Storia della filosofia/Ellenismo
Il tramonto della polis e la nascita dei regni ellenistici trasformano il mondo greco. Atene perde la sua centralità culturale in favore di Alessandria d'Egitto, mentre la cultura greca si diffonde su un territorio molto vasto che va dall'Europa all'Asia al Nord Africa, fondendosi con le culture di popoli tra loro diversi. Questa nuova situazione politica, sociale e cultura avrà ripercussioni anche sullo sviluppo della filosofia di questo periodo.
Contesto storico
[modifica | modifica sorgente]La Macedonia di Filippo II
[modifica | modifica sorgente]La Macedonia è una regione a nord della Tessaglia, che fu unificata nel 358 a.C. dal re Filippo II. Questi nel 356 mosse guerra contro i focesi, appoggiati da Atene e Sparta, e dopo una vittoriosa campagna conquistò Potidea, Metone, Stagira e Olinto. Nel 352 annetté la Tessaglia e nel 348 istigò l'Eubea a staccarsi da Atene. Infine nel 346 la Pace di Filocrate segnò la tregua tra Atene e la Macedonia, che successivamente sconfisse i focesi ed entrò nell'Anfizionia Delfica. Nel 342-343 Filippo si mosse alla conquista della Tracia, mentre ad Atene si consumava lo scontro tra gli oppositori alla Macedonia (guidati dal retore Demostene, autore delle Filippiche) e chi invece sosteneva la necessità di fare fronte comune con il sovrano contro la Persia (posizione espressa da Isocrate). Nel 340 fu quindi creata una Lega ellenica per contrastare le ingerenze di Filippo sulla regione. Questi inflisse una dura sconfitta ai Greci nella battaglia di Cheronea del 338 a.C. Filippo assunse quindi il patronato della Lega di Corinto, nata nel 337 a.C., che riuniva tutte le città greche eccetto Sparta.
L'impero di Alessandro
[modifica | modifica sorgente]Nel 336 a.C. Filippo fu assassinato. Gli succedette il figlio Alessandro III, che per le sue imprese sarebbe divenuto celebre come Alessandro Magno. Ancora ventenne, Alessandro si era già messo in luce come comandante durante la battaglia di Cheronea. Appena salito al trono si assicurò dalle aggressioni dei Traci e degli Illiri, e sedò le rivolte in Grecia (Tebe fu rasa al suolo). Nel 334 a.C. partì quindi alla conquista della Persia, a cui inflisse una dura sconfitta nel 333 nella battaglia di Isso. In seguito sottomise la Siria, l'Egitto e la Mesopotamia, prima di sconfiggere definitivamente i Persiani a Gaugamela nel 331 a.C. ed essere acclamato re dell'Asia, facendo ingresso trionfale nelle città di Babilonia e Susa. Dopo avere assunto il controllo della Persia orientale, si sposta in Sogdiana e successivamente compie una spedizione in India, raggiungendo le foci del fiume Indo. Tornato a Babilonia, il sovrano muore improvvisamente, a soli trentatré anni, nel 323 a.C.
Dopo avere conquistato la Persia, Alessandro aveva adottato presso la sua corte le usanze regali persiane, che consideravano il sovrano al pari di un dio, a cui si doveva un atto di prosternazione (proskynesis). Era questo però un atteggiamento mal visto dai membri del suo entourage di cultura greca. Alessandro aveva inoltre attuato una politica di fusione, anche attraverso matrimoni misti, della classe dirigente macedone con quella persiana. Allo stesso tempo, le conquiste del sovrano avevano fatto sì che la cultura greca si diffondesse in Oriente. Questo avvenne grazie principalmente agli scambi commerciali, per i quali entrò in uso una lingua comune, la koiné, che si basa su un fondo greco su cui erano innestate parole orientali e neologismi (principalmente termini tecnici e scientifici).
I regni ellenistici
[modifica | modifica sorgente]Alla morte di Alessandro, in assenza di eredi legittimi, si scatenarono dure lotte per la successione tra i suoi luogotenenti, detti Diadochi. Seguirono anni di sanguinose battaglie, che terminarono alla fine del IV secolo a.C. con la formazione di tre monarchie: la Macedonia fu governata dagli Antigonidi, l'Asia anteriore dai Seleucidi e l'Egitto dai Tolomei. Quest'ultimo in particolare fu lo Stato ellenistico più fiorente, anche dal punto di vista culturale: nella città di Alessandria sorse il Museo con la sua celebre biblioteca, importante luogo di raccolta dei manoscritti antichi e principale centro culturale del Mediterraneo fino all'avvento dei Romani (30 a.C.).
In una prima fase (304-220 a.C.) le tre monarchie ellenistiche mantennero un sostanziale equilibrio tra di loro. Più tardi, nella seconda metà del III secolo a.C., si affacciarono segnali di crisi, che portarono al tramonto dell'ellenismo. Questo fu favorito dalla comparsa di una nuova protagonista, Roma, che divenne nuova potenza egemone in tutto il Mediterraneo.
L'ascesa di Roma e la fine dell'ellenismo
[modifica | modifica sorgente]Dopo la vittoria sui Cartaginesi nella seconda guerra punica (218-201 a.C.), Roma estese il suo dominio su tutto il Mediterraneo. Nel 200 a.C. Rodi, Atene e Pergamo chiesero aiuto a Roma per contrastare le mire espansionistiche di Filippo V di Macedonia. La battaglia di Cinocefale del 197 a.C. e la vittoria dei Romani portarono alla rinuncia, da parte di Filippo V, a ogni pretesa sulla Grecia. Nel 196 a.C. Flaminino proclamò ufficialmente la libertà delle città greche. Intanto i romani guardavano anche a Oriente, su cui stabilirono il loro controllo dopo avere sconfitto Antioco III ad Apamea nel 188 a.C.
La politica romana nei confronti della Grecia cambiò in seguito alla terza guerra macedonica (171-168 a.C.), scoppiata quando Perseo, figlio di Filippo V, tentò di riprendere il controllo della regione. Sconfitto a Pidna, fu fatto prigioniero e dovette accettare che la monarchia macedone venisse smembrata. Dopo un'ulteriore rivolta, la Macedonia divenne provincia romana. La Grecia fu spogliata di molte delle sue ricchezze e la città di Corinto fu distrutta in seguito a una rivolta della Lega achea, i cui territori passarono sotto il controllo della provincia di Macedonia. Nel 133 a.C., infine, Attalo III morì e lasciò in eredità il suo regno ai Romani, che nel 129 a.C. divenne la nuova provincia d'Asia.
Dopo la battaglia di Pidna (168 a.C.) l'influenza dei modelli provenienti dalla Grecia si fece più forte, grazie anche all'opera del circolo scipionico, un gruppo di nobili che promossero interessi culturali, filosofici e letterari di orientamento ellenico. Il circolo diede supporto, per esempio, al filosofo Panezio da Rodi e allo storico Polibio, che arrivò a Roma come ostaggio di guerra. Il greco divenne sempre più la lingua culturale e filosofica per eccellenza, mentre il latino fu usato come lingua dell'amministrazione. La storiografia pone come data di termine dell'ellenismo il 31 a.C., anno in cui Roma si assicurò il dominio dell'Egitto. Nel 27 a.C. Ottaviano trasformava la repubblica romana in un impero.
La cultura ellenistica
[modifica | modifica sorgente]La fine della polis
[modifica | modifica sorgente]L'impresa di Alessandro Magno trasformò profondamente il mondo greco. Un primo fattore è il crollo della polis, iniziato già durante il regno di Filippo II. Ma mentre il padre ne aveva rispettando le strutture politiche e aveva cercato di piegarle alle sue mire di potenza, Alessandro spazzò via l'autonomia delle città-stato e impose una monarchia centralizzata in cui il sovrano, secondo la foggia orientale, veniva divinizzato. Questa situazione proseguì anche dopo la sua morte, quando il suo vasto impero fu al centro delle contese tra i suoi generali. Scompariva così l'insieme di valori da cui erano scaturite opere come La Repubblica di Platone e la Politica di Aristotele.[1] A questo si deve aggiungere che i regni ellenistici sorti dopo la morte di Alessandro furono estremamente instabili: dopo la polis, la cultura greca non fu in grado di creare una struttura politica solida e moralmente forte.
Se prima l'orizzonte politico e morale era delimitato dai confini della polis, per cui ogni uomo era tale in quanto cittadino, ora che questi valori sono venuti meno, gli individui sono passati allo stato di sudditi e non vengono coinvolti nelle decisioni dello stato. Messe da parte le antiche virtù civiche, il funzionario di stato diventa un professionista dell'amministrazione e il soldato è un mercenario stipendiato. In questo contesto, lo stato diventa qualcosa di lontano e indifferente alla vita degli uomini.[2]
Una cultura cosmopolita
[modifica | modifica sorgente]In questo nuovo contesto i filosofi adottarono un atteggiamento cosmopolita, che considerava tutto il mondo come un unico stato. I rapporti sempre più labili tra stato e sudditi fecero sì che gli uomini iniziassero a pensare a se stessi come individui, il cui unico scopo era l'autoaffermazione. Diventano importanti doti come l'intraprendenza e l'audacia personale. Questo ha importanti riflessi nella filosofia: per la prima volta l'etica diventa una scienza a sé, separata dalla politica e fondata invece sull'uomo come tale.[3]
La nascita dell'impero di Alessandro Magno portò anche alla fine della distinzione tra Greci e barbari (cioè i non Greci). Il sovrano macedone tentò infatti di fondere la componente greca del suo seguito con i popoli conquistati, portando avanti un processo di ellenizzazione. Cadde anche l'idea che tra gli uomini esistessero differenze «di natura»: i filosofi accettarono l'esistenza della schiavitù come fenomeno storico, ma ne contesteranno l'esistenza a livello teoretico. Epicuro per esempio aprì le porte della sua scuola alle donne e trattò con familiarità gli schiavi, mentre lo stoicismo affermerà che l'unica vera schiavitù è quella dell'ignoranza.[4]
Questa nuova cultura ellenica, diffusa su un territorio così ampio e abitato da popoli diversi, risentì fortemente dell'influenza di elementi orientali. Principali centri di cultura furono Pergamo, Rodi e soprattutto Alessandria d'Egitto, dove i sovrani Tolomei fecero erigere il Museo e la celebre biblioteca. Quest'ultima divenne una calamita per gli intellettuali provenienti dalle diverse parti dell'ex impero di Alessandro, importante luogo di confronto e di scambio culturale.[5]
Caratteri delle filosofie ellenistiche
[modifica | modifica sorgente]Le scuole filosofiche ellenistiche intesero la filosofia come saggezza pratica. Nel fare ciò era però inevitabile confrontarsi con Socrate. I filosofi ellenistici criticavano i costrutti metafisici di Platone, giudicandoli lontani dal pensiero socratico, ma prendevano le distanze anche dalle posizioni dei socratici minori, accusati di avere eliminato ogni elemento logico e ontologico. I filosofi di questo periodo tentarono quindi di collocarsi su posizioni mediane tra queste due considerate estreme.[6]
Si diffuse inoltre un nuovo ideale di saggio, inteso come portatore di tutte le virtù essenziali per essere felici: in questo senso, il saggio è l'uomo felice al massimo grado, che nulla ha da invidiare agli dèi.[7] L'ideale di vita proposta dalle filosofie ellenistiche si rifà a virtù che l'uomo può attingere da se stesso. Diventa dominante l'idea dell'autarchia, del bastare a se stessi, intesa come capacità di trovare in sé il supporto morale di cui si ha bisogno.[8] Altro concetto chiave è quello di atarassìa: l'uomo è felice solo se raggiunge la pace interiore, cioè è in grado di eliminare ogni turbamento dell'animo.[7]
Come vedremo, questi concetti verranno poi affrontati in modi diversi dalle scuole di questo periodo, e principalmente l'epicureismo, lo stoicismo, il cinismo e lo scetticismo. Ci soffermeremo anche sugli esiti dell'Accademia platonica e del Liceo aristotelico dopo la morte dei loro fondatori.
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, vol. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987, pp. 5-6.
- ↑ Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, vol. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987, p. 7.
- ↑ Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, vol. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987, pp. 8-10.
- ↑ Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, vol. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987, pp. 10-11.
- ↑ Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, vol. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987, pp. 11-12.
- ↑ Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, vol. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987, p. 14.
- ↑ 7,0 7,1 Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, vol. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987, p. 17.
- ↑ Giovanni Reale, Storia della filosofia antica, vol. 3, Milano, Vita e Pensiero, 1987, p. 16.