Piemontese/Pronunce

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Pronuncia[modifica]

La vocale su cui cade l'accento tonico viene preceduta, nella simbologia fonetica, da apice ( ' ) ed indicata in grassetto, mentre consonanti in grassettoindicano il suono marcato della doppia, che in piemontese è meno marcato che in italiano. Si ricorda di non confondere i simboli grafici con le lettere, e che nella simbologia utilizzata, il suono rappresentato non sempre corrisponde al suono che avrebbe il simbolo se fosse una lettera italiana.
Lett. Uso: Descrizione pronuncia Esempi
a come in italiano aso \ &zu \ = asino

masnà \ m&sn'& \ = bambino

b bëbb(1) come in italiano bota \ but& \ = bottiglia

sëbber \ s'&bær \ = mastello

c cccëcc(2)
chcc-s-c
come in italiano
a fine parola c dolce (come inglese church)

come in italiano a fine parola c dura (come in inglese block)

altrimenti come in italiano nel corpo della parola c dolce seguita da consonante

suono di s sorda seguito da c dolce

can \ c&[ng] \ = cane

cit \ [ch]it \ = piccolo contacc \ cunt'&[ch] \ = perbacco

lëcché \ l&k'e \ = leccare(3) lëccia \ l'&[ch]& \ = scartino

mach \ m&k \ = soltanto cher \ kær \ = carro bocc-rai \ bu[ch]r'&i \ = boccerò s-ciapé \ s[ch]&p'e \ = spaccare

d d,ëdd(1) come in italiano dé \ d'e \ = dare

vëdde \ v'&de \ = vedere

e eèé in sillaba chiusa e molto aperta

in sillaba aperta e ben stretta con accento grave e molto aperta con accento acuto e ben stretta

mercà \ mærc'& \ = mercato

pera \ p'er& \ = pietra përchè \ p&rc \ = perché

mangé \ m&nj'e \ = mangiare

ë ëcëgëchëghë Non esiste in italiano, simile alla e muta francese(4)

suono simile, ma molto più breve, della vocale nella parola inglese sir NON È UNA e ACCENTATA, ma una vocale a sèMai indicato l'accento sebbene spesso porti l'accento tonico. Le lettere c, ch, g, gh si comportano con ë come con la e

ël \ &l \ = il

vërda \ v'&rd& \ = verde (femm.) s-cëtta \ s[ch]'&t& \ = schietta

gëmme \ j'&me \ = gemere chërde \ k'&rde \ = credere

ghëmmo \ g'&mu \ = gomito

f f(5) come in italiano faja \ f'&y& \ = fata
g g(5)
gggg-ghgn
segue le regole della c per le forme esistenti

non esistono le fricative gli, gle come in italiano
suono di g dolce a fine parola

suono di g dolce seguito da consonante suono di g gutturale a fine parola

come in italiano se non a fine parola come in italiano

gat \ g&t \ = gatto

giovo \ jiuu \ = giovane magg \ m&j \ = maggio

mangg-lo \ m'&njlu \ = mangialo lagh \ l&g \ = lago ghignon \ gi[gn]u[ng] \ = n.(6) paghé \ p&ge \ = pagare

gnòch \ [gn]ok \ = gnocco

h h come in italiano, salvo uso a fine parola visto mi i l'hai \ mi i l'&i \ = io ho
i come in italiano ridò \ rid'o \ = tendina

finì \ fin'i \ = finire

j j manca in italiano

suono come iniziale della parola inglese yard associata alla vocale i ij a volte non si pronuncia

maja \ m'&y& \ = maglia

famija \ f&m'iy& \ = famiglia fija \ f'i& \ = figlia

l l(5) come in italiano làder \ l'&dær \ = ladro
m mëmm(1) come in italiano magna \ m'&[gn]& \ = zia

gëmme \ j'&me \ = gemere

n nnn(7)
ënn(1,7)
Come italiano se all'inizio di parola non abbr. con apostrofo iniziale(8).

Come in italiano nel corpo (o inizio abbreviato) di parola se seguita da vocale o consonante dentale o palatale. Suono faucale (scritt. normale) se nel corpo o all'inizio abbr. di parola è seguita da consonante gutturale o sibilata A fine parola n semplice indica suono faucale (vedi sotto). Se non precedute da ë si pronuncia il suono faucale seguito da quello palatale

(consonanti diverse) sebbene la prima n non sia scritta faucale (ma si può scrivere n-n) A fine parola nn indica suono normale, semplice (non rafforzato).

La doppia n preceduta da ë ha suono rafforzato e non due suoni distinti.

nas \ n&z \ = naso

pendù \ pænd'[ue] \ = appeso va 'ndaré \ v& nd&r'e \ = va indietro

minca \ m'i[ng]c& \ = ogni va' ncora \ v& [ng]c'ur& \ = va ancora

pan \ p&[ng] \ = pane annamorà \ &[ng]n&mur'& \ = innamorto

an-namorà pann \ p&n \ = panno sënner \ s'&nær \ = cenere

n- n- si pronuncia come n con lingua chiusa in fondo alla bocca (finale gerundio inglese)

Si usa questa lettera quando la n faucale precede una vocale (capita anche nel femminile dei nomi che al maschile finiscono in n)

lun-a \ l'[ue][ng]& \ = luna

bon-a \ b'u[ng]& \ = buona (i) ven-o \ v[ng]u \ = vengo

o si prnonuncia come la lettera u italiana (raramente porta l'accento acuto)

corrisponde al dittongo francese ou (ne è forma concisa). a questa differenza rispetto all'italiano occorre fare attenzione

ors \ urs \ = orso

orìja \ ur'iy& \ = orecchio róndola \ r'undul& \ = rondine

ò solo ò è il suono della o italiana(9) (vedi sopra) fòra \ f'or& \ = fuori
p pëpp(1) come in italiano persi \ prsi \ = pesca

tëppa \ t'&p& \ = teppaglia(10)

q qu come in italiano quàder \ ku'&dær \ = quadro
r rërr(1) come in italiano rat \ r&t \ = topo

bërra \ b'&r& \ = pecora

s sssëss(2)

s-c

all'inizio di parola sempre s sorda se seguita da vocale

è sempre s sorda quando seguita da c, f, p, q, t è sempre s dolce se seguita da b, d, g, l, m, n, r, v

è sempre s sorda dopo una consonante nel corpo parola s dolce se tra vocali

alla fine della parola s dolce se preceduta da vocale nel corpo parola tra vocali s sorda (non si pronuncia doppia)

suono della s sorda a fine parola, quando preceduto da vocale (non si pronuncia doppia) vedi lettera c

sapa \ s'&p& \ = zappa

òsto \ 'ostu \ = oste smasì \ zm&z'i \ = diluire fòrsa \ f'ors& \ = forza reusa \ r'[oe]z& \ = rosa

vas \ v&z \ = vaso cassùl \ c&s'[ue]l \ = mestolo

siàss \ si'&s \ = setaccio vëssa \ v'&s& \ = loglio

ras-cc \ r'&s[ch] \ = aspro

t tëtt(1) come in italiano tòch \ t'oc \ = pezzo

fosëtta \ fuz'&t& \ = razzo

u qu
suono come u francese nella parola rue

può prendere accento grave e non altro (per favore, MAI la dieresi!) dopo la q si pronuncia come in italiano.

nei dittonghi in cui non è tonica si pronuncia come in italiano (vedi dittonghi)

uss \ [ue]s \ = uscio

grotolù \ grutul'[ue] \ = ruvido quàder \ ku'&dær \ = quadro

àut \ '&ut \ = alto

v v (5) come in italiano all'inizio della parola.

nel corpo della parola, davanti a d, l, m, n, s, t, z si pronuncia come u italiana davanti alle altre consonanti o vocali come in italiano nel corpo della parola,se è intervocalica dopo o, u, a si pronuncia u in questo caso a volte suona \w\ a fine parola se preceduta da vocale si pronuncia u se è unita a dittongo si pronuncia come in italiano in alcune parole viene scritta ma non pronunciata (o solo appena accennata)(11) negli altri casi si pronuncia come in italiano

vàire \ v'&ire \ = parecchi

gavte \ g'&ute \ = togliti povron \ puvr'u[ng] \ = peperone

novod \ nu'ud \ = nipote uva \ '[ue]& \ \ '[ue]u& \ \ '[ue]w& \ = uva

cativ \ c&t'iu \ = cattivo ambiavà\ &mbi&v'& \ = ubriacato

rova \ r'u& \ = ruota gavada \ g&v'&d& \ = fesseria

z 'zz' non esiste suono z come in italiano

si usa all'inizio della parola o unita a consonante e si pronuncia s dolce sono i casi in cui una s sarebbe sorda (vedi nota dopo, a parte).

zanzìva \ za[ng]z'iv& \ = gengiva
vëzzo \ v'&zu \ = giribizzo
eu eu Si riporta questo dittongo, sebbene non sia una lettera, in quanto

ha suono vocale unico la sua pronuncia è come in francese (es. nella parola francese feu che èanche piemontese)

(per favore, MAI dieresi per indicare questo suono)

feu \ f[oe] \ = fuoco

peui \ p'[oe]i \ = poi fieuj \ fi'[oe]i \ = figli

seuli \ s'[oe]li \ = liscio, piano

Note:(1) - Vedasi note sulle consonanti doppie, qui sotto.

(2) - Di solito la doppia c indica c dolce (suono semplice) mentre la doppia s indica s sorda (suono semplice). Quando, però, queste doppie sono precedute da ë, allora si comportano come le altre lettere. (3) - Usata ma italianismo, la parola piemontese è: bërlichè (4) - Si trova in sillabe "collassate" e corrisponde alla brevissima vibrazione vocale necessaria a pronunciare, ad esempio, una l isolata. Spesso, comunque, serve di appoggio alla voce e pertanto sostiene l'accento tonico della parola. (5) - I suoni "rafforzati" di f, g, l, v non sembrano parte della struttura linguistica piemontese. (6) - La traduzione di questa parola non è immediata, significa tanto "antipatia" astratta, come "colui che è antipatico a...", seguito da genitivo. (7) - La doppia n ha comportamento particolare. Può seguire la regola generale delle doppie (preceduta da ë - vedi (1)-), oppure equivale alla srittura: n-n. Si tratta in realtà delle due diverse consonanti, anche se il trattino viene omesso. Non è quindi una consonante doppia.

(8) - Come si vedrà nel seguito, in piemontese molte parole che iniziano per a, ë quando seguono parole terminanti per vocale, possono perdere la vocale iniziale, che viene sostituita da apostrofo. Questo per scorrevolezza fonetica. (9) - Spesso, quando le parole che contengono ò sono declinabili, coniugabili, derivate o derivabili, se nelle varie forme l'accento tonico si sposta su altra vocale, la ò diventa o e ne assume il suono (di u italiana).

(10)- In piemontese non è parola molto usata o corretta, si preferisce utilizzare termini quali: gentaja (gentaglia) o perifrasi. (11)- L'accenno di pronuncia è una marcatura del suono della o che precede, o un leggero suono di o (u italiana). A volte la v, in questi casi, viene omessa. Quando la v viene pronunciata \ u \ spesso il suono si avvicina a quello della W inglese come l'iniziale della parola "what".
Nota sull'uso di s, zLe regole date sono in generale valide, ma vi sono delle particolarità nel caso di s, z precedute da consonante e seguite da vocale. In questo caso, se la pronuncia richiede s sorda la scrittura è sempre con una s semplice. Se la pronuncia richiede una s dolce, in alcune parole si usa la lettera z, in altre rimane la s semplice. Quando vi è la z non vi dono dubbi ed il suono è sempre di s dolce: monze, sporze (mungere, sporgere) hanno pronuncia \m'unze, sp'orze \. Se invece vi è la s, che di norma dovrebbe suonare sempre come s sorda, vi sono alcune parole nelle quali invece suona leggermente o decisamente dolce. Così le parole dansé, sènsa (danzare, senza) suonano decisamente \ d&[ng]s'e, s'æ[ng]s& \, mentre ad esempio la parola tërsent (trecento) suona piuttosto \ t&rz'ent \.

In alcune parole la differenza tra s dolce ed s sorda è determinante, in quanto il significaro cambia: basin \b&zi[ng]\ significa "bacetto", bassin \b&si[ng]\significa "bacinella, mastello". Nota sulle consonanti doppie  Appare evidente che il piemontese utilizza molte meno consonanti doppie, rispetto all'italiano. Queste poi, spessissimo sono precedute dalla vocale ë. A questo proposito vediamo un momento, a partire dal capostipite : il latino, come, in italiano, francese e piemontese si sono formate alcune parole.

Il latino aveva alcune parole con lettere doppie, come littera = lettera; mittere = mandare; bellum = guerra tussis = tosse; currere = correre e così via. In italiano, tutte queste parole danno origine, in modo diretto e/o derivato, a parole che contengono le stesse lettere doppie. Ad esempio:lettera, letteratura, mittente, bellicoso, belligerante, tosse, correre

In francese vi è ancora la tendenza a mantenere la doppia, ma non sempre, mentre, almeno nella pronuncia, la parola tende a contrarsi (vocale finale muta o assente). La doppia viene pronunciata in modo meno marcato. Ad esempio: lettre (pr. lettr&) = lettera; mission (pr. missio[ng]) = missione; belliqueux (pr. bellik[oe]) = bellicoso tousser (pr. tuss'e) = tossire

Negli esempi precedenti, in piemontese la doppia t, la doppia r e la doppia l scompaiono, la doppia s rimane solo ad indicare la pronuncia di s sorda, ma non si pronuncia doppia, nemmeno lievemente (lo stesso vale per le doppie c, g). Si ha: litra (pr. litr&) = lettera; mission (pr. misiu[ng]) = missione; belicós (pr. belik'uz) = bellicoso; tosse (pr. tuse) = tossire
Altro esempio di "fonte di doppie" per l'italiano, sono le parole derivate dai verbi latini con prefisso ad+verbo quali admittere, adpetere, advocare da cui in italiano derivano parole quali ammettere, ammissione, appetito, avvocato, dove la d del prefisso si trasforma nella consonante seguente e forma lettera doppia. In francese a volte la d rimane (admettre) a volte si trasforma in doppia (appetit) a volte scompare semplicemente (avocat).

In piemontese in ogni caso scompare e non si forma la doppia: amission, aptit, avocat Anche i nessi latini ct. pt hanno originato, di norma, doppie in italiano e non in piemontese e francese, come negli esempi esguenti: Accusativo lat. lactem, in ital. latte, in fran. lait, in piem. lait

Accusativo lat. noctem, in ital. notte, in fran. nuit, in piem. neuit Part. pass. lat. factus, in ital. fatto, in fran. fait, in piem. fait

Numerale lat. septem, in ital. sette, in fran. sept, in piem. set In queste derivazioni si nota una maggiore vicinanza del piemontese al francese, che non all'italiano (in altri casi non è così).
Il piemontese tende a non utilizzare le doppie, nel caso queste ci siano, a contrarsi è la vocale precedente che si trasforma in una brevissima ë. In effetti, anche i gruppi ss, cc, quando preceduti da ë suonano come doppie, come nella parola sëcca = secca, o nella parola spëssa = spessa. Questo sarà argomento di eventuale studio successivo. Qui accenniamo solo che la ë in questi casi porta praticamente sempre l'accento tonico della parola, ed il motivo di "rafforzamento" della consonante che segue è di facilitare la pronuncia.

I dittonghi e trittonghi...... sono considerabili come vocali composte e possono essere forti o dolci, come in tutte le lingue neo-latine. Data la brevità di queste note riportiamo solo le principali regole di pronuncia di quelli che presentano qualche particolarità o rilievo speciale:
Utilizziamo una tabella sul tipo della precedente. Con possibilità di ascoltare la pronuncia.

Sogg. Pron. Esempi + prn. Note
eu \ [oe] \ beu \ b[oe] \ = bue Suono vocale unico, come già visto.
uauà \ u& \ quàder \ cu'&dær \ = quadro Si usa quasi solo dopo la q. Pronuncia come in italiano. L'accento non deve cadere sulla u.

Vi è anche un uso con g come in risguard con pronuncia uguale, sebbene raro ad esempio si trova guardé = guardare, come italianismo, o goardé sempre con uguale

pronuncia ma spesso il gruppo gua, goa trasla in va. Più corretto: vardé = guardare. Quando ua, uà sono falsi dittonghi, allora la pronuncia della u è piemontese.

Es. sbaruà deriva da sbaruvà (spaventato) e si pronuncia \ sb&r[ue]'& \

ùa \ [ue]& \ bùa \ b'[ue]& \ = dente di attrezzo Quando la u è accentata, la pronuncia è sempre piemontese
ueuè \ ue \ guèra \ gur& \ = guerra Regole analoghe a quelle dei dittonghi ua, uà. Spesso sostituiti dai dittonghi oe, oè

Anche in questo caso i falsi dittonghi seguono le regole generali

ùe \ [ue]e \ bùe \ b'[ue]e \ = denti di attrezzo Come sopra. Quando la u è accentata, la pronuncia è sempre piemontese
oaoà \ ua \ soa \ s'u& \ = sua Normali regole di pronuncia piemontese
aoào \ &u \ càod \k&ud\ = caldo Si riporta questo dittongo non per particolarità, ma in omaggio alla Bagna Càoda
au \ &u \ causset \ a&ust \ = calza Equivale precedente, in quanto in questo caso il suono della u è quello italiano

ma solo quando la u non è accentata. Alcune parole utilizzano au, altre ao.

\ &[ue] \ aùss \ &[ue]s \ = appuntito Quando la u è accentata, la pronuncia è sempre piemontese
iài \ i'&i \ piàit \ pi'&t \ = preso Esempio di trittongo. Nessuna particolarità
iao \ iau \ miaolé \ mi&ul'e \ = miagolare Esempio di trittongo. Normali regole di pronuncia piemontese

Tutti gli altri dittonghi (e trittonghi non contenenti le particolarità viste) seguono le normali regole della pronuncia piemontese. Come regola di prima approssimazione, nei dittonghi con ù tonica la pronuncia è alla piemontese, mentre se ad essere tonica è l'altra vocale la pronuncia è all'italiana.

Accenti e trattinoSono elementi importanti della grafia piemontese, più di quanto non lo siano nella grafia italiana. Del resto, anche la grafia francese utilizza li molto. In piemontese, a parte la lettera ë che si è visto essere una lettera a sè e non una e accentata, non si usano la dieresi, l'accento circonflesso, la tilde, e la cediglia, ma solo si usano accento acuto (acent aùss), accento grave (acent grev), trattino (tratin). A proposito del trattino poi, si nota che la lettera n- non ha un "trait d'union", ma è il simbolo di una lettera a sè. L'accento acuto si usa solo sulla lettera e qualora abbia il suono stretto, ed in qualche caso sulla lettera o per il suono della u italiana accentata.

L'accento grave si usa in tutti gli altri casi di accentazione. Anche qui si nota che la lettera ò è simbolo di una lettera a sè, anche se spesso l'accento tonico cade su questa lettera nelle parole che la contengono e spesso, se su parole derivate l'accento si sposta, la lettera stessa si trasforma in o con pronuncia \u\. Ad esempio robé= rubare si pronuncia \rub'e\ mentre ròbo=rubo si pronuncia \r'o-bu\. L'accento non viene sempre indicato sulle parole, in quanto non è necessario quando le parole stesse seguono le regole generali di accentazione e di pronuncia. È richiesto, o di consuetudine, nei seguenti casi: - Su finale in vocale accentata: parlé (parlare), cafè (caffè), sburdì (spaventare) - Di regola le parole terminanti per consonante hanno l'accento sull'ultima vocale. In questo caso non si indica. Se l'accento non cade sull'ultima vocale, allora si indica: véder (vetro), quàder (quadro) - Si indica sempre sulle parole sdruciole (sglissante) (accento sulla terzultima vocale) (se non vi sono possibili confusioni, a volte si "dimentica", ma non si dovrebbe): régola (regola), stiribàcola (capriola). - Sul dittongo èi quando la e è aperta: mèis (mese), fransèis (francese)

- Sulle eccezioni del suono della e per indicarlo (non obbligatorio): lét (letto), amèra (amara), ciadél (baccano) - Per distinguere tra parole uguali con significati diversi:fra (fra cong.), frà (frate)
A parte l'uso nella scrittura della lettera n- dove si è visto essere parte del simbolo che esprime la lettera e non "trait d'union", il trattino si usa, in un primo caso, per unire gli avverbi di luogo sì, là, lì (qui o qua,, là, lì) al nome o aggettivo che li precedono, come in: cost piàt-sì (prn. \kust pi&t-s'i\) = questo piatto qui; col-lì e col-là (prn. \kul l'i e kul l'&\) = quello lì e quello là

Un secondo uso, più importante, si ha nelle forme seguenti: a-i dove i è avverbio di luogo a-i son = ci sono

a-j dove j è pronome personale a-j dis = gli dice i-i dove la prima i è pronome personale (1^ pers.) i-i vado = ci vado

i-j dove la prima i è pronome personale (1^ pers.) i-j lo diso = glielo dico A questo proposito, come istruttiva curiosità, consideriamo che esistono le quattro forme ai, a-i, a-j, aj. La prima è preposizione articolata, seconda e terza sono state viste, la quarta è un nome comune e significa aglio.