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Storia della letteratura italiana/Letteratura giullaresca

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Storia della letteratura italiana

Già prima del Duecento era diffusa nella penisola italiana una poesia popolare in volgare, che si rivolgeva a un pubblico di modesta cultura e che continuerà a vivere accanto a quella alta (rappresentata dalla lirica amorosa cortese e da quella comico-realistica, di cui si parlerà nei prossimi moduli).[1] Si tratta di una poesia popolare molto antica, di cui però rimangono scarse testimonianze, sia perché molto spesso i componimenti erano trasmessi oralmente, sia perché la loro diffusione – anche nei casi in cui furono stampati – è stata ai margini della cultura ufficiale.[2]

Un giullare raffigurato su un manoscritto del Romanzo di Lancillotto (1470)

La figura dietro questo tipo di letteratura era il giullare. Il termine deriva dal latino joculares, cioè "giocolieri", e indicava uomini con una certa preparazione culturale che giravano di città in città divertendo il popolo nelle piazze facendo i saltimbanchi o i buffoni, cantando e mimando poesie. I più colti accedevano alle famiglie signorili e, a partire dal Trecento e dal Quattrocento, diverranno membri delle corti. Inoltre, i giullari durante i loro spostamenti raccoglievano e diffondevano le notizie, svolgendo quindi un importante ruolo sociale.[3] D'altra parte, l'accoglienza che veniva loro riservata non sempre era benevola: in alcuni casi erano soggetti a bandi e invettive (la Chiesa durante tutto il Medioevo condannò più volte l'attività dei giullari), ma in altri luoghi erano incaricati ufficialmente di diffondere notizie.[4]

Generi della poesia giullaresca

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Molti erano i generi utilizzati, così come molte erano le forme metriche (sesta rima, ottava narrativa, strofa di ballata, ottava siciliana tetrastica etc.). Spesso i componimenti venivano recitati o cantati in piazza dall'autore o da canterini professionisti in occasione di danze pubbliche. Vari erano anche i temi: la serenata, l'alba (il commiato degli amanti alla fine della notte), la malmaritata (la donna si lamenta del marito), il colloquio tra la giovane che vuole sposarsi e la madre. Non mancavano poi gli argomenti politici o religiosi, come per esempio le polemiche contro gli ordini mendicanti, le lotte tra domenicani e francescani o quelle all'interno dello stesso ordine francescano (tra gli spirituali, più legati alla Regola, e i conventuali). Questi componimenti avevano un fine pratico, facendo propaganda e favorendo la diffusione delle notizie.[5]

Tra i generi più importanti si ricordano i ritmi, i cantari, i monologhi (che venivano mimati) e le ballate (con un ritornello ripreso dai danzatori). Il contrasto nacque e si diffuse in Provenza nella forma della pastorella, che metteva in scena un dialogo tra un cavaliere e una pastorella, rappresentati da più giullari probabilmente travestiti: si trattava di opere raffinate, in cui lo sfondo sensuale era velato dall'eleganza stilistica. Componimenti di questo genere in volgare italiano si devono a Guido Cavalcanti (In un boschetto, fine XIII secolo) e Franco Sacchetti (O vaghe montanine pasturelle, XIV secolo). Il più celebre contrasto è però Rosa fresca aulentissima (prima metà del XIII secolo) di Cielo d'Alcamo.[6] Degni di nota sono anche Matazone da Caligano (XIII secolo), a cui si deve un poemetto satirico sui contadini,[7] e Ruggieri Apuliese (seconda metà del XIII secolo), di cui possediamo vari componimenti: tra questi il più famoso è un vanto, una filastrocca in cui l'autore dice di poter parlare di qualsiasi cosa, poiché conosce tutte le scienze, le arti e i mestieri.[8]

I Memorabili bolognesi

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Vanno infine ricordati i Memorabili bolognesi, cioè i registri dove venivano trascritti gli atti pubblici (come testamenti e contratti) della città di Bologna, nei quali sono state raccolte, tra il 1279 e il 1325, anche varie poesie in volgare. I notai infatti, per evitare che venissero apportate modifiche ai documenti, riempivano gli spazi bianchi con preghiere, sentenze latine o versi, che potevano essere di autori colti (come Guinizzelli, Dante, Cavalcanti) oppure testi anonimi e di carattere popolare. Per questo motivo i Memorabili bolognesi rappresentano la più ampia e importante testimonianza della lirica popolare delle origini.[8]

  1. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, L'età cortese e comunale, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, p. 53.
  2. Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia, Palermo, Palumbo, 1969, p. 29.
  3. Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia, Palermo, Palumbo, 1969, p. 34.
  4. Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia, Palermo, Palumbo, 1969, p. 35.
  5. Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia, Palermo, Palumbo, 1969, p. 33.
  6. Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia, Palermo, Palumbo, 1969, pp. 35-36.
  7. Guido Baldi, Silvia Giusso, Mario Razetti e Giuseppe Zaccaria, L'età cortese e comunale, in Moduli di letteratura, Torino, Paravia, 2002, p. 54.
  8. 8,0 8,1 Giuseppe Petronio, L'attività letteraria in Italia, Palermo, Palumbo, 1969, p. 37.