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Storia della letteratura italiana/Federico De Roberto

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Storia della letteratura italiana

Un altro esponente di spicco del Verismo, anche se in vita non godette di grande fortuna, fu Federico De Roberto, ricordato soprattutto per la sua opera più famosa, I Viceré. Fu autore di opere influenzate dalla poetica verghiana e di romanzi di analisi psicologica.

Federico De Roberto

Nacque a Napoli il 16 gennaio 1861, da Federico senior, ex ufficiale di stato maggiore del Regno delle Due Sicilie e dalla nobildonna di origini catanesi, ma nata a Trapani, Marianna Asmundo.[1]

Si trasferì con la famiglia a Catania nel 1870 dopo aver subito giovanissimo la dolorosa perdita del padre, travolto da un treno sui binari della stazione di Piacenza. Da allora, salvo una lunga parentesi milanese e una più breve a Roma, Federico visse all'ombra, gelosa e possessiva, di donna Marianna.[2]

A Catania si iscrisse all'Istituto tecnico "Carlo Gemmellaro", quindi frequentò il corso di scienze fisiche, matematiche, naturali all'università: ebbe pertanto una prima formazione scientifica, alla quale affiancò presto l'interesse per gli studi classici e letterari, allargando la sua cultura al latino.

Il suo esordio letterario avvenne con il saggio Giosuè Carducci e Mario Rapisardi. Polemica, pubblicato a Catania dall'editore Giannotta nel 1881. Fu presto conosciuto negli ambienti intellettuali per la sua attività di consulente editoriale, critico e giornalista sulle pagine di due settimanali che uscivano a Catania e a Roma: il "Don Chisciotte" e il "Fanfulla della domenica". Del primo fu anche direttore dal 1881 al 1882; sul secondo scrisse dal 1882 al 1883 sotto lo pseudonimo di Hamlet.

Per l'editore Giannotta fondò la collana di narrativa dei "Semprevivi" ed ebbe modo di conoscere Capuana e Verga con i quali strinse una salda amicizia. Nel 1883 raccolse in un volume dal titolo Arabeschi, tutti i suoi scritti di arte e letteratura e nel 1884 avviò la collaborazione, utilizzando il suo vero nome, con il Fanfulla della domenica, e tale collaborazione durò fino al 1900.

Un momento importante per la formazione dello scrittore fu l'incontro, durante un soggiorno in Sicilia, con Paul Bourget (1852-1935), in quei tempi molto noto per i suoi studi psicologici e per i suoi romanzi, nei quali analizzava minuziosamente le coscienze tentando di giungere ad una "anatomia morale". Decisivo fu per De Roberto il trasferimento a Milano nel 1888 dove fu introdotto da Verga nella cerchia degli Scapigliati, e conobbe Arrigo Boito, Giuseppe Giacosa e Giovanni Camerana, consolidando sempre più la sua amicizia con lo stesso Verga e Capuana. Nel periodo del suo soggiorno milanese collaborò al "Corriere della Sera" e pubblicò diverse raccolte di novelle e romanzi, fra i quali quello che è considerato il suo capolavoro, I Viceré, nel 1894.

Nel 1897 ritornò a Catania, dove rimase fino alla morte, salvo brevi viaggi. A Catania ebbe un incarico come bibliotecario e visse sostanzialmente appartato e deluso per l'insuccesso della sua opera narrativa. Mentre questa tacque egli indirizzò il suo lavoro intellettuale alla pubblicistica e alla critica, tra i quali si ricordano gli studi su Giacomo Leopardi e soprattutto su Verga che giudicò sempre un suo maestro. Nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale fu interventista.

Alla morte del Verga nel 1922 De Roberto riordinò in modo accurato le opere del grande scrittore ed iniziò uno studio biografico e critico che però rimase interrotto per la sua prematura morte avvenuta a Catania per un attacco di flebite il 26 luglio 1927. Perfino in punto di morte De Roberto non ebbe adeguata considerazione, poiché la sua scomparsa fu oscurata da quella immediatamente successiva (27 luglio) di Matilde Serao.

Sostenitore convinto della poetica naturalista e verista, De Roberto ne applicò rigorosamente i termini, portando alle estreme conseguenze quegli aspetti di impersonalità del narratore e di osservazione rigorosa dei fatti.

Le tecniche narrative di De Roberto sono funzionali alla narrazione impersonale ma diverse da quelle di Verga. Innanzi tutto non è presente la regressione della voce narrante nella realtà rappresentata, è presente invece, come nel Mastro-don Gesualdo, il discorso indiretto libero ma in larga misura la narrazione si fonda sul dialogo e sulla presenza di didascalie descrittive. La narrazione tende a far propria la tecnica teatrale; nella Prefazione ai Processi verbali De Roberto afferma: «L'impersonalità assoluta non può conseguirsi che nel puro dialogo, e l'ideale della rappresentazione obiettiva consiste nella scena come si scrive per il teatro».

Le opere di carattere verghiano

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Dopo il volumetto di poesie Encelado, pubblicato a Catania dall'editore Galatola nel 1887, nacquero le prime raccolte di novelle, La sorte del 1887 e Documenti umani dell'anno successivo, che si muovono da una matrice verghiana, ma con personali e significative scelte. In queste raccolte infatti non è assente la tematica paesana e rusticana, ma l'attenzione dello scrittore si concentra soprattutto sul mondo della nobiltà in disfacimento, sia socio-economico, sia fisiologico e su quello dei nuovi borghesi che cercano di confondersi con l'ambiente dei nobili.

I Viceré e le opere di analisi psicologica

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Seguirono i romanzi di analisi psicologica Ermanno Raeli (1889) e L'illusione (1891), primo del "ciclo" dedicato alla famiglia Uzeda. I personaggi saranno ripresi ne I Viceré (1894), la cui trama include, in ordine cronologico, gli avvenimenti de L'illusione e fa da premessa a quelli de L'Imperio.

In questi romanzi la tematica psicologica e intimistica gioca sull'interiorità dei personaggi e ruota intorno al contrasto tra illusione e realtà, con i conseguenti motivi della nevrosi e delle inibizioni. La tematica psicologica è presente anche nella raccolta di novelle Processi verbali (1889) e ne L'albero della scienza (1890), nei quali verranno però anche ripresi i temi e i metodi veristici.

Pubblicazioni varie

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Negli anni che vanno dal 1892 al 1900 la produzione del De Roberto sarà molto varia, esempio di un itinerario non lineare ma tormentato e complesso, tipico di quegli anni che aveva investito la cultura del positivismo.

Pubblicò infatti il saggio La morte dell'amore nel 1892, L'amore. Fisiologia. Psicologia Morale nel 1895 e nel 1897 il romanzo Spasimo che era apparso a puntate tra il novembre del 1896 e il gennaio del 1897 sul "Corriere" e una monografia su Leopardi del 1898, oltre alle Lettere d'amore immaginarie, Gli amori nel 1898 e i saggi Una pagina della storia sull'amore dello stesso anno, Il colore del tempo nel 1900 e sempre nel 1900 Come si ama.

Quando per condizioni di salute dovette trascorrere lunghi periodi a Zafferana Etnea si dedicò alla compilazione di guide turistiche: Catania, con 152 illustrazioni (Muglia Editore, 1907; Pellicanolibri, 1985).

Nel 1908, dopo un viaggio a Roma, iniziò il romanzo L'Imperio, rimasto incompiuto e pubblicato postumo da Mondadori nel 1929. Dopo la prima guerra mondiale scrisse una serie di racconti di guerra, tra cui La paura, Rifugio, La retata, Ultimo voto.[3]

Le lettere d'amore a Ernesta Ribera

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La storia di un amore segreto dello scrittore è interamente conservato in un epistolario rimasto inedito per quasi un secolo,[4] fra il De Roberto trentaseienne e la trentunenne Ernesta Valle, gentildonna residente a Milano, assidua habitué di elitari salotti (da Vittoria Cima a donna Virginia dei Borromeo, alla stessa Ernesta), moglie dell'avvocato siciliano, Guido Ribera. Fra sotterfugi, stratagemmi, astuzie, la corrispondenza si snoda dal 1897, periodo in cui iniziò la sua collaborazione al Corriere della Sera, fino al 1916: un carteggio che permette di seguire passo passo le tappe dell'itinerario scrittorio di De Roberto, negli anni più tormentati della stagione milanese, penetrando la sua officina nascosta, nella camera oscura dell'ispirazione, svelando progetti, fervori, traguardi, e soprattutto ansie, inquietudini, sconfitte.

  1. Marianna Asmundo nacque il 6 febbraio del 1835 a Trapani, dove il padre era Capitano del Genio: Salvatore Mugno, Federico De Roberto. L'influenza di mamma trapanese, «La Sicilia» (Catania, ed. di TP), 18 ottobre 2008, dove viene riportato un ampio stralcio dell'Atto di nascita della stessa.
  2. A. Di Grado, La vita, le carte, i turbamenti di Federico De Roberto, gentiluomo, 1998, seconda edizione 2007
  3. Per un approfondimento, cfr. la librografica su De Roberto: http://tg24.sky.it/tg24/spettacolo/infografica/2014/02/03/federico_de_roberto_la_paura_e_altri_racconti_della_grande_guerra_edizioni_eo.html
  4. Federico De Roberto e Ernesta Valle, Si dubita sempre delle cose più belle. Parole d'amore e di letteratura, a cura di Sarah Zappulla Muscarà e Enzo Zappulla, Milano, Bompiani, 2014. ISBN 978-88-58-76854-9

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