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Fisica nucleare e subnucleare/Collisioni

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Indice del libro

Quando parliamo di collisioni intendiamo generalmente che due particelle e interagiscono fra loro, dando luogo a uno stato finale diverso da quello iniziale; ad esempio:

Lo stato iniziale è completamente noto, mentre quello finale è caratterizzato da quello che vogliamo o possiamo conoscere (come l'impulso delle particelle, o gli angoli fra le loro direzioni di volo). In altri tipi di processi, può accadere che lo stato iniziale sia composto da una sola particella:

Questo tipo di reazioni sono i decadimenti; generalmente, è in quiete nel laboratorio (ma non è detto, se per esempio pensiamo al fatto che nei raggi cosmici le particelle che decadono si muovono a velocità molto elevate).

Collisioni a targhetta fissa

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Le due entità che entrano in gioco sono:

  • fascio: sono le particelle entranti, le cui grandezze caratteristiche sono:
    • : l'intensità del fascio, ossia il numero di particelle che arrivano al bersaglio nell'unità di tempo
    • : il flusso, ossia l'intensità per unità di superficie
  • targhetta: è il bersaglio fisso, caratterizzato da:
    • : numero di centri di scattering[1] per unità di volume
    • : numero di centri di scattering diviso l'area del fascio

Ciò che ci interessa è calcolare il rate d'interazione:

che è il numero di interazioni che avvengono per unità di tempo. Si ha:

ove è la sezione d'urto. In modo intuitivo (poi ci ritorneremo in maggior dettaglio), è una "sovrapposizione" dell'area del fascio e della sezione trasversale della targhetta. Spesso si scrive anche:

ove è il rate per singola particella del fascio. Non stiamo però tenendo conto che, se avvengono interazioni, il flusso non può essere costante nella targhetta. Come varia dunque il flusso?

Indichiamo la variazione di rate con d . Si ha:

e inoltre:

Quindi:

e dunque il flusso all'interno della targhetta diminuisce esponenzialmente con , e . Riferendosi al fascio, si definisce la lunghezza d'assorbimento come quella lunghezza dove :

Spesso (anche se non proprio in questo caso) è di interesse la luminosità del fascio, definita come:

Chiamiamo i fasci collidenti 1 e 2. I fasci dei collider sono costituiti da "pacchetti" di particelle, disposti in "bunch"; i fasci, insomma, non sono "fiotti" di particelle, e hanno una struttura temporale. Il motivo per cui i fasci vengono costruiti "a pacchetti" è che in questo modo si controllano meglio.

Si può dimostrare (non lo facciamo, perché non è semplice), che la distribuzione di particelle in un bunch è data da:

cioè il fascio ha una distribuzione gaussiana (in realtà questa è un'approssimazione) nelle direzioni trasversali e ; le due gaussiane (quella in e quella in ) non sono però "larghe" uguali, in genere (ossia ). Pertanto il numero di particelle nell'area è:

e la probabilità di interazione di una particella del fascio 1 col fascio 2 è:

ove è la sezione d'urto d'interazione. Pertanto, il numero totale di interazioni sarà:

Vediamo dunque che più stretto è il fascio () maggiori sono le interazioni che avvengono. In questo caso, il rate sarà:

ove è il numero di pacchetti (le interazioni infatti avvengono se i pacchetti "si beccano") e è la frequenza con cui si incontrano i pacchetti (ricordiamoci infatti che i fasci hanno una frequenza di rivoluzione, sono cioè periodici). Sappiamo anche che si può scrivere , e dunque:

Le interazioni fascio-fascio sono molto poche, e possiamo trascurarle per quanto riguarda l'effetto su : ciò che fa degradare sono le interazioni con le molecole residue nel collider (il vuoto che viene fatto per far funzionare il collider non è mai perfetto) e con i rivelatori. Queste determinano una diminuzione della luminosità, insomma. Si può dimostrare (non lo vediamo) che in funzione del tempo la luminosità segue la legge:

ove è il numero di bunch, il numero di materiali che incontra il fascio, il numero di particelle e la luminosità iniziale (in generale si assume ). Con gli attuali collider, dopo circa 24 ore conviene fare una re-iniezione del fascio, perché la luminosità è diventata troppo bassa.

Ora, sappiamo che è il rate di interazione per unità di particella. Nel caso dei collider, dunque, sarà ancora pari a . Fermi per primo mostrò che:

ove ( è il numero di stati finali e l'impulso totale):

è il volume nello spazio delle fasi relativistico (degli stati finali). Tutto questo si basa sul fatto che il modulo della funzione d'onda non è un invariante relativistico (così come il volume), mentre il modulo della funzione d'onda diviso per l'energia è un invariante relativistico (è il motivo della forma di ). Ciò che invece descrive l'interazione è , il modulo quadro dell'elemento di matrice dell'operatore che consente la transizione fra stato iniziale e finale:

e si dimostra che la possiamo scrivere come somma di parte relativa al centro di massa e di moto relativo al centro di massa.

Sperimentalmente, noi misuriamo , e sappiamo che è collegata, con la teoria, allo spazio delle fasi () e all'elemento di matrice (), che deriva dal modello. Insomma:

Ciò che ci proponiamo di capire in questo corso è come abbiamo fatto a trarre informazioni sulla composizione della materia a partire dagli esperimenti che sono stati condotti nel corso dei decenni.

  1. Si parla in generale di centri di scattering perché a seconda dell'energia del fascio l'oggetto che effettua lo scattering può cambiare; se infatti una particella ha alta energia avrà piccola lunghezza d'onda, e quindi con essa possiamo "vedere" cose più piccole. Insomma, a seconda dell'energia del fascio, questo interagirà con l'opportuno centro (atomo, nucleo, nucleone o quark); questo è anche il metodo col quale si può cercare di capire se i quark abbiano o meno una struttura interna.