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Planarizzazione (CMP, Chemical Mechanical Polishing)
[modifica | modifica sorgente]Il CMP (Chemical Mechanical Polishing)[1] è un processo fisico-chimico utilizzata per ottenere la planarizzazione della superficie di un wafer. Il processo rimuove uno strato di materiale dalla superficie tramite un’azione combinata meccanica e chimica:
- la componente meccanica è data dall’azione abrasiva (polishing, o lappatura),
- la componente chimica deriva da una pasta abrasiva (slurry) che indebolisce i legami strutturali del materiale da asportare.

Struttura della macchina CMP
[modifica | modifica sorgente]Una macchina per CMP è costituita da:
- una o più strutture a disco rotanti (polishing table);
- dischi di materiale abrasivo installati sui dischi rotanti (polishing pad);
- particelle che svolgono l’azione abrasiva e chimica;
- un sistema di distribuzione uniforme delle particelle sul pad;
- un sistema di trasporto e posizionamento del wafer (carrier pad).
Fasi del processo
[modifica | modifica sorgente]Il processo di CMP si svolge secondo le seguenti fasi:
- Le particelle abrasive vengono distribuite sul pad.
- Il polishing table ruota, trasportando le particelle sotto il wafer e rimuovendo il materiale di lavorazione.
- Il pad viene continuamente pulito per eliminare residui accumulati.
- Il carrier preme il wafer contro il pad rotante.
- Le particelle abrasive asportano il materiale in eccesso: le zone più alte vengono erose per prime, ottenendo così una superficie perfettamente planare.
Agenti abrasivi e chimici (slurry)
[modifica | modifica sorgente]La composizione dello slurry varia in base al materiale da lavorare:
- per il CMP degli ossidi, si utilizza principalmente ossido di silicio (SiO₂);
- per la planarizzazione di metalli, si impiega invece ossido di alluminio (Al₂O₃).
La slurry deve possedere selettività verso i materiali da rimuovere, poiché l’attacco non è solo meccanico ma anche chimico.
Nel CMP degli ossidi, l’acqua gioca un ruolo fondamentale: le sue molecole penetrano nell’ossido e reagiscono chimicamente, producendo composti solubili che vengono facilmente rimossi. Ad esempio per il diossido di silicio:
Il è l'acido ortosilicico ed è la forma solubile che si forma quando l'ossido di silicio si idrolizza.
Parametri principali
[modifica | modifica sorgente]I fattori più importanti che influenzano il CMP sono:
- il diametro delle particelle della slurry;
- la pressione esercitata sul wafer.
Una slurry con elevata densità di particelle e particelle di piccolo diametro garantisce una superficie di contatto maggiore e quindi una rimozione più efficace*. Se invece la densità di particelle è bassa, la dimensione delle particelle influisce in misura minore sul processo[2].
Altri parametri rilevanti:

- il condizionamento del pad (la sua efficienza diminuisce con l’aumentare dei wafer processati)[3];
- la concentrazione di droganti negli ossidi: ossidi più drogati presentano un tasso di rimozione più elevato.
Sistemi di End Point
[modifica | modifica sorgente]Durante il CMP, il processo deve essere interrotto quando la superficie risulta sufficientemente planarizzata. A questo scopo vengono impiegati diversi metodi di controllo, detti sistemi di end point. I più comuni sono:
- Optical Endpoint;
- Friction Endpoint.
Optical Endpoint
[modifica | modifica sorgente]L’Optical Endpoint utilizza un laser per monitorare la riflettività della superficie del wafer. Quando il CMP raggiunge uno strato sottostante composto da un materiale differente, l’intensità della luce riflessa cambia: questo segnale viene usato per interrompere il processo.
Friction Endpoint
[modifica | modifica sorgente]Il Friction Endpoint misura l’attrito tra wafer e pad. La variazione della forza d’attrito, rilevata attraverso la corrente necessaria a mantenere costante la velocità di rotazione, indica il cambiamento di materiale e consente di fermare il CMP.
CMP all’interno dello stesso materiale
[modifica | modifica sorgente]Quando il CMP inizia e termina all’interno dello stesso materiale (ad esempio durante la planarizzazione di un ossido BPSG), i metodi ottici e di attrito non sono applicabili. In questi casi si utilizza il metodo dei Test Time to Planarity, che fornisce un grafico del grado di planarizzazione in funzione del tempo di processo. Una volta definito il grado di lisciatura desiderato, dal grafico si ricava il tempo di lavorazione necessario per raggiungere l’obiettivo.
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ Per descrivere tale tecnica di planarizzazione si usano nella pratica molti termini in inglese che non è facile tradurre in italiano.
- ↑ G. B. Basim et al.,Effect of particle size of chemical mechanical polishing slurries for enhanced polishing with minimal defects, Journal of the Electrochemical Society 147 (2000) 3523
- ↑ B. J. Hooper, G. Byrne, and S. Galligan; Pad conditioning in chemical mechanical polishing; Journal of Materials Processing Technology; 123 (2002) pp.107-113
BIBLIOGRAFIA
[modifica | modifica sorgente]- Dewen Zhao and Xinchun Lu, Chemical mechanical polishing: theory and experiment, Friction 1 (2013)pp 306-326.