I promessi sposi/Analisi del capitolo 11

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Indice del libro

Dopo il capitolo e mezzo dedicati alla vita della Monaca di Monza, la narrazione nell'undicesimo capitolo ritorna alle vicende del romanzo.

Come è già successo in altre occasioni, Manzoni è di nuovo costretto, per seguire tutti i personaggi e le situazioni, ripercorrere con un flashback le azioni di altri personaggi.
I personaggi infatti prendono strade differenti e quindi è impossibile seguire le vicende di tutti senza fare ricorso ad artifici letterari (Agnese e Lucia sono a Monza, Renzo è in cammino per Milano, mentre don Rodrigo, i bravi e fra Cristoforo sono ancora al paesino).

La prima parte del capitolo riguarda proprio le vicende dei bravi la mattina dopo la notte degli imbrogli (capitolo 8).
Don Rodrigo è impaziente ma prima di tutto ha paura e cerca di distruggere le prove di quella notte e i sospetti riguardo al tentato rapimento. Fa tuttavia l'errore di considerare che le vittime siano "gente di nessuno" ma in realtà, come gli aveva ricordato Fra Cristoforo, esse sono sotto la "protezione di Dio":

« S'andava però rassicurando col pensiero delle precauzioni prese per distrugger gl'indizi, se non i sospetti. " In quanto ai sospetti ", pensava, " me ne rido. Vorrei un po' sapere chi sarà quel voglioso che venga quassù a veder se c'è o non c'è una ragazza. Venga, venga quel tanghero, che sarà ben ricevuto. Venga il frate, venga. La vecchia? Vada a Bergamo la vecchia. La giustizia? Poh la giustizia! Il podestà non è un ragazzo, né un matto. E a Milano? Chi si cura di costoro a Milano? Chi gli darebbe retta? Chi sa che ci siano? Son come gente perduta sulla terra; non hanno né anche un padrone: gente di nessuno. »
(capitolo 11)

Sia il Griso che don Rodrigo sono convinti che il piano sia fallito a causa di una spia. Quest'idea viene tuttavia abbandonata dopo il colloquio con il conte Attilio, che scarica le colpe su fra Cristoforo.

La seconda parte del capitolo viene introdotta dal Manzoni con una riflessione riguardo alla stesura del suo romanzo e alla difficoltà di seguire tutti i personaggi:

« Ho visto più volte un caro fanciullo [...] affaccendato sulla sera a mandare al coperto un suo gregge di porcellini d'India, che aveva lasciati scorrer liberi il giorno, in un giardinetto. Avrebbe voluto fargli andar tutti insieme al covile; ma era fatica buttata: uno si sbandava a destra, e mentre il piccolo pastore correva per cacciarlo nel branco, un altro, due, tre ne uscivano a sinistra, da ogni parte. Dimodoché, dopo essersi un po' impazientito, s'adattava al loro genio, spingeva prima dentro quelli ch'eran più vicini all'uscio, poi andava a prender gli altri, a uno, a due, a tre, come gli riusciva. Un gioco simile ci convien fare co' nostri personaggi: ricoverata Lucia, siam corsi a don Rodrigo; e ora lo dobbiamo abbandonare, per andar dietro a Renzo, che avevam perduto di vista. »
(capitolo 11)

Manzoni passa così elegantemente da una scena all'altra e ritorna su quelle di Renzo, che aveva lasciato nel capitolo 9 alla sua partenza per Milano da Monza.

L'arrivo in città di Renzo è caratterizzato dall'uso di vocaboli che richiamano lo stupore e l'estraneità del povero montanaro (così viene chiamato nei capitoli successivi) a Milano.

Le vicende del giovane a Milano sono in realtà un romanzo di formazione all'interno del romanzo stesso: il giovane infatti, abituato alla vita in un piccolo paese, a Milano diventerà grande a sue spese. È infatti per la sua fanciullesca ingenuità che verrà coinvolto nel tumulto e verrà arrestato.
Ad esempio, Renzo non esita a raccogliere da terra i pani che trova per strada ignorando la presenza di una rivolta. Neanche la presenza di farina e pagnotte per la strada non lo portano a pensare che la situazione, anomala, possa celare qualche pericolo; la realtà diventa fiaba e il giovane crede di essere "paese della cuccagna", iniziando a dubitare dell'esistenza di una carestia.

A partire dalla narrazione[modifica]

Sabato 11 novembre 1628
Don Rodrigo e il Griso la notte degli imbrogli

  • Il Griso torna al palazzotto di don Rodrigo senza avere portato a termine il rapimento di Lucia.

Il Manzoni paragona così i bravi ad un "branco di segugi dopo aver inseguita invano una lepre", che "tornano mortificati verso il padrone co' musi bassi". La similitudine riprende una simile nella notte degli imbrogli (i bravi lì sono paragonati ad una mandria di porci, e il Griso al cane che li scortava).

  • Il Griso fa relazione a Don Rodrigo sui fatti della serata

Don Rodrigo e il conte Attilio

  • Don Rodrigo riferisce quanto saputo al conte Attilio che si impegna a "sistemare" frate Cristoforo che ha aiutato Renzo, Lucia ed Agnese a fuggire
  • Intanto il Griso viene a sapere dove sono fuggiti i promessi sposi e Agnese. Don Rodrigo gli affida il nuovo incarico di recarsi a Monza per scoprire di più al riguardo.

Renzo arriva a Milano

  • Renzo arriva a Milano ammirando le dimensioni del duomo e chiede delle informazioni per il convento dei cappuccini a Porta Orientale

Renzo non realizza ancora di essere in una grande città e non in un paesino dove tutti si conoscono; chiede ad un passante qualunque semplicemente Saprebbe insegnarmi la strada più corta, per andare al convento de' cappuccini dove sta il padre Bonaventura?. Ovviamente le informazioni non sono sufficienti al passante per fornire indicazioni, in quanto non conosce tutti i frati dei conventi della città.

  • Renzo si aggira per le strade e vede i primi segni del tumulto che sta per scoppiare. Trova per la strada strisce bianche di farina e delle pagnotte, che raccoglie ingenuamente.
  • Al convento Renzo non viene fatto entrare in assenza di una richiesta scritta per il padre Bonaventura, che al momento non è neanche presente al convento. Gli viene consigliato di rimanere in Chiesa per la notte, ma Renzo preso dalla curiosità si allontana dal convento e si dirige verso il centro della città.

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