Le religioni e il sacro/Il sacro/Preistoria

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L'uomo è apparso durante il Paleolitico, all'interno di questo periodo che va, da due milioni di anni a.C. al 9000 a.C., i nostri progenitori vissero un lento e costante sviluppo tecnico, simbolico e culturale. Conosciamo poco del rapporto dell'uomo con il sacro durante il Paleolitico, sappiamo tuttavia che durante il periodo Musteriano (70000 a.C.) l'uomo avvia una pratica di sepoltura rituale[1]. Dal Paleolitico superiore registriamo l'usanza di cospargere di ocra rossa le ossa dei morti. L'ocra rossa, sostituto del sangue, ricopriva il significato di "vita" [2]. L'uomo del Paleolitico superiore viene sepolto con oggetti funerari, usanza che indica una qualche credenza nella vita dopo la morte. Le pitture rupestri del Paleolitico superiore indicano anche che l'uomo di quel periodo aveva delle cognizioni cosmogoniche e conservava delle simobologie delle volte celesti. Tutti elementi che suggeriscono precisi riferimenti di contatto con qualcosa d'altro rispetto alla normale vita quotidiana e quindi con il profano. Almeno da questo periodo si può registrare l'ingresso del "sacro" nella vita dell'umanità e quindi l'inizio dell'homo religiosus[3].

Durante il periodo Mesolitico (9000-4000 a.C.) la pratica di inumazione viene realizzata nella posizione fetale, modalità che indica che la tomba è considerata un uovo pronto a generare nuova vita[4].

Durante il periodo Neolitico (4000-3000 a.C.) l'uomo diventa sedentario e fonda villaggi sempre più organizzati. Si trasforma in agricoltore e quindi inizia a svelare il mistero della fecondità. Le pareti delle tombe iniziano ad essere incise simbolicamente, si iniziano ad innalzare dei monumenti megalitici come il tempio circolare di Stonehenge. I miti religiosi prendono forma: dalla Dea madre[5],la quale indica il posto centrale riconosciuto alla donna in queste culture, ai cicli cosmici alle ierogamie rituali. Le iscrizioni rupestri in Val Camonica evidenziano come l'uomo del Neolitico si rappresenti con le braccia levate al cielo, per poi passare alla formazione di statue-stele di divinità, alle rappresentazioni di danze sacre, ai culti solari[4].

Non siamo in grado di sapere come le diverse culture del Neolitico denominassero l'esperienza del "sacro", non ci è giunta infatti alcuna testimonianza scritta di quelle culture essendo improbabile la nascita di una scrittura in quel periodo. Oggi si discute se le Tavolette di Tǎrtǎria, appartenenti alla Cultura Vinča (VI millennio a.C.) o le iscrizioni su ceramica della civiltà di Harappa (IV millennio a.C.), possano o meno rappresentare le prime forme di scrittura dell'umanità. Ma se da una parte sappiamo che la Cultura Vinča era certamente connessa all'esperienza del "sacro"[6], dall'altra non siamo in grado di interpretare in alcun modo il contenuto delle Tavolette di Tǎrtǎria, come risultano del tutto indecifrabili le iscrizioni della civiltà di Harappa. Le prime informazioni che disponiamo sul modo di denominare il "sacro" risalgono quindi alle civiltà dei Sumeri e degli Egizi risalenti al III e IV millennio a.C.

Note[modifica]

  1. Cfr. Luigi Luca Cavalli-Sforza, Gianluca Bocchi. Le radici prime dell'Europa: gli intrecci genetici, linguistici, storici Milano, Bruno Mondadori, 2001, pag.199. Anche Julien Ries. Il valore del sacro nelle risorse umane. in Opera omnia, vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.355.
  2. Julien Ries. L'uomo e il sacro nella storia dell'umanità Milano, Jaca Book, 2007, pag.606.
  3. Il primo studioso ad utilizzare questo termine fu Gerardus van der Leeuw (1890-1950) nella sua opera Phänomenolgie der Religion del 1933. Per una panoramica sul tema cfr.: Homo religiosus et expérience du sacré in Relìgiosité, religions et identités religieuses (a cura di P. Million) Congrés de Grenoble, Grenoble 1998, pagg.171-91.
  4. 4,0 4,1 Julien Ries. Il valore del sacro nelle risorse umane. in Opera omnia, vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.356.
  5. Julien Ries. Il valore del sacro nelle risorse umane. in Opera omnia, vol. II. Milano, Jaca Book, 2007, pag.355.
  6. Cfr. Luigi Luca Cavalli-Sforza, Gianluca Bocchi. Le radici prime dell'Europa: gli intrecci genetici, linguistici, storici Milano, Bruno Mondadori, 2001, pag.93.