Le religioni e il sacro/Il sacro/Egizi
Gli Egizi furono un popolo agricolo che, stabilitosi in epoca preistorica nel Delta del Nilo, a partire dal V millennio avviò la costruzione delle prime città e nel IV millennio la prima entità statale organizzata. La civiltà egizia fu fortemente religiosa fin dal primo suo costituirsi. La vita degli uomini, per gli egizi, dipendeva dalle divinità che garantivano vita, giustizia e sopravvivenza dopo la morte. Gli dei dell'Egitto erano essi stessi delle potenze e dovevano la loro esistenza ad un dio primordiale che creò il cosmo, ordinato e regolato, da un caos precedente. La vita per gli egizi era sacra e sottoposta alla salvaguardia divina. Il faraone, il re-sacerdote dell'Antico Egitto, era il custode della vita e dello stesso Egitto. Il faraone era l'intermediario con gli dèi e garante della giustizia e della pace tra gli uomini. Il faraone aveva il dovere di far costruire i templi che non erano luoghi per la celebrazione di culti ad uso degli uomini, ma abitazioni degli dèi che vi risiedevano. I sacerdoti dei culti entravano nei templi con il permesso del faraone. I loro riti garantivano che il cosmo restasse integro, perpetuando ogni giorno la creazione stessa, con i suoi ritmi e le sue fecondità. Durante il rito quotidiano, il sacerdote egizio offriva alla divinità celebrata una statua della dea Maāt[1], simbolo della forza cosmica, della verità e della giustizia. Grazie a questa offerta il sacerdote partecipava alla coesione del cosmo stesso. Il termine con cui gli egizi indicavano la sacralità di Dio o degli oggetti sacri è ḏśr (sublime, sacro, immenso). All'interno dei templi egizi vi era una parte separata in cui potevano entrare solo i sacerdoti di alto rango, questo santuario era denominato naos e accoglieva la statua del dio. Un altro termine utilizzato per indicare la sacralità di un luogo è ouāb [2] che ne indica la purezza, scopo e condizione di un culto anche funerario. Ouāb, puro, deve essere il defunto che deve incontrare Osiride, ouāb deve essere il sacerdote che vuole entrare nel naos.
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ «Il tempio egizio non è una casa di devozione ad uso dei fedeli. È la casa dove abita il dio, presente nel naos tramite la statua. In occasione delle feste, i fedeli si riuniscono sul sagrato. I sacerdoti portano solennemente la statua: il dio viene incontro al suo popolo. Ogni mattina il sacerdote che è in servizio entra nel tempio. In nome del faraone penetra nel naos e vi celebra il culto. È la celebrazione quotidiana compiuta nelle migliaia di templi che perpetuano la creazione e la vita: il movimento del sole, la fecondità degli animali e degli umani, il ritmo delle stagioni e della vegetazione, la piena annuale del Nilo, fonte del miracolo egizio. Nel corso del rituale quotidiano, il sacerdote offre al dio una piccola statua della dea Maāt, il simbolo divino delle leggi e delle azioni, della rettitudine del pensiero e dell'ordine del paese. Grazie a Maāt il culto sviluppa una forza cosmica e spirituale che mantiene la coesione del cosmo e della società.» Julien Ries. L'uomo e il sacro. Milano, Jaca Book, 2007 pag. 439.
Per la centralità della dea nel sistema cultuale egizio: «The feather of Maat (Truth or Justice) also symbolized order, and in those countless temple scenes showing the king presenting to various deities the small figure of the goddess wearing the feather and seated on a basket, the king is both claiming and promising to preserve order on earth on behalf of all the other gods.» in Leonard H. Lesko Egyptian Religion: an Overview in Encylcopedia of Religion vol. 4 pag.2713. NY, MacMillan.
Sempre sulla centralità cultuale della dea: «Il faraone teneva in mano un'immagine simile a una bambola di questa dea, seduta e con una piuma di struzzo sul capo, che veniva ritualmente offerta agli Dèi» in Manfred Lurker Lexicon der Götter und Symbole der alten Ägypter Bern, Scherz Verlag, 1987.
Cfr. Anche Alessia Fassone ed Enrico Ferraris. Maat in "Egitto" Milano, Electa, 2007, pag.130 e segg. - ↑ Il termine ouāb compare molto spesso nelle versioni copte del Vangelo cristiano come sinonimo di "sacro" dove viene preferito al termine greco hagios, acquisendo, nella cultura religiosa copta, il significato di "santità" cristiana. Stesso termine e significato lo si rileva nei testi gnostici di Nag Hammâdi e nei testi copti manichei di Medīnet Mādi.