigare

Può essere usato per fare chiamate inappropriate o inviare messaggi offensivi, condividere immagini di scherno o girare video lesivi dell’immagine di qualcuno da diffondere tra i pari

SMS Sono utili per mantenere i contatti con i propri conoscenti e per le comunicazioni veloci Possono essere usati per diffondere contenuti meschini o offensivi
Chatrooms e message boards Sono ambienti virtuali che raggruppano persone unite da interessi comuni. Sono molto usate dai ragazzi più timidi che si relazionano a fatica con gli altri e che si sentono più protetti dietro uno schermo Sono spesso usate per inviare messaggi anonimi, fare ricatti o fingere di essere qualcun altro
E-mail Sono lettere elettroniche che hanno il pregio di mettere in contatto anche persone che abitano a tanti chilometri di distanza Possono essere minacciose e violente e possono contenere virus
Webcam Con questo strumento è possibile effettuare chiamate dirette on line Talvolta si utilizzano per inviare contenuti inappropriati e/o registrazioni manipolate
Social network Sono comunità on line in cui si condividono foto, video e immagini Sono spesso usati per postare commenti, immagini o video compromettenti ed umilianti, hackerando anche i profili
Video hosting Servono per caricare video personali Spesso contengono documenti denigratori ed umilianti
Siti di gioco console e mondi virtuali Servono per trascorrere il tempo giocando anche in compagnia Spesso contengono messaggi umilianti, inviati durante il gioco, per fare osservazioni dispregiative ed umiliare gli altri


I dati del fenomeno

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I dati e le statistiche sul fenomeno del cyberbullying[modifica]

Esistono vari mezzi per diffondere il cyberbullismo: chat, social, messaggi contenenti minacce. Un'indagine effettuata dall'ISTAT nel 2014 contiene alcune tabelle contenenti dati e percentuali del fenomeno ad esempio una o più volte al mese il 19,2% oppure qualche volta nell'anno 32,4%.

Le varie modalità sono:

  • Invio di messaggi violenti o volgari il 9,1%;
  • diffamazione on-line il 3,3%;
  • ingiuria;
  • minacce;
  • molestie;
  • furto di identità digitale sul social network il 2,1%;
  • diffusione di materiale pedo-pornografico.

Il Sexting[modifica]

Il 23,6% degli adolescenti entrati in contatto con "Telefono azzurro" dichiara di aver trovato in rete falsità o pettegolezzi sul proprio conto. In Italia un adolescente su cinque ammette di aver subito minacce o di aver trovato in rete foto imbarazzanti sue o di suoi conoscenti. Oggi il "sexting" è molto diffuso, specie tra i ragazzi di età compresa tra i sedici e i diciotto anni: si tratta dell'invio di foto e video a sfondo sessuale. Il fenomeno in questione è altamente distruttivo. Ne derivano sentimenti quali vergogna, senso di colpa, depressione a cui possono seguire l'abuso di sostanze stupefacenti e, nella peggiore delle ipotesi, il suicidio. Il 23,3% degli adolescenti dichiara di avere inviato foto a sfondo sessuale specialmente a fidanzati e amici; il 25,9% di averne ricevute. Le ragazze spesso, con un estremo atto di sottomissione, inviano queste immagini solo per "ubbidire" ai loro fidanzati, nonostante il 20% delle intervistate dichiari di aver provato fastidio dinanzi ad una tale richiesta. Un ragazzo su due (la metà) non ci vede niente di male. Spaventa la naturalezza con cui tutto ciò accade: gli adolescenti infatti non si rendono conto della gravità dei loro comportamenti, considerano spesso il sexting un gioco e sono inconsapevoli dei problemi legali associati al fenomeno.

Con chi si confida la vittima[modifica]

La maggior parte dei ragazzi si confida con i genitori ben il 65%, il 43,7% cerca di evitare la situazione, il 42,8% si confida con gli amici; il 41% chiede aiuto agli insegnanti oppure il 7,1% cerca di vendicarsi personalmente, e solo lo 0,8% cerca di subire passivamente.

Di fronte a una situazione di bullismo le ragazze ritengono di confidarsi con le persone più vicine infatti il 65% dei ragazzi e delle ragazze si confida con i genitori.

Gli adolescenti di età compresa tra i 12 e i 13 anni che hanno affermato di aver compiuto episodi di cyberbullismo, il 26,3% attraverso il cellulare e il 20% attraverso internet, è di gran lunga inferiore rispetto alla fascia d'età compresa tra i 14 e i 15 anni il 45,8% attraverso il cellulare e il 42,4% attraverso internet. I dati italiani mostrano come le percentuali di anonimato sono le più basse (28,9%); spesso il bullo frequenta la stessa classe della vittima (18,9%), è un coetaneo di un'altra classe (10%) o uno studente della stessa scuola (17,9%), il cyberbullismo è più legato ad il mondo della scuola cosi da affrontare un pubblico più vasto.

Le vittime hanno diverse reazioni, alle situazioni ci sono studenti che sperimentano sentimenti di frustrazione (33%) e rabbia (33,3%) anche a differenza di scuole ad esempio nelle elementari e nelle medie la frustrazione il 34,2%; e la rabbia 31,6%, invece nelle superiori la frustrazione è del 32,4% e la rabbia 30%. Oppure ci sono altri studenti sperimentano sentimenti di tristezza nelle scuole elementari il 33,3% nelle scuole elementari, nelle scuole medie il 24,6% e nelle superiori il 18,8%, gli effetti del bullismo elettronico non si limitano a ferire i sentimenti delle vittime, ma possono danneggiare in maniera significativa la psiche di molti adolescenti. Da recenti studi emerge come alcune delle vittime di cyberbullismo abbiano iniziato a sviluppare strategie di coping per proteggersi dalle insidie del mondo tecnologico, come ad esempio modificando le password d'accesso ai propri account oppure quando l'aggressione avviene sui social, bloccando direttamente l'aggressore.

Where Cyberbullying Is Occuring

Fonti[modifica]


Prevenzione e sensibilizzazione

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Prevenzione e sensibilizzazione: risposte efficaci al cyberbullismo[modifica]

Il cyberbullismo rappresenta un problema sociale che riguarda chiunque voglia promuovere il rispetto per gli altri. Esso inizia quando l’offesa diventa un’esperienza persecutoria, che non fa sentire la vittima al sicuro da nessuna parte. I genitori rimangono all’oscuro di questi episodi perché non hanno accesso alle comunicazioni online dei propri figli: infatti è compito dei genitori seguire i figli durante la crescita, ciò non significa essere al corrente di tutti i loro pensieri e sentimenti[12].

Negli ultimi anni gli operatori della scuola, coscienti del fatto che il fenomeno ha assunto forme sempre più complesse, stanno adottando metodi educativi e formativi diversi da quelli tradizionali. Si moltiplicano infatti i progetti che, oltre a fornire conoscenze, sollecitano competenze relazionali che sono necessarie per far integrare i ragazzi a gruppi e farli adattare a nuove esperienze. Il disagio socio-relazionale può coinvolgere l’intero gruppo classe creando situazioni di forte negatività al suo interno[13]. Il bullismo, visto come una particolare forma di disagio socio-relazionale, si manifesta in diversi ambienti sociali, soprattutto nella scuola ma anche in luoghi di aggregazione giovanile e spesso crea un clima conflittuale pesante per gli alunni e gli insegnanti. Che atti di bullismo si verifichino tra i bambini o tra ragazzi, per far sì che cali l’incidenza di questo fenomeno c’è bisogno di un adulto, in particolare nella scuola. Si avverte la necessità di una collaborazione tra scuola e genitori per combattere globalmente questo fenomeno. Infatti, la mancanza di rapporti con i coetanei o altri problemi creano malessere all’interno del gruppo classe. Ecco perché fare amicizia riduce la probabilità di essere coinvolti in episodi di bullismo. Per questa ragione devono essere insegnate a scuola la prosocialità e l’empatia al fine di dare ai ragazzi un senso di convivenza sociale e civile. Le liti fra ragazzi sono continue per questo è opportuno educare sin da piccoli al dialogo per risolvere i problemi. Infatti, gli adulti devono rivestire un ruolo di mediatori per scoprire e risolvere problemi che si sono creati all’interno del gruppo classe. Questo si può fare rispettando alcune condizioni che sono: precocità, sistematicità e curricularità. Al bullo, infatti, deve arrivare una forte e chiara disapprovazione generale e, invece, la vittima non deve essere lasciata sola.

La scuola deve e può mettere in atto diverse strategie volte a combattere il bullismo: può aumentare il controllo degli insegnanti, può creare centri di ascolto o magari promuovere incontri con esperti che siano in grado di presentare ai ragazzi il fenomeno parlando con il loro stesso linguaggio[14].

Come aiutare le vittime?[modifica]

Un primo passo per aiutare le vittime è quello di farle uscire dallo stato di solitudine o di esclusione che è una diretta conseguenza del bullismo in atto. Poiché per la vittima è molto difficile confidarsi con qualcuno, bisogna instaurare un rapporto di fiducia facendola sentire meno vulnerabile, accrescendone l'autostima e inducendola a cambiare il proprio comportamento passivo che la pone in uno stato d'inferiorità. Agli adulti il compito e il dovere di non minimizzare o sottovalutare i segnali di bullismo ma di riconoscere e demonizzare gli atti di bullismo, sia esso fisico che psicologico.

E il bullo?[modifica]

Il bullo deve imparare a comunicare all'interno della classe per capire l'opinione che altri nutrono riguardo alla sua persona, accettando o rifiutando tale posizione. Infatti, il dialogo è il principio su cui deve basarsi la scuola. Le prepotenze e l’aggressività espresse dal bullo sono un’esternazione dell’anomia di valori e di relazioni[15]; principalmente ciò si manifesta all’interno di un gruppo e il modo migliore, oltre al dialogo, per sconfiggere il bullismo è la prosocialità, o “comportamento sociale positivo”, caratterizzata da una forma di altruismo egocentrico che spinge l'individuo a migliorare le condizioni altrui, attraverso motivazioni interiorizzate ed autogratificanti, senza aspettarsi di ricevere ricompense esterne. Le azioni dirette da questa attitudine, che può essere educata, determineranno l'aumento della probabilità dell’instaurarsi di relazioni reciproche positive. Quindi, a causa della larga diffusione del bullismo, bisognerebbe attuare dei progetti nelle scuole, che riguardino tutti i soggetti coinvolti, attraverso lavori cooperativi o di supporto al compagno bullo al fine di prendere provvedimenti contro l'aggressività; infatti, i bulli che si presentano cooperativi agiscono meno prepotentemente e hanno la tendenza a relazionarsi agli altri in modo positivo. Dunque, la prosocialità e la cooperazione si incentrano sulla comunicazione tra coetanei al fine di contrastare e prevenire l'aggressività.

Gli spettatori[modifica]

Il gruppo classe è un elemento fondamentale per combattere il bullismo e bisognerebbe educarlo affinché dia aiuto e sostegno alle vittime. Perciò educare all'etica è importante perché permette di abbattere il muro di ostilità e indifferenza che può crearsi all'interno di una classe. Dunque, è necessario intervenire sul gruppo dei pari perché posseggono un forte ascendente sia sulla vittima che sul bullo. Gli interventi dovranno, inoltre, essere periodici, per evitare che l'occasionalità renda il problema meno serio. La scuola deve aiutare ad incentivare gli obiettivi di crescita e di apprendimento privilegiando gli aspetti relazionali che vi sono all'interno di essa. Il bullismo si presenta come una dinamica di gruppo dove questo ultimo manifesta tutta la sua organicità, cosicché il cambiamento di atteggiamento di una parte determina il mutamento di tutto il sistema. In genere, il triangolo del bullismo coinvolge tre protagonisti: il bullo, la vittima e gli spettatori. Possono, in linea teorica presentarsi tre modalità. Nella prima il bullo aggredisce la vittima ed ottiene potere; la vittima, a sua volta non riesce a difendersi e rimane isolata anche perché lo spettatore non fa nulla e non interviene. Nella seconda la differenza rispetto alla prima consiste nell'aggressione, da parte dello spettatore, del bullo che si viene a trovare in una condizione di inferiorità. Il risultato ottenuto, in questo caso, è quello di riproporre delle situazioni aggressive in classe che lasciano la vittima in una condizione passiva e isolata. Nella terza modalità, invece, la vittima difende in modo assertivo i propri diritti, supportata dallo spettatore, e il bullo viene aiutato a comprendere gli effetti delle sue azioni[16].

Scuola e bullismo[modifica]

La scuola è, subito dopo la famiglia, la principale agenzia di socializzazione e formazione della personalità del bambino e del preadolescente. Il suo compito fondamentale è quello di dare gli strumenti necessari per far crescere culturalmente, psicologicamente, socialmente e per far raggiungere l'autonomia. Nella scuola però sono molti gli episodi di bullismo soprattutto in classe perché si trascorre molto tempo insieme e si percepiscono i punti di forza e di debolezza del compagno che possono rafforzare l’amicizia o definire la posizione di bullo e di vittima. Questo evidenzia la necessità di avviare progetti per prevenire o affrontare questo fenomeno. Un altro punto su cui soffermarsi è la questione degli studenti stranieri che sono molto spesso oggetti di bullismo. Questi subiscono esclusione, prese in giro e alla scuola dovrebbe spettare il compito di integrazione e mediazione culturale ed educazione alla cittadinanza. Una riduzione del fenomeno sarà possibile solo se tutti i membri della scuola si muoveranno su questo fenomeno. La scuola dovrebbe fare degli interventi per risolvere il disagio relazionale all’interno del gruppo classe, insomma dovrebbe ritrovare un ruolo forte nel processo educativo dando risposte significative.

Gli insegnanti ed il bullismo[modifica]

L'insegnante riveste un ruolo cardine nel contesto scolastico poiché si rapporta continuamente con gli studenti passando molto tempo con loro. Oggi il ruolo degli insegnanti è cambiato poiché, oltre ad essere il veicolo per la costruzione di conoscenze, essi devono incidere sulla formazione del processo di identità, al fine di sviluppare le capacità dello studente[17]. Tutto questo, però, rappresenta un compito arduo da portare a termine, a causa della messa in discussione del ruolo dell'insegnante da parte degli studenti e delle loro famiglie.

A scuola riveste una funzione di vitale importanza il tessuto valoriale incarnato dai docenti; ciò si concretizza in regole chiare e rigorose, che concernono la richiesta di un idoneo impegno scolastico, da un lato, e che riguardano la tutela della dignità degli studenti e il potenziamento degli atteggiamenti di solidarietà, dall'altro. Per questa ragione, i docenti non devono essere indifferenti ad episodi di bullismo, ma, appena assistono a questo fenomeno, agire prontamente e fare da arbitri; non devono reagire impulsivamente ma ascoltare le storie di tutti per poi trarre le conclusioni. È necessario, per il ruolo che riveste nei confronti dei suoi alunni, che non si sottragga al compito di tenere sotto controllo gli studenti in difficoltà, nonostante ciò non sia semplice. Quando questo accade l'insegnante deve capire i problemi che si sono verificati ovvero deve instaurare un rapporto di fiducia con l'alunno.

La struttura scolastica[modifica]

Il comportamento degli alunni e degli insegnanti si manifesta in una struttura dove interagiscono fattori strutturali, professionali e individuali. Spesso gli edifici scolastici sono cadenti e non sono idonei, né per la costruzione dei saperi, né per le relazioni sociali. Bisognerebbe creare nelle scuole zone più accoglienti, laboratori, aule tecnologiche e aumentare la vigilanza, soprattutto nei momenti in cui i ragazzi sono liberi, al fine di evitare scontri. Le classi dovrebbero essere pulite e ben arredate; i ragazzi in difficoltà andrebbero fatti sedere nei primi banchi per essere controllati con più attenzione dagli insegnanti, creando così un buon ambiente dove gli studenti possano interagire e studiare positivamente. Nei casi in cui ci sono prevaricazioni l'insegnante ha il dovere di intervenire, poiché la sua passività, di fronte ad episodi di bullismo, determina il ripetersi nel tempo degli stessi; infatti, tale atteggiamento da parte dei docenti incoraggia il bullo che non capirà mai che deve interrompere il suo comportamento e non avrà timore di essere punito.

Scuola famiglia e territorio: linee guida di prevenzione e intervento[modifica]

La scuola e la famiglia sono i principali canali di interazione tra adulti e giovani. All'interno di questo contesto la famiglia occupa un ruolo primario per ciò che concerne l'apprendimento delle norme e dei valori e per ciò che riguarda la costruzioni di rapporti interpersonali positivi. Mentre la scuola ha il ruolo secondario di completare e integrare l'educazione ricevuta in famiglia senza sostituirvisi. Quando le due principali agenzie educative vengono meno al loro compito, perdono efficacia svuotandosi dei contenuti ad esse riconosciuti. Ciò determina sensazioni di disagio e di ostilità causate dalla mancanza di dialogo e di entusiasmo[18].

Come prevenire[modifica]

La prevenzione di questo fenomeno deve avvenire principalmente sul fronte educativo, con l'aiuto di alcuni accorgimenti pratici. È fondamentale educare i ragazzi a un maggior senso di responsabilità, per evitare che si trasformino in cyberbulli. D’altra parte è necessario lavorare sulla loro sicurezza personale, per evitare che diventano vittime. È importante parlare chiaramente con loro del fatto e invitarli a segnalare eventuali vicende di cyberbullismo di cui siano a conoscenza. È importante inoltre una corretta educazione all'utilizzo del web. Capire che l'identità digitale che si costruisce online è perenne, che immagini, video, testi devono essere protetti il più possibile è importantissimo. Ogni traccia di noi può restare incisa ed è facile rendere più pubbliche di quanto non si vorrebbe molte informazioni personali. Un passo che può fare la differenza è far capire ai ragazzini quanto si mettono in vista pubblicando i propri dati online e insegnare loro a non condividere mai informazioni troppo personali.

Sul fronte pratico, è possibile adottare alcuni accorgimenti sia a casa che a scuola. Tenere il computer in una posizione centrale della casa, in modo da avere almeno in parte il controllo sull'attività online dei minori. È bene in ogni caso poter controllare sullo schermo quello che il minore condivide online, anche quando non è sotto i nostri occhi. Questo significa, da parte dei genitori, prendere confidenza maggiormente con i mezzi usati dai figli per poter mantenere il controllo sulle informazioni rese pubbliche. Chiedere a un amico, un fratello o una sorella più grande di accompagnare il ragazzo durante le sue attività di navigazione, per fare in modo che il minore possa comunque avere una persona con cui confidarsi, tuttavia ad alcuni minori non piace essere monitorato. Utilizzare la funzione Parental Control prevista da diversi antivirus per bloccare l'accesso ad alcuni siti web o, se si è individuato un indirizzo mail potenzialmente molesto, per mettere quest'indirizzo nella lista nera, tuttavia se il parent control non è sufficientemente difeso può essere facilmente evaso o eluso utilizzando tecnologie come VPN, Tor o dei proxy. A scuola, per accedere alla rete, gli studenti devono avere l'obbligo di identificarsi, in modo da non poter nascondere le proprie azioni dietro l'anonimato. In generale, monitorare ogni cambiamento d'umore del ragazzo, che lo porti ad essere più isolato, o che manifesti una mancanza di stima di sé.

Oggi dall'età di 9 anni i ragazzi vengono dotati di uno strumento dalle potenzialità enormi, lo smartphone, che se non utilizzato nel modo corretto, con le dovute protezioni e cautele, rischia di diventare un "congegno infernale". Fondamentale fornire regole, affiancare e educare all'uso legale, sicuro e consapevole del mezzo. L'unico parental control realmente efficace è quello cosiddetto della "White list": genitori e insegnanti debbono configurare loro siti e videogiochi che i bambini possono utilizzare. La visione di contenuti violenti, razzisti, omofobi e pornografici in tenera età può provocare nei bambini un abbassamento di soglia di sensibilità che li porta durante la fase adolescenziale a diventare essi stessi cyberbulli senza rendersene conto. Fino a 14 anni insegnare loro ad avere un nickname di fantasia e un indirizzo di posta elettronica con password condivisa con il genitore. La scuola deve prendere provvedimenti analoghi nella gestione dei contenuti utilizzando motori di ricerca specifici (vedi www.ricerchemaestre.it ) che impediscano la visione di contenuti inadatti in fase di ricerca. Altra cosa importante l'attivazione della funzionalità "Safesearch" sia sul motore di ricerca più famoso (Google) sia sulla piattaforma di video online Youtube. [19]

Fra i principali progetti per la prevenzione del cyberbullismo da menzionare nel corso del 2017 il progetto "Cyberbullismo 0 in condotta" organizzato dalla società G Data Italia con interventi formativi su 10 scuole del nord Italia mediante la collaborazione con Mauro Ozenda, consulente informatico impegnato da anni all'interno delle scuole italiane, formando bambini/ragazzi, genitori e insegnanti circa l'uso sicuro, legale, sano e consapevole di internet e delle nuove tecnologie nell'ottica della prevezione fenomeno del cyberbullismo.

Note[modifica]


Bibliografia

Indice del libro
  • K. Bagnato, Il cyberbullismo: indagine esplorativa e proposte educative, Cosenza, Pellegrini, 2009.
  • T. Benedetti - D. Morosinotto, Cyberbulli al tappeto, Trieste, Editoriale Scienza, 2016.
  • E. Chiapasco - M. Cario, Cyberbullismo dalle prime definizioni ai dati più recenti, in Psychomedia Telematic Review, 11 marzo 2014.
  • M. Facci, Le reti nella rete: i pericoli di internet dal cyberbullismo alle sette pro-ana, Trento, Erickson live, 2010.
  • N. Iannaccone (cur.), Stop al cyberbullismo: per un uso corretto e responsabile dei nuovi strumenti di comunicazione, Molfetta, La meridiana, 2009.
  • Z. Formella - A. Ricci (cur.), Il disagio adolescenziale: tra aggressività, bullismo e cyberbullismo, Roma, LAS, 2010.
  • M. L. Genta - A. Brighi - A. Guarini, Cyberbullismo : ricerche e strategie di intervento, Milano, Franco Angeli, 2013.
  • A. Meluzzi, Bullismo e cyberbullismo, Reggio Emilia, Imprimatur, 2014.
  • R. Morello, Cyberbullismo, Trebaseleghe, Robyone 2014.
  • G. Mura - D. Diamantini, Il cyberbullismo, Milano, Guerini, 2012.
  • D. Olweus, Bullismo a scuola: ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Firenze, Giunti, 1993.
  • F. Pira, Cyberbullismo, sexiting, ragazze doccia: i nuovi pericoli per i più piccoli nella rete, in Humanities, 6 (2014).
  • C. Sposini, Il metodo anti-cyberbullismo: per un uso consapevole di internet e dei social network, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2014.
  • F. Tonioni, Cyberbullismo: come aiutare le vittime e i persecutori, Milano, Mondadori, 2014.
  • M. Ozenda/L.Bissolotti, Sicuri in Rete, Milano, Hoepli editore, 2012.
  • R.Formica/M.Ozenda, Un computer dal cuore saggio (fiaba educativa), Pavia, Edigiò edizioni, 2015.


Sitografia

Indice del libro


  1. www.treccani.it
  2. Salerno Alessandra, Giuliano Sebastiana (a cura di), La violenza indicibile, L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 20
  3. Dodge, Coie, Linam 2006
  4. Bushmann e Anderson, 2001
  5. http://www.garzantilinguistica.it
  6. Luciano Gallino, Dizionario di Sociologia, TEA, UTET
  7. Treccani Online
  8. Educare.it
  9. Treccani Online
  10. Treccani Online
  11. Dal sito Digizen
  12. F. Tonioni, Cyberbullismo, Psicopatologia web-mediata. Dipendenza da internet e nuovi fenomeni dissociativi, Springer, Milano, 2014, pp. 3-9.
  13. Il disagio adolescenziale. Tra aggressività, bullismo e cyberbullismo, a cura di Z. Formella e A. Ricci, Las, Roma, 2010, pp. 125-126.
  14. Il disagio adolescenziale cit., pp. 126-134.
  15. M. L. Genta, Il bullismo, bambini aggressivi a scuola, Carrocci, Roma, 2002, p. 83.
  16. D. Fedeli, Il bullismo: oltre. Vol. 2: Verso una scuola pro sociale: strategie preventive e di intervento sulla crisi, Gussago, Vannini Editrice, 2007, pp. 167-168.
  17. A. Civita, Il bullismo come fenomeno sociale. Uno studio tra devianza e disagio minorile, Milano, Franco Angeli, 2006, p. 79
  18. Civita, Il bullismo come fenomeno sociale cit., p. 89.
  19. M.Ozenda/L.Bissolotti: libro Sicuri in Rete - Hoepli Editore