I promessi sposi/Analisi del capitolo 15
Il quindicesimo capitolo si apre con il culmine della sbornia di Renzo. L'oste, non senza tentare un'ultima volta di chiedere al giovane le sue generalità per poterlo denunciare, lo accompagna a letto facendosi prima pagare. Nel dialogo tra i due dall'osteria alla stanza da letto compaiono più volte i termini furbo e galantuomo che rimandano alla difficoltà per ciascuno di codificare le intenzioni dell'altro (l'oste ha solo visto Renzo arrivare in osteria con il birro, non sa se sia realmente colpevole ma deve denunciarlo; allo stesso modo Renzo prova diffidenza per l'oste).
Mentre si dirige verso il palazzo di giustizia Manzoni riporta i suoi pensieri dai quali emerge il modo di vivere dell'oste, simile a quello di don Abbondio: cercare di evitare i problemi e gli impicci e, nelle situazioni difficili, agire senza prendere posizione; maledice Renzo per essere capitato nella sua osteria e confessa tra sé che, se non fosse venuto in compagnia del birro, nemmeno lo avrebbe denunciato:
Il Manzoni descrive successivamente i provvedimenti presi dall'autorità legale per fare fronte al tumulto; si capisce così che Renzo era un capo espiatorio come "ammonimento" per tutti:
Veniamo così a conoscenza dei reali fatti; il lettore capisce anche che la scelta di Renzo di entrare nell'osteria della Luna Piena è stata veramente provvidenziale perché ha evitato al giovane l'arresto diretto.
Il notaio criminale durante il suo discorso con l'oste ingigantisce i deboli capi d'accusa verso Renzo: il pane diventa una quantità di pane rubato, il discorso di Renzo alla folla parole ingiuriose contro le gride. L'oste è invece intento a difendersi declinando ogni colpa e cercando di non assumersi responsabilità.
La mattina dopo Renzo viene svegliato da due birri comandati dal notaio criminale che si è recato all'osteria per arrestare il giovane. Egli tuttavia ha un certo timore, in quanto ha dei presagi di rivolta:
Per questo cerca di far passare l'arresto di Renzo come una semplice formalità, promettendo che in due parole sarete spicciato, e potrete andarvene per i fatti vostri. Il protagonista sta tuttavia diventando grande e impara a interpretare correttamente la realtà, accorgendosi di quanto accade attorno a lui in modo consapevole e senza farsi ingannare dall'ufficiale:
Renzo è astuto e preme affinché il notaio gli consegni i suoi soldi e la lettera, necessari per continuare a vivere se fosse scappato; sfrutta così la debolezza del notaio, impaurito dalla folla e dal tumulto.
A partire dalla narrazione
[modifica | modifica sorgente]Sabato 11 novembre 1628, notte e mattino seguente
- La sera dell'oste
- L'oste convince Renzo ad andare a letto e si fa saldare il conto per poi recarsi al palazzo di Giustizia.
- Qui riferisce di aver ospitato un forestiere che si è rifiutato di dare le sue generalità. Il notaio criminale invece, intenzionato ad ingrossare i capi d'accusa, chiede che riferisca cose grosse come aveva indicato la falsa guida (il sedicente spadaio).
- Il risveglio di Renzo
- La mattina dopo Renzo è svegliato da due birri a seguito del magistrato che gli ordina di vestirsi e di seguirlo per condurlo in prigione.
Il notaio tenta di far credere a Renzo che il suo arresto si tratti di una semplice formalità quando invece lo vuole condurre in prigione. Renzo, che sta imparando a farsi furbo, non crede alle sue parole e pensa ad un modo per scappare.
- In strada, al radunarsi di una folla di curiosi in seguito al suo arresto, Renzo si mette ad urlare di essere stato arrestato perché chiedeva pane e giustizia.
- I birri e il magistrato, impauriti, lasciano fuggire Renzo e cercano di disperdersi tra la folla.
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