La religione greca/La religione greca nel periodo arcaico e classico/Il sacrificio
Approfondimento
Le modalità di cottura della vittima sacrificale rappresentano un aspetto essenziale del rito greco del sacrificio animale. Queste modalità si riassumono in due pratiche: l'arrostimento di alcune interiora (indicate con il termine σπλάγχνα, splánchna) e la bollitura in un calderone (il lebēs λέβης) delle restanti parti dell'animale sacrificato (indicate con il termine σάρξ, sárx). Dopo l'immolazione l'animale viene macellato dal sacrificatore, il mágeiros (μάγειρος) sul tavolo (trápeza τράπεζα). L'elenco delle interiora è accuratamente riportato da Aristotele nel suo Parti degli animali [1]: cuore, polmone, fegato, milza e reni [2]. La ragione della particolarità delle splánchna e del loro arrostimento subito dopo la macellazione è spiegata sempre in Aristotele il quale chiarisce che le interiora costituiscono le parti vitali dell'animale, quindi ne rappresentano la parte più nobile e importante. Altra caratteristica delle splánchna consiste nel fatto che queste, a differenza delle altre parti dell'animale che successivamente verranno bollite, vengono consumate insipide. L'assenza di ἡδύσματα (hēdúsmata; condimenti) viene spiegata in una commedia da Atenione (III secolo a.C.): in un precedente stadio della storia umana, la cucina era priva di condimenti, un'epoca intermedia tra il cannibalismo e la cucina elaborata [3]. A tal proposito Marcel Detienne [4]nota, analogamente, come Teofrasto [5]spieghi la presenza dei chicchi di cereali gettati sulle vittime sacrificali per provocarne l'assenso, questi svolgono la stessa funziona simbolica rappresentando l'epoca intermedia prima della macinazione del grano introdotta dalle rivelazioni di Demetra. Non solo, la consumazione delle interiora insipide deve avvenire subito e sul posto dopo il loro arrostimento marcando una forte solidarietà tra i commensali, a differenza delle altre parti bollite che possono essere consumate successivamente e anche in altri luoghi da coloro che hanno partecipato al rito o hanno beneficiato di queste carni come dono (géras).
Nella religione greca il sacrificio è il principale atto di culto[8].
Il sacrificio greco si presenta con differenti caratteristiche e nomi a seconda del tipo di offerta e delle divinità o esseri a cui esso è destinato. Come evidenzia, tra gli altri, Paolo Scarpi[10] il sacrificio veniva quindi così distinto:
- Choaí (χοαί)[11]: consiste nelle libagioni di vino oppure di latte e miele o di sola acqua, ed è destinato ai defunti, agli Eroi e alle divinità ctonie.
- Spondaí (σπονδαί)[12]: consiste nelle libagioni di vino oppure di latte e miele o di sola acqua, ed è destinato agli dèi dell'Olimpo.
- Aparchái (απάρχαί): consiste nelle primizie dell'agricoltura poste nei boschetti sacri o gettate nei corsi d'acqua e destinate a Demetra, Dioniso o alle ninfe.
- Nephália (νηφάλια): consiste in acqua, miele od olio e destinato ai defunti.
- Thysía (Θυσία): consiste nel sacrificio di uno o più animali (bue, maiale, capra o pecora) ed è destinato agli dèi dell'Olimpo. In genere in questo sacrificio della vittima sacrificale venivano bruciati solo il grasso e le ossa, il restante veniva macellato, cotto e distribuito ai partecipanti al banchetto sacrificale (δαίς daís).
- Enágisma (ἐνάγισμα, anche Haimakouría αίμαχουρία): consiste nel sacrificio di uno o più animali (bue, maiale, capra o pecora) ai defunti, agli eroi o alle divinità ctonie. In genere in questo sacrificio la vittima sacrificale veniva interamente bruciata[13].
I sacrifici solenni e cruenti, sempre e solo di animali domestici[14][15], venivano introdotti da un corteo (pompē πομπή) guidato da una vergine detta kanephoros (κανηϕόρος, "portatrice del cesto") che reggeva un cesto (κανοῦν, kanoun) contenente dei pani, chicchi di cereali (oulochútai), sale e, nascosto sotto di questi, il "coltello sacrificale" (mákhaira μάχαιρα). Tale corteo incedeva ritmicamente al suono di uno o più flauti.
Gli intervenuti si disponevano a semicerchio nell'area posta tra l'altare e il tempio, volgendo le spalle a quest'ultimo[16] davano inizio al sacrificio.
Dopo le libagioni di acqua, vino o latte e miele (a seconda della divinità a cui era destinato il sacrificio), la vittima veniva aspersa con dell'acqua durante la purificazione delle mani, cui seguiva il lancio dei chicchi di cereali, di modo che, raggiunta dall'acqua fredda e dalle granaglie, scuotendosi e chinando la testa (hypokyptein), assentiva al sacrificio[17]. Senza l'assenso della vittima sacrificale, il sacrificio greco non poteva avere luogo[18].
Dopo le preghiere e con il lancio dei chicchi di cereali, alla vittima veniva asportato un ciuffo di peli dal capo che veniva gettato nel fuoco e quindi sgozzata (sphazein). In questo momento i flauti cessavano di suonare mentre le donne presenti alzavano un grido (ololughé)[19].
Nel caso di un sacrificio olimpico il sangue veniva raccolto in un vaso (σφαγεῖον sphageîon) e quindi spruzzato sull'altare (bōmos βωμός ), nel caso di un sacrificio ai morti o alle divinità ctonie, lasciato colare a terra.
Sempre nel caso di un sacrificio agli dèi olimpici l'animale sgozzato e dissanguato veniva macellato dal mágeiros[20] (μάγειρος) sul tavolo (trápeza τράπεζα) e la sua carne fatta a pezzi e cotta (bollita in un calderone, il lebēs λέβης)[21], tranne le viscere (splánchna σπλάγχνα[22]) che invece venivano grigliate su lunghi spiedi (ὀβολοί obeloi), e consumate insipide [23]subito dal gruppo ristretto dei sacrificanti, gli splanchneúontes[24]. La suddivisione in parti dell'animale sacrificato era rigidamente stabilità: la pelle andava al sacerdote (hiereús ἱερεύς), così anche le cosce (κωλῆ kōlē̂) che divideva però con i magistrati[25].
Nella Teogonia, Esiodo (VIII sec.-VII sec. a.C.) offre una spiegazione poetica e mitica della spartizione della vittima sacrificale tra uomini e dèi, attribuendo la scelta a un "inganno" di Prometeo [26]. La vicenda raccontata da Esiodo si svolge in un'epoca mitica quando gli dèi e gli uomini convivevano insieme, condividendo lo stesso banchetto. Zeus divenuto re degli dèi decide, dopo avere delimitato compiti e funzioni tra gli immortali, di definire il ruolo spettante agli uomini stabilendo una giusta ripartizione degli onori. Viene chiamato per questo Prometeo, il titano che non ha partecipato al conflitto con gli dèi, il quale si presenta al consesso degli dei e degli uomini con un grande bue che abbatte e macella ripartendone il corpo in due parti rispettivamente destinate agli dei e agli uomini. In questo modo, evidenzia Jean-Pierre Vernant[27], «Il sacrificio appare così come l'atto che ha consacrato, realizzandola la prima volta, la segregazione degli statuti divino e umano.». Ma Prometeo vuole ingannare Zeus: sotto un sottile strato di grasso appetitoso nasconde le ossa del bue prive di carne, mentre, avvolta nella pelle e nello stomaco ripugnante, cela tutto ciò che di delizioso ha la bestia. Zeus deve scegliere per primo, il re degli dèi ha compreso l'inganno ma decide di accettarlo privilegiando la parte di grasso e di ossa nascoste condannando così gli uomini:
Infine, se consideriamo che l'alimentazione carnea dei Greci coincideva con il sacrificio degli animali[28] il rituale sacrificale rispondeva a una sensibilità propria di questa cultura religiosa:
Note
[modifica | modifica sorgente]- ↑ Περί Ζώιων Μορίων, 667 b 1 e sgg.; 673 b 15 e sgg.
- ↑ Dal che stomaco, esofago e intestini non ne fanno parte.
- ↑ In Ateneo, XIV, 660 E = CGF III, 369 Kock; cit. in Marcel Detienne, Dioniso e la pantera profumata, p. 133.
- ↑ Marcel Detienne, Dioniso e la pantera profumata, p. 133.
- ↑ In Schol. AD in Il I,449.
- ↑ Cfr. Ateneo, 672f.
- ↑ Ateneo 674de; Angelo Brelich, La corona di Prometheus, in "Hommages à Marie Delcourt. Bruxelles", 1970, 234-42; cit. in Jean-Pierre Vernant, in Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant. La cucina del sacrificio in terra greca. Torino, Boringhieri, 1982, p.58.
- ↑
- ↑ Jan N. Bremmer (in Modi di comunicazione con il divino: la preghiera, la divinazione e il sacrificio nella civiltà greca, in Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, vol.1 I Greci nostri antenati (a cura di Salvatore Settis). Torino, Einaudi, 2008, p. 265) ritiene che delle testimonianze epigrafiche dimostrerebbero che questi sacrifici terminavano con lieti banchetti, quindi invita urgentemente a rivedere le nozioni di sacrificio ctonio e di divinità ctonie.
- ↑ Cfr. Sacrificio greco in Op.cit. pagg. 659 e segg.; ma anche Paolo Scarpi. La religione greca in Storia delle religioni vol.1 (a cura di Giovanni Filoramo). Bari, Laterza, 1994, p. 314 e segg.; ma anche Jan N. Bremmer. Modi di comunicazione con il divino: la preghiera, la divinazione e il sacrificio nella civiltà greca, in Storia Einaudi dei Greci e dei Romani vol.1 I Greci nostri antenati (a cura di Salvatore Settis). Torino, Einaudi, 2008, pagg. 248-82
- ↑ Χοή è correlato al titolo sacerdotale indoiranico hotar/zaotar, cfr. Jan N. Bremmer Modi di comunicazione con il divino: la preghiera, la divinazione e il sacrificio nella civiltà greca, in Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, vol.1 I Greci nostri antenati (a cura di Salvatore Settis). Torino, Einaudi, 2008, p. 267.
- ↑ Dalla radice indoeuropea *spend, cfr. Jan N. Bremmer Modi di comunicazione con il divino: la preghiera, la divinazione e il sacrificio nella civiltà greca, in Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, vol.1 I Greci nostri antenati (a cura di Salvatore Settis). Torino, Einaudi, 2008, p. 267.
- ↑ Jan N. Bremmer (in Modi di comunicazione con il divino: la preghiera, la divinazione e il sacrificio nella civiltà greca, in Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, vol.1 I Greci nostri antenati (a cura di Salvatore Settis). Torino, Einaudi, 2008, p. 265) ritiene che delle testimonianze epigrafiche dimostrerebbero che questi sacrifici terminavano con lieti banchetti, quindi invita urgentemente a rivedere le nozioni di sacrificio ctonio e di divinità ctonie.
- ↑ «di norma, agli dèi non sono mai offerti animali selvatici.» (Marcel Detienne, La cucina del sacrificio... p. 14.
- ↑ I pesci, centrali nell'alimentazione dell'uomo greco, non venivano sacrificati, sui motivi di questa scelta cfr. Giuliano Imperatore Sulla madre degli Dei XVII (cfr. a cura di Jacques Fontaine in Alla madre degli Dei Milano, Mondadori/Fondazione Lorenzo Valla, 1997, pp.85 e sgg.). L'unico pesce che veniva sacrificato era il tonno (pesce che sanguina), immolato a Posidone.
- ↑ Jan N. Bremmer. Op.cit., p. 257; Birgitta Bergquist The Archaic Greek Temenos. A study of Structure and Function. Lund 1967, pagg.112-4
- ↑ Cfr. in tal senso le osservazioni Jan N. Bremmer, Op.cit. p. 256 e, più precisamente, quelle di Karl Meuli Gesammelte Schiften, II pagg. 907-1021, Basilea, 1975.
- ↑ Cfr. Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant La cucina del sacrificio in terra greca, p.15.
- ↑ ὀλολυγμὸν ἱερὸν.
- ↑ Il quale aveva anche il compito di dividere le ossa e il grasso, destinati alla divinità, dal restante destinato alla comunità sacrificante.
- ↑ La bollitura delle carni è il tipo di cottura preferito dai Greci (cfr. Filocoro, FGrHist. 328 F 173 Jacoby) che apprezzavano la carne tenera, in quel contesto era l'unico modo per renderla tale (Cfr. Jean-Louis Durand in Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant La cucina del sacrificio in terra greca. Torino, Boringhieri, p.105)
- ↑ Le splánchna, indicano ciò che è interno visto in opposizione alle parti commestibili esterne dell'animale queste indicate con il termine σάρξ, sárx (cfr. Aristotele, Sulle parti degli animali 674 a 4-6).
- ↑ Sulle ragioni della loro insipidità cfr. Marcel Detienne, Dioniso e la pantera profumata, Bari, Laterza, 2007, pp. 133 e sgg.
- ↑ Marcel Detienne. Dioniso e la pantera profumata. Bari, Laterza, 2007, pp. 133 e sgg.
- ↑ Così il poema omerico Iliade (IX-VIII secolo a.C.) descrive un sacrificio a Zeus e il conseguente banchetto sacrificale: Cfr. anche Odissea III, 430-74.
- ↑ Prometeo è come Crono ankylometes, dotato di intelligenza contorta; Zeus è invece metieta: avendo inghiottito la figlia di Oceano, Metis, è dotato di intelligenza astuta. Zeus sceglie consapevolmente le bianche ossa lasciando agli uomini la carne. Zeus accetta l'inganno di Prometeo ponendo fine all'unione commensale con gli uomini condannando questi ultimi a mangiare per sopravvivere la parte degli animali che si decompone, riservando invece agli dèi la parte che non si decompone ovvero il fumo degli altari.
- ↑ Cfr. Mito e religione in Grecia antica pp. 36 e sgg.
- ↑ Non esisteva consumo di carne al di fuori del sacrificio (cfr. Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant La cucina del sacrificio in terra greca. Torino, Boringhieri, p.9).
- ↑ Qui Burkert offre gli esempi del sacrificio del bue nelle Bufonie e quello del capro in onore di Dioniso.
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- ↑ Il mito è riportato in Apollodoro. Biblioteca, I,4,2.