I promessi sposi/Carestia
La carestia è uno delle principali tematiche del romanzo, nel senso che svolge un ruolo fondamentale nella vicenda determinando in modo decisivo lo sviluppo della storia, in particolare per quanto riguarda Renzo.
La carestia compare sin dai primi capitoli e non abbandona mai il lettore, anche se rimane solo accennata. Già nel secondo capitolo, quando viene descritto Renzo, viene detto:
Alla carestia rimanda poi l'episodio del Miracolo delle noci ed è un elemento caratterizzante nella descrizione del paesaggio in cui si muove fra Cristoforo:
Infatti l'annata del 1628 non era la prima ad andare così male; e i contadini avevano quindi timore nell'usare il grano che rimaneva, in quanto era lo stesso che veniva usato per fare il pane: se non fosse fruttato, sarebbe stato come buttato via.
La carestia ancora elemento fisso nel paesaggio e nelle vicende: su di essa verte la triplice disputa del quinto capitolo, e i suoi effetti si vedono nel capitolo sei quando Renzo si reca a casa di Tonio:
Dal capitolo 12 la carestia diventa elemento fondamentale della vicenda: Renzo a Milano diventa partecipe della rivolta di San Martino contro i fornai, a partire dall'assalto del Forno delle grucce in cerca di pane fino al tentativo di uccidere il vicario di provvisione, incolpato di essere responsabile della penuria. Accusato di essere uno dei capi della rivolta, Renzo viene arrestato ma riesce abilmente a fuggire e a raggiungere Bergamo, dove chiede ospitalità al cugino Bortolo.
Dopo la parentesi dell'Innominato, la vicenda della carestia ritorna in primo piano. Nel capitolo 28 il Manzoni riprende infatti i fatti di Milano che avevano coinvolto Renzo ed analizza storicamente i fatti susseguitisi al tumulto di San Martino
Solo qualche capitolo più avanti, infine, dopo l'arrivo dei Lanzechinecchi, la carestia lascerà spazio ad un male ancora peggiore: la peste
Un'analisi storica
[modifica | modifica sorgente]Il 1628, anno in cui è ambientata la vicenda, era il secondo anno di annata scarsa nel Nord Italia, le cui cause sono da cercare nella concomitanza di alcuni fattori storico-sociali:
- la guerra dei trent'anni, che aveva portato distruzione in tutta l'Italia del Nord. Ne è un esempio l'episodio della guerra di successione di Mantova, oggetto del discorso tra i commensali alla tavola di don Rodrigo nel quinto capitolo;
- una vera e propria speculazione da parte di chi poteva permettersi il pane e del grano, acquistando per rivendere quando i prezzi sarebbero saliti;
- una reale coincidenza di questi fattori con annate scarsamente produttive a causa di fattori climatici e ambientali.
Queste cause emergono in modo evidente nel capitolo 12, quando Manzoni spiega le cause storiche della carestia e insieme analizza anche altri due aspetti della carestia dal punto di vista sociale:
- Il comportamento della massa. Il popolo cercò un capro espiatorio e riversò la colpa della carestia sugli incettatori e sui fornai (come si farà con la peste per gli untori). Addirittura si parlava con certezza di derrate di farina e pane nascoste dai fornai e spedite segretamente in altri paesi.
- Le responsabilità dei singoli. Il governatore don Gonzalo Fernandez de Cordova, "ingolfato" dalla guerra e dall'assedio di Casale Monferrato, venne sostituito dal gran cancelliere Antonio Ferrer. Egli non ebbe però il coraggio di prendere provvedimenti impopolari e, senza una vera cognizione dei fatti, impose un limite al prezzo del pane, costringendo i fornai alla miseria.
Venne così istituita una giunta che rialzò il prezzo del pane, con la conseguente collera della massa ("I fornai respirarono, ma il popolo imbestialì").