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Interpretazione e scrittura dell'Olocausto/Austria

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Indice del libro
"Concentration Camp 1", di Berta Rosenbaum Golahny
"Concentration Camp 1", di Berta Rosenbaum Golahny


Austria

Introduzione

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Alla fine degli anni ’80, con l'imminente cinquantesimo anniversario dell'Anschluss, i drammi sulla guerra e l'Olocausto abbondavano. Il presidente Kurt Waldheim, ex segretario generale delle Nazioni Unite, il 1° gennaio 1988 tenne un discorso prima dell'anniversario affermando che il razzismo aveva trovato terreno fertile in Austria durante la guerra. Si astenne dall'enfatizzare l'aspetto ebraico ed esortò: "Teniamoci lontani dalla xenofobia e dall'intolleranza."[1] Entro febbraio, tuttavia, dopo l'exposé su Der Spiegel del coinvolgimento di Waldheim in interrogatori, torture e trasporto di oltre 4.000 persone dai Balcani, il passato dimenticato dell'Austria riaffiorò con gran costernazione degli stessi austriaci.[2] Le arti riflettevano l'attualità del momento ma, a parte Thomas Bernhard, la maggior parte degli scrittori che esaminavano l'Olocausto non erano austriaci e gli austriaci non erano interessati al passato nazionalsocialista del loro paese.

Un mix di nazionalità costituiva l'ambiente artistico di Vienna negli anni ’80. Più che mai, ci fu un sostanziale scambio di artisti tra Germania e Austria, illustrato dalla nomina del regista tedesco Claus Peymann al Burgtheater. Il Burgtheater, a tutti gli effetti, è il teatro nazionale austriaco. Inoltre, Vienna, centro pre-bellico dell'intrattenimento ebraico, vide artisti ebrei ancora una volta dominare i suoi palcoscenici con l'arrivo di George Tabori e Peter Sichrovsky. Diventa quindi difficile delineare le identità e i confini nazionali in Austria alla fine degli anni ’80, specialmente quando viene preso in considerazione Thomas Bernhard, lo scrittore che non fece alcuna distinzione tra le due Heimat tedesche. Altri, come George Tabori, negarono di avere un'identità nazionale: "Io non ho nessun paese d'origine. Non mi piace quella parola."[3]

Nel 1987 Tabori rilevò una sede marginale a Vienna ribattezzandola "The Circle". Vi lavorò con un piccolo numero di attori usando la meditazione, la ginnastica e un misto di stili di recitazione. Era stato esposto allo stile emotivo del "metodo" durante il suo periodo all'Actors Studio a New York con Lee Strasberg, ma aveva anche una profonda ammirazione per il teatro epico di Brecht. Le sue opere teatrali, quindi, sono strutturate su momenti emotivamente coinvolgenti e tattiche di alienazione shock che li rendono sia commoventi sia intellettualmente stimolanti. Il dramma grottesco Mein Kampf contiene elementi di Brecht, Strasberg e Beckett.

Mein Kampf fu ispirato dai mémoires di Reinhold Hanisch, scritti quando viveva in un ostello austriaco per senzatetto con Hitler.[4] Il dramma farsesco di Tabori racconta la storia di un vecchio ebreo, Shlomo Herzl, che vivendo in un dormitorio pubblico viennese nella prima parte del secolo insieme ad un cuoco di nome Lobkowitz (noto anche come "Dio"), cerca di scrivere le sue memorie che alla fine vengono intitolate Mein Kampf. Fino a quel momento non ha scritto una sola parola della sua opera. Herzl, libraio e aspirante storico, simboleggia gli ebrei d'Europa che non hanno mai scritto la propria storia o determinato politicamente la propria identità ma si sono inseriti nella storia e nell'identità delle loro nazioni ospitanti. Mentre Herzl medita sul suo libro, arriva un giovane sconosciuto dal fare demagogico intento ad entrare all'Accademia di Belle Arti. Anche se lo sconosciuto, che poi si rivela essere il giovane Hitler, è sia antisemita sia antisociale, Herzl ne viene immediatamente attratto. Quando Hitler viene respinto dall'Accademia, dopo che gli vien detto che avrebbe avuto migliori prospettive di carriera come imbianchino, Herzl si prende cura dello sfortunato giovane alla maniera della classica e premurosa madre ebrea. Più Hitler lo riempie di insulti, e più aumenta l'amore e l'attenzione di Herzl per Hitler. Non sicuro del proprio futuro, Hitler è colpito dal suggerimento da parte di Herzl di intraprendere una carriera in politica. Così ispirato, Hitler riunisce alcuni vecchi compagni di scuola (Himmlisch e alcuni giovani vestiti in pantaloncini Lederhosen) e costituisce il quartier generale della campagna politica nel dormitorio. Afferma le sue teorie razziali (ironicamente, sezioni future del suo proprio Mein Kampf) e inizia a diffondere il suo nuovo vangelo. Alla fine Frau Tod (Sorella Morte) arriva alla ricerca di Hitler che vede come suo protetto e futuro partner: come "criminale, come assassino di massa, come angelo sterminatore", il giovane di Braunau am Inn è "un talento naturale".[5]

"Herzl" è un'allusione a Theodor Herzl, padre del sionismo. Tuttavia, questo Herzl è un ebreo ortodosso che cerca di capire le intenzioni di Dio. Piega la testa davanti al nemico: "Meglio essere cacciati che cacciatori",[6] e come un vero martire dice a Hitler che sta piangendo da 5000 anni. Dopo tutte le sofferenze che subisce, Herzl non mostra alcuna inclinazione a migrare in Palestina, ma invece si avvicina alla collettività ortodossa e recita il Kaddish sull'unica vittima martirizzata nel dramma — un pollo morto di nome Mitzi. Lobkowitz (Dio) che è scomparso dal dormitorio all'arrivo di Hitler (e la distruzione tipo Olocausto di Mitzi) dice a Herzl, in termini messianici, di mangiare il pollo: "Mangia, figlio mio, non per fame, ma nella speranza per ingerire la forza del martire".[7]

La domanda ebraica chiave dopo l'Olocausto fu: dov'era Dio? Lobkowitz risponde: "Ero qui. Sono sempre qui, solo che ti sei dimenticato di guardare."[8] Emil Fackenheim sostiene:

« Quindi il significato dell'identità di Israele è in parte rivelato: di rispondere, ancora e sempre, a una sfida divina; diventare, per sua libera scelta, un popolo di Dio, per dare realizzazione perpetua a questa decisione nel pensiero e nella pratica... Tuttavia anche il significato del destino di Israele è nascosto... l'ebreo non può capire le ragioni finali per cui fu scelto ad esemplificare queste tensioni.[9] »

La nazione ebraica sembrerebbe quindi in una posizione assurda. Mein Kampf è l'ironico commento di Tabori sulla storia e sull'ortodossia contemporanea in un mondo senza Dio. Come il personaggio di "Zio" propone in Die Kannibalen, gli ebrei devono abbandonare Dio e trovare la propria strada in un universo esistenzialista. Herzl preferisce rimanere nell'ignoranza religiosa sulla natura del mondo. "Tu hai perso parte della tua umanità da quando hai coccolato quel bastardo di Branau", Lobkowitz mette in guardia Herzl sulla sua procrastinazione politica. Herzl rivela a Hitler come ottenere potere, sperando di assicurarsi la propria stabilità. Crede che l'assimilazione sia la chiave della sopravvivenza ebraica e non è in grado di vedere i segnali di avvertimento del primo nazismo. Ad esempio, Hitler rivela ironicamente: "Ebreo, apprezzo il tuo aiuto. Quando sarà giunto il mio momento, ti ricompenserò adeguatamente. Ti comprerò un forno, così starai caldo, e quando sarai vecchio, ti troverò una soluzione."[10]

Mein Kampf è un'esposizione ironica del rapporto ebraico-tedesco storico e contemporaneo, in cui ciascuna nazione definisce la propria identità in base all'altra. Gitta Honneger, alla premiere di Vienna, descrisse il duo Hitler/Herzl "un'impossibile relazione beckettiana di [due] clown",[11] implicando che il nazismo e l'ebraismo soffrono di un caso estremo di co-dipendenza. Il nazismo è sia un rifiuto sia una progenie dell'ebraismo — un enigma che George Steiner esplora anche nel suo romanzo, Il processo di San Cristobal[12] Per Steiner e Tabori, Hitler è spinto da una relazione di amore-odio con gli ebrei e la loro fede. In Mein Kampf è patologicamente geloso dell'identità di Herzl come martire e ispirato dalla storia di un popolo eletto con una missione divina che incorpora il martirio. In termini nazionalsocialisti, ciò si traduce in Weltmacht oder Niedergang (= dominio mondiale o rovina). Come Herzl dice a Hitler: "Quest'ultima settimana hai sviluppato alcune delle peggiori abitudini sia dei tedeschi sia degli ebrei".[13]

Mein Kampf è una farsa oltraggiosa che riuscì a offendere il pubblico in Austria e all'estero. Hitler corre senza pantaloni, le SA sono "bravi ragazzi in calzoncini di pelle" e Herzl è un vecchio impotente che cerca di portare a compimento il suo rapporto con una vergine sedicenne. Poi c'è il sacrificio di Mitzi il pollo e le sequenze di inseguimenti descritte "a là [[w:Mack Sennett|Mack Sennett". Sia nello stile che nella materia, Tabori sembrò determinato a offendere e quindi a infrangere i tabù. Il filosemitismo, come in Jubiläum, viene attaccato mediante l'uso di ciò che potrebbe essere interpretato come immaginario antisemita. La rappresentazione di Herzl, un vecchio ebreo che cerca di sedurre una vergine ariana, aveva lo scopo di spezzare il circolo vizioso di ritratti filosemiti di ebrei oggettivati ​​sul palcoscenico. Tabori impiega tattiche farsa e shock per costringere il pubblico allo scontro e quindi alla catarsi. Come dice Lobkowitz alla fine del dramma:

« Nel cuore di ogni battuta si nasconde un piccolo Olocausto. Come ad esempio il ladrone sulla croce, appeso, geme. Il secondo ladrone chiede: Ti fa male? Il primo ladrone risponde: Solo quando rido.[14] »

Per Tabori, le risate liberano il suo pubblico tedesco dalla gravità speciosa, facendogli riformulare da capo le reazioni all'Olocausto.

Schuldig geboren

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Peter Sichrovsky (2011)

Il cinquantesimo anniversario dell'Anschluss vide una serie di eventi artistici che si occuparono della guerra e dell'Olocausto. Mein Kampf continuò le sue rappresentazioni fino al 1988, con Tabori che mise in scena anche il suo adattamento di Schuldig geboren (Nato colpevole) di Peter Sichrovsky — una raccolta di interviste coi bambini di noti criminali di guerra nazisti.[15] Il libro ha suscitò scalpore nel febbraio 1987, quando alcune parti furono serializzate in tre numeri consecutivi di Der Spiegel. Inizialmente, l'editore respinse lo schema sentendo che il mercato era già saturo di informazioni, testimonianze e confessionali della guerra. Tuttavia, quando venne stampato il primo segmento, i telefoni di Der Spiegel non smisero mai di squillare con le persone che volevano parlare delle proprie esperienze.[16] Come per Holocaust di Gerald Green nel 1978, molti vollero rompere il silenzio.

Sichrovsky, come Tabori, è ebreo. Fuggì dall'Austria con i suoi genitori durante la guerra, tornando a stabilirsi lì definitivamente dopo la resa. Nella produzione di Schuldig geboren di Tabori, l'attualità del materiale e l'impatto emotivo furono aumentati da uno degli intervistati che interpretava se stesso. Ciò inoltre aggiunse alla natura confessionale del pezzo. Il dramma era ambientato semplicemente in una cucina dove del sangue scorreva da una stufa alla fine del palco. La produzione fu presentata a serate alterne con un revival di Die Kannibalen (Cannibali) — un dramma in cui i figli dei sopravvissuti cercano di venire a patti con il lascito dei loro genitori. Come scoprirono Sichrovsky e Tabori attraverso le loro ricerche, i bambini dei nazisti credevano di essere vittime della guerra tanto quanto lo erano stati i perseguitati. La situazione per i bambini dei nazisti era complicata dall'incapacità di piangere il lutto a causa dell'improprietà politica. Sentivano che era loro impedito di piangere la propria perdita di innocenza a causa dal peso della storia. Come scrive Sichrovsky:

« Una psicologa quarantenne mi disse che volevo negarle il ruolo di vittima. Quando parla di questo argomento con le sue amiche, parla in comunanza con le altre vittime, ma quando parla con me le viene in mente la sua possibile complicità nel crimine.[17] »

I temi dei peccati e delle sofferenze dei genitori rigurgitati sui figli sono anche evidenti in Das Abendmahl (La cena) di Peter Sichrovsky. Robert, il trentasettenne figlio di un sopravvissuto, vive con la figlia di un ex comandante delle SS. I genitori sono stati invitati a cena per la prima volta. Nel corso della serata diventa chiaro che la ragazza sta usando Robert per ribellarsi a suo padre, un'accusa che Robert stesso nutre nei suoi confronti. La serata degenera in recriminazione, imbarazzo reciproco e violenza sessuale. I figli dei nazisti sono stati irrimediabilmente contaminati dal passato come anche i figli delle vittime. Sono vittime gemelle della stessa catastrofe – o per usare la frase di Honneger, radicati in un'"impossibile relazione beckettiana di clown"[18] – legati insieme dalla stessa storia in cui non hanno avuto alcun ruolo. Le produzioni di Tabori e Sichrovsky sono una specie di Väterliteratur ebraico-tedesca. Cercano di esaminare la vita dei bambini che hanno avuto a che fare con l'eredità dei propri genitori, sia come figli di sopravvissuti sia come figli di nazisti. Mentre la Väterliteratur tedesca, come quella di Reitz, Lowther e Kipphardt, si riferisce all'Olocausto di passaggio, se non per niente, il duo ebraico-tedesco Sichrovsky e Tabori erano intenzionati a forzare un incontro tra i crimini e le sofferenze dei genitori e dei loro discendenti.

Nel 1988, c'erano molte altre produzioni sulla guerra. Ci fu un risveglio de Il Vicario di Hochhuth e Axel Corti che mise in scena Die Rassen (Le corse) di Ferdinand Bruckner del 1933, incentrato su un gruppo di studenti di medicina ebraici e tedeschi al momento dell'ascesa di Hitler. Fu colta ogni occasione per fare riferimento al passato. Ad esempio, Riccardo III di Claus Peyman fu interpretato Gert Voss agghindato come Hitler — criticato e non accolto bene dal pubblico viennese. Ma fu Thomas Bernhard che emerse di nuovo come cause célèbre della stagione. Nel 1981 aveva scritto Der deutsche Mittagstisch (La tavola da pranzo tedesca), una serie di schizzi satirici che riflettevano il continuo nazismo e antisemitismo nell'odierne Austria e Germania. Fu presentato in anteprima a Bochum. Ironia della sorte, l'operatta teatrale includeva una famiglia tipicamente tedesca di nome Bernhard. Anche la sua opera successiva si incentrò su una famiglia e raggiunse il suo culmine attorno a una tavola da pranzo.

Per approfondire, vedi Thomas Bernhard.
Thomas Bernhard, 1987
Heldenplatz, Vienna, 15 marzo 1938
Heldenplatz oggi, con la statua dell'Arciduca Carlo d'Austria

Heldenplatz (Piazza degli Eroi) a Vienna fu il luogo dell'accoglienza festiva di Hitler quando marciò in Austria nel 1938. Bernhard con la sua opera teatrale Heldenplatz aveva di nuovo intenzione di rivelare come la piccola Austria moderna era venuta a patti con il suo coinvolgimento nel Terzo Reich e che l'antisemitismo esiste ancora in Austria. Il tempismo di Heldenplatz non avrebbe potuto essere più giusto. Il 1988 non fu solo il cinquantesimo anniversario dell'Anschluss, ma fu anche il centesimo anniversario dell'orgoglio culturale nazionale: il Burgtheater. Il Burgtheater rappresenta una tradizione radicata nel classicismo barocco dell'Impero austro-ungarico. La nomina del controverso tedesco Claus Peymann come nuovo direttore artistico del teatro nazionale austriaco suscitò increspature tra gli elementi conservatori della comunità artistica austriaca. All'arrivo di Peymann a Vienna le increspature si trasformano in una mareggiata. Egli condannò apertamente la tradizione culturale viennese nella stampa e poi chiese a Thomas Bernhard di scrivere un dramma per la produzione centenaria del Burgtheater. La scelta del drammaturgo fu vista come un insulto. Bernhard era considerato un cupo moralista e scandalista, certamente non un drammaturgo da scegliersi per una celebrazione festiva della cultura austriaca. Bernhard riconobbe che il centenario del Burgtheater costituiva l'occasione perfetta per condannare sia la facciata culturale saccarinosa della società austriaca sia per attaccare la narrativa bellica storica nazionale "dello stupro dell'Austria".

Lo scandalo iniziò con la lettura. Gli attori se ne andarono, rifiutandosi di prendere parte a un evento teatrale che calunniava il loro paese. Estratti del dramma vennero divulgati ai giornali e stampati fuori contesto.[19] Vennero pubblicate lettere irate e di protesta. Ad esempio, l'affermazione di Bernhard secondo cui nell'Austria contemporanea ci sono più nazionalisti di quanti ce ne fossero stati nel 1938 e che il presidente austriaco è un "furbastro bugiardo" fece arrabbiare il pubblico.[20] Le testimonianze suggeriscono che, come per Piscator e Hochhuth un quarto di secolo prima, frammenti controversi del dramma furono trapelati intenzionalmente dalla direzione artistica al fine di creare uno scandalo. Con i crescenti problemi che affliggevano la produzione, la data della prima fu spostata da marzo a novembre. Tuttavia, Peymann continuò a fatturare la produzione come rappresentazione ufficiale delle celebrazioni del centenario.

I politici si unirono al dibattito pubblico con l'ex cancelliere Bruno Kreisky e il rappresentante della destra Jorg Haider che rilasciarono alla stampa dichiarazioni anti-Peymann/Bernhard. Furono seguiti dallo stesso Waldheim che definì Heldenplatz "un oltraggio contro il popolo austriaco". Sostenne che Bernhard avrebbe dovuto guardare certi vicini dell'Austria, in particolare la Germania, se voleva trovare i veri nazisti.[21] Con l'avvicinarsi della prima, le lettere alla stampa aumentarono. Peymann e Bernhard furono oggetto di abusi fisici in pubblico: uno venne attaccato da una vecchia signora con l'ombrello, l'altro da un vecchio con le stampelle. Dimostranti si riunirono fuori dal teatro sin dal tardo pomeriggio della première. Il momento venne incoronato quando un carico di letame di cavallo fu scaricato davanti all'entrata del teatro.[22]

Claus Peymann al Berliner Ensemble (2011)

Heldenplatz ripercorre la storia di due fratelli ebrei, i professori Robert e Josef Schuster che fuggirono rispettivamente a Cambridge e Oxford nel 1938. Entrambi tornarono negli anni ’50, su invito del governo austriaco a tornare alle loro precedenti posizioni universitarie e alla loro vecchia casa, un appartamento in Heldenplatz. Tuttavia, scoprono che non c'è molta differenza tra l'Austria del 1938 e quella attuale. La moglie di Josef, Hedwig, inizia a disintegrarsi mentalmente. Crede di poter sentire la folla esultare "Sieg Heil" dalla piazza sotto l'appartamento. Man mano che le voci diventano più pronunciate, Hedwig diventa una paziente abituale di una clinica psichiatrica viennese. Per motivi di salute mentale, Josef accetta di tornare a Oxford. L'azione del dramma inizia nel 1988 nell'appartamento di Hedwig e Josef sulla Heldenplatz, subito dopo il cinquantesimo anniversario dell'Anschluss, alla vigilia della loro partenza per Oxford. Da poco, Josef si è suicidato senza spiegazioni gettandosi dalla finestra del loro appartamento nel cinquantesimo anniversario dell'arrivo di Hitler nello stesso luogo. La famiglia si riunisce per il funerale. Hedwig afferma la sua intenzione di continuare con i suoi piani per tornare a Oxford. Durante tutto il corso del dramma le voci nella sua testa diventano più insistenti. Alla fine del dramma, mentre la famiglia si siede intorno al tavolo da pranzo, Hedwig viene sopraffatta da un altro attacco. Questa volta anche il pubblico può ascoltare i canti hitleriani. Hedwig soccombe a un infarto e muore con la faccia che le cade nella zuppa che ha davanti.

L'intenzione di Bernhard era di presentare l'Austria contemporanea come parte di un continuum col Terzo Reich nazista. Voleva anche divertirsi immensamente col suo pubblico, rendendo gli astanti il vero soggetto del suo spettacolo. Le barriere tra arte e realtà vennero eliminate, non solo nei numerosi riferimenti all'establishment nazista contemporaneo austriaco, ma nella progettazione dell'opera stessa. Il secondo atto si svolge nel Volksgarten di Vienna, vicino al Burgtheater. La scenografia prevede che il Burgtheater sia presente sullo sfondo del secondo atto. Il pubblico si sta davvero guardando riflesso nel dramma teatrale.

Peymann e Bernhard salirono sul palco dopo la prima in cui gli applausi apparentemente andarono avanti per quarantacinque minuti.[23] Si è tentati di chiedersi, come nella serata di apertura de Il Vicario di Hochhuth, cosa abbia causato una simile reazione. Bernhard forse non credette di aver costretto la nazione austriaca a un confronto sincero col passato o col presente. Tre mesi dopo morì lasciando un testamento che proibiva qualsiasi esecuzione delle sue opere in Austria per i successivi settant'anni.

Ironicamente, a parte Bernhard, nessuno scrittore austriaco affrontò la questione dell'Olocausto tranne Sichrovsky, che era ebreo. L'esempio di Waldheim, che non fu mai processato, semplicemente confermò la strategia austriaca in relazione all'Olocausto, vale a dire: amnesia storica. Bernhard tentò di scuotere il suo paese da questa smemoratezza volontaria, ma il suo stesso autoembargo assicurò che la sua voce di protesta fosse messa a tacere... Forse voleva punire il popolo austriaco postumamente?

Tabori e Sichrovsky speravano di attivare una nuova inchiesta sul passato incoraggiando un incontro tra i figli dei persecutori e i perseguitati. Entrambi furono vittime di un'eredità comune, intrappolati in schemi autodistruttivi a causa di un passato che era rimasto una ferita imputridita. Jeaneatte Malkin sostiene che Bernhard avesse basato Josef in Heldenplatz sullo scrittore austriaco Jean Améry.[24] Nei suoi scritti, Améry si rifiutò di perdonare il popolo tedesco e si sviluppò un dibattito letterario tra lui e Primo Levi. Levi sollecitò una comprensione del prossimo, in particolare nei confronti dei tedeschi. Améry sosteneva, tuttavia, che non potevano esserci comprensione o perdono. Nel 1978 Améry tornò nella sua nativa Salisburgo, dove prese in affitto una stanza e si impiccò.[25] Heldenplatz indica la natura autodistruttiva del ricordo.

Tabori e Bernhard erano interessati a scavare nel passato per sanare le ferite. Il successo di questo processo risiedeva nello stabilire una relazione più realistica tra ebrei e tedeschi, non basata sul filosemitismo o sulla colpa. Né Tabori né Bernhard presentano sul palco ebrei idealizzati. L'autocratico e talvolta tirannico Josef Schuster e il lascivo Shlomo Herzl trovano la loro controparte nel Ricco Ebreo di Fassbinder. Tutti e tre gli scrittori cercarono rappresentazioni teatrali che non fossero né monodimensionali né politicamente corrette, ma che avessero la loro verità negli strati complessi e contrastanti della realtà. Come tali, tutti e tre si destreggiarono su una linea molto sottile e delicata, tra rappresentazione progressista e condanna storica.[26]

  1. The Times (2 gennaio 1988), p. 22.
  2. The Times (1 febbraio 1988), p. 1.
  3. Peter V. Becker, Tabori, regia di Michael Bauer, Goethe Institute Videos, 1990.
  4. Joe Roe, The List, Edinburgh (25-3 1 agosto 1989).
  5. George Tabori, Mein Kampf, British Library Modern Playscripts, p. 71. Il dramma venne rappresentato in seguito a Edinburgh (1989) e al Maxim Gorki Theatre e Deutsches Theater nel 1993.
  6. Ibid., p. 38.
  7. Ibid., p. 82.
  8. Ibid.
  9. Emil L. Fackenheim, Quest for Past and Future, p. 111.
  10. Tabori, Mein Kampf, p. 27.
  11. Gitta Honneger, "Tales From The Imperial City", in Performing Arts Journal, Vol. XI, No. 2 (1988), pp. 45-61; p. 53.
  12. George Steiner, The Portage to San Cristobal of A.H., Faber & Faber, 1982.
  13. Tabori, Mein Kampf, p. 60.
  14. Tabori, Mein Kampf, p. 82.
  15. Peter Sichrovsky, Born Guilty. The Children of the Nazis, trad. (EN) Jean Steinberg, I. B. Taurus & Co. Ltd, 1988.
  16. Ibid., p. 159.
  17. Ibid., p. 11.
  18. Honneger, "Tales From The Imperial City", p. 53.
  19. L'editore Suhrkamp acconsentì a non pubblicare il testo fino alla prima serata.
  20. Christine Kiebuzinska, "The Scandal Maker: Thomas Bernhard and the Reception of Heldenplatz", in Modern Drama, Nr. 38 (1995) pp. 378-88; p. 379.
  21. Ibid., p. 380.
  22. Sunday Times (29 maggio 1988).
  23. Si veda il relativo video su YouTube a <https://youtu.be/Y_cDSLjzOvg>: "Thomas Bernhard, 'Heldenplatz' 1988". Cfr. Kiebuzinska, "The Scandal Maker: Thomas Bernhard and the Reception of Heldenplatz", p. 385.
  24. Jeanette R. Malkin, "In Praise of Resentment: Thomas Bernhard, Jews, Heldenplatz", documento presentato a Glasgow, alla The Shoah and Performance Conference, Glasgow University, 1994.
  25. Primo Levi stesso pare si sia suicidato, gettandosi dalle scale del suo appartamento nel 1987. Cfr. Primo Levi, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  26. Ruby Cohen, "Ruby Cohen in Berlin", in Plays International (luglio 1990), pp. 30-1. In tutti i suoi romanzi, Bernhard si dimostra comunque un convinto filosemita: cfr. per es. Estinzione.