Vai al contenuto

Ebraicità del Cristo incarnato/Introduzione 4

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Indice del libro
Ingrandisci
"Gesù Cristo", incisione secondo Guido Reni, ca. 1680

Implicazioni di genere nell'incarnazione divina

[modifica | modifica sorgente]

Introduzione

[modifica | modifica sorgente]

Nel Capitolo precedente, ho proposto diversi modi in cui gli antichi scrittori ebrei immaginavano Dio in forma corporea, in particolare attraverso la figura del Sommo sacerdote ebreo. Insieme al Capitolo III, quindi, questi due capitoli hanno esaminato i modi in cui gli ebrei, che vivevano verso l'inizio dell'era volgare, vedevano l'umanità come un locus per l'incarnazione di Dio (o una parte di Dio) sulla terra. In questo Capitolo sposto la mia attenzione ad indagare sul modo in cui gli scrittori ebrei in quel periodo della storia consideravano specifici attributi divini di Dio come mezzo attraverso il quale la presenza di Dio poteva manifestarsi sulla terra.

Nello specifico, questo capitolo esplora come e fino a che punto la Sapienza (Σοφία) divina, di seguito spesso descritta con il suo epiteto greco Sofia, possa aver funzionato come una rappresentazione incarnata di Dio per gli scrittori ebrei che erano vivi e attivi nel I secolo e.v. Di particolare mio interesse sono le implicazioni di genere dell'incarnazione della Sapienza. Fino a questo punto della storia, Sofia era sempre stata interpretata in un modo percepito come non-maschile nella tradizione antica di Israele. Perché allora questi scrittori ebrei del I secolo l'avrebbero presentata in un modo più mascolino? Molto spesso, gli antichi concepirono il Dio di Israele come maschio,[1] e impiegarono articoli e pronomi maschili per delimitare chi e che cosa fosse il Dio di Israele. Quindi, in tutto questo Capitolo chiedo: come mai nel primo secolo e.v. alcuni scrittori ebrei arrivarono a suggerire che una figura che era stata interpretata in precedenza non-maschile poteva incarnare la presenza di una divinità maschile nel mondo creato? La femminilità di Sofia non era forse un affronto al Dio mascolino di Israele?

Affrontando questo problema, Jane Webster ha suggerito che gli antichi autori ebrei distinguevano tra "le nozioni di Dio e Sofia", e che quindi la "femminilizzazione della sapienza" non "interferiva con la nozione tradizionale di un Dio maschio di Israele".[2] Tuttavia, questa argomentazione non può valere per i due autori principali che indagherò in questo capitolo, vale a dire l'autore della Sapienza di Salomone e Filone di Alessandria, perché per entrambi – nonostante lo stato minore di Sofia nella gerarchia divina (vedi Capitolo II) – costituiva una componente essenziale dell'identità del Dio d'Israele,[3] e la posizionavano verso l'estremità maschile della gamma del genere. Ciò rese più facile per quella che era stata precedentemente presentata come una figura femminile, incarnare la presenza del Dio maschile di Israele nel mondo materiale che Dio aveva creato.

Per dimostrare questi punti, questo Capitolo si concentra principalmente sui due autori ebrei del I secolo che ho menzionato sopra, ma inserisco le loro concezioni di Sapienza (חכמה)/Sofia (σοφία) all'interno della più ampia traiettoria di come le persone attraverso tutta la tradizione di Israele, dai tempi antichi fino al I secolo e.v., interpretavano il rapporto tra Saggezza e Dio di Israele.[4] Filone e l'autore della Sapienza di Salomone erano contemporanei. Entrambi non solo composero le loro opere in greco,[5] ma furono entrambi attivi anche nella stessa antica città, Alessandria d'Egitto, a metà del primo secolo e.v.[6] L'ambiente alessandrino, impregnato di tendenze filosofiche greche, che privilegiavano la mascolinità sulla femminilità, si rivelò determinante nel far sì che questi due rispettivi autori presentassero Sofia in modi più mascolini. Tuttavia, poiché anche altri scrittori ebrei quasi contemporanei, come l'autore del Vangelo di Giovanni,[7] di cui indagherò più a fondo nel Capitolo VI, sottendono le azioni e gli attributi di Sofia alla figura maschile di Gesù, questo fenomeno sembra non essere stato limitato ad Alessandria ma esteso anche ad altre aree della diaspora ebraica.[8]

Per esplorare la rappresentazione di genere della Sapienza da una prospettiva diacronica, nella prima parte di questo Capitolo faccio un passo indietro e guardo come la Sapienza fu presentata in modi decisamente femminili durante la tradizione di Israele fino al I secolo e.v. Da lì, nella seconda e terza parte, esamino come l'autore della Sapienza di Salomone e Filone collocano Sofia ulteriormente nella direzione della mascolinità. I due adottano strategie diverse, ma ognuno presenta efficacemente Sofia come incarnazione della divinità maschile di Israele, spesso materializzata all'interno di specifici esseri umani. Mentre il primo raffigura Sofia in una varietà di ruoli maschili, femminili e altri ruoli che suggeriscono un continuum dinamico di genere con Sofia che occupa il centro dello spettro, il secondo la mascolinizza completamente in modo che funzioni come pedagogo dell'umanità. Come pedagogo, Sofia istruisce gli umani a diventare sempre più mascolini/virili al fine di avvicinarsi più facilmente al Dio supremo (e maschio) di Israele. L'effetto netto ottenuto da entrambi gli autori è che la Sapienza – nel suo stato incarnato – è in grado di funzionare meglio come divinità maschile di Israele nel mondo femminile che Dio ha creato.

Per approfondire, vedi Biografie cristologiche.
  1. Nella vasta maggioranza delle volte, la Bibbia ebraica presenta il Dio di Israele come maschio. Tra le eccezioni, tuttavia, notiamo Esodo 19:4; 34:6; Numeri 11:12; Deut. 32:11; Nee. 9:20–21; Giobbe 38:8, 29; Osea 11:3-4, 8–9; Isaia 27:11; 42:14; 43:1; 45:10-11; 46:3-4; 49:15; 66:7-9, 12-13. Cfr. Carol Meyers, "Female Images of God in the Hebrew Bible", in Women in Scripture: A Dictionary of Named and Unnamed Women in the Hebrew Bible, the Apocryphal/Deuterocanonical Books, and the New Testament, curr. Carol Meyers, Toni Craven e Ross S. Kraemer (Boston & New York: Houghton Mifflin Company, 2000), 525-528. Per eccezioni nei libri deuterocanonici, si vedano: 2 Esd 1:15-30; 2:2-4; 8:8-12, anche Walter J. Harrelson, "Female Images of God in the Apocryphal/Deuterocanonical Books", in Women in Scripture: A Dictionary of Named and Unnamed Women in the Hebrew Bible, the Apocryphal/Deuterocanonical Books, and the New Testament, curr. Carol Meyers, Toni Craven, Ross S. Kraemer (Boston & New York: Houghton Mifflin Company, 2000), 524–525. Per esempi di testi paleocristiani che raffigurano Dio come madre, o Dio che nutre i suoi figli neonati, cfr. Ireneo, Adversus haereses 4.38.1, Odi di Salomone 19, Clemente Alessandrino, Paidagogos 1.6.43; 1.6.45, come anche i commentari di tali testi in Patricia Cox Miller, cur. Women in Early Christianity: Translations from Greek Texts (Washington, D.C.: Catholic University of America Press, 2005), 307–315.
  2. Jane S. Webster, "Sophia: Engendering Wisdom in Proverbs, Ben Sira, and the Wisdom of Solomon", JSOT 78 (1998): 63–79, partic. 78.
  3. Considero Sofia una componente essenziale dell'identità del Dio di Israele, ma questo tema è stato a lungo dibattuto, specialmente in merito alla Sapienza di Salomone. James Crenshaw, per esempio, pensa che Sofia in Sapienza di Salomone vada "oltre la personificazione dell'ipostasi; diventa una manifestazione di Dio agli esseri umani, un'emanazione di attributi divini". Si veda James Crenshaw, Old Testament Wisdom: An Introduction (Atlanta: John Knox Press, 1981), 176. In contrasto, Roland E. Murphy la descrive come una personificazione a causa dei vincoli del monoteismo ebraico. Cfr. Roland E. Murphy The Tree of Life: An Exploration of Biblical Wisdom Literature. II ediz. (Grand Rapids: Eerdmans, 1996), 94, 133-34, 142-145.
  4. Quando gli ebrei del periodo del Secondo Tempio inziarono ad usare il greco come loro lingua principale, la Sapienza (חכמה) della Bibbia ebraica cominciò ad esser descritta con l'epiteto Sofia (σοφία). Ciò non vuol dire che le due figure siano sinonime. Piuttosto, in questo Capitolo sottolineo i vari cambiamenti diacronici subiti dalla figura חכמה/σοφία nel tempo. Pertanto, quando descrivo tale figura, uso gli epiteti "Sapienza (חכמה)" e "Sofia (σοφία)".
  5. Filone compose le sue opere in greco e quelle da me scelte in questo studio sono tutte conservate in tale lingua. Si vedano Torrey Seland, "Philo of Alexandria: An Introduction" in Reading Philo: A Handbook to Philo of Alexandria (cur. Torrey Seland; Grand Rapids: Eerdmans, 2014), 3–16, partic. 3; Schenck, A Brief Guide to Philo, 9–11. Parimenti, La Sapienza di Salomon è stata tramandata in greco e la maggioranza degli studiosi è d'accordo che il greco fu la lingua originale della sua composizione. Cfr. Michael Kolarcik, The Book of Wisdom: Introduction, Commentary, and Reflections, NIB, 5 (Nashville: Abingdon Press, 1997), 435–600, part. 437–38; Nancy J. Van Antwerp, "Sophia: The Wisdom of God", Journal of Theta Alpha Kappa 31.1 (2007): 19–32, part. 20; Murphy, Tree of Life, 84.
  6. Gli studiosi tipicamente datano la vita di Filone da c.20 p.e.v. a c.50 e.v., ma tali date sono solo stime. Si vedano Seland, "Philo of Alexandria", 4–5; Schenck, A Brief Guide to Philo, 9; Sterling, "Philo of Alexandria Commentary Series", ix; Runia, Philo of Alexandria, 3 n. 3. La datazione de La Sapienza di Salomoneè un po' più complessa. Deborah Dimant, "Pseudonymity in the Wisdom of Solomon", in N. Fernández Marcos, cur. La Septuaignta en la Investigación Contemporánea (V Congreso De la IOSCUS; Madrid: Instituto "Arias Montano" C.S.I.C., 1985), 243–55, ha proposto una datazione nel primo secolo p.e.v.. Si vedano anche Crenshaw, Old Testament Wisdom, 174; Murphy, Tree of Life, 83. Tuttavia, molti studiosi collocano la composizione del libro verso il primo periodo romano, dopo che Ottaviano aveva stabilito l'egemonia romana su Alessandria. Quindi una data tra il c.30 p.e.v. ed il 70 e.v. è alquanto probabile. Cfr. Collins, Jewish Wisdom in the Hellenistic Age, 179; Kolarcik, Book of Wisdom, 438–40; David Winston, The Wisdom of Solomon. AB 43 (New York: Doubleday, 1979), 20–25. Winston, in particolare, sostiene con convinzione che trentacinque parole grech presenti nel testo non si verificarono prima del I secolo e.v.
  7. Seguendo Raymond E. Brown S.S., colloco la forma finale del Vangelo di Giovanni tra 90-110 e.v. e ne presumo la provenienza dall'Asia Minore. Cfr. An Introduction to the Gospel of John, 199–215.
  8. Per una discussione sull'importanza della Cristologia Sapienzale per il Vangelo di Giovanni, cfr. Daniel Boyarin, Borderlines, 93–105; Sharon H. Ringe, Wisdom’s Friends: Community and Christology in the Fourth Gospel (Louisville: Westminster John Knox Press, 1999); Elisabeth Schüssler Fiorenza, Jesus, Miriam’s Child, Sophia’s Prophet: Critical Issues in Feminist Christology (New York: Continuum, 1994), 131–139, 150–154; Ben Witherington, III, Jesus the Sage. The Pilgrimage of Wisdom (Minneapolis: Fortress Press, 1994), 368–380; Martin Scott, Sophia and the Johannine Jesus. Journal for the Study of the New Testament Supplement Series 71 (Sheffield: JSOT Press, 1992).