Termodinamica classica/Prima esperienza di Joule e primo principio della termodinamica
Nel modulo precedente abbiamo dato la definizione operativa di calore, distinguendolo dal lavoro come un'altra maniera di alterare lo stato di un sistema. Questa è stata l'idea che ha pervaso la comunità scientifica per oltre 50 anni nel XIX secolo, quando si credeva addirittura che il calore fosse un fluido invisibile che, passando da un corpo all'altro, determinasse la temperatura di un dato oggetto (addirittura aveva anche un altro nome, il famoso calorico). Inoltre, le due unità di misura erano differenti: per il lavoro si usava il joule, per il calore la caloria.
Tuttavia, lo stesso Joule pensava che le due cose avessero ben a che fare tra loro. Cercando infatti una relazione tra esse, arrivò alla formulazione del primo principio della termodinamica, attraverso l'esperimento noto come prima esperienza di Joule.
Preso un contenitore isolato termicamente, vi mise dentro una nota quantità di acqua. Il sistema era fornito di un mulinello a pale, ovvero un sistema di pale meccaniche che era possibile mettere in moto dall'esterno, tirando un filo. Al filo era appesa una massa che, scendendo per forza di gravità, metteva le pale in rotazione. L'isolamento del contenitore non permetteva scambi di calore con l'esterno. Quando la massa era libera di scendere, le pale si mettevano in moto e la temperatura finale dell'acqua risultava essere maggiore rispetto a prima: sul sistema veniva compiuto una quantità di lavoro pari alla differenza di energia potenziale gravitazionale del peso.
Allora, riportato il sistema allo stato iniziale, Joule mise in contatto termico alla parete inferiore del contenitore (stavolta non isolante) un calorimetro contenente una miscela di acqua e ghiaccio a 0 °C. Il calore che l'acqua avrebbe ceduto al calorimetro non avrebbe alzato la temperatura della miscela, ma avrebbe fornito calore al ghiaccio, facendolo sciogliere (è noto il calore latente di fusione del ghiaccio).
Riportando su una tabella le varie altezze percorse dal peso libero di scendere e la massa di ghiaccio fuso di volta in volta, ovvero tabulando lavoro compiuto sul sistema e calore ceduto dal sistema, Joule osservò che il rapporto era costante, pari a:
L'esperienza fu ripetuta diverse volte, confermando il risultato ottenuto. L'intuizione di Joule fu allora quella che il calore potesse calcolarsi in joule, e che lavoro e calore non fossero altro che due forme diverse di una stessa cosa. Inoltre, osservò anche che, in una trasformazione ciclica, si otteneva
In meccanica, il lavoro compiuto da forze conservative può essere espresso tramite una funzione di stato. Allora, presupponendo che, se si torna allo stato iniziale, vale , si può scrivere l'enunciato del primo principio come:
Dove indica l'energia interna di un sistema. Il segno meno davanti al lavoro è per convenzione storica.
Calore specifico di un corpo solido
[modifica | modifica sorgente]Considerato il primo principio della termodinamica , in buona approssimazione possiamo considerare un corpo solido come un corpo rigido che non si deforma e, quindi, non compie lavoro se riscaldato. Allora ha senso scrivere .
Definita la capacità termica di un corpo come , possiamo esprimere il calore specifico come:
Il si esprime con una perché dipende dalla trasformazione, a differenza del che è invece assoluto. Per un solido vale anche:
Problema fondamentale della calorimetria
[modifica | modifica sorgente]Prendiamo due corpi a diverse temperature . Se messi a contatto tra loro in un contenitore isolato dall'ambiente, la variazione di energia interna totale nel contenitore sarà nulla, ovvero:
Abbiamo approssimato i due corpi come corpi rigidi indeformabili. Scambiando calore, i due corpi arrivano a una temperatura di equilibrio: determinare questa temperatura è considerato il problema fondamentale della calorimetria. Supposto , avremo che la temperatura finale sarà . Possiamo allora scrivere:
Da questa si ottiene che la temperatura di equilibrio è pari a: