I promessi sposi/Carestia

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Indice del libro

La carestia è uno delle principali tematiche del romanzo, nel senso che svolge un ruolo fondamentale nella vicenda determinando in modo decisivo lo sviluppo della storia, in particolare per quanto riguarda Renzo.

La carestia compare sin dai primi capitoli e non abbandona mai il lettore, anche se rimane solo accennata. Già nel secondo capitolo, quando viene descritto Renzo, viene detto:

« E quantunque quell'annata fosse ancor più scarsa delle antecedenti, e già si cominciasse a provare una vera carestia, pure il nostro giovine, [...] non aveva a contrastar con la fame. »
(Capitolo 2)

Alla carestia rimanda poi l'episodio del Miracolo delle noci ed è un elemento caratterizzante nella descrizione del paesaggio in cui si muove fra Cristoforo:

« Lo spettacolo de' lavoratori sparsi ne' campi, aveva qualcosa d'ancor più doloroso. Alcuni andavan gettando le lor semente, rade, con risparmio, e a malincuore, come chi arrischia cosa che troppo gli preme; altri spingevan la vanga come a stento, e rovesciavano svogliatamente la zolla. La fanciulla scarna, tenendo per la corda al pascolo la vaccherella magra stecchita, guardava innanzi, e si chinava in fretta, a rubarle, per cibo della famiglia, qualche erba, di cui la fame aveva insegnato che anche gli uomini potevan vivere »
(capitolo 4)

Infatti l'annata del 1628 non era la prima ad andare così male; e i contadini avevano quindi timore nell'usare il grano che rimaneva, in quanto era lo stesso che veniva usato per fare il pane: se non fosse fruttato, sarebbe stato come buttato via.

La carestia ancora elemento fisso nel paesaggio e nelle vicende: su di essa verte la triplice disputa del quinto capitolo, e i suoi effetti si vedono nel capitolo sei quando Renzo si reca a casa di Tonio:

« La mole della polenta era in ragion dell'annata, e non del numero e della buona voglia de' commensali »
(capitolo 6)

Dal capitolo 12 la carestia diventa elemento fondamentale della vicenda: Renzo a Milano diventa partecipe della rivolta di San Martino contro i fornai, a partire dall'assalto del Forno delle grucce in cerca di pane fino al tentativo di uccidere il vicario di provvisione, incolpato di essere responsabile della penuria. Accusato di essere uno dei capi della rivolta, Renzo viene arrestato ma riesce abilmente a fuggire e a raggiungere Bergamo, dove chiede ospitalità al cugino Bortolo.

Dopo la parentesi dell'Innominato, la vicenda della carestia ritorna in primo piano. Nel capitolo 28 il Manzoni riprende infatti i fatti di Milano che avevano coinvolto Renzo ed analizza storicamente i fatti susseguitisi al tumulto di San Martino

« [...] due erano stati, alla fin de' conti, i frutti principali della sommossa; guasto e perdita effettiva di viveri, nella sommossa medesima; consumo, fin che durò la tariffa, largo, spensierato, senza misura, a spese di quel poco grano, che pur doveva bastare fino alla nuova raccolta. A questi effetti generali s'aggiunga quattro disgraziati, impiccati come capi del tumulto: due davanti al forno delle grucce, due in cima della strada dov'era la casa del vicario di provvisione. [...] A ogni passo, botteghe chiuse; le fabbriche in gran parte deserte; le strade, un indicibile spettacolo, un corso incessante di miserie, un soggiorno perpetuo di patimenti. »
(capitolo 28)

Solo qualche capitolo più avanti, infine, dopo l'arrivo dei Lanzechinecchi, la carestia lascerà spazio ad un male ancora peggiore: la peste

Un'analisi storica[modifica]

Il 1628, anno in cui è ambientata la vicenda, era il secondo anno di annata scarsa nel Nord Italia, le cui cause sono da cercare nella concomitanza di alcuni fattori storico-sociali:

  • la guerra dei trent'anni, che aveva portato distruzione in tutta l'Italia del Nord. Ne è un esempio l'episodio della guerra di successione di Mantova, oggetto del discorso tra i commensali alla tavola di don Rodrigo nel quinto capitolo;
  • una vera e propria speculazione da parte di chi poteva permettersi il pane e del grano, acquistando per rivendere quando i prezzi sarebbero saliti;
  • una reale coincidenza di questi fattori con annate scarsamente produttive a causa di fattori climatici e ambientali.

Queste cause emergono in modo evidente nel capitolo 12, quando Manzoni spiega le cause storiche della carestia e insieme analizza anche altri due aspetti della carestia dal punto di vista sociale:

  • Il comportamento della massa. Il popolo cercò un capro espiatorio e riversò la colpa della carestia sugli incettatori e sui fornai (come si farà con la peste per gli untori). Addirittura si parlava con certezza di derrate di farina e pane nascoste dai fornai e spedite segretamente in altri paesi.
  • Le responsabilità dei singoli. Il governatore don Gonzalo Fernandez de Cordova, "ingolfato" dalla guerra e dall'assedio di Casale Monferrato, venne sostituito dal gran cancelliere Antonio Ferrer. Egli non ebbe però il coraggio di prendere provvedimenti impopolari e, senza una vera cognizione dei fatti, impose un limite al prezzo del pane, costringendo i fornai alla miseria.
    Venne così istituita una giunta che rialzò il prezzo del pane, con la conseguente collera della massa ("I fornai respirarono, ma il popolo imbestialì").