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Profili di donne pugliesi/Donne nel sociale

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Indice del libro

Darinka Mitrovich

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Darinka Mitrovich, nata in Venezuela l'8 marzo 1975, si è trasferita in Italia per lavoro nel 2011. Mamma di due splendide bambine, ha lavorato per diversi anni alla scuola privata Villacolle, una scuola privata di Torre a Mare. E qui che ha parlato di una tradizione di sua nonna Carmen che coinvolgeva nipoti, pronipoti e conoscenti nel suo paese, ovvero preparare una vaschetta per il bagnetto con prodotti utili per i primi mesi di vita di un bambino da donare a una mamma in difficoltà. E così anche Villacolle ha cominciato ad adottare una famiglia e, anche quando Darinka è mancata (28/10/2015 a Torre a Mare), ogni anno in occasione del Natale e della festa della mamma, grazie alla generosità di tante famiglie, Villacolle continua a riempire vaschette di pannolini, creme, alimenti per neonati, tanto che l'iniziativa ha preso il nome di "La Vaschetta di Darinka". In questo modo, Darinka continua a essere una benefattrice per tanti bambini e per le loro famiglie.

Balda Di Vittorio

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Balda di Vittorio, detta anche Baldina, è stata una figura di spicco nella storia dell’antifascismo e della resistenza. Nata a Cerignola (Foggia) nel 1920, fu chiamata così da suo padre, Giuseppe Di Vittorio, segretario nazionale della Cgil e parlamentare comunista, “perché dovevo essere coraggiosa”, come lei stessa ricorda. A due anni si trasferì con la famiglia a Bari, in quanto il padre venne chiamato a dirigere la Camera del lavoro e pochi anni dopo conobbe precocemente l’esilio, sia in Unione Sovietica, sia in Francia. Baldina così venne educata nel clima dell'emigrazione antifascista in Francia e, fin da giovanissima, si unì alle organizzazioni della gioventù comunista francese. Nel 1935 un grave lutto scosse la vita di Baldina: sua madre morì e la giovane si trovò ad affrontare le difficoltà derivanti dalla partecipazione del padre alla guerra civile in Spagna. Al ritorno di suo padre a Parigi nel 1938, la giovane donna appoggiò le iniziative del mondo dell’emigrazione e sostenne in particolare la nascita del quotidiano "La Voce degli Italiani", giornale diretto da suo padre e punto di riferimento per la lotta contro il razzismo nazi-fascista e l’antisemitismo che imperversavano in Europa. In questi anni incontrò e successivamente sposò Giuseppe Berti, un importante dirigente del PCI e nel loro appartamento ospitarono diversi importanti esponenti del PCI clandestino, tra cui Togliatti. Nel 1938 si iscrisse al PCI e allo scoppio della seconda guerra mondiale venne rinchiusa nel campo di concentramento francese di Rieucros con altre antifasciste italiane. Dopo il crollo militare tedesco in Francia riuscì ad arrivare a Marsiglia e a raggiungere il marito Giuseppe Berti che si trovava a New York (gli Stati Uniti erano ancora neutrali) per continuare l’edizione di “Stato Operaio”. Qui si unì alle attività dei gruppi antifascisti newyorkesi. Dopo la Liberazione, Baldina rientrò in Italia e si dedicò alla tutela dei diritti femminili come membro della presidenza nazionale dell'UDI (Unione Donne Italiane), lavoro che portò avanti in Parlamento, dopo essere stata eletta nel 1963 deputato del PCI. Nel 1968 divenne senatrice e nei due anni successivi presentò delle proposte di legge riguardanti la formazione delle classi e delle graduatorie degli insegnanti nelle scuole elementari e per agevolare i ricongiungimenti familiari dei lavoratori emigrati all’estero. Terminò il proprio mandato parlamentare nel 1972. Morì a Cerignola all'età di 94 anni, il 2 gennaio 2015.

Non abbiamo mai dimenticato le improvvise irruzioni, le perquisizioni e gli interrogatori della milizia, la brutalità e la volgarità dei fascisti, ma anche l’abilità di mia madre – e talvolta di mia nonna – a far scomparire in pochi attimi carte e documenti compromettenti o a nasconderci, come fece mia madre con noi due piccoli a Milano, infilandoci di prepotenza sotto un letto per sfuggire ai fascisti che cercavano mio padre. Ricordo in particolare la forza d’animo di mia madre quando portava Vindice e me a visitare nostro padre in prigione a Regina Coeli e le estenuanti attese davanti al carcere per poterlo vedere per pochi minuti e lasciargli qualche cibo preparato a casa. Papà faceva di tutto per distrarci e per sdrammatizzare la situazione, ma la nostra sensibilità di bambini ne rimase segnata. (“Giuseppe Di Vittorio, mio padre“ )