Diritto d'autore, copyright e licenze aperte per la cultura nel web/Licenze e riuso/Open access e licenze d'uso

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Indice del libro

117. Quali musei hanno adottato le licenze aperte o il pubblico dominio per le riproduzioni delle proprie raccolte?[modifica]

In tutto il mondo musei, biblioteche e archivi adottano politiche di open access. Il lavoro di ricerca Open GLAM Survey (di Douglas McCarthy e Andrea Wallace) fornisce un elenco ampio e costantemente aggiornato di istituzioni che adottano licenze aperte o di pubblico dominio: più di 900 istituzioni culturali hanno finora adottato politiche open. Alcune di queste istituzioni sono tra le più famose e visitate al mondo come il Metropolitan Museum of Art, lo Smithsonian, il Paris Musées o il Rijksmuseum. In Italia la Fondazione BEIC di Milano e il Museo Egizio di Torino. In Spagna la Biblioteca Nazionale Spagnola (BNE) ha aperto le collezioni digitali (30 milioni di immagini) di pubblico dominio lo scorso novembre 2020. Oltre agli esempi sopra indicati, si segnala che le licenze aperte sono un’importante opportunità anche per le piccole istituzioni. L’accesso aperto è in rapida evoluzione sia per il numero di istituzioni che lo adottano, sia per il numero di riproduzioni che vengono progressivamente pubblicate.

Riferimenti:

118. Quali tipologie di licenze d’uso si stanno utilizzando nelle politiche Open Access?[modifica]

Nelle collezioni online vengono fornite informazioni sulle singole riproduzioni fotografiche di opere che sono rilasciate con licenze aperte Creative Commons, in pubblico dominio o per le opere che hanno restrizioni il copyright. La dicitura apposta alla singola pagina permette di differenziare l’approccio e apporre indicazioni molto precise alle singole riproduzioni fotografiche. Le istituzioni culturali che stanno attivando politiche di open access nei loro cataloghi o collezioni online, per il rilascio delle opere che rientrano per caratteristiche temporali o contrattuali in pubblico dominio utilizzano approcci diversificati: il Rijksmuseum e Paris Musées utilizzano CC0, il Metropolitan Museum of Art alterna le due opzioni CC0 e Public domain mark (PDM); la licenza aperta CC BY nel caso per esempio del Museo Egizio di Torino; mentre troviamo la licenza CC BY-SA, CC BY o CC0 quando le riproduzioni sono state pubblicate nelle piattaforme Wikimedia come p.es. Wikipedia, Commons o Wikidata. Alcuni musei come il British Museum rilasciano sotto una licenza più restrittiva CC BY-NC-SA che non consente l’uso commerciale e non è una licenza compatibile con l’accesso aperto. In molti casi come nella collezione online del Cleveland Museum le riproduzioni sono rilasciate con CC0 o sotto copyright, a seconda del singolo caso. Nello stesso modo, il Lacma (Los Angeles Museum of Art) permette l’utilizzazione senza restrizioni delle riproduzioni ma limitatamente ad alcune opere (identificate come “Public Domain High Resolution Image Available”), escludendone altre. L’Art Institute of Chicago utilizza la licenza CC0, evidenziando – anche nei Terms of use – che l’utilizzatore è responsabile di richiedere ed ottenere l’autorizzazione da parte di terzi, qualora necessaria per l’utilizzazione delle immagini. L’Indianapolis Museum of Art ammette l’utilizzazione solo di alcune immagini di beni in pubblico dominio, permettendone un utilizzo senza restrizioni e condizioni, con il semplice invito, rivolto agli utenti, di ricevere copia gratuita della pubblicazione realizzata con le immagini utilizzate. Le piattaforme non presentano indicazioni generali sull’uso delle immagini in una precisa sezione del sito, in quanto l’illustrazione dei termini di riutilizzo accompagna puntualmente ogni riproduzione fotografica.

119. Come hanno motivato la politica di open access?[modifica]

Molti musei esplicitano i principi delle politiche Open Access nei loro siti, da questi è possibile estrapolare alcune motivazioni: «Open access è una pietra miliare dello Smithsonian nei nostri sforzi per raggiungere, istruire e ispirare il pubblico» scrive Lonnie G. Bunch III, Smithsonian Secretary. Anche Europeana, la più grande piattaforma europea per la pubblicazione di riproduzioni fotografiche con «Milioni di oggetti del patrimonio culturale provenienti da circa 4.000 istituzioni in tutta Europa» esplicita diverse motivazioni, sia nella mission che nel nuovo Documento strategico 20-25: «Rendiamo più facile alle persone utilizzare il patrimonio culturale per l’istruzione, la ricerca, la creazione. Il nostro lavoro contribuisce a una società aperta, informata e creativa [...] Europeana consentirà alle istituzioni del patrimonio culturale di trascendere i confini culturali e nazionali e di collocare le loro collezioni nel contesto europeo - per essere parte della storia dell’Europa».

Il video di presentazione del Cleveland Museum, Cleveland Museum of Art unleashes major digital change: ‘Open Access’, spiega in modo efficace i molteplici strumenti e le possibilità di riuso che hanno messo a disposizione, e si conclude con la frase di ispirazione «a beneficio di tutte le persone, per sempre». La National Gallery of Art di Washington fa riferimento alla propria missione che consiste nell’essere al servizio degli Stati Uniti tramite una attività mirata a preservare, collezionare, esporre ed incrementare la comprensione delle opere d’arte secondo i migliori standard museali ed educativi. La policy di open access «è una naturale estensione di questa missione (...). La Galleria ritiene che un maggiore accesso a immagini di alta qualità delle sue opere d’arte alimenta conoscenza, studio e innovazione, ispirando gli utenti che trasformano continuamente il modo in cui vediamo e comprendiamo il mondo dell’arte».

La National Gallery of Denmark – SMK pone l’attenzione sul coinvolgimento attivo: «Un utente culturale non si accontenta di essere uno spettatore passivo della cultura. Questo utente culturale vuole essere attivo e utilizzare la cultura nella propria vita. E la conclusione è chiara: molto più persone, compresi coloro che non usano il museo fisico, utilizzano le collezioni quando possono selezionare, riutilizzare, remixare e condividere attivamente le opere d’arte». L’intenzione della Biblioteca Nazionale Spagnola (BNE) è quella di «promuovere il riutilizzo delle immagini e mettere le collezioni digitali al servizio della società e di un’industria culturale ed editoriale con risorse molto limitate, e di promuovere l’espansione della conoscenza».

Riferimenti:

120. Posso monitorare come viene utilizzato un contenuto?[modifica]

Esistono diversi strumenti di monitoraggio che possono essere utilizzati per monitorare la quantità di contenuto visualizzato o scaricato, come gli strumenti di Web Analytics e le API. Tuttavia, non esiste ancora un buon set di strumenti per monitorare il riutilizzo dei contenuti. Il Cleveland Museum condivide in tempo reale i dati di accesso e download (Measuring Impact) al proprio sito e alle piattaforme come Wikipedia: «È emozionante vedere gli effetti esponenziali che Open Access ha avuto sull’accesso alla collezione del museo!».

Grazie a simili tool come Live Virtual Dashboards è quindi anche possibile osservare e monitorare gli andamenti e gli accessi alle singole opere dalle singole piattaforme di pubblicazione. Ecco un altro esempio: Cassandra Tool realizzato da Wikimedia Svizzera analizza come vengono usati i contenuti GLAM che riguardano i monumenti del Cantone di Zurigo: cosa è stato visualizzato di più, quante sono state le visite. Lo Smithsonian ha una pagina dedicata, Open Access Remix, con un elenco di progetti di riuso «grazie ai nostri collaboratori inclusi artisti, innovatori, educatori, tecnici e studenti, che hanno sviluppato esempi stimolanti di ciò che è possibile grazie all’Open Access».

Riferimenti:

121. Quali vantaggi emergono dall’adozione di licenze aperte o dal rilascio in pubblico dominio?[modifica]

Due pubblicazioni forniscono informazioni rilevanti sui vantaggi e sulle sfide. Effie Kapsalis in The Impact of Open Access on Galleries, Libraries, Museums, & Archives sottolinea che: «Con oltre un decennio di accesso libero dei GLAM sono emerse diverse tendenze: mentre l’accesso libero in casi limitati può causare una perdita di diritti e ricavi di riproduzione, può anche portare a nuove opportunità significative nella raccolta di fondi e nella concessione di licenze di marchio; L’accesso libero si traduce in risparmi sui costi associati ai diritti e alle spese generali di gestione della riproduzione; consente alle organizzazioni di riallineare il personale con attività più legate alla mission, con il risultato di funzioni di digitalizzazione e gestione delle immagini più efficienti e meno costose; Promuovendo la ricerca, le attività educative e creative, l’accesso libero promuove anche le missioni di queste istituzioni ed aumenta notevolmente l’utilizzo e la consapevolezza delle collezioni di un’istituzione; L’accesso libero crea inoltre un brand rafforzato e più rilevante».

Altri vantaggi e sfide sono evidenziati nella presentazione della Dichiarazione sul libero accesso al patrimonio culturale a Europeana 2020 (di Claudio Ruiz, Andrea Wallace, Evelin Heidel): «Tra i benefici: Missione e rilevanza migliorate per il pubblico del 21º secolo; Maggiore efficienza del personale e migliore allineamento alle missioni; Integrazione di interfacce esterne, come Wikimedia Commons; Maggiore ricerca e nuove conoscenze sulle collezioni; Inclusione nelle risorse educative aperte (OER); Promozione del riutilizzo e della cultura del riuso. Tra le sfide: Finanziamento: perdita di entrate e cambiamenti nei modelli di business, responsabilità e avversione al rischio; Copie di bassa risoluzione e vendita di copie di opere di pubblico dominio; Uso improprio di opere di pubblico dominio; Metadati o informazioni errati, disordinati o imprecisi».

Sono molti gli studi in corso e anche i singoli musei stanno analizzando i risultati: per esempio, secondo uno studio condotto sulle collezioni del Rijksmuseum, l’utilizzo di licenze aperte ha incrementato la vendita di immagini.

Riferimenti: