Ebraicità del Cristo incarnato/Introduzione 3
Il Sommo Sacerdote come forma di Dio
[modifica | modifica sorgente]Introduzione
[modifica | modifica sorgente]Nell'ultimo capitolo, ho dimostrato uno dei modi in cui un ebreo che viveva nel primo secolo dell'era volgare avrebbe immaginato che una parte di Dio potesse materializzarsi in forma umana. In particolare, ho esplorato il modo in cui il filosofo ebreo alessandrino Filone del I secolo presenta l'afflato di Dio mentre entra nelle anime degli esseri umani creati e funziona da agente tramite cui gli umani possono prendere parte alla divinità. Ho quindi mostrato come Mosè operi da esempio principale per Filone.
In questo capitolo, sposto la mia attenzione e propongo diversi modi con cui gli antichi ebrei immaginavano Dio in forma corporea. In particolare,esamino come essi presentino il Sommo sacerdote ebreo nei loro scritti. A tal fine, esamino tre autori ebrei che hanno scritto le loro opere intorno al volgere dell'era volgare – Flavio Giuseppe, l'autore di 11Q Melch e Filone – ed esploro come si intersecano le loro rappresentazioni idealizzate del Sommo sacerdote, le figure storiche che hanno ricoperto questo ruolo e le opinioni greco-romane sulla divinità che influivano sul modo in cui questi antichi ebrei presentavano il loro Sommo sacerdote.
Metto in evidenza questi esempi relativi al Sommo sacerdote ebreo perché complicano il modo in cui gli antichi ebrei immaginavano che il Dio di Israele potesse personificarsi. Le loro visioni dell'incarnazione divina non sono certamente monolitiche. In un caso, sono le vesti del Sommo sacerdote, e non la persona stessa, che lo collegano alla divinità suprema di Israele. Questa non è una vera forma di incarnazione divina perché l'essere umano che indossa queste somme vesti sacerdotali rimane intoccato. Includo questo esempio insieme agli altri perché, riuniti, illuminano il modo in cui gli antichi ebrei consideravano il Sommo sacerdote come il locus in cui l'Altissimo Dio di Israele e gli esseri umani potevano connettersi. Gli esempi rivelano anche la riverenza che questi antichi ebrei avevano per la suprema divinità di Israele. Come ho già accennato nel Capitolo II, questi ebrei consideravano l'Ineffabile e Altissimo Dio di Israele come completamente distinto da tutte le altre realtà.
Il significato di queste osservazioni per la mia più ampia argomentazione è che anche nel caso del Vangelo di Giovanni, Gesù viene presentato come l'incarnazione del λόγος (cioè ὁ λόγος σὰρξ ἐγένετο, cfr. Giovanni 1:14) e non della suprema divinità di Israele (ὁ θεός, noto anche come ὁ πατὴρ). In questo modo, l'autore giovanneo, come altri ebrei del I secolo, dimostra la massima riverenza per la più alta divinità di Israele, mentre allo stesso tempo presenta un modo in cui questo Dio poteva connettersi, e alla fine incarnarsi, nella forma umana.
Comincio esplorando il modo in cui gli storici greco-romani recenti hanno ribaltato ipotesi di lunga data sulla divinità dell'imperatore. Quindi traccio queste nozioni riportandole sopra le antiche concezioni ebraiche del Sommo sacerdote. Poi indago su come, verso gli inizi dell'era volgare, molti ebrei avessero sottolineato simili concezioni di divinità. Nel primo caso studio, seleziono un brano dalle Antichità 11.302–345 di Flavio Giuseppe per mostrare come egli elabori una polemica intenzionale contro le credenze greco-romane sulla divinità dell'imperatore per suggerire invece che il Sommo sacerdote ebreo era la vera manifestazione di Dio sulla terra. Nel secondo caso studio, dimostro con il Rotolo di Melchizedec (11Q13) come un altro autore ebreo impieghi una serie di interpretazioni tipo pesher (ebr. פשר) delle Scritture per fondere le azioni del Sommo sacerdote con quelle di Dio. Infine, nel terzo caso studio, esploro una serie di testi tratti da Filone di Alessandria, in cui Filone rende la posizione del Sommo sacerdote ebreo nella gerarchia divina più vicina al Dio supremo di Israele. Insieme, queste testimonianze rivelano come, per molti autori ebrei intorno al I secolo e.v., la compartecipazione del Sommo sacerdote alla divinità di Dio lo rese sia divino sia un locus per la presenza di Dio sulla terra.
Per approfondire, vedi Biografie cristologiche. |