I promessi sposi/Analisi del capitolo 20
Il ventesimo capitolo è il capitolo centrale del romanzo.
Viene introdotta la figura dell'Innominato, uno dei personaggi principali e centrali del romanzo, che non per niente compare in scena proprio a metà del romanzo (capitoli 19 e 20). Se il Manzoni presenta molti dei suoi personaggi anche tramite la narrazione della loro vita (come nel caso di don Abbondio, della monaca di Monza o anche dell'Innominato stesso) la figura dell'Innominato è l'unica ad essere fin dal principio proiettata nel futuro. La sua è quindi una personalità fin dal principio in una fase di crisi, di mutamento; mutamento che sarà poi decisivo per lo scioglimento delle vicende.
In primo luogo egli si trova di fronte ad una nuova inquietudine, quasi un "rimorso" nei confronti delle sue scelleratezze. Sono i primi segnali del suo mutamento, che però trova ancora molti ostacoli nell'animo dell'Innominato: non si sente pentito, ma solo "indispettito"; non prova rimorso, ma solo "una cert'uggia", non ha una coscienza, ma solo una "memoria".
La sua crisi è scandita soprattutto però dall'avanzare della sua vecchiaia e dall'avvicinarsi della morte. Essa è per l'Innominato un avversario nuovo, che non è possibile sconfiggere con le armi tradizionali, al quale neanche lui può tenere a testa.
Egli sente inoltre il peso delle azioni commesse durante la vita in relazione ad un nuovo senso religioso, mai percepito prima, che viene codificato dall'idea cristiana di Dio:
L'idea della presenza di Dio si fa quindi strada nella mente dell'Innominato che la collega inevitabilmente anche all'idea di un giudizio dopo la morte:
A fronte a questo "inesorabile" cambiamento l'Innominato tenta di contrapporre una nuova risolutezza nelle decisioni (come nell'impartire gli ordini al Nibbio).
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