La filosofia greca/Il molteplice e il divenire – Fine
Il concetto di Unità – insieme matematico e metafisico – rimane il principio incontrastato della filosofia greca, ma la sua dimostrazione si fa via via più sofisticata. Ormai è evidente, anche grazie al sorgere di un pensiero scientifico, che il filosofo non può più solamente “affermare” (così è!), ma deve “dimostrare”. I tentativi di dimostrazione dati da Talete (l’acqua è il principio perché tutte le cose sono umide) suona ormai troppo semplice, di una superficialità non adatta alla profondità del problema. Gli Enti sono innumerevoli, ma la Causa non può che essere una. Ciò che va compreso è come sia possibile che dall’Uno si generino i molti. Occorre fare attenzione! Per creare una molteplicità dall’uno non basta dividerlo: da uno, due; da due, quattro. Matematicamente parlando, 1 diviso 2 non fa 2, ma ½. Cioè qualcosa di meno di 1, qualcosa che non è più unità. Filosoficamente parlando, se l’Uno è l’Origine, allora dev’essere INDIVISIBILE. D’altronde, è altresì vero che da 1 posso ricavare 2, per moltiplicazione: 1 moltiplicato 2 = 2. Ciò è quanto avviene nella vita: da un’unica cellula sorge ogni essere vivente, cioè un insieme di miliardi di cellule. Filosoficamente parlando, quindi, per accogliere l’idea di molteplicità è necessario accettare che l’Uno possa moltiplicarsi, generando infinite unità tutte uguali tra loro. Il problema è: come si moltiplica l’Uno? Empedocle risponde ipotizzando un insieme finito di unità: le radici o i quattro elementi, tenute insieme da un impulso, l’Amicizia, e separate dal suo contrario, il Conflitto. Non occorre molto per capire che il modello proposto è assai debole sul piano logico. Le radici infatti sono 4, e diverse tra loro, e la loro unità si avvicina più ad un principio trascendente che logico. Anassagora propone, contraddicendosi a sua volta, una quantità infinita di unità, i Semi, affermando che ogni seme è di natura diversa: il seme dell’oro, quello del legno e così via. Ancora una volta, non esiste un Uno da cui le radici o i semi siano tratti. È ovvio che quelle di Empedocle e Anassagora non potevano essere risposte definitive. Il problema rimane: come si genera l’infinito numero di Unità?
Neppure la teoria di Democrito, un contemporaneo di Anassagora e ultimo rappresentante della “scuola” pluralistica pre-socratica, portò alla soluzione del problema. La teoria atomistica di Democrito è sicuramente più sofisticata e sottile di quella anassagorea: il tutto è composto da una infinità di “esseri”, gli Atomi (dal greco a-thomos, non divisibile), infinitamente piccoli e identici per natura, che si muovono casualmente in uno “spazio” infinito, e dalle cui collisioni sorgono gli enti, la molteplicità delle cose. In un insieme infinito di vortici, le cose nascono e muoiono, senza che gli “esseri” si annullino; questi permangono eternamente ed eternamente di ricongiungono e si disaggregano, in un avvicendarsi del tutto casuale. Più che un passo avanti sul piano della dimostrazione logica, quello di Democrito è un arresto, una sorta di resa di fronte alla difficoltà di una prova non contraddittoria circa l’esistenza dell’Uno. Egli rifiuta anche la possibilità di una risposta metafisica, il ricorso cioè a un puro concetto come quelli di Amicizia e Conflitto (Empedocle) o di Intelletto (Anassagora): non c’è una Causa prima nel movimento degli atomi, non c’è una spiegazione razionale del loro vorticare e del nascere e morire delle cose. Tutto è puro e semplice caso. Pare che il pensiero filosofico si sia infilato in un vicolo cieco.
La riprova di ciò viene dalla testimonianza dell’ultimo rappresentante riconosciuto dell’epoca pre-classica: Eraclito di Efeso. Soprannominato l’”Oscuro” da Aristotele, Eraclito sfugge ad ogni classificazione storiografica: egli non è infatti né un naturalista, né un pluralista o un assertore dell’unità dell’Essere di tipo parmenideo. Il suo pensiero appare piuttosto di tipo oracolare: racchiuso in enunciati enigmatici, di difficile interpretazione, che accennano ma non dicono, e soprattutto lontani da ogni logica dimostrativa. Al contrario, per Eraclito la Ragione (il Logos) è intuizione. Esso si “coglie”, e non da parte di tutti. Nel corso dei secoli, il suo pensiero è stato sintetizzato sotto il concetto di Divenire. Per gli storici della filosofia Eraclito fu il filosofo del divenire, del mutamento, del “polemico” rapporto tra i contrari: non esiste il bene senza il male, la luce senza il buio, l’amore senza l’odio. Nulla permane, tutto scorre (panta rei). Eraclito eclissa il problema dell’Origine, estremizza il corso della filosofia greca verso un esito non condiviso dai suoi contemporanei e dalla sua stessa cultura. Il “primo capitolo” della storia della filosofia si chiude quindi con uno stallo. Il problema dell’Origine ha trovato un suo preciso fondamento logico, ma la soluzione è ancora al di là della portata del pensiero speculativo. Intanto, ad Atene, la vita continua….