Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: esercito 61
La Brigata ACQUI(1989)[1]
[modifica | modifica sorgente]Il battaglione corazzato aveva sempre tre compagnie, come del resto i battaglioni carri, ma con una differenza: era un battaglione poliarma, un'unità 'perfetta' nel senso dell'autonomia di impiego, in quanto aveva due compagnie carri, una di APC, una cp mortai medi e una cp controcarri (piuttosto ridondante, a dire il vero visto il prevalere dei carri armati). Si era allora in un processo di trasformazione notevole, in quanto erano appena stati radiati gli M47, per ottenere i Leopard, meno protetti ma più mobili, provenienti dai reparti sciolti o semplicemente erano in esubero data la riduzione da 5 a 4 dei carri per plotone (il che riduceva da 49 a 40 il numero dei carri per battaglione).
In tutto era previsto un totale di Leopard 1 che, quando fossero totalmente consegnati (non ancora nel 1989), sarebbe arrivato a 26 mezzi su due compagnie, a cui si aggiungevano 16 M113 di vecchio tipo (a benzina) per la terza, più un plotone controcarri con 'campagnole' AR59 con cannone SR da 106 mm, e un plotone di supporto con 3 M106 (M113 con mortaio da 81 mm). Insomma, una piccola unità di combattimento autosufficiente, a parte le mancanza di un sistema antiaereo di difesa, eccetto che le mitragliatrici leggere e pesanti.
L'altra unità di punta era il TARO, equipaggiato con 3 batterie di 6 M114 l'una. Era in predicato di riarmarlo con la versione modernizzata, con la stessa bocca da fuoco dell'FH-70 o una molto simile della OTO Melara, messa a punto per il Palmaria. La cosa non andrà mai in porto e il 'Taro' sarebbe sempre rimasto con queste artiglierie di vecchio tipo, con la gittata limitata a 14,5 km. Nondimeno, per quanto possa sembrare strano, questo gruppo era, nella classifica dei gruppi d'artiglieria italiani, nei primi 5: questo nonostante la moltitudine di FH-70 e M109 disponibili presso altre unità, non può che stupire.
Quanto al resto dell'armamento, i soldati avevano ancora in buona parte l'M1 Garand, anche se alcuni usufruivano della versione automatica BM59. Certo che il Garand era un ottimo fucile, con una cartuccia molto potente e come tale, temibile. Ma era anche pesante e con poca autonomia di fuoco come dotazione per il fante (in genere 2-3 caricatori da 20 colpi l'uno). I battaglioni erano anche provvisti dei missili controcarri MILAN (presenti a livello di compagnia), le mitragliatrici MG42/59 (a livello di plotone o forse di squadra), e in futuro erano anche previsti i missili Stinger, dato che questa brigata non aveva praticamente difesa aerea organica eccetto le armi automatiche della fanteria e dei corazzati. I battaglioni erano movimentati con i nuovi ed efficienti autocarri leggeri IVECO 4x4 VM90.
La compagnia di ogni battaglione di fanti aveva i potenti mortai da 120 mm Brandt (forse 8 per cp), che assicuravano il supporto di fuoco al battaglione, mentre la compagnia controcarri della brigata aveva i missili TOW, altro armamento standard dell'E.I., sistemati sulle relativamente recenti vetture 4x4 AR76.
Il Genio aveva il suo daffare, specie in occasione di disastri naturali, in ogni caso poteva contare su carri gettaponte Biber e carri recupero Bergerleopard. Entrambi erano su scafo Leopard 1 e tra i migliori delle loro categorie, specie i primi. I mezzi pesanti erano trasportabili su ruote grazie ai veicoli portacarri con rimorchi ATC-81.
Nonostante tutto, non era certo una brigata con equipaggiamenti d'ultimo grido: niente Sidam, VCC, M113 diesel, Stinger, M109, FH-70, etc. etc. In un aspetto almeno v'era un settore d'eccellenza, quello della gestione computerizzata della logistica, con il NED, Nucleo Elaborazione Dati. Questo aveva dato, molto in anticipo sull a maggior parte dell'E.I, una gestione informatizzata dei ricambi e logistica, con gli elaboratori Olivetti SP 700, che prevedevano anche le scadenze e le sostituzioni dei vari pezzi e dotazioni, nonché le questioni relative al personale (per esempio, le tabelle cliniche dei ragazzi ricoverati al centro sanitario della brigata). Esisteva anche la versione 'campale' del sistema informatico, stavolta con un apparato della Honeywell.
Nonostante tutte le difficoltà addestrative e di comunicazione questa brigata era in grado di mantenere un'operatività di livello sufficiente a mantenere il suo 17° btg tra i reparti 'in mobilitazione' immediata.
Il personale, con l'era della leva, non mancava all'epoca: 250 ufficiali, 400 sottufficiali e 4.000 truppe. Notare come queste ultime fossero relativamente poche rispetto ai sottufficiali e ufficiali, rispetto almeno a quando vi sarà la professionalizzazione delle F.A. con una notevole e poco concreta inflazione di avanzamenti di grado, tanto che nel 1999 vi sarebbero stati circa 100.000 ufficiali e sottufficiali contro 200.000 truppe (ma considerando tutte le F.A., anche quelle più professionalizzate come la Marina e l'Aeronautica).
Quanto alle attività addestrative, vi erano molte difficoltà, che nell'insieme davano luci ed ombre ad una brigata di fanteria leggera motorizzata, che era relativamente mobile ma con pecche nell'equipaggiamento e nell'addestramento. Per quest'ultimo, per il battaglione corazzato, vi era un'area di appena 15 ettari, per giunta contesa dagli enti locali (i poligoni militari, invece, sono rimaste tra le aree meglio conservate data la loro sottrazione alla speculazione edilizia). L'artiglieria era invece in grado di usare il piccolo poligono di Monte Ruzza, la fanteria quello di Marane. Era tutto troppo piccolo per garantire un addestramento realmente efficiente e realistico. Solo i trasferimenti a Monte Romano, o peggio, a Capo Teulada potevano salvare la situazione dal completo disastro, ma questi erano eventi complessi e costavano soldi, per cui difficilmente la Brigata poteva farne se non pochissimi all'anno, giusto l'indispensabile (si pensi all'addestramento per i carristi e i serventi ai missili e artiglierie: esistono esigenze che non possono certo essere demandate solo alle attività 'in bianco'). Per il futuro erano previste le autoblindo Puma al posto dei VM-90, come anche le Centauro al posto dei vecchi e non rimodernati Leopard.
Ma tutto questo non sarebbe mai accaduto, la Brigata venne infatti sciolta negli anni '90 a seguito di processi di ristrutturazione che hanno ridotto da 24 a 10-11 le brigate dell'esercito, anche se è rimasto un reggimento con lo stesso nome. Del resto non era certo prioritario il salvataggio dell'ACQUI rispetto ad altre unità di maggiore importanza, che pure hanno subito importanti decurtazioni, sebbene il fronte Sud, dopo la fine della Guerra fredda, ha assunto molta più importanza e in questo l' 'Acqui' era certo una pedina importante.
Lagunari[2]
[modifica | modifica sorgente]I 'Lagunari', concentrati nel 'Reggimento Lagunari Serenissima', sono un corpo di fanteria dell'Esercito Italiano
Sono una unità meccanizzata-anfibia istituita nel 1951, che ereditano le tradizioni marinare della fanteria di marina della Serenissima Repubblica di Venezia istituiti dal doge Enrico Dandolo nel 1202 e trasformati nel corso del XVI secolo in Fanti da mar. Inizialmente la specialità contava due compagnie autoportate inserite nei battaglioni interarmi marina esercito: Marghera e Piave che con il Battaglione San Marco della Marina Militare costituiscono il (settore forze lagunari) unita questa facente parte integrante della marina militare : dal 1957 il reparto venne affidato completamente all'esercito dando vita al Raggruppamento Lagunare, trasformato poi in reggimento nel 1964. Nel 1975 venne istituito il Comando di Truppe Anfibie, ma cessò di esistere nel 1992 dando origine al Rgt. Lagunari 'Serenissima', con i reparti: Comando, Compagnia Comando, Compagnia Mezzi Nautici, I° Battaglione Lagunari, mentre è sparita la Compagnia Addestrametno Reclute e il Battaglione Mezzi anfibi SILE. Il Battaglione, di fatto l'unica unità operativa convenzionale, aveva la cp comando, 3 cp anfibie, 1 c/c, una mortai da 120 mm (questo al 2003).
Nel 1997-98 sono avvenuti altri cambiamenti: quelli che hanno visto il passaggio dalla leva ad una struttura più professionale, e già nel 2003 questa unità era alimentata da professionisti o con volontari. Per il 2004 era destinata a diventare a tutti gli effetti una unità blindata leggera, con capacità anfibia, con la perdita dei mezzi sofisticati. Nel frattempo, dal 2001 i fanti erano passati dal I FOD alla Brigata 'Pozzuolo del Friuli'. Nel frattempo le loro azioni di ridispiegamento in area operativa videro, nel 1998, una compagnia in Bosnia, operazione 'Costant Forge'. Nel 2000 tutto il reggimento è stato spedito in Kosovo (op. 'Joint Guardian'), poi è tornato in Kosovo ma nell'area di Pec-Klina, con l'operazione 'Consistent Effort'. Non sono mancate nemmeno le operazioni di sicurezza sul territorio nazionale, come il concorso, nel 2001-2002, all'operazione DOMINO, poi dal novembre 2002 è stato inviato di nuovo a Pec. Il reggimento, essendo un'unità particolare, è capace di operare anche in piccole unità come plotoni, squadre e team. Naturalmente, rispetto alle unità di fanteria convenzionale era stata data dalla Cp trasporti anfibi per le missioni di incursione e sbarco, con mezzi navali leggeri e mezzi anfibi vari, anche blindati. Ma un'altra caratteristica è che esiste, nella Cp Supporti Tattici Anfibi, di un plotone 'anfibio speciale' articolato su 4 squadre esploratori e una di operatori anfibi. La selezione e l'addestramento prevedono l'abilitazione come esploratore anfibio, con un corso di ben 20 settimante, poi vengono impartite le lezioni per le apparecchiature di movimento subacqueo, e infine pure in ambiente montano innevato, del tutto desueta come ambientazione, ma che assieme al Battaglione Alpini Paracadutisti Mte Cervino consente la qualifica di 'rangers', con capacità di fare operazioni speciali.
Il I Battaglione non differisce dal solito tipo in carica nell'E.I, ma la cp controcarri è recente, infatti prima erano presenti piuttosto plotoni in ogni compagnia, poi raggruppati in questa unità per consentire migliore addestramento e in battaglia, coordinazione da parte del comandante. All'opposto, la batteria di mortai della cp. supporto è capace di operare appoggiando anche con sezioni di tiro ridotte le varie unità del battaglione, sparando a livello di plotone. Le cp fucilieri restano equipaggiate con i potenti razzi c.c. Panzerfaust. La sostituzione dei mortai a canna liscia con i rigati sempre da 120 mm avrebbe aumentato il raggio di tiro a 13 km se si usano munizioni a razzo, vi è inoltre un'alta cadenza di tiro ed essendo questi mortai con una biga di trasporto, sono trasportabili su strada trainati. Per la difesa contraerea invece ci sono solo le armi leggere, come le MG e le MINIMI: niente missili Stinger, insomma. L'addestramento per il battaglione Lagunari era standard, nella prima fase, con quello delle unità di fanteria: addestramento base al RAV, addestramento specialistico presso le scuole d'Arma, corso di impiego operativo di 5 settimane, ottenendo la qualifica 'anfibia', brevetto rilasciabile nell'Esercito solo dai Lagunari, che addestrano i loro soldati. Questi erano impiegabili in azioni come colpi di mano, esplorazioni, attacchi o pattugliamenti con una cp al massimo, dovevano saper nuotare e poi era presente anche l'addestramento con gli elicotteri per i movimenti di sbarco più rapidi che con i mezzi navali. Erano presenti anche 8 donne nei reparti. I mezzi di movimento erano gestiti dalla Compagnia Trasporti Anfibi, con un assortimento di kajak, battelli d'assalto, barchini d'assalto, con capacità da due a 40 persone. Inoltre c'erano gli LVTP-7, in fase di modifica (sia per i Lagunari che per il S.Marco) in AAV-7, di cui i primi 3 erano attesi per quell'anno, mentre 9 mezzi sarebbero stati comprati dagli USA. I Grossi LVTP-7 erano in comune con il battaglione S.Marco. Altri mezzi erano i VCC-2, gli M113 con corazze aggiuntive (non certo in beneficio della galleggiabilità, praticamente azzerata..), che però erano in predicato di essere sostituiti dalle Puma 6x6, con un totale di 41 mezzi da ricevere in futuro, oltre ai soliti, obiqui VM-90. I missili TOW, che assieme ai MILAN erano assegnati alla cp controcarri e in questo caso, su veicoli M113, sono stati poi spostati sui futuri 'gipponi' VTLM. Il Reggimento nel frattempo aveva spostato la sede dalla caserma storica 'Pepe' di Venezia Lido, per spostarsi in tre caserme differenti, con una sistemazione tutt'altro che ideale per l'addestramento, ma anche per la gestione economica di tre aree differenti con il comando la compagnia comando, quella controcarri, mortai e logistici alla 'Matter' (Mestre), il battaglione alla 'Bafile' di Malcontenta, e la Compagnia supporti tattici anfibi a Venezia, alla 'S.Andrea'. Davvero non è questo il modo di 'dismettere' le infrastrutture militari in eccesso, che pure ci sono, e tante, mentre il personale professionista tanto addestrato e tanto costoso va ad incarichi amministrativi e di sorveglianza.. inoltre d'estate le spiagge ovviamente non sono disponibili per l'addestramento, così da ridursi ai soliti poligoni di Capo Teulada e di Monte Romano, in entrambi i casi dall'altra parte d'Italia per i Lagunari..oltre, come fanteria, al solito poligono di Cellina-Meduna.
Insomma, il 'segno dei tempi'. Due cose da dire in merito: una, la totale irrazionalità della scelta di competere, per l'ennesima volta, tra Esercito e Marina con reparti risicatissimi di fanti 'marinai', magari anche d'acqua dolce. Insomma, sono anni se non decenni che si vagheggia la formazione, una buona volta, della Brigata anfibia. Gli uomini e i mezzi sono praticamente disponibili, ma ripartiti in due differenti unità di due differenti Forze armate. Il risultato è che non esiste a tutt'oggi un reparto anfibio di dimensioni tali da permettere anche solo limitate azioni di sbarco convenzionali, ma al massimo, con poche centinaia di uomini, colpi di mano poco più che da 'commandos'. La seconda cosa è il proliferare di missioni 'non convenzioali' in tutte le forze armate italiane. Fanno azioni 'speciali' i paracadutisti, gli alpini, i cavalleggeri, gli aviatori etc. Insomma, si tratta di un'autentica proliferazione, che si aggiunge già alle operazioni dei servizi segreti, al Consubin, al Col Moschin e chi più ne ha più ne metta.
Questo cosa comporta? Che l'uso delle forze armate diviene sempre più capillare e nascosto in azioni che il grande pubblico non conosce. Come non potrebbe suscitare preoccupazione il concetto di 'Peace keeping', dovrebbe invece suscitarne il 'peace enforcing' e l'ultimo nato della lista, il 'peace making'. A parte la prima delle definizioni, il resto praticamente indicano senza troppi pudori la guerra a bassa intensità. L'opinione pubblica può seguire ed approvare o meno le guerre ufficiali (quando dichiarate, visto che anche qui gli esempi non mancano), seguire le navi, le unità corazzate, i reparti aerei. Ma le missioni di piccoli reparti in azioni fuori area, che poi spesso 'crescono' e diventano unità di combattimento più o meno complete, finiscono per passare sotto traccia e questo non rende certo facile controllare democraticamente le decisioni militari, forse nemmeno dai vertici politici. Si ripropongono sempre più spesso, anche nelle F.A. NATO, quegli schemi 'sudamericani' e dell'estremo oriente, che hanno portato conflitti a bassa visibilità, ma sanguinosi e di durata e risultati assolutamente imprevedibili, ma molto pesanti. Anche perché sul territorio è praticamente indispensabile usare alleanze locali, che come nel caso dell'UCK o dell'Alleanza del Nord si sono dimostrate tutt'altro che 'compatibili' con i valori riconosciuti ufficialmente dalle nazioni Democratiche.
Il 25 giugno si festeggia l'anniversario del riconoscimento della Specialità (1984). Il Patrono è San Marco (25 aprile).
Brigata Sassari
[modifica | modifica sorgente]La Brigata Sassari è una Brigata di fanteria meccanizzata dell'Esercito Italiano, parte del 2° Comando delle Forze di Difesa del Centro Sud Italia e delle Isole, con sede a San Giorgio a Cremano, Napoli.
È una delle unità italiane più presente nei teatri operativi in missioni di peacekeeping.
La Brigata Sassari è stata costituita il 1° marzo 1915 in due reggimenti, il 151° Fanteria a Sinnai (Cagliari)e il 152° Fanteria stanziato a Tempio Pausania (nell'area ex Caserma Fadda): la particolarità di questi reparti è che sono composti quasi interamente da sardi, e quindi sono uniti da un forte senso di gruppo. Già in passato vi erano stati gruppi militari formati da conterranei sardi, tra cui il Terçio de Cerdena del periodo aragonese, il Reggimento di Sardegna del periodo Sabaudo e la Brigata Cagliari operante tra il 1862 e il 1991
La Brigata Sassari venne subito messa in servizio nella prima guerra mondiale, dove combatté sull'Isonzo e ottenne la citazione sul bollettino del Comando Supremo come migliore unità, per le sue azioni eroiche negli scontri di Bosco Cappuccio, Bosco Lancia e Bosco Triangolare. Nel 1916 combatté sull'altopiano di Asiago, ricevendo la prima medaglia d'oro per la riconquista dei monti Fior, Castelgomberto e Casera Zebio.
In seguito alla Battaglia di Caporetto la Sassari combatté sul Piave per fermare le truppe austriache che già avevano occupato tutto il Friuli e parte del Veneto. Nel 1918 combatté nella battaglia dei Tre Monti prendendo il Col de Rosso, il Col d'Echele e il Monte Valbella, ottenendo una seconda medaglia d'oro.
La Brigata Sassari ebbe in queste azioni un alto numero di vittime, il 13,8% degli effettivi contro il 10,4 della media, marcando 2164 vittime e 12858 feriti e dispersi. Per questo sforzo venne insignita di 6 Ordini Militari di Savoia, 9 medaglie d'oro, 405 medaglie d'argento, 551 medaglie di bronzo, oltre a due Medaglie d'Oro al valor militare per ognuno dei due reggimenti. Inoltre, venne scelta per il mantenimento in servizio alla cessazione delle ostilità.
Nel 1926 la Brigata di fanteria Sassari venne rinominata 12ª Brigata di Fanteria e vi confluì il 12° reggimento di Fanteria, proveniente dalla Brigata "Casale". Nel 1934 assunse il nome di Brigata di Fanteria Timavo, entrando nella Divisione Timavo.
Nel 1939 la Brigata cambiò di nuovo ordinamento, diventando Divisione Sassari, perdendo il 12° reggimento fanteria e acquisendo il 34° reggimento artiglieria.
Servì sui Balcani nel 1941 con la II Armata, sfondando le linee jugoslave e prendendo Knin, città che divenne sede del Comando di Divisione fino al 1943, quando la divisione venne messa a difesa di Roma.
Prese parte alla difesa di Porta San Paolo insieme alle divisioni Granatieri di Sardegna e Ariete, e il 10 settembre venne respinta e si sciolse.
Nel 1958 il 152° reggimento di Sassari, nucleo originario della Brigata, riprese la denominazione Sassari poiché le bandiere di guerra erano state salvate.
Nel 1962 vi si riunì il 151° reggimento fanteria motorizzato di Cagliari, già ricostituito nel 1951 come reggimento di fanteria e battaglione Sette Comuni.
Il 1° dicembre 1988 il 151° battaglione motorizzato Sette Comuni e 152° battaglione motorizzato Sassari vennero riuniti nella neo-costituita Brigata Motorizzata Sassari, con la sede del comando nella città di Sassari. Il 1° gennaio 1991 la brigata venne trasformata in "meccanizzata", acquisendo il 45° battaglione fanteria Reggio basato a Macomer. I battaglioni vennero trasformati in 151° reggimento fanteria Sassari e 152° reggimento fanteria Sassari rispettivamente il 30 luglio e il 25 ottobre 1992.
Il 1° luglio 1998 il 45° battaglione Reggio, trasformato in reggimento, viene posto alle dirette dipendenze del comando 2° FOD.
Il 1° gennaio 2003, per trasformazione del 45° reggimento Reggio, viene costituito a Macomer il 5° reggimento genio guastatori, che torna a far parte della Brigata Sassari.
Il 25 ottobre 2006 il comandante, generale Luigi De Leverano, annuncia che la Brigata Sassari verrà trasformata da leggera a media acquisendo un reparto blindato.
Il 12 novembre 2003 due militari della Brigata, il tenente Massimo Ficuciello e il maresciallo Silvio Olla, sono rimasti vittime nel servizio di scorta al regista Stefano Rolla e al suo aiuto Aureliano Amadei. Anche Rolla rimase ucciso.
Il 5 giugno 2006 alle 19.35 ora italiana il caporalmaggiore Alessandro Pibiri, 25 anni, di Selargius (CA), è morto, mentre un secondo, il caporalmaggiore Luca Daga, di Narcao (Provincia_di_Carbonia-Iglesias), è rimasto gravemente ferito ed altri tre hanno subito ferite lievi in un attentato presso Nassiriya, durante un servizio di scorta ad un convoglio britannico.
Tutti e sette i militari erano in servizio di peacekeeping nell'ambito della missione Antica Babilonia.
Composizione attuale:
- Comando Brigata meccanizzata Sassari, (Sassari)
- Reparto Comando e Supporti Tattici Sassari, (Sassari)
- 151° Reggimento fanteria meccanizzata Sassari (Cagliari)
- 152° Reggimento fanteria meccanizzata Sassari (Sassari)
- 5° Reggimento genio guastatori (Macomer)
Attività:
- Operazione Vespri siciliani (Sicilia, 25 luglio 1992 - 8 luglio 1998) intervento di controllo militare per la lotta alla mafia
- Operazione Joint Guardian (Balcani, 7 ottobre 1999 - 15 marzo 2002) intervento di peacekeeping nella forza multinazionale NATO IFOR
- Operazione Alba (Albania marzo-luglio 1997) intervento di peacekeeping nella forza multinazionale NATO
- Operazione Costant Forge (7 ottobre 1999 - 15 marzo 2000), comando della Brigata Multinazionale Nord a Sarajevo
- Operazione Antica Babilonia (Iraq ottobre 2003-febbraio 2004) intervento di peacekeeping nella forza multinazionale USA
- Operazione Antica Babilonia (Iraq dicembre 2005-giugno 2006) intervento di peacekeeping nella forza multinazionale USA
- Operazione Essential Harvest (Macedonia, agosto-ottobre 2001) per la bonifica da armi e munizioni dell'area balcanica
Brigata Granatieri di Sardegna
[modifica | modifica sorgente]La Brigata Meccanizzata Granatieri di Sardegna è destinata alla difesa e protezione del centro Italia, in particolar modo di Roma. Dislocata nel Lazio, Umbria ed Abruzzo. Si compone di due reggimenti granatieri, uno di cavalleria ed uno d'artiglieria.
I Granatieri dell'esercito italiano discendono dall'antico Reggimento delle Guardie creato nel 1659 dal Duca Carlo Emanuele II di Savoia. Nel 1831 è formata con il 1° Reggimento Granatieri ed il Reggimento Cacciatori. Nel 1850, prende il nome di Brigata Granatieri, composta dal 1° e 2° Reggimento Granatieri e conserva la precedenza sulle altre Brigate di Fanteria. Nel 1852 assorbe il Reggimento Cacciatori ed assume la denominazione di Brigata "Granatieri di Sardegna". Sciolta nel 1871, unitamente alle altre brigate permanenti, viene ricostituita nel 1881 e riunisce ancora il 1° e 2° Reggimento Granatieri.
Nella prima guerra mondiale i Granatieri sono in prima linea fra Monfalcone ed il Sabotino, Oslavia, il Monte Cengio ed il Monte San Michele. Nel 1917, partecipano alla battaglia di Vittorio Veneto.
Nel 1926 prende il nome di XXI Brigata di Fanteria. Assegnata, assieme al 13° Reggimento Artiglieria, alla 21^ Divisione Militare Territoriale di Roma. Nel 1934 la Brigata diviene Divisione di Fanteria "Granatieri di Sardegna" che nel 1939 diverrà Divisione di Fanteria "Granatieri di Sardegna"
L'8 settembre 1943 i Granatieri sono schierati nella zona sud di Roma, a protezione delle vie d'accesso alla capitale. Nel settembre 1943 la Divisione viene sciolta. Il 15 maggio 1944 è nuovamente in vita, in Sardegna, quale Divisione Granatieri. Nell'agosto 1944 è inviata sul continente e passa alle dipendenze della Divisione "Friuli".
Missioni del dopoguerra:
- 1993 reparti della brigata partecipano alla missione di pace "IBIS" in Somalia.
- 1993-94: "Vespri Siciliani"
- 1997 un reparto della 1° brigata GDS partecipa alla missione "SFOR" in Bosnia nella citta di Sarayevo
- 2005 Missione in Kosovo
Ricompense al Valor Militare:
- 4 Medaglie d'Oro
- 7 Medaglie d'Argento
- 2 Medaglie di Bronzo
- 3 Croci di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia
Reparti:
- 1° Reggimento "Granatieri di Sardegna" - Sede: Roma
- 2° Reggimento "Granatieri di Sardegna" - Sede: Spoleto (PG)
- Reggimento "Lancieri di Montebello" (8°) - Sede: Roma
- 33° Reggimento artiglieria terrestre (semovente) "Acqui" - Sede: L'Aquila
- Reparto Comando e Supporti Tattici "Granatieri di Sardegna" - Sede: Roma
- Banda Brigata "Granatieri di Sardegna" - Sede: Roma
L'appellativo "Granatieri" deriva dal fatto che, nel 1865, il re Vittorio Amedeo II assegnò ad ogni compagnia del "Reggimento Guardie" sei soldati capaci di lanciare allo scoperto le granate.
Brigata RISTA-EW
[modifica | modifica sorgente]La Brigata RISTA - EW raggruppa le unità di guerra elettronica appartenenti all'Esercito Italiano, alle dipendenze del Comando delle Trasmissioni ed Informazioni dell'Esercito (COTIE)[3].
La brigata raggruppa le capacità di analisi del traffico dati, fonia, radar e guerra elettronica delle possibili controparti su un teatro di operazioni, sia partendo dal territorio nazionale attraverso delle stazioni di ascolto, sia utilizzando delle task force a livello di reggimento a supporto di grandi unità rischierate appunto in zona di operazioni. Le strumentazioni sono di norma poste in shelter (contenitori delle dimensioni di un container posti su autocarri) schermati da possibili attacchi tramite impulsi elettromagnatici (EMP).
Attualmente essa è composta dalle seguenti unità:
- 33º reggimento IEW "Falzarego" - rappresenta la capacità di intercettazione, disturbo ed inganno di comunicazioni e non-comunicazioni (radar e quant'altro non sia fonia o dati scambiati da apparati di comunicazione)
- 41° reggimento "Cordenons" (SORAO) - opera mezzi di osservazione e sorveglianza teleguidati (drones)
- 13º Battaglione "Aquileia" (HUMINT) - erede del raparto acquisizione obiettivi della disciolta brigata missili Aquileia, formisce attività di intelligence basata su fonti e operazioni prettamente non automatiche.
La brigata raccoglie l'eredità del Centro Informazioni e Difesa Elettronica (CIDE), con sede nella stessa caserma Santa Barbara sulla litoranea di Anzio, che accorpava l'8° battaglione ricerca elettronica Tonale ed il 9° battaglione guerra elettronica Rombo, ed era subordinata direttamente al 2° reparto di Stato Maggiore Esercito (SME), poi Centro Informazioni e Difesa Elettronica Esercito (CIDEE). L'8° battaglione operava con strumenti di ricerca elettronica a medio e lungo raggio e sulla decrittazione delle informazioni raccolte, mentre il 9° veniva rischierato più volte all'estero durante le varie missioni fuori area dell'Esercito Italiano, compresa la UNOSOM II in Somalia e la SFOR in Bosnia-Erzegovina. Successivamente venne costituito il comando C3I ed infine il comando C4IEW, che attualmente è diventato Comando Trasmissioni ed Informazioni dell'Esercito (COTIE). L'eredità del 9° battaglione, ora disciolto, è stata raccolta dal suo gemello, il 33° battaglione Falzarego, mentre l'8° Tonale è ora diventato battaglione trasmissioni di supporto alla manovra all'interno dell'11° reggimento trasmissioni, a sua volta nella Brigata Trasmissioni di Supporto alla Manovra. Il 41° reggimento Cordenons era in precedenza un reggimento artiglieria, trasformatosi col tempo in reparto acquisizione obiettivi.
Brigata Liguria
[modifica | modifica sorgente]Venne costituita il 1 marzo 1915 dal 157° reggimento fanteria, che partecipò insieme al 158° alla prima Guerra Mondiale. Durante il conflitto venne inglobato nella brigata anche un terzo reggimento, costituitosi durante il conflitto, il 165°.
La brigata Liguria si distinse nella Grande Guerra ottenendo due medaglie d'oro al valor militare, unico reggimento dell'esercito italiano ad ottenere tale riconoscimento.
La prima medaglia d'oro le venne riconosciuta per gli eventi del 1916 durante la Strafexpedition nella quale la brigata resistette ai duri attacchi austriaci sull'Altopiano di Asiago e in seguito sul Pasubio.
Dopo oltre un anno e un inverno fra i più rigidi a memoria d'uomo sul massiccio delle Prealpi Venete, sotto il comando del futuro generale Achille Papa, nel 1917 la brigata fu trasferita sulla Bainsizza dove ancora si distinse ottenendo un'altra medaglia d'oro al valor militare.
Proprio a causa di questi tragici eventi, alla Brigata Liguria furono intitolate numerose vie e piazze in tutta Italia.
Della brigata Liguria faceva parte anche il tenente Michele Campana che raccontò la sua esperienza al fronte in alta montagna nel libro "Un anno sul Pasubio".
Con il nuovo ordinamento dell'esercito del 1926 la Brigata Liguria diventò 157° reggimento di Fanteria "Ligura", entrando a far parte il 1 ottobre 1937 della divisione Cirene dislocata in Cirenaica. Il reggimento fu sciolto per gli eventi bellici il 5 gennaio 1941 presso Bardia.
Ricostituitosi il 1 aprile 1947, è di nuovo sciolto il 29 ottobre 1975, pur rimanendo in vita il IV battaglione con il nome di 157° Battaglione Fanteria Motorizzato "Liguria".
Trasformato in "meccanizzato" nel 1991, venne poi inquadrato nel 1993 nel ricostituito 157° Battaglione Fanteria "Liguria", scioltosi nuovamente nel 1995. L'ultima ricostituzione risale al 1999 prima del definitivo scioglimento ad Albenga nel giugno 2004.
Il 67° Reggimento fanteria "Legnano" fu costituita per il Regio Esercito il 1° agosto 1862 con il nome reggimento fanteria Palermo. Dopo aver partecipato alla Terza Guerra d'Indipendenza (1866), inviò i suoi reparti in Eritrea ed in Libia (colonie italiane, rispettivamente, dal 1890 e dal 1912 e fino al 1945). Nella Prima guerra mondiale il reggimento combatté nel Goriziano. Nel 1936 mobilitò i suoi uomini per la campagna d'Etiopia. Il 24 maggio 1939 il reggimento fanteria “Palermo” assunse la denominazione 67° reggimento fanteria "Legnano" (con il Comando nella caserma Cadorna a Legnano) e, con il 68° reggimento fanteria “Legnano” (con il comando a Como) e il 58° reggimento artiglieria, confluì nella 58ª Divisione Fanteria Legnano. Nella seconda guerra mondiale seguì la divisione Legnano, operando nel 1940 sul fronte francese e nel 1941 su quello greco-albanese. Nel 1942 fu inviato nuovamente in Francia e nei primi mesi del 1943 fu trasferito in Puglia.
All'8 settembre restò compatto con la Divisione. Nell’aprile del 1944 fu inserito nella II^ brigata del Corpo Italiano di Liberazione. Nel 1975 il reggimento è stato ridotto a 68° battaglione meccanizzato "Palermo". È stato definitivamente soppresso il 30 novembre 1989.
XLIII Battaglione Trasmissioni costituito il 01/10/1957 a Firenze, con il personale ed i mezzi della 6ª e 7ª Compagnia territoriale, passato alla storia con il nome di 43º Battaglione Trasmissioni "Abetone" in seguito alla ristrutturazione delle Forze Armate del 1975.
La Bandiera di Guerra del 43º Reggimento Trasmissioni Con D.P.R. nº 846 del 12 novembre 1976, pubblicato sulla G.U. nº 339 del 22 dicembre '76, venne concessa al 43º Battaglione Trasmissioni ABETONE costituito a Firenze il 1º ottobre 1975 per trasformazione del preesistente XLIII Battaglione Trasmissioni dipendente dal Comando Trasmissione del VII C.M.T. della R. M. Tosco Emiliana, la Bandiera di Guerra.
Il 43º Battaglione Trasmissioni ABETONE perse la propria autonomia il 16 settembre 1993 e il giorno successivo venne inquadrato quale Battaglione Trasmissioni ABETONE nel 43º Reggimento Trasmissioni di nuova costituzione, a cui venne trasferita la Bandiera di Guerra del 43º Battaglione Trasmissioni ABETONE.
In seguito all'adozione del Nuovo Modello di Difesa il Comando del 43º Reggimento Trasmissioni è stato sciolto il 10 settembre 1998 e dal giorno successivo la sua Bandiera di Guerra è custodita a Roma nel Museo delle Bandiere presso l'Altare della Patria (Vittoriano).
Il Battaglione Trasmissioni ABETONE è transitato alle dipendenze del Comando del 3º Reggimento Trasmissioni di Roma.
Missioni e Soccorsi Il Battaglione ha preso parte, inoltre, ad alcuni importanti eventi di carattere nazionale ed internazionale quali i soccorsi e l'opera di ricostruzione in occasione dell'alluvione che colpì Firenze nel 1966 e il sisma che interessò l'Italia meridionale del 1980 o la spedizione italiano in Libano con la Forza Multinazionale del 1982, nel 1991 la Missione "Pellicano".
Il 62° Reggimento Fanteria "Sicilia" viene costituito il 16 aprile 1861 e subito inserito insieme al gemello 61°rgt. f."sicilia" nella brigata "Sicilia". Nato nel periodo immediatamente successivo alla seconda guerra d'indipendenza, il reggimento partecipa alla repressione del brigantaggio in Campania, dove guadagna la prima medaglia di bronzo al Valor militare (Castel Durazzano 1861). Nel 1866, durante la terza guerra di indipendenza, guadagna la prima medaglia d'argento al Valor militare (Primolano 21 e 22 luglio; Vigolo 23 luglio 1886). Nel 1870 partecipa alla campagna per la liberazione di Roma ed entra nella città dalla breccia di Porta Pia insieme ai Bersaglieri. Nel 1895-1896, con la 3ª compagnia, viene impiegato in Eritrea. Nel 1911-1912 viene impiegato nella guerra italo-turca, mentre in Libia concorre con la mobilazione dei reggimenti.
Combatte durante la prima guerra mondiale guadagnandosi la croce dell'Ordine militare d'Italia all'arma di fanteria. Nel 1926 viene assegnato alla VIII Brigata Fanteria. Dal 1° Aprile 1936 viene assegnato alla Divisione Motorizzata "Trento", dove partecipa alla seconda guerra mondiale. Nel 1936 il reggimento è in Libia e successivamente viene impiegato in Africa Orientale nella campagna Etiopica. Il reggimento partecipa a tutte le operazioni in Africa Settentrionale: dalla prima offensiva italo-tedesca per la conquista della Cirenaica (Sollum, Tobruk) alla sfortuna campagna di EL Alamein, alla quale partecipa schierato a difesa nel settore della Divisione Trento, immolandosi totalmente in una lotta durata 12 giorni (23 ottobre - 3 novembre 1942) nella zona più cruenta delle operazioni.
Il 1° ottobre 1975, a Catania, viene ricostituito il 62° battaglione fanteria "Sicilia" che eredita le tradizioni del 62° reggimento f. Sicilia. Il 27 agosto 1992, con il concorso del personale del disciolto 62° battaglione carri, il reggimento si trasforma in 62° reggimento fanteria corazzata "Sicilia". Nel 1997 si trasforma in 62° reggimento Carri. Nel 2001 riviene nuovamente convertito in reggimento fanteria. Il reggimento partecipa alle operazioni svolte in teatro nazionale: Operazione Vespri siciliani -Operazione Domino. Il reggimento partecipa ad operazioni estere: il 15 marzo 2006, in Kosovo, fornendo 2 compagnie sotto il comando del 6° bersaglieri. Dal 19 dicembre 2006 al 28 giugno 2007, il reggimento partecipa alla missione Eurofor Althea in Bosnia-Erzegovina.
La festa del reggimento si svolge il 23 ottobre, anniversario della battaglia di El Alamein.
17° Rgt. 'Sforzesca' (2002)[4]
[modifica | modifica sorgente]In quei tragici tempi era davvero in tema quello della difesa contraerea, con tanto di dichiarazione finale del comandante del reggimento, che non avrebbe esitato a lanciare missili anche contro aerei dirottati con moglie e figli dentro 'per evitare che i terroristi ne generassero altri' (anche se in nessun caso questo avrebbe salvato i suoi familiari). Il 17 Rgt. Sforzesca era un reparto risaltente alla fine dell'800, il 1 novembre 1888 con 8 batterie del 5° Rgt d'artiglieria, che divennero il 17° da campagna, unità usata in Libia e nelle guerre mondiali, nell'ultima delle quali venne usato nell'ambito della divisione 'Sforzesca'. Collezionò medaglie al valore, ma non impedì la disastrosa rotta sul fronte russo. Poi venne ricostituito nel 1947, a Novara, stavolta parte della divisione 'Cremona', nel '53 venne passato alla Difesa Aerea Territoriale o DAT, stavolta come 17° Raggruppamento d'artiglieria. Venne mantenuto a nord, a Lodi, a Ghedi a Savona, come unità da difesa contraerea. Nel '64 divenne 17° Reggimento d'artiglieria contraerei Leggera, a Bologna, ma con i gruppi a Villafranca, Istrana, Lodi e Ghedi. Dopo il 1975 divenne il 17° Rgt Artiglieria C./a 'Sforzesca', poi nel '93 venne sciolto. Proprio così, l'unità originaria non esiste più. In compenso bandiera e denominazione sono stati 'ereditati' dal 2 Gruppo del 121 Rgt Artiglieria C/a di Mestre, diventando quindi il 17° Gruppo artiglieria C/a Leggera. Poi, nel 1995, divenne un reggimento completo, con sezioni di fuoco basate sia sui nuovi lanciamissili Skyguard/Aspide che su cannoni da 40 mm L70 Bofors modernizzati. Ma già nel 1998 questi vennero perduti, e il Rgt venne trasferito dal 1997 a Rimini, caserma Giulio Cesare.
A questo punto l'unità è diventata monoarma, ma per poco: dati i pochi reparti per un vasto repertorio di sistemi (Stinger, SIDAM, SKYGUARD e HAWK) si è pensato di reintegrare nuovamente i sistemi di vario tipo, con gli HAWK destinati a rimanere in servizio in un unico reparto.
L'ultimo e più moderno sistema contraerei dell'Esercito è infatti lo SKYGUARD con i lanciamissili Aspide. Questi erano nel 2002 in servizio in tutti gli esemplari disponibili nel 2° Gruppo del reggimento, eccetto i sistemi necessari per la scuola C/a di Sabaudia. Il personale non era un problema: l'abbandono della leva nel 2000 venne più che compensato dai VFA (Volontari in Ferma Annuale), dato che ogni quadrimestre, a fronte della disponibilità di 200 posti c'era una richiesta di 1000. La cosa, che certamente non era comune per i reparti dell'Esercito, era spiegabile con il lavoro non eccessivamente oneroso, ma soprattutto per la dislocazione dell'unità (Rimini) non scevro di ricadute ambientali 'positive'. L'addestramento veniva curata dalla 3a Batteria, con due corsi frequentati a seconda se l'allievo è già o no proveniente dal servizio militare.
Ecco l'organico: Comando Reggimentale, il NED (Nucleo Elaborazione Dati per la logistica), Batteria Comando e Servizi, e il Gruppo Artiglieria, con 4 batterie SKYGUARD. Ma come erano fatte queste ultime? La loro composizione era stabilita così: si trattava di sei sezioni: sezione Comando e Servizi, Sezione Controllo fuoco, e 4 sezioni lanciamissili, l'unità operativa minima. Queste avevano 2 lanciamissili sestupli, chiamati U2, prodotti da Alenia, OTO e Bartoletti, e coordinati dalla sezione di fuoco, con una struttura chiamata U1, prodotta da Alenia, Contraves, Oerlikon. Questi sistemi non sono certo semoventi, e se è per questo, nemmeno tanto adatti al traino tattico. Il traino era possibile con gli autocarri ASTRA BM 309 6x6 chiamati U3 per il traino lanciatori, con un pacco di 6 missili sopra il pianale e una gru per la ricarica. L'analogo mezzo per la centrale U1 si chiama U4 ed è usato per il trasporto del personale, con il pianale telonato.
Insomma, la forza complessiva è: 4 batterie x 4 sezioni x 2 lanciamissili x 6 missili x 2 ricariche: 4 batterie, 16 sezioni di fuoco, 32 lanciamissili sestupli, 192 missili pronti al fuoco e altrettanti di ricarica pronta. Del resto il costo non era stato poco (1000 mld) e il programma prevedeva addirittura 23 sezioni di tiro originariamente, poi di qualcosa decurtate. Non è chiaro quanti missili sono stati costruiti: qualche anno fa si parlava di 4.000 ordigni costruiti, ma va detto che questo totale è da ripartire in tantissimi 'rivoli': esempio, l'Aspide è stato adottato da Esercito(SKYGUARD), AM (Spada e intercettori), MM (Albatross). Solo i missili per la ricarica più quelli pronti al tiro sarebbero quindi da soli, per il solo Esercito, il 10% di quelli prodotti. La cosa sarebbe ragionevole, ma la Marina Militare ha ricevuto lanciatori ottupli sulla 'Garibaldi' (2 lanciatori), uno su tutte le 4 'Lupo', 4 'Artigliere', 8 'Maestrale', 2 caccia 'Audace', 2 'De la Penne', 8 'Minerva' per un totale di 30 lanciatori, 240 missili pronti al lancio e per la maggior parte delle navi, il doppio delle armi in riserva. Poi ci sono le batterie Spada, con lanciatori sestupli per tutte le batterie (quante non è chiaro, forse una dozzina su 4 o più lanciatori l'una) e quindi altre centinaia di missili, mentre gli 'Aspide' aria-aria sono stati presumibilmente convertiti al lancio da terra sostituendogli le alette normali con quelle tronche (la radiazione degli F-104 li ha lasciati infatti senza utilizzatori aeroportati). Poi gli 'Aspide' sono stati esportati anche in numerose nazioni, per esempio il solo Esercito spagnolo, attorno al 1991, ne aveva ordinati oltre 200 (ma c'era anche la Marina, e inoltre non è affatto vero che in seguito non siano stati ordinati altri missili). Insomma, la dotazione di 'alcune centinaia di missili', tenendo conto anche dei numerosi lanci di prova e di addestramento, dovrebbe essere quanto prevedibile per questi ordigni, potenti, precisi ma costosi.
Ecco i componenti descritti: U1 è un rimorchio a due assi in vetroresina, con radar, IFF, apparato TV, computer di bordo, consolle per ufficiale e 2 sottufficiali. La torretta che porta radar e TV è ripiegata durante il trasporto, sotto il tetto. È possibile entrare in azione in 5 minuti dalla ferma con un motore di fornitura di potenza dato da una APU VW 1600 allontanabile su carrellino fino a 30 m di distanza, per non disturbare in caso di azioni prolungate con il suo rumore. La sistemazione, grazie allo spazio, è abbastanza confortevole. È possibile collegarsi con cavi telefonici, una coppia per lanciatore, con un massimo di due lanciatori collegabili a ciascun U1. Uno dei cavi è usato per le comunicazioni con la centrale e l'altro per quella tra le sezioni di fuoco. L'unità ha una coppia di radar: una ad antenna piana per la ricerca, a struttura piana, sormonta una più piccola, sempre nello stesso albero (come l'albero di una piccola nave), l'antenna discoidale di un radar di inseguimento. Esistono capacità moderne di scoperta di bersagli aerei multipli, anche se può capitare di beccare automobili in viaggio sulle autostrade. Esiste una telecamera 10x, non è chiaro se con capacità notturna ma di sicuro non di tipo termico, per identificare ad alcuni km il bersaglio (anche se è non ha una risoluzione elevata). La modalità d'ingaggio normale è quella di avvistare il bersaglio e poi passarlo ad una rampa di lancio, ma continuando l'illuminazione con il radar di bordo, che sembra simile ad un RTN-30X: in questo modo la rampa lancia solo il missile, puntato verso l'obiettivo (le rampe ricevono i dati in base ai cavi telefonici di cui sopra). Questo rende possibile un solo ingaggio per volta, ma esiste un altro sistema, forse meno preciso, quello di passare, dopo l'avvistamento del bersaglio, alla rampa di lancio i dati per l'ingaggio, dato che questa a sua volta è dotata di un radar di tiro Doppler ad onda continua (non è ben chiaro che significhi, sotto il lanciatore vi sono chiaramente due antenne radar, di tipo diverso: forse sono una per l'illuminazione e una per l'inseguimento del bersaglio, ma entrambe molto più piccole dell'antenna della centrale U1), con un pannello di controllo gestito da un sottufficiale e un VFA che mettono anche in opera il lanciatore sui suoi 2 martinetti laterali, il tutto motorizzato con una APU, che stavolta fa parte del rimorchio (sempre su due assi, con una ruota di scorta sistemata sul davanti, quasi fosse un fuoristrada). Il lanciamissili non ha uno shelter di tiro, è solo una rampa, per cui gli operatori devono stare ad una certa distanza per evitare la vampa del missile. Questo ovviamente non è affatto comodo né sicuro: i due soli addetti in guerra sarebbero magari aiutati anche da altri soldati di copertura, ma in ogni caso non vi è alcuna protezione diretta per questi operatori da agenti NBC o artiglierie.
La sequenza d’ingaggio è di 15-20 secondi, almeno come valore indicato. Per assicurarsi della sicurezza del lancio vi sono delle primitive soluzioni come ‘shock sensor’ ovvero delle bolle di vetro, sul fianco di ciascuna cella. Quando una si rompe allora il missile ha subito una ‘botta’ abbastanza forte che forse ha causato un suo danneggiamento, nonostante la cella protettiva la contenga normalmente fino al momento del lancio, quando rompe il coperchio in vetroresina. La gittata nelle ultime versioni arriva a circa 25 km grazie a vari miglioramenti, mentre la quota operativa varia da quelle bassissime a quelle medie, ma non è chiaro fino a quale quota sia possibile utilizzare queste armi. Si sono lette varie informazioni in merito: si sa dati di 2.500 m come anche di 6.000 m, ma certo dipende dalle apparecchiature di tiro, e dalla loro relativa copertura radar in elevazione.
Il rifornimento missili con le unità U3 avviene in circa 20 minuti, se compiuto con le procedure normali, sennò in emergenza anche alcuni minuti. I 'pallets' sono comunque di 3 t di peso totale, e vengono usate anche delle celle singole. I lanciatori non hanno comunque un disegno tale da agevolare la sua immissione nella rampa di lancio.
L'addestramento era svolto così: anzitutto vi era un simulatore di lancio, il TS2, sistemato in un container e collegato con la centrale U1 e registrare i risultati delle esercitazioni in cui il personale ha fatto uso delle varie tecniche e tattiche per affrontare le minacce simulate. Gli operatori hanno vari tipi di ECCM, specialmente il salto di frequenza, sia manuale che automatico con cambi continui della frequenza di lavoro (ovviamente entro un certo limite). I lanci reali, rari in quanto costosi, sono ostacolati anche dalla mancanza di aree addestrative adeguate. Come preparazione gli operatori seguono corsi di 4 settimane alla scuola di Sabaudia, poi altrettante d'addestramento in reparto alla 3a Batteria, ma solo dopo un anno di pratica si sarebbe raggiunto un livello ottimale di abilità. Questo per gli operatori di sistema, mentre i tecnici elettronici seguono corsi di ben 8 mesi. Questo da un'idea di come i sistemi d'arma moderni scoraggino di fatto l'uso di militari di leva, specie se si tratta di ferme limitate a 12 mesi o meno, e questo riduce anche l'utilità dei militari VFA: in pratica servono professionisti, non 'annuali'. Altre informazioni utili: l'addestramento in bianco avviene sul vecchio sito HAWK di Coriano o a Miramare (aeroporto), due aree sul fiume Marecchia, e altri ancora. Ma per i lanci dei missili si usa il poligono di Capo San Lorenzo, in Sardegna, che come non moltissimi sanno, è un'isola 'poligono' per le F.A., non c'è solo la ex-base americana di la Maddalena, ma anche Salto di Quirra, Decimomannu etc. perché in Sardegna ci sono pochi problemi meteo, pochi abitanti, molto spazio libero. I tiri vengono fatti contro manichette a vento con superfici visibili ai radar (con una qualche matrice metallica o simile), trainati dagli aerobersagli Mirach 2 o 4 della 639a Sqdr dell'AM. Infatti, il costo di abbattimento di un drone di questo tipo, per quanto sostenibile, non è necessario se lo si usa per trainare un bersaglio a perdere. Il rateo di successi è molto alto, mentre il Mirach scendono poi in mare con un paracadute e vengono recuperati, lavati per evitare i problemi della salsedine e rimessi a punto per successivi lanci con un minimo costo. Prima di queste esercitazioni sono previste le prove pre-lancio in bianco, a Coriano, sempre annualmente.
All'inizio del 2000 il passaggio dalla leva ai professionisti ha imposto una notevole attività di lavoro, ha partecipato all'esercitazione 'Isole Operative' con 8 sezioni missili, altrettante sono state portate in Sardegna per i lanci missili, poi c'è stata l'esercitazione DRAWSKO 2000 in Polonia con la 'Pozzuolo del Friuli' come unità ospite del distaccamento del 17imo. In genere una sezione serve per la difesa di punto, una batteria è invece richiesta per la difesa di un'area. Vi sono attività congiunte con gli spagnoli che hanno pure loro le batterie Skyguard, vi sono stati persino aiuti da parte del personale di una compagnia alla prefettura di Ferrara in occasione della piena del Po. Nel 2001 vi è stata l'esercitazione 'Santa Barbara' per la sorveglianza del Sud Italia, poi con l'esercitazione 'Light Eagle 2001' è stata usata una forza di 150 elementi, inquadrati in un gruppo 'cluster' con 500 artiglieri (3° Reggimento con un comando tattico, 4° con una batteria HAWK, 121° con SIDAM e Stinger). Sono andati in Polonia e l'esercitazione è durata tra l'11 e il 26 giugno, mentre lo stesso mese è stata inviata a Genova una batteria per proteggere il G8. Altri due plotoni sono stati basati a Mantova per operazioni in caso di necessità, ma operando come fanti, addestrati dai paracadutisti. A seguire il RAP CAMP per la 'pubblicità' e l'arruolamento di volontari di cui l'E.I. era disperatamente alla ricerca, con la fine imminente della Leva.
La caserma del 17imo risale alla II GM ma è stata aggiornata. Il servizio catering stava oramai prendendo la mano rispetto alla tradizionale autosufficienza del reparto (almeno in tempo di pace), esisteva la sezione RRR che revisionava per il 1 e 2° livello i lanciamissili risolvendo almeno l'80% dei problemi senza mandarli a Piacenza. L'efficienza dei sistemi era, per le 16 centrali di fuoco e 32 lanciatori, dell'80%.
Per il resto la dotazione comprendeva armi leggere da 5.56 mm AR70/90, MG42/59, veicoli tattici VM90, ACM, AR90, Beretta calibro 9 mm e in futuro, le FN MINIMI da 5,56 mm al posto delle MG.
Tutto perfetto dunque? Beh, no. I lanciamissili del tipo 'Skyguard' sono armi compatte, simili a quelle dell'AM, ma è difficile capire perché, per ricercare una migliore mobilità non siano stati adottati sistemi quadrupli. È vero che questo consente di reggere meglio attacchi di saturazione, ma mentre i lanciamissili ottupli della Marina sono adatti allo scopo, quelli sestupli dell'AM sono validi per la protezione di obiettivi esclusivamente statici come gli aeroporti, le rampe dell'Esercito devono muoversi in zone campali. Soprattutto, i tempi e la protezione non sono limiti di poco conto. I lanciatori saranno anche compatti e pratici, ma sono grossi e pesanti al tempo stesso. Sia la centrale che i lanciamissili mancano totalmente della rapidità di azione richiesta per entrare in azione come copertura tattica per le unità mobili. Sebbene siano capaci di mettersi in opera in pochi minuti, questi sono sempre troppi per colonne in movimento. Molto meglio sarebbe se gli autocarri ospitassero direttamente i lanciamissili e la centrale di tiro. Invece, dovendo trainare il tutto, oltre che obiettivi problemi di movimento fuoristrada, è necessario fermarsi, preparare il tutto e collegare con i cavi telefonici le varie unità di tiro. Qualcosa di profondamente diverso da avere la centrale di fuoco e-o i lanciamissili sistemati direttamente su autocarri, e-o la disponibilità di collegamenti a microonde per le comunicazioni 'wireless'. Insomma, si tratta ancora di un sistema di difesa statica, come lo è l'HAWK, ma con molta meno gittata e tangenza. Inoltre il lanciatore con 6 celle missilistiche non pesa certo meno della semplice rampa trainata per 3 HAWK, per cui non è detto che la mobilità fuoristrada sia migliore. In altri termini, nonostante la colorazione mimetica verde-scuro, lo Skyguard non è realmente un sistema per l'esercito. Forse adottando i lanciamissili a 4 celle -come in altre applicazioni del sistema- sarebbe stato possibile usare gli autocarri come lanciamissili. Inoltre, i missili Aspide, per quanto efficienti hanno bisogno dei radar di tiro e sorveglianza per operare. Questo li rende localizzabili, disturbabili, e attaccabili con i missili ARM. Il vero problema per i lanciamissili del tipo Sparrow/Aspide è proprio questo: da un lato hanno guida radar semiattiva come gli Standard e gli HAWK, per cui sono tracciabili e attaccabili, dall'altro hanno una gittata minore. Per esempio, un aereo che attaccasse una batteria HAWK o una nave con gli Standard SM avrebbe difficoltà a lanciare i missili stando al di fuori della gittata di queste armi, e magari dovrebbe avvicinarsi a bassa quota per evitare d'essere visto anzitempo. Con un sistema a medio-corto raggio questo problema non esiste (il raggio di un HARM è tranquillamente, in pratica, di 40 km), e inoltre l'aereo non deve affrontare uno scudo completo. In assenza di un altro sistema d'arma a medio raggio complementare, basta volare semplicemente ad alta quota, per esempio attorno ai 6000-10.000 m, e in teoria si sorvola letteralmente la batteria senza che questa possa fare nulla. Le navi non hanno molta scelta pratica (anzi missili di questo tipo hanno già una gittata maggiore rispetto ai tradizionali missili di autodifesa a corto raggio come i Sea Cat o i Crotale), ma per le unità terrestri in genere si preferiscono tre tipi di missili: SAM portatili (Stinger); SAM a corto raggio ma altamente mobili e semoventi (Roland, SA-8); SAM a lungo raggio con rampe trainate per impieghi di seconda schiera (Patriot, SA-10, HAWK). Lo SKYGUARD non è nulla di tutto questo, e la sua gittata marginalmente maggiore di quella dei missili della seconda categoria non può compensare la scarsa reattività e mobilità. Per questo lo Sparrow/Aspide, tra le forze di terra non ha mai 'sfondato', anche perché il costo è tutt'altro che modesto (nel caso italiano, erano previste originariamente forse 5 batterie, in media da 200 mld l'una). In pratica, nonostante i tanti programmi (tra cui questo, dal costo di circa 1000 mld), l'E.I. non ha mai avuto un efficace sistema a gittata medio-corta interamente mobile e schierabile in prima linea (quelli presenti, gli Stinger e i SIDAM mancano di 'braccio' e di tangenza utile, più i secondi dei primi, e oltretutto non hanno alcun sensore di scoperta immediata, come accade per i Roland, SA-8, SA-6, Shanine, ADATS etc.).
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ De Mattia, Giuseppe: La Brigata motorizzata ACQUI, RID Dicembre 1989, pagg. 24-27
- ↑ Barone, Enrico: Il Reggimento Lagunari Serenissima RID Febbraio 2003 pagg. 46-50
- ↑ http://www.esercito.difesa.it/root/unita_sez/unita_brig_rista.asp Link alla pagina della brigata sul sito dell'Esercito Italiano, aggiornata al 13/05/2007
- ↑ Mambriani, Simone: Il 17° RGT 'Sforzesca' RID 1/2002 pagg.64-69