I promessi sposi/Analisi del capitolo 14: differenze tra le versioni
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Il quattordicesimo capitolo si articola in due due grandi sequenze. |
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La prima, ambientata tra le vie di Milano, è la diretta continuazione delle vicende del tumulto del quale Renzo è stato partecipe. Il Manzoni descrive la folla che si dirada, mantenendo sempre tuttavia il suo carattere anonimo (''gente'', '' |
La prima, ambientata tra le vie di Milano, è la diretta continuazione delle vicende del tumulto del quale Renzo è stato partecipe. Il Manzoni descrive la folla che si dirada, mantenendo sempre tuttavia il suo carattere anonimo (''gente'', ''crocchio'', ''branco'', ecc...). |
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Il discorso di Renzo mischia i fatti della giornata con le sue esperienze personali, generalizzando ed usando le une per giudicare le altre. Si illude infatti che, risolvendo un grave problema economico e sociale, egli possa risolvere anche i suoi problemi con don Rodrigo: |
Il discorso di Renzo mischia i fatti della giornata con le sue esperienze personali, generalizzando ed usando le une per giudicare le altre. Si illude infatti che, risolvendo un grave problema economico e sociale, egli possa risolvere anche i suoi problemi con don Rodrigo: |
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Nel suo discorso infervorato Renzo viene però scambiato da un ''birro'' (un poliziotto) per uno dei fomentatori e capi della rivolta. |
Nel suo discorso infervorato Renzo viene però scambiato da un ''birro'' (un poliziotto) per uno dei fomentatori e capi della rivolta. |
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La seconda parte del capitolo è ambientata nella taverna: il birro, sotto il falso nome del sedicente |
La seconda parte del capitolo è ambientata nella taverna: il birro, sotto il falso nome del sedicente Ambrogio Fusella, riesce a farsi dire il nome del giovane e si reca così a denunciarlo. |
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<br/>Tutti gli elementi della scena, a partire dal birro che si presenta sotto falso nome, hanno caratteristiche di doppiezza e ambiguità: la descrizione della taverna ricorda quella del palazzotto di don Rodrigo nell'uso di coppie o vocaboli accoppiati (''due lumi'', ''due pertiche'', la ''mezza luce'' che sembra contraddire il nome stesso dell'osteria, ''due panche'', ''carte voltate e rivoltate'', ''dadi buttati e raccolti''). Anche la figura dell'oste è ambigua: |
<br/>Tutti gli elementi della scena, a partire dal birro che si presenta sotto falso nome, hanno caratteristiche di doppiezza e ambiguità: la descrizione della taverna ricorda quella del palazzotto di don Rodrigo nell'uso di coppie o vocaboli accoppiati (''due lumi'', ''due pertiche'', la ''mezza luce'' che sembra contraddire il nome stesso dell'osteria, ''due panche'', ''carte voltate e rivoltate'', ''dadi buttati e raccolti''). Anche la figura dell'oste è ambigua: |
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{{quote|[...] l'oste era a sedere sur una piccola panca, sotto la cappa del cammino, occupato, in apparenza, in certe figure che faceva e disfaceva nella cenere, con le molle; ma in realtà intento a tutto ciò che accadeva intorno a lui|[[s:I promessi sposi/Capitolo XIV|capitolo 14]]}} |
{{quote|[...] l'oste era a sedere sur una piccola panca, sotto la cappa del cammino, occupato, in apparenza, in certe figure che faceva e disfaceva nella cenere, con le molle; ma in realtà intento a tutto ciò che accadeva intorno a lui|[[s:I promessi sposi/Capitolo XIV|capitolo 14]]}} |
Versione delle 16:41, 14 feb 2008
Il quattordicesimo capitolo si articola in due due grandi sequenze.
La prima, ambientata tra le vie di Milano, è la diretta continuazione delle vicende del tumulto del quale Renzo è stato partecipe. Il Manzoni descrive la folla che si dirada, mantenendo sempre tuttavia il suo carattere anonimo (gente, crocchio, branco, ecc...).
Il discorso di Renzo mischia i fatti della giornata con le sue esperienze personali, generalizzando ed usando le une per giudicare le altre. Si illude infatti che, risolvendo un grave problema economico e sociale, egli possa risolvere anche i suoi problemi con don Rodrigo:
Renzo appare anche in questo capitolo ingenuo: dopo aver aiutato Ferrer, che reputa un uomo onesto e dalla parte del popolo (è un galantuomo, un signore alla mano; e oggi s'è potuto vedere com'era contento di trovarsi con la povera gente, e come cercava di sentir le ragioni che gli venivan dette, e rispondeva con buona grazia), si fa ingannare dai suoi sorrisi e crede di essere diventato un personaggio importante:
Nel suo discorso infervorato Renzo viene però scambiato da un birro (un poliziotto) per uno dei fomentatori e capi della rivolta.
La seconda parte del capitolo è ambientata nella taverna: il birro, sotto il falso nome del sedicente Ambrogio Fusella, riesce a farsi dire il nome del giovane e si reca così a denunciarlo.
Tutti gli elementi della scena, a partire dal birro che si presenta sotto falso nome, hanno caratteristiche di doppiezza e ambiguità: la descrizione della taverna ricorda quella del palazzotto di don Rodrigo nell'uso di coppie o vocaboli accoppiati (due lumi, due pertiche, la mezza luce che sembra contraddire il nome stesso dell'osteria, due panche, carte voltate e rivoltate, dadi buttati e raccolti). Anche la figura dell'oste è ambigua:
A partire dalla narrazione
Sabato 11 novembre 1628, sera
- Il discorso di Renzo
- Si sta facendo sera e la folla inizia a diradarsi. Si formano dei gruppi di persone qua e là che discutono di progetti per il giorno dopo.
- Renzo, credendo di essere ormai partecipe delle vicende fino in fondo, si intromette e arringa la folla con un discorso sul tema della giustizia, riponendo la sua fiducia nel cancelliere Ferrer. Egli viene scambiato così per uno dei capi della rivolta.
- Renzo all'osteria
- Renzo si affida quindi ad uno sconosciuto per cercare un'osteria. Egli è in realtà un poliziotto che lo sta spiando.
- Entrano "all'osteria della luna piena", dove continua i suoi sfoghi contro i tiranni e rifiuta di dire il suo nome. Il birro, tuttavia, riesce a far dire a Renzo le sue generalità per poterlo denunciare all'autorità giudiziaria, quindi se ne va.
- Renzo, così, non abituato agli stravizi, si ubriaca e tra discorsi sempre più appassionati e imbrogliati diventa lo zimbello della brigata.
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