Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Appendice 3
L'Atomica di Mosca[1]
[modifica | modifica sorgente]Gli occidentali oramai se l'aspettavano, se è vero che attorno alla 'Cortina di ferro' volavano aerei speciali con compiti di ricognizione speciale. E il 29 agosto 1949 successe davvero: un B-29, con attrezzature di ricognizione radioattiva, localizzò degli isotopi radioattivi nell'aria in misura superiore alla norma. Il 25 settembre l'URSS diramò un comunicato piuttosto ambiguo che sembrava confermare il possesso sovietico delle armi nucleari. In realtà la bomba chiamata dagli americani Joe-1 (Joe per ricordare Stalin, ovviamente, e il numero per indicare che era la 'prima') era il Prodotto 501, oppure, dopo l'esplosione avvenuta con successo, RDS. Sigla criptica che in russo significava 'La Russia fa da sola', nome che secondo Beria (che assistette all'esperimento) sarebbe piaciuto al 'padrone'.
La storia dell'atomica sovietica era ed è piuttosto oscura, data la segretezza, persino maggiore dei soliti standard sovietici. Già negli anni '30 gli scienziati sovietici avevano fatto progressi nella comprensione del mondo della fisica delle particelle, come Piotr Kapitza, studioso dei fenomeni della superconduttività e futuro premio Nobel. Tra i suoi benemeriti Kurciatov e Chariton, i futuri padri della bomba atomica sovietica. Il primo era interessato alla fisica nucleare e dal 1930 faceva esperimenti importanti, fino a che nel '43 fondò l'Istituto dell'Energia Atomica e in futuro meritò il nome del 104imo elemento della tavola degli elementi. Chariton nel '39 enunciò la teoria del disgregamento a catena dell'uranio. In sostanza i due riuscirono a formulare la teoria secondo cui qualche decina di kg di uranio 235 potessero causare un'enorme esplosione, e Chariton pensò anche a come eseguire la centrifugazione delle miscele gassose per ottenere l'elemento necessario. Un altro era Anatoli Alexandrov, che iniziò nel '37 a occuparsi della smagnetizzazione delle navi militari e poi della separazione degli isotopi di Uranio, in seguito sarà anche artefice della creazione dei primi sottomarini nucleari sovietici. Lev Landau e Igor Tamm (che scoprì il contenimento del plasma con campi magnetici e futuro Nobel) e altri ancora parteciparono con compiti importanti nella preparazione del programma sovietico, eppure quasi tutti non erano iscritti nel Partito, per esempio Kurciatov ci entrò solo nel '48, e altri anche più tardi, mentre Landau era stato addirittura arrestato con l'accusa di essere nemico del popolo il 27 aprile 1938 per poi essere liberato su pressione di Kapitza il giorno dopo. Pure Landau ebbe il Nobel, nel '62 (gli altri due rispettivamente nel '78 e '58), morendo nel '68 (ma il processo contro di lui durò fino al 1990).
L'avanzata delle truppe tedesche comportò l'evacuazione dei centri di Kiev, Leningrado e Mosca nel '42 però si riprese raggruppati a Kazan. Nel frattempo i servizi segreti, ovvero l'INO e l'NKVD stavano indagando sui progressi ad Occidente in campo anche nucleare, e uno dei responsabili, Kvansikov, era uno scienziato che si rese conto che la ricerca oramai era indirizzata nel settore militare. Ne discusse con il superiore Pavel Fitin e questi con il terribile Lavrenti Beria, un burocrate dal potere enorme capo dal 1938 dell'NKVD e poi commissario generale per la sicurezza dello Stato, il che gli diede modo di causare danni enormi alla nazione di cui doveva curare la salute. Ma anche se fu buona parte colpa sua delle purghe che funestarono l'URSS prima dell'Operazione Barbarossa, nel '44 venne incaricato anche del Comitato Statale per la Difesa o CSD, inclusa anche la ricerca missilistica e nucleare, grazie anche al fatto che l'NKVD era in possesso di centinaia di migliaia di lavoratori coatti (prigionieri politici). Inizialmente i rapporti sull'attività militare nucleare non vennero presi sul serio né da Beria né da Stalin, ma poi le cose cambiarono e gli scienziati dichiararono la serietà della situazione. Alla fine, grazie all'attività di spie come Klaus Fuchs, tedesco ma perseguitato dal nazismo e pertanto esule negli USA, le cose divennero sempre più chiare. E lo furono anche di più quando i Sovietici seppero della missione segreta Alsoss, che gli Americani, pure già in vantaggio, stavano facendo per trovare informazioni utili sui programmi nucleari tedeschi. I sovietici fecero lo stesso nell'aprile 1945 con una commissione che comprendeva molte persone di quelle già citate.
Il 16 luglio 1945 scoppiò la prima 'atomica' americana e mondiale, e il giorno dopo iniziò la conferenza di Potsdam con Stalin, Churchill e Truman. L'esplosione dell'atomica non venne tenuta segreta e lo stesso Truman lo disse a Stalin il 24 luglio e che era intenzionato ad usarla contro il Giappone. La conferenza finì il 2 agosto, e Stalin, che apparentemente non aveva capito di che Truman stava parlando, in realtà lo aveva ben compreso e dopo l'esplosione di Hiroshima capì anche meglio di che cosa quest'arma era capace. Accelerò il programma e per farlo si servì di Boris Vannikov, persona di valore che aveva difeso molti suoi quadri dalle accuse dell'entourage di Beria. Ma era stato anch'egli arrestato appena prima dell'invasione tedesca per le solite accuse diffamatorie. Ma Stalin lo liberò, data la sua importanza e competenza. Dal '42 si ritrovò come commissario del popolo per il munizionamento. Nell'agosto ebbe da Stalin l'incarico di realizzare l'Atomica anche se non sapeva bene di che si trattasse. Beria voleva realizzarla con l'NKVD, ma lui non era d'accordo: troppo importante per tutta l'URSS, doveva essere una cosa partecipata nella maniera più ampia. Stalin approvò e gli diede l'incarico. Il Consiglio per la creazione dell'Atomica era stato suggerito da Beria, ma Stalin approvò sì, ma mise Vannikov a comandarlo e non ci mise certo Beria. Vannikov divenne presto l'artefice materiale del programma nucleare sovietico, ovviamente segreto, assieme agli scienziati visti prima.
La bomba atomica sarebbe stata realizzata con il plutonio, per varie ragioni tra cui il fatto che il 2 dicembre 1942 Fermi aveva fatto la prima reazione controllabile nel Progetto Manhattan, con la sua pila atomica. Venne trovato il posto giusto per fare l'impianto per il plutonio, in zona di Celiabinsk, a Zaveniaghin, dove sorse l'Impianto N.817, dove lavorarono 70.000 detetuti di 12 campi, provenienti dell'NKVD.
Venne scelto un reattore a grafite, che richiedeva una purezza sia di uranio che di grafite elevatissima, cosa inizialmente impossibile per i sovietici. Il reattore nucleare vero e proprio venne chiamato F-1 o Anushka, costruito verso la fine del' 45, sottoterra, in un vano di 1.000 m3. Vennero quindi fornite 300 t di grafite e 24 di uranio. La sera del 25 dicembre 1946 'Anuschka' iniziò la sua attività con successo producendo il primo plutonio sovietico, anche se inizialmente era regolato solo per 100 watt. Beria il giorno dopo venne a vedere l'impianto ma gli fu detto da Kurciatov che c'erano troppe radiazioni, e ci rimase anche peggio quando gli dissero che la quantità di plutonio prodotta sarebbe stata di milligrammi, cosa che lo lasciò perplesso e senza parole. Dopo venne costruito, in un terreno a suo tempo appartenuto ad un romitaggio, il KB-11, uno stabilimento prima usato per i cannoni da 152 mm e i razzi M-13. Il primo direttore fu il gen. Zernov. Il progetto del Prodotto 501 fu prodotto entro il giugno 1946, e si pensava ad una bomba sia in versione a plutonio che ad uranio, entro la metà del '48. Ma ci volle più tempo, e alla fine di giugno tutto era pronto.. tranne i corpi di plutonio. Gli Americani pensavano che fino al '52 i Sovietici non sarebbero arrivati all'atomica, ma il ministro degli esteri Molotov già nel '47 disse che le armi nucleari non eran più un appannaggio degli USA.
Ovviamente non fu creduto. Ma intanto si preparava l'esplosione nel poligono di Addestramento N.2 del Ministero della Difesa, approntato appositamente. La bomba venne trasportata in zona, ma solo l'8 luglio 1949 partì anche il plutonio. Montato rapidamente, vi fu tuttavia bisogno di tre giorni di tempo per preparare l'ordigno, pronto entro il 22 agosto, poi seguirono tre esercitazioni generali perché non si poteva sbagliare. E non ci si sbagliò. Il 29 agosto alle 6.20 il cielo venne illuminato dalla prima esplosione atomica sul territorio dell'URSS. Gli stessi scienziati Kurciatov, Chartion, e il direttore Vannikov vennero decorati come Eroi dell'Unione sovietica e in seguito, 5 anni dopo, sarebbero stati gli autori anche della prima 'H' sovietica. Nel frattempo Stalin era morto nel '53; lo stesso anno Beria, forse l'uomo più odiato dell'URSS, finì fucilato come nemico del popolo. Il futuro, da loro tanto influenzato, non gli sarebbe appartenuto oltre.
I programmi americani[2][3]
[modifica | modifica sorgente]A parte l'esperimento di Alamogordo (dove dal '43 si riunirono i migliori scienziati e tecnici) del 16 luglio 1945, gli americani realizzarono altri due ordigni entro la fine della guerra, praticamente prototipi, anche se destinati a fare 'scuola'. Essi erano i risultati ultimi di tante cose, degli studi di Einstein sul rapporto tra massa ed energia (E=MC2), della sintesi del plutonio da parte di Fermi, della lettera di Einstein a Roosevelt sulla possibilità che i Tedeschi costruissero una bomba all'uranio, della fuga di Fermi e di vari altri importanti scienziati negli USA, degli enormi investimenti che, a seguito della prima pila atomica azionata nel '42, vide un programma da miliardi di dollari, che faceva il paio con quello dei bombardieri B-29.
E non fu un caso, forse fin dall'inizio si pensò ad essi come unico vettore pratico, dotati di abbastanza velocità e quota per sfuggire agli effetti delle bombe. A dire il vero, questi effetti si sarebbero potuti ovviare in vari modi: uno era quello di usare un paracadute che ritardasse la discesa alla quota prefissata per l'esplosione, ma forse si temeva che il vento portasse fuori traiettoria l'ordigno facendogli mancare parte dell'obiettivo (ma una grande città sarebbe stata comunque un bersaglio troppo difficile da mancare), l'altro di fornire di una spoletta a scoppio ritardato la bomba, sennonché l'impatto sarebbe stato forse tale da distruggerla prima di esplodere. Un parziale rimedio sarebbe stato cercare il mare, ma forse questo non sarebbe stato considerato 'soddisfacente' quanto ad effetti distruttivi sul porto di Hiroshima.
In ogni caso, il programma è stato ricchissimo di risvolti, molti dei quali poco noti. Io lascio, almeno per il momento, all'abbondante bibliografia la scoperta di tali elementi, anche perché non nutro alcuna 'simpatia' (se così si può dire) per le armi 'atomiche', capaci come sono di annientare, persino nella loro forma più primitiva, una intera città. Perché il dramma di tali armi è anche questo: sebbene gli americani dissero che con tali bombe potevano fare il lavoro di 2.000 B-29, in realtà omettevano di considerare che i B-29 non possono certo fare un bombardamento istantaneo se attaccano in tal numero; il singolo scoppio nucleare invece sorprende la gente per strada, non le dà scampo alcuno, né spesso un singolo aereo è sufficiente per dare l'allarme, specie se vi sono esemplari abitudinariamente in volo di ricognizione. E poi, naturalmente, c'è la radioattività. Della quale, sorprendentemente, non pare che Hiroshima e Nagasaki attualmente soffrano, per qualche ragione, a parte gli individui direttamente colpiti, il territorio si è 'depurato' abbastanza in fretta.
Ma il programma nucleare non fu certo improvvisato nemmeno dal punto di vista dell'aviazione. Tra i tanti risvolti poco noti, c'è quello dell'impiego di bombe 'normali' fatte a guisa di ordigni atomici. Questo per studiarne la traiettoria e la precisione. Queste armi, poco note, sono state in realtà le bombe più pesanti usate dall'USAAF durante la guerra. E il loro impiego fu consistente, con circa 50 ordigni lanciati che si stima uccisero oltre mille persone. Ma nessuno poteva capire a cosa servissero quelle bombe tanto potenti.
Le prime bombe 'atomiche' erano fatte in due modi diversi, rimasti a lungo in auge. Il primo era quello del 'cannone'. Ovvero, un pezzo di uranio veniva sistemato dentro un tubo, un altro all'estremità: detonando una piccola carica esplosiva poteva far sì che l'uno si scontrasse con l'altro, provocando per reazione la fissione. L'altro sistema, più elaborato e meno brutale, soprattutto meno ingombrante e pesante, è quello ad 'implosione', con dei panetti di esplosivo sistemati tutt'attorno al nocciolo di uranio o plutonio, e che esplodono contemporaneamente, provocando lo stesso effetto. Vedi per esempio 'The Peacekeeper' con Clooney e Kidman, la scena di disinnesco mostrava per l'appunto la carica nucleare di tipo implodente. Infatti, anche per le moderne bombe H si usa una piccola bomba a fissione per fornire abbastanza potenza, per cui in realtà si tratta di ordigni di tipo misto. Si chiamano a fusione perché la potenza esplosiva viene di gran lunga fornita dall'idrogeno.
Detto questo, chiaramente la prima bomba giapponese, Little Boy, era 'a cannone', la seconda, come si evince dalla forma 'obesa', era a implosione. Per questo si chiamava 'Fatman'. All'epoca la miniaturizzazione delle cariche nucleari era del tutto ignota ed entrambe pesavano oltre 4 tonnellate. Di lì a pochi anni si sarebbe giunti a costruire proiettili adattati a cannoni SR da 120 mm, ma questa è un'altra storia, come anche cariche da demolizione nucleari portatili (come ovvia conseguenza, del resto le armi nucleari sono state 'scalate' fino al livello del 155 mm, e vi sono studi per produrre delle 'minibombe' che colmino il gap tra le più potenti armi convenzionali e le meno potenti, circa 0,1 kt, armi nucleari).
Le bombe vennero portate in volo dai B-29 e tirate su città giapponesi. Questo fatto, al di là della mera enunciazione, merita chiaramente una spiegazione. Anzitutto come si è arrivati a concepire la distruzione di intere città. Premetto che Hiroshima e anche Nagasaki erano obiettivi militarmente legittimi, nel senso che avevano effettivamente un'industria militare sviluppata. Ma questo non è sufficiente per comprendere tutta la storia. In verità gli storici sono ancora in pesante disaccordo sul senso e l'opportunità di colpire obiettivi con bombardamenti indiscriminati, e in ogni caso tutto si fa risalire a molti anni prima, da dove potrebbe nascere la nostra storia.
Il primo bombardamento di città dall'aria avvenne già nella I G.M., e se si vuol essere precisi, le città sono sempre state al centro delle attenzioni di eserciti e truppe con assedi, assalti, bombardamenti d'artiglieria e così via. Ma il 'terror bombing' moderno nasce da Guernica, concepita come sistema per piegare il morale della popolazione basca, come in effetti largamente avvenne. Anche se pare che le vittime siano state 'solo' 200-250 anziché oltre 1.500, la città andò distrutta sotto l'attacco con bombe incendiarie degli aerei Heinkel e Junkers, supportati da alcuni velivoli italiani.
Nella II GM le cose, inizialmente, non procedettero in tal modo. Gli Inglesi ebbero cura di non attaccare se non navi militari in mare aperto o quantomeno ormeggiate, perché non volevano arrecare danno a persone o proprietà private. Questo era molto gentile, ma la guerra non è fatta per le buone maniere, e dopo che gli Inglesi fallirono con gravi perdite le prime missioni, cominciarono ad attaccare di notte le principali città tedesche, anche Berlino. I Tedeschi risultarono notevolmente infastiditi da tale sviluppo e se fin'allora si erano guardati dall'attacco ad obiettivi civili, cominciarono anche loro gli attacchi alle città britanniche, essenzialmente dal settembre 1940, dopo che avevano quasi azzerato la potenza aerea inglese, perdendo poi una settimana a bombardare Londra. In seguito continueranno a colpire la Gran Bretagna, prima con la guerra notturna del 1940-41, poi con le incursioni Baedecker, del '42, che erano mirate a distruggere città d'arte e storicamente importanti. Del resto tale iniziativa non nasceva da pura barbarie: gli Inglesi avevano semidistrutto Lubecca, una delle più belle città tedesche.
Al dunque i britannici, spazzati via dai cieli di giorno, abbandonarono l'idea di colpire obiettivi militari e si diedero al 'carpet bombing', distruggendo intere città con il loro potente Bomber Command. Gli Americani invece tentarono nei limiti del possibile di farsi valere in pieno giorno con attacchi mirati ad obiettivi militari o industriali. Quasi sempre si tennero fuori dai massacri che gli inglesi stavano facendo, il più clamoroso e gratuito a Dresda, che toccò davvero il fondo, anto che Hartur Harris e il suo comando bombardieri non vennero nemmeno menzionati nel bollettino della vittoria. In verità un mesto congedo per un'organizzazione che scientificamente distrusse la Germania, ma perse anche quasi 8.000 aerei con 50.000 aviatori, una grossa fetta di tutte le perdite subite dai Britannici durante la guerra. La capacità inglese di causare danni immensi alle pur robuste città germaniche era dovuta al bombardamento concentrato con ordigni sia incendiari che esplosivi, e alla generazione dell'effetto camino, che si trasformava in una spaventosa conflagrazione che si autoalimentava con venti da circa 200-300 kmh. Un ciclone di fuoco. In un rifugio antiaereo ad Amburgo vennero ritrovati, per esempio, uno strato di ceneri alto alcuni centimetri che si stima fosse quanto rimasto di circa 200 o più persone, letteralmente incenerite sebbene le fiamme non le avessero raggiunte direttamente.
Chiaramente, al di là degli orrori del regime nazista, certe azioni non potevano essere giustificabili e spesso nemmeno all'epoca lo furono. Gli Americani se ne tennero per lo più al di fuori, giocando una scommessa alla fine vincente per restare in gioco durante il giorno, con la visualizzazione del bersaglio da colpire.
Ma in Giappone le cose cambiarono. Gli Americani ottennero alcuni risultati dalle prime missioni dei B-29, ma non quanto si aspettavano: la cosiddetta 'Operazione Matterhorn' non avrebbe mai dato loro la vittoria sui Giapponesi, troppe tribolazioni e pochi risultati, mentre il nemico messo sul chi vive stava rinforzandosi in maniera significativa. Ben presto si passò sia all'accorciamento delle distanze con la presa delle Marianne, sia con i bombardamenti notturni e a bassa quota. Gli attacchi erano diventati indiscriminatamente contro i civili e le città, tutte colpite eccetto una (l'antica capitale del Giappone) con incursioni devastanti. Era oramai l'era del fire-bombing, perché le case giapponesi erano fatte con criteri antisismici, ma quei materiali così flessibili erano anche infiammabili (legno e carta) e i B-29 andavano in azione con 6 e passa tonnellate di napalm l'uno. Il napalm è un'altra invenzione terribile della guerra, si tratta di benzina opportunamente trattata per aumentare la sua densità e il suo potere distruttivo, tanto da sostituire i tradizionali ordigni caricati 'solo' con fosforo, magnesio o termite.
Il 'firebombing' assunse toni drammatici in parecchie occasioni, con le città giapponesi anche insignificanti a livello militare colpite e distrutte, perché oramai il concetto era quello di uccidere la popolazione civile (per gli inglesi valeva invece il concetto del 'de-Housing', ovvero distruggere le case, chiaramente un'arrampicata sugli specchi dato che solo ad Amburgo, in pochi giorni di incursioni morirono circa 40 mila persone), senza troppi giri di parole. A Tokyo, nella terribile primavera del '45, in una sola incursione si stima che morirono 80.000 persone. Gente che talvolta veniva bollita dai canali dentro cui cercava scampo dal calore, ma che non bastavano a proteggerla. Scene che chi ha vissuto non potrà mai dimenticare.
Con questo 'retroterra' culturale, con l'idea della guerra totale in mente, le 'atomiche' erano solo viste come una bomba più potente delle altre, 'più efficiente'. E come gli stessi componenti dell'equipaggio dei bombardieri mandati in azione hanno raccontato, c'era ben radicata la convinzione (che Tibbets e forse anche gli altri si sono portati dentro per tutta la vita) che quello che hanno fatto avrebbe salvato molte più vite di quelle che hanno distrutto. Ovviamente ci si riferiva all'Operazione Olympic, prevista per il '46, con l'invasione diretta del Giappone. Data la fortissima resistenza incontrata a Iwo Jima e Okinawa si pensava che il territorio giapponese sarebbe stato anche più difficile e sanguinoso da conquistare. Il che sarebbe anche vero, se non per il fatto che il Giappone era oramai alle corde e aveva speso le sue ultime energie per difendere quelle isole. Era talmente vero, che le perdite di B-29, anche quando nelle missioni diurne, erano calate dall'1,3% a meno dello 0,1%. Nel mentre i B-29 sganciarono 170.000 t di bombe, di cui 105.000 incendiarie nella loro campagna di bombardamento, iniziata contro le acciaierie e finita contro i quartieri popolari, maggiormente infiammabili e per questo scelti come bersagli.
Data la situazione, si sarebbe potuto dare tempo e modo alla diplomazia di lavorare e convincere la leadership giapponese, che la guerra era persa e che non aveva nessun senso continuare. Ma per varie ragioni, non accadde nulla di simile. Forse uno dei motivi fu quello che si intendeva far capire a Stalin che sarebbero stati gli USA a comandare nel 'nuovo mondo' postbellico, in quanto dotati di capacità nucleari. E forse la rapidissima successione con cui si fece seguire la seconda bomba alla prima, dopo appena 3 convulsi giorni, era imputabile alla fretta con cui si voleva collaudare dal vero anche la bomba al plutonio, peraltro dello stesso tipo della carica esplosa il 12 luglio. Ecco i tipi di armi escogitate durante la guerra.
- Mark 1: "Little Boy", la bomba di Hiroshima (13-16 Kt, 1945-1950)
- Mark 2: "Thin Man", una differente progettazione, che non ebbe seguito
- Mark 3: "Fat Man" (21 Kt, 1945-1950) la bomba di Nagasaki, al plutonio.
L'attacco alle due città fu molto meno lineare di quanto si può pensare. Per esempio, fu solo la copertura nuvolosa che fece decidere tra Hiroshima e Kokura. Tra la prima e la seconda bomba si lanciarono tonnellate di manifestini di propaganda per chiedere ai Giapponesi di arrendersi. Ma questi erano ancora intenti a cercare di capire quale apocalisse avesse distrutto Hiroshima, e in tre giorni non poterono prendere quelle decisioni che vennero poi prese dopo Nagasaki. Non c'era tempo ed è difficile capire la ragione dato che oramai gli americani avevano la situazione in pugno. Forse il problema era l'ammassamento di truppe sovietiche nei territori ad est dell'URSS, per prevenire l'attacco deciso da Stalin per regolare i conti con i Giapponesi. L'attacco ci fu ugualmente, a guerra finita con gli Americani, e comportò la rotta del forte esercito giapponese ancora in territorio coreano e cinese.
Una cosa è certa, che il costo della guerra moderna lo hanno pagato sempre di più popolazioni civili e inermi. A Hiroshima c'era anche un campo di prigionia americano, spazzato via dall'esplosione dell'Enola Gay di Paul Tibbets (questo nome così strano è quello della madre). Allora andò tutto perfettamente. Non così con il Bockscar e la sua Fat Man, che ad un certo punto addirittura si armò in anticipo e rischiò di esplodere ancora a bordo. Tuttavia la fine della missione è nota. Nagasaki venne distrutta, ma anche esplodendo in quota la bomba non riuscì ad uccidere quanto a Hiroshima, limitandosi a 'solo' 52.000 persone a causa del terreno più collinoso che schermò parte della città dalla distruzione. Invece a Hiroshima morirono non meno di 80.000 persone (più i dispersi), per lo più fulminate dall'onda di calore e da quella che arrivò, con un ritardo di alcuni, orribili secondi, a spegnere le loro vite. L'onda d'urto non ebbe tuttavia la stessa distanza utile di quella termica e della radiazione diretta, per cui molti sopravvissero eppure ebbero orribili ustioni o vennero contaminati dalla radioattività. Stranamente, mentre in tanti esperimenti il raggio utile di un ordigno di bassa potenza è stimato in poco più di un km, qui la distruzione si estese anche oltre i 3 km dal punto di scoppio. Gli edifici, pochi dei quali in cemento, vennero distrutti e il fumo salì fino a 17 km.
Anche dall'Enola Gay in fuga ad alta quota sentirono distintamente l'onda d'urto, e contemplarono sbigottiti quello che il loro bombardiere aveva fatto. Poi credettero che era il 'male minore', senza considerare che la resistenza giapponese era in realtà al capolinea e un minimo sforzo diplomatico avrebbe evitato facilmente l'invasione del Giappone. Dopotutto, la storia è piena di casi (come Pantelleria nel '43) in cui una piazzaforte cade per un assedio senza la presa d'assalto immaginata con lo stile di 'Olympic'.
Sia come sia, l'orrore dell'alba dell'era nucleare non si esaurì ma fece da deterrente per evitare altre guerre mondiali su vastissima scala, nella consapevolezza che la tecnologia umana è troppo potente per essere usata senza limiti.
Un'appendice particolare fu però quella del trasporto delle bombe a Titian, da dove poi partirono a bordo dei due B-29. Questo trasporto venne fatto da un mezzo che doveva essere sicuro, veloce e segreto. Nulla di meglio di un incrociatore. Ma l'USS Indianapolis, classe 'Portland' (evoluzione del precedente tipo 'Northampton'), ebbe davvero un destino singolare. Nave da 186,2 metri, consegnata nel '32, 107.000 hp per 32,7 nodi, era ben armata con 9 pezzi da 203/55 mm, 8 da 127/25 mm, 24 armi da 40 e 22 da 20 mm, da circa 12.600 t a pieno carico, rischiò di affondare il 31 marzo 1945 quando venne colpito da un Kamikaze. A luglio aveva completato la sua riparazione e il 12 del mese il comandante McVay ebbe l'ordine di approntarsi per il 16 luglio per la partenza. a bordo c'erano anche, per errore, ben 2.500 salvagente, un 'doppione' tra le richieste per l'imbarco. Sarebbero serviti. Per il momento, arrivarono due furgoni dell'US Army al molo Hunters Point, S.Francisco, che portavano uno la barra d'uranio e l'altro parti varie della bomba 'Little Boy', collocati senza troppo riguardo in una cabina ufficiali e nel ponte hangar. Salpò alle 4.000 del 16 luglio, fece scalo a P.Harbour e per il 26 era a Titian, 5.000 miglia lontano dal punto di partenza. Era lì che il B-29 Enola Gay del 509° Gruppo Misto, 20a AF, attendeva per la missione 'speciale'. Poi ripartì il giorno stesso e si diresse verso Leyte per un ciclo di esercitazioni. Non c'erano disponibili unità di scorta al momento e non sembra che ce ne fosse bisogno dato che i sommergibili erano oramai raramente avvistati. E i pochi avvistamenti erano spesso considerati falsi allarmi. Ma la sera del 29 luglio due siluri dell'I-58 lo mandarono a picco. Circa 300 marinai morirono nel naufragio. Il segnale dell'SOS non venne captato da nessuno, e dopo ben 5 giorni finalmente vennero salvati dal mare solo 316 superstiti su 1.195. Molti vennero mangiati dagli squali; la vicenda, ricordata nel famoso film di Spielberg non è inventata e solo una serie di errori e di leggerezze consentì che i soccorsi non venissero fatti in tempo per salvare la maggior parte dei marinai dell'Indianapolis. Come avrà potuto essere che l'ultima grande nave affondata nella guerra sia stata proprio quella che portò 'la bomba' di Hiroshima, è un fatto che sfida ogni ragionamento probabilistico. Un evento meno improbabile, ma nondimeno impressionante, fu come il fato si accanì contro i singoli individui anche delle città giapponesi. Si ha notizia di almeno un uomo che, scampato a Hiroshima, trovò rifugio a Nagasaki, ritrovandosi due volte sotto un attacco nucleare. Sopravvisse ad entrambe, anche se dieci anni dopo morì per un tumore alla pelle (per questo episodio vedi Alberto Angela e la puntata di 'Ulisse' dedicata a Hiroshima).
I programmi tedeschi e gli 'eroi di Telemark'[4]
[modifica | modifica sorgente]Qualcuno si ricorderà di un film d'azione ambientato tra le fredde montagne della Norvegia, con Richard Harris e R.Burton, uno dei film bellici più famosi. Esso, al solito, non era del tutto corretto rispetto alla verità storica, ma di essa ne conservava una grande parte. E la fine del film è sostanzialmente quella che i libri di storia ricordano.
I Nazisti erano molto interessati alle armi più avanzate, pensarono persino agli aerospazioplani (del tutto irrealizzabili all'epoca, ma gli studi sulla propulsione di Sanger erano davvero importanti), e naturalmente, anche ai progressi della fisica sub-atomica. Già Einstein, del resto, aveva affermato nel '39, con una lettera a Roosevelt che era possibile fabbricare armi all'uranio e che i Tedeschi avevano bloccato la vendita dell'uranio delle miniere cecoslovacche. Ora in Germania c'erano ancora scienziati come Werner Heisemberg e von Weizacker, e anche se la maggior parte dei migliori fisici era oramai emigrata negli USA, soprattutto per sfuggire alle persecuzioni razziali, in Europa forse si poteva ancora organizzare qualcosa. La coppia francese Joliot-Curie era all'avanguardia sulle ricerche nell'energia nucleare, mentre in Norvegia c'era una fabbrica, la Norsk-Hydro, che pur impegnata nella produzione di ammoniaca, come sottoprodotto produceva 10 litri di deuterio al mese.
Questa fabbrica della zona di Telemark interessava moltissimo per tale produzione, e c'era da muoversi in fretta per eliminare il rischio che cadesse nelle mani dei Tedeschi. Joliot si mosse in fretta, comprando i 165 litri di acqua pesante che vennero portati segretamente in Francia giusto prima dell'invasione Tedesca, e poi questi litri verranno salvati e portati in Gran Bretagna il 20 giugno 1940, salvando per la seconda volta quest'acqua speciale, fondamentale per la realizzazione dei primi reattori atomici. Gli impianti però erano rimasti in Norvegia e i Tedeschi li fecero lavorare per i loro interessi. Gli Inglesi lo seppero e decisero di colpire tale fabbrica. La migliore possibilità era quella, teoricamente, di colpire con un attacco aereo: ma questo non era fattibile in pratica data la posizione della fabbrica, vicino ad una montagna che di fatto la proteggeva efficacemente dalle azioni d'attacco aereo, almeno all'epoca. Venne quindi programmata un'azione di commandos. Nel frattempo un gruppo di partigiani norvegesi comandati dall'ing. Einard Skinnarland arrivò con una nave norvegese catturata in Scozia, nel marzo 1942. Ma Skinnarland sarà rimandato in Norvegia, paracadutato con una piccola trasmittente. Da lì tenne i contatti con il SOE, il comando delle forze speciali. Prima si tentò di attaccare l'impianto con un paio di alianti guidati da altrettanti bombardieri da trasporto: ma al momento dell'attacco del 19 novembre il primo aliante andò distrutto assieme all'aereo che lo trainava cozzando contro una montagna, e i superstiti per giunta vennero subito uccisi dall'esercito, mentre il secondo aliante si salvò ma i suoi componenti 2 giorni dopo vennero catturati. Si decise di lasciar perdere gli alianti, e di ricorrere a dei paracadutisti. Il gruppo guidato da Knut Haukelid era di sette elementi e riuscì ad arrivare via paracadute il 20 febbraio 1943. Dopo una lunga preparazione e varie traversie, riuscirono ad entrare nella fabbrica e manomisero l'impianto elettrolitico e altri sistemi, nonostante la sorveglianza di 20 soldati tedeschi, senza farsi notare e senza uccidere nessuno. Le esplosioni distrussero varie apparecchiature e i soldati Tedeschi non riuscirono a ritrovare questi incursori, anzi all'inizio era anche stato coinvolta la locale popolazione, che si temeva avesse sabotato l'impianto; ma il comandante tedesco si rese conto che un lavoro tanto professionale poteva essere solo l'opera di commandos inglesi. Questi nel frattempo erano andati al confine svedese e si salvarono dalla caccia di 3.000 tedeschi. I danni erano stati calcolati in 8 mesi di stop; invece i Tedeschi riuscirono a riprendere l'attività in appena 4 mesi. Ora la parola passò all'USAAF, che tentò il 16 novembre 1943 di distruggere gli impianti con 155 bombardieri. Gli impianti vennero danneggiati gravemente e sulla neve della Norvegia si levò il fumo della grande fabbrica, con i suoi alti edifici che la facevano sembrare un castello, effettivamente colpita molto pesantemente. La popolazione civile, che si era tentato di risparmiare da un'azione di bombardamento indiscriminata, ebbe 22 vittime. Il film fa vedere che quest'attacco era stato un fallimento, ma questo non corrisponde alla verità. Il punto è che nessuna di queste azioni aveva intaccato le riserve di deuterio accumulate, e i Tedeschi volevano portarle in Germania. Le fecero muovere in parte su treno e in parte su autocarro. Come si vede nel film, dove c'era un traghetto con il carro ferroviario che vi entrava dentro. Non c'era modo di attaccare questo movimento, ma c'era il modo di colpire il punto di arrivo comune, il traghetto.
Haukelid riuscì a far posporre, assieme ai tecnici della fabbrica, di far muovere il carico ad una domenica. Era l'occasione per ridurre al massimo le perdite della popolazione civile dall'inevitabile affondamento del traghetto. Mise una carica di 9 kg sotto la chiglia, dato che i Tedeschi non sorvegliavano il piccolo traghetto. Alle 10.45 del 9 febbraio 1944 la carica esplose quando la nave era nel punto più profondo del lago Tinnsjo, mandando a picco la nave e il carico. Se e come questa azione abbia prevenuto la costruzione dell'atomica tedesca non si sa bene nemmeno oggi. Del resto pare che i Tedeschi non avessero affatto l'arma a portata di mano, come invece stavano facendo gli Americani, e quindi era difficile che in ogni caso sarebbero riusciti a fare molto. Forse semplicemente avrebbero sprecato risorse per cercare di andare avanti con un programma che non avrebbe consentito di arrivare all'obiettivo. Gli Americani riuscirono ad usare le 'atomiche' solo dal 6 agosto 1945, per allora i Tedeschi erano già sconfitti da mesi. Le sorti della guerra non sarebbero certo state stravolte dall'acqua pesante norvegese. E tuttavia, data la paura che effettivamente i Tedeschi dessero vita alle armi nucleari prima degli Alleati, con tanto di bombardiere He 177 appositamente preparato (il prototipo V38), è chiaro che difficilmente non si sarebbe tentato di fare quello che venne fatto per togliere ai Tedeschi anche la remota possibilità di realizzare le 'armi definitive' per antonomasia.
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ Dimitrov V: Il prodotto 501, Eserciti nella Storia agosto 2000
- ↑ Caiti G: la Tragedia dell'indianapolis
- ↑ Ghergo F: Hiroshima era necessaria?, I bombardamenti e i civili, Il Terror Bombing e Firebombing sul Giappone, Storia Militare dic 2006, gen 05, giu 06
- ↑ Jones E: I commandos di Telemark Eserciti nella Storia nov 1999