Torah per sempre/Nascita della critica storica

Wikibooks, manuali e libri di testo liberi.
Indice del libro
Targum: MS in ebraico e aramaico su vellum, Iraq, prima metà dell'XI sec. Il testo riporta Esodo 12:25-31, iniziando in ebraico con la seconda parola. La prima parola è la fine del Targum aramaico al v.24; Il Targum del v.31 non è completo, presumibilmente continuando nella pagina seguente.
Targum: MS in ebraico e aramaico su vellum, Iraq, prima metà dell'XI sec. Il testo riporta Esodo 12:25-31, iniziando in ebraico con la seconda parola. La prima parola è la fine del Targum aramaico al v.24; Il Targum del v.31 non è completo, presumibilmente continuando nella pagina seguente.


« L'uomo deve dedicarsi sempre alla Torah e ai Comandamenti, anche se non lo fa perché li ama; poiché anche se lo fa senza amore, riuscirà poi a farlo perché li ama. »
(Maimonide, da Antologia ebraica)


La critica storica applica alla Bibbia le stesse tecniche investigative che applica a qualsiasi altro testo antico; con l'ascesa dell'archeologia ed il recupero delle lingue e letterature antiche, tale critica biblica si basa sempre di più su fonti di informazione esterne alla Bibbia stessa. L'ebreo o cristiano tradizionali, tuttavia, assegnano alla Bibbia uno stato alquanto diverso da altra letteratura. Lo storico legge il testo in un modo, secondo il suo contesto storico; il sacerdote o il rabbino lo legge in un altro modo, nell'ambito del contesto della propria tradizione.

Solo nel mondo moderno è diventato chiaro che i due modi di leggere non sono compatibili e che lo studio storico del testo biblico va oltre il reame della teologia. In questo capitolo investigheremo come i due approcci siano divergenti.

Problematiche di interpretazione sono sempre state divisive, poiché ogni comunità di fedeli è convinta dell'assoluta correttezza della propria tradizione interpretativa. I cristiani, sin dai primi tempi, accusavano gli ebrei di travisare la Scrittura (come facevano anche gli ebrei), ma di regola non li accusarono mai di falsificare il testo, dato che anche loro stessi sottoscrivevano l'integrità e l'autenticità di un testo considerato sacro. Sia ebrei sia cristiani cercarono in ogni modo di assicurare che i propri testi e traduzioni fossero accurati.

Accuse di falsificazione testuale furono però fatte dai mussulmani, a seguito di calunnie precedenti da parte di pagani, di alcuni cristiani e di Samaritani contro l'opera di Esdra.[1] Sebbene dichiarassero che Mosè era un vero profeta e anche la Torah fosse vera, i mussulmani accusavano sia ebrei che cristiani di aver fatto cambiamenti (tabdil) e contraffazioni (taḥrif) al testo, poiché in numerosi casi era in conflitto con Qur`an e Ḥadīth. "La" Torah, cioè quella ricevuta da Dio tramite Mosè, era certamente vera, ma le attuali scritture possedute da ebrei e cristiani non erano la vera Torah. Non tutti i mussulmani, in verità, presero, o prendono, questa posizione; alcuni affermano semplicemente che ebrei e cristiani travisano la Torah ed i Vangeli.

Uno studioso ebreo spagnolo dell'undicesimo secolo, forse Samuel Hanagid, si presume abbia pubblicato delle critiche sul Qur`an.[2] Se in risposta o in ritorsione, o semplicemente per ripicca verso la preminenza di Simon, lo studioso e polemista mussulmano Ibn Hazm di Cordoba (994-1064), che aveva conosciuto Samuel sin da ragazzo, compose un attacco vetriolico contro l'ebraismo. In questo e in altri trattati Ibn Hazm menziona gli ebrei e l'ebraismo, sviluppando l'accusa che ebrei e cristiani hanno corrotto il testo della Bibbia; identifica il corruttore principale con Esdra.[3] Poche delle sue imputazioni al testo impressionerebbero il lettore moderno; inoltre Ibn Hazm non è sempre ben informato. Tuttavia, il libro deve aver colpito durevolmente non solo i mussulmani ma anche gli ebrei, poiché Solomon ben Adret reputò necessario rispondergli più di due secoli dopo nella Spagna cristiana,[4] e Simon ben Tsemah Duran (detto Tashbats, 1361-1444) rispose ancor più tardi.[5]

Chiaramente, allora, gli ebrei in occidente nel tardo Medioevo non erano ignari degli attacchi sull'integrità del testo biblico. A volte loro stessi mettevano in discussione le tradizioni dei presupposti autori, secondo le linee d'opinione discusse nel Talmud che gli ultimi otto versetti del Pentateuco, che registravano la morte di Mosè, fossero stati aggiunti (sotto dettatura divina) da Yehoshuʿa.[6] Moses ben Samuel Hakohen Gikatilla, un contemporaneo di Rashi (tardo undicesimo secolo) nella Spagna mussulmana, viene citato affermare che la parte finale di Isaia fosse scaturita da un profeta successivo e che l'autore del Salmo 106,47 vivesse a Babilonia.[7] Abraham Ibn Ezra confermò la tarda composizione di Isaia 40-66 e alluse alla paternità non mosaica di vari versetti pentateucali,[8] sebbene castigasse esplicitamente il grammatico Isaac ibn Yashush di Toledo (m. 1056) per aver osato sostenere che la lista dei re di Edom in Genesi 36,31-39 fosse stata composta nel periodo di Re Jehoshaphat, alcuni secoli dopo Mosè.[9] Ibn Ezra era comprensibilmente reticente in materia, ma le sue allusioni furono decifrate; il suo commentario influenzò direttamente Baruch Spinoza[10] e la prima critica testuale e storica moderna di Isaac de la Peyrère, Uriel da Costa, Thomas Hobbes, Jean Astruc e altri.

Meno conosciute sono le speculazioni storiche di alcuni commentatori ebrei della Renania nel dodicesimo e tredicesimo secolo. Israel Ta-Shma ha fatto notare un commentario anonimo dei Salmi inserito in un manoscritto di Rashi che porta un colophon datato 1285; l'autore, ignorando le sovrascrizioni sui Salmi, dà la datazione storica dei salmi individuali, ponendone molti dopo il tempo di Re Davide. Ta-Shma conclude che in un periodo susseguente tale approccio fu respinto dagli aschenaziti.[11]

Gli Inizi della Critica Biblica[modifica]

La messa in discussione di ipotesi tradizionali da parte di un piccolo numero di studiosi ebrei medievali fu un fenomeno marginale, opposto vigorosamente dai principali capi religiosi tradizionali. Solo in tempi moderni, con la secolarizzazione della conoscenza e l'indebolimento del controllo clericale, è stato possibile che tali nozioni radicali venissero prese sul serio.

Tra coloro che misero in discussione le interpretazioni tradizionali della Scrittura e degli autori nel diciassettesimo secolo, ce ne furono numerosi che provenivano da famiglie che erano state costrette a convertirsi dall'ebraismo al cristianesimo in Spagna e Portogallo; tra questi, Uriel da Costa, Isaac de la Peyrère (1596-1676) e Baruch Spinosa. Se, come membro di una famiglia di Conversi, sei cresciuto in una religione che ti hanno insegnato a dubitare e poi ritorni a quella che tu pensi sia la religione "giusta", ma non ti risulta poi essere quella che veramente ti aspettavi, l'abitudine di dubitare persiste.

Tuttavia, le radici della critica storica nell'Europa cristiana si trovano altrove, nella cultura rinascimentale e umanista, nella riscoperta di un mondo di saggezza e vitalità che risiede fuori della tradizione cristiana dominante. L'indipendenza di pensiero porta a interrogare l'insegnamento convenzionale ed il fascino dei testi antichi affina le abilità critiche dello studioso. Se la conoscenza del greco appena acquisita e la disponibilità di manoscritti autentici delle opere di Platone e di Aristotele ti obbligano a mettere in dubbio le interpretazioni della scolastica medievale, è naturale mettere in dubbio sia la traduzione biblica della Vulgata ed la maniera in cui la chiesa la interpreta. Gli studiosi rinascimentali inizialmente si preoccuparono del greco e del Nuovo Testamento, ma poco dopo si rivolsero agli studiosi ebrei come Elijah Levita e Obadiah Sforno (ca.1470-1550) per assisterli con la lingua ebraica e presto cominciarono a sottoporre il testo ebraico della Bibbia ad analisi storiche e letterarie nello stesso modo in cui l'avevano già fatto con i classici greci e latini e col Nuovo Testamento. L'"ebraismo" cristiano fu parte di tale processo; la nuova comprensione indipendente delle Scritture ebraiche era indipendente dalla tradizione della chiesa, ma fortemente dipendente sulle opere di grammatici ebrei medievali e di commentatori come Rashi, Abraham Ibn Ezra e David Kimhi.

Douglas Knight ha descritto come il Concilio di Trento (1545-8) formulò il concetto di una tradizione orale, una traditio oralis, nel contesto dell'insegnamento della chiesa. Il rifiuto di questa nozione fu fondamentale per il programma sola scriptura della Riforma; sola scriptura significava che soltanto la Scrittura era autorevole, cioè la parola della Bibbia e non la "tradizione orale" della chiesa. Ma sola scriptura richiede un esame attento del testo e questo produce sorprese.

Knight descrive Richard Simon (1638-1712) quale "pioniere della ricerca biblica storico-critica e... il precursore dell'indagine storico-tradizionale dell'Antico Testamento".[12] "Il libro di Genesi, per esempio, può essere Sacra Scrittura senza essere il prodotto letterario di Mosè... Con Simon l'idea basilare di tradizione e trasmissione ottiene un'importanza centrale... Cosa spinse Simon a proporre tale idea?... la percezione che la traditio oralis tridentina fosse pertinente anche al periodo biblico... la ricerca biblica si deve interessare della storia dell'Antico Testamento come letteratura."[13]

Simon aveva familiarità con l'idea ebraica della Torah Orale; aveva di sicuro studiato con ebrei e si dice avesse considerato insieme al suo amico Jonah Salvador, ebreo italiano, un progetto per tradurre il Talmud. Guy G. Stroumsa, dopo aver sottolineato l'ascendente di Judah Arieh da Modena e del suo Historia de' riti ebraici su Simon, osserva:

« L'opinione di Simon riguardo ai Caraiti è ambivalente. Da una parte, il loro rifiuto del Talmud sembra avvicinarsi al rifiuto da parte di Gesù della maggior parte delle tradizioni rabbiniche... In tal senso, si sente più vicino ai Caraiti che ai Rabbaniti. Dall'altra, Cattolici e Rabbaniti hanno in comune il rispetto della tradizione (dei rabbini o dei padri. Per entrambi il testo della Bibbia non è autoesplicativo e può essere compreso appropritamente solo con l'aiuto della tradizione... indirizza lettere ad un amico protestante, Frémond d'Ablancourt: "Mon cher Caraïte" e le firma "Le Rabbaniste".[14] »

Una volta che hai cominciato a leggere la Bibbia indipendentemente dalla tradizione, che sia la tradizione dei rabbini o la tradizione della chiesa, puoi facilmente derivarne una teologia in contrasto con quella della tradizione. Teologia diventa quindi una disciplina indipendente, potenzialmente in conflitto coi rabbini o con la chiesa. Come nota Henning Graf Reventlow, la teologia biblica come disciplina indipendente era una conseguenza naturale dell'affermazione protestante di sola scriptura e del suo abbandono della tradizione ecclesiastica. Johann Philipp Gabler articolò i requisiti di una teologia biblica indipendente dalla tradizione della chiesa durante la sua lezione inaugurale ad Altdorf nel 1787:

« La vera teologia biblica tratta in maniera storica di quello che le sacre scritture percepiscono delle cose divine; la teologia dogmatica, invece, tratta in maniera didattica di quello che un dato teologo... filosofizza razionalmente delle materie divine.[15] »

Per i cristiani, una "teologia dell'Antico Testamento" indipendente necessitava di una "teologia del Nuovo Testamento" indipendente e iniziarono i problemi del rapporto tra teologie dell'Antico e del Nuovo Testamento, nonché del rapporto di entrambi con una teologia sistematica, o dogmatica.

Lo sviluppo di studi biblici indipendenti fece capire agli ebrei quanto fosse differente la prospettiva del mondo secondo la Bibbia da quella dei rabbini. Sintomatico della dissonanza tra tradizione biblica e tradizione rabbinica era il basso rango assegnato agli studi biblici nelle yeshivah tradizionali; il Talmud, piuttosto che la Bibbia, rifletteva le realtà della vita ebraica nell'Europa centrale ed orientale. Rabbini tradizionali come Elijah di Vilna (il Gaon di Vilna, 1720-97) che incoraggiavano gli studi biblici, non li consideravano una disciplina indipendente dalla tradizione rabbinica; al contrario, la loro interpretazione della Bibbia si basava su salde fondamenta di fonti rabbiniche. Tuttavia molto presto, nell'occidente, apparvero nuove teologie ebraiche, sostenute da filosofie contemporanee piuttosto che da testi rabbinici ed erano in alcuni casi ostili alla tradizione rabbinica; ne incontreremo alcune nella PARTE IV.1.

Deisti e Scettici[modifica]

Per "scetticismo" oggigiorno si intende una filosofia del dubbio, principalmente diretta contro la religione. Il termine deriva dal verbo greco skeptomai, parola neutra che significa semplicemente "esaminare" e dovrebbe essere opposta a "dogmatismo" piuttosto che a "religione". Solo dall'Illuminismo "scetticismo" viene a significare primariamente incredulità religiosa.[16]

Lo scetticismo quale movimento formale risale a Pyrrhо̄n dell'Elide (ca.360-272 p.e.v.). Pyrrhо̄n viaggiò con Alessandro Magno e vide nei fachiri dell'India un esempio di felicità che scaturiva dall'indifferenza per le condizioni di vita. Concluse che l'uomo deve sospendere giudizio (deve esercitare epochē — termine notoriamente risuscitato dal fenomenologo Edmund Husserl) sull'affidabilità delle percezioni sensoriali e semplicemente vivere secondo le apparenze. L'analogia biblica più pertinente è l'Ecclesiaste, forse composto sotto l'influenza pirroniana.

Sesto Empirico (terzo secolo e.v.) fu uno degli ultimi scettici antichi; lasciò due opere, Lineamenti (o Schizzi) pirroniani (Hypotyposeis) e Adversus mathematicos, che furono riscoperti nel Rinascimento e fortemente influenzarono lo sviluppo dello scetticismo moderno. Argomentava che la gente che pensava di poter conoscere la realtà erano costantemente disturbati e frustrati; se avessero sospeso il giudizio e vissuto secondo le apparenze, usanze e inclinazioni naturali, avrebbero trovato pace interiore (ataraxia "imperturbabilità"). Tale comportamento attirava molto gli studiosi che penavano nelle controversie teologiche stancanti e insolvibili della Riforma; si poteva sospendere il giudizio su tutto, tranne le questioni più chiare, e adattarsi alla vita sotto la chiesa dominante, anche quando non imponeva un assenso intellettuale.

Se dubiti dell'affidabilità della ragione umana, puoi sospendere giudizio in merito alla verità, come raccomandavano i pirroniani, adattandoti ad una vita con dubbi, oppure puoi dichiarare inadeguata la ragione e fare atto di fede. Agostino, nel suo Contra academicos, ed in seguito il filosofo mussulmano al-Ghazali (1058-1111) e l'ebreo Judah Halevi, furono "scettici" in quest'ultimo senso; la ragione, sebbene facoltà data da Dio, era inadeguata sia a stabilire o a confutare la verità religiosa, che poteve assere acquisita solo mediante il "mistero" della fede.

Il comportamento di ricerca stimolato dal revival dello Scetticismo incoraggiò la gente a mettere in dubbio gli assunti sull'origine e natura del testo biblico. Più specificatamente, preparò la strada per la crescita del Deismo, cioè, la credenza nell'esistenza di un Creatore e in canoni morali, ma il rifiuto dell'idea che Dio ha rivelato la sua precisa volontà.

Reventlow ha sottolineato il significato della critica biblica per gli sviluppi teologici in Inghilterra tra la Riforma e l'Illuminismo, specialmente l'impatto del Deismo;[17] in un interessante capitolo su Thomas Hobbes (1588-1679) dimostra il rapporto intricato e peculiare in Inghilterra tra autorità politica, teologia e interpretazione biblica.

Edward Herbert, Lord Cherbury (1582-1648), fu un pioniere del Deismo inglese; teologicamente si posizionò tra i platonici di Cambridge e i Latitudinari. Nel suo trattato De veritate si propone di respingere le argomentazioni degli Scettici. "La verità esiste", afferma con audacia.[18] Sebbene abbia poco a che fare con la critica testuale, la sua formulazione di quello che egli chiama (usando la terminologia stoica) notitiae communes circa religionem, o idee comuni sulla religione, indica una via nuova per comprendere l'autorità della Scrittura, non per i suoi dogmi o regole, bensì come conferma dei fondamenti religiosi su cui si può ragionevolmente essere d'accordo. Herbert riconosce cinque notitiae: che esiste un essere supremo; che tale essere debba essere venerato; che l'essenza della religione è la morale; che gli atti malvagi debbano essere espiati mediante pentimento; esistono in questo mondo ricompensa e punizione. Questa "religione naturale", o razionalismo etico, per Herbert, come lo sarà per Spinoza, il criterio con cui si dovrebbe giudicare ciò che nella Scrittura viene considerata la Parola di Dio.[19]

Nell'Illuminismo del diciottesimo secolo il deismo più aggressivo e lo scetticismo antireligioso di Voltaire e di altri philosophes condussero ad attacchi caustici contro la moralità della Scrittura e contro anche le sue inconsistenze interne.

La Bibbia come Letteratura[modifica]

Esiste una linea di collegamento da Azariah de' Rossi (cfr. PARTE II.3) a Johann Gottfried Herder (1744-1803). De' Rossi intitolò l'ultimo capitolo del suo Imrei binah "Sui poemi composti nella lingua sacra".[20] Divaga da riferimenti alla Poetica di Aristotele a Girolamo, ad una gamma di autorità ebraiche da Filone ad Abravanel, a sue conversazioni personali con i fratelli provenzali di Mantova e ci mette dentro anche una poesia composta per il proprio epitaffio. Tuttavia, de' Rossi getta anche nuova luce sulla natura della poesia biblica, in particolare sulla caratteristica della clausole bilanciate (parallelismo).

L'opera di Azariah fu notata da studiosi cristiani. Johannes Buxtorf II (1599-1664) tradusse il capitolo in latino, Robert Lowth (1710-87), che dal 1741 fu professore di Poetica a Oxford e successivamente vescovo prima di Oxford e poi di Londra, sviluppò ulteriormente le idee di de' Rossi in De Sacra Poesi Hebraeorum (Lectures on the Sacred Poetry of the Hebrews, 1753), recensito da Moses Mendelssohn nel 1757 e 1761.[21]

Tuttavia, tali argomenti erano la riserva di pochi studiosi che forse pensavano di evadere la critica storica e testuale della Scrittura o raffronti sfavorevoli con le letterature dei greci e romani riscoperte da poco, attirando l'attenzione alle grandi qualità letterarie della Bibbia. Toccò al poeta Johann Gottfried Herder, uno degli architetti del movimento romantico tedesco, diffondere la nozione che la Bibbia poteva essere ammirata di per sé come letteratura. Era un età in cui la critica storica da un lato stava minando la fede nella Bibbia, mentre dall'altro un'ortodossia incondizionata rifiutava di confrontare le conseguenze della nuova cultura. Herder, in Vom Geist der ebräischen Poesie (Lo spirito della poesia ebraica, 1782/3), offrì un nuovo approccio, deliziandosi in un pieno apprezzamento intuitivo dell'umanità della Scrittura ebraica e della ricchezza delle sue qualità letterarie; la Bibbia ebraica fu requisita dal movimento romantico e a sua volta ottenne prestigio per essere in armonia con lo spirito del tempo.

Da Storia a Mito[modifica]

David Friedrich Strauß (1808-74) venne espulso dall'Università di Tubinga a seguito della pubblicazione, nel 1835, del suo Leben Jesu kritisch bearbeitet ("La vita di Gesù o Esame critico della sua storia"), nel quale cercava di provare che le storie del Vangelo costituivano una raccolta di miti che custodivano una verità storica non-supernaturale; la sua analisi dogmatica della dottrina cristiana, Die christliche Glaubenslehre, apparve nel 1840/1. In Der alte und der neue Glaube ("La vecchia e la nuova fede", 1872) tentò di provare che il cristianesimo come sistema di credenze religiose era morto e che una nuova fede doveva essere costruita sulla base dell'arte e della scienza contemporanee.

La frase d'apertura della prefazione di Strauß nella prima edizione di Leben Jesu è istruttiva:

« È apparso all'autore di questa opera... che fosse giunto il tempo di sostituire un nuovo modo di considerare la vita di Gesù, al posto dei sistemi antiquati di supernaturalismo e naturalismo...
Il nuovo punto di vista... è quello mitico...
I teologi più eruditi e acuti d'oggi non riescono nel requisito principale per tale lavoro... la liberazione interiore dei sentimenti e dell'intelletto da certe presupposizioni religiose e dogmatiche...
La nascita supernaturale di Cristo, la sua risurrezione e ascensione, rimangono verità eterne, quale che siano i dubbi espressi sulla loro realtà come fatti storici.[22] »

Quegli ebrei che erano preoccupati per la precisione storica delle Scritture ebraiche n on tardarono ad applicare la lezione. Abraham Geiger (1810-74), che fu di certo influenzato da Strauß,[23] dichiarò che "la Bibbia, quella collezione di libri umani nella maggior parte così bella e glorificata – forse la più glorificata – deve essere scartata come opera divina".[24] Geiger stesso diede immensi contributi nello sbrogliare la storia del testo biblico e la sua ricezione da parte della tradizione ebraica. Le parole che usa nella sua introduzione alla sua opera principale in materia – "Die Bibel ist das Buch der Welt" ("La Bibbia è il libro del mondo") – ci dice immediatamente che, per quanto meraviglioso e autorevole sia il libro, esso è una compilazione umana;[25] leggendo oltre, scopriamo che non solo il suo testo è stato modificato durante la trasmissione, spesso per soddisfare scopi settari, ma che la sua interpretazione è stata mediata per gli ebrei tramite la tradizione rabbinica. Kaufmann Kohler (1843-1926), precedente ammiratore di Samson Raphael Hirsch ma successivamente uno dei primi membri dell'Ebraismo Riformato e dal 1930 Presidente dell'Hebrew Union College, promosse idee simili in America.

Il maskil galiziano Joshua Heschel Schorr (1818-85) fu il primo a propagare la critica biblica in lingua ebraica, nel suo bollettino Heḥaluts che uscì a partire dal 1852. Ma gli ortodossi rimasero fedeli alla dottrina letterale della Torah min hashamayim, sostenendo sia l'infallibilità della Scrittura e sia l'autenticità dell'interpretazione tradizionale.

Teoria delle Fonti[modifica]

Possibile schema dell'"ipotesi documentaria":
'J': tradizione jahvista
'E': tradizione Elohista
'D': tradizione Deuteronomista
'P': tradizione Sacerdotale
'R': "Redattore" che ha compilato le fonti
'DH': Storia deuteronomistica
* include la maggior parte del Levitico
† include la maggior parte del Deuteronomio
‡ include Giosuè, Giudici, Samuele 1&2, Re 1&2

La Bibbia saltuariamente cita fonti. Numeri 21,14 fa riferimento ad un "libro delle guerre del Signore". Il Libro dei Re fa riferimento diverse volte al "libro delle cronache dei re di Giuda" e al "libro delle cronache dei re di Israele". Cronache fa lo stesso. In tutto, nella Bibbia vengono citate ventiquattro fonti extra-bibliche.[26]

Questo non sarebbe un problema se non fosse per la dottrina di Torah min hashamayim, se ciò non significasse che la Scrittura fu dettata da Dio, al quale sicuramente non necessita di citare fonti umane. Tuttavia, le citazioni, o riferimenti, potrebbero essere considerati alla pari coi rapporti di discorsi: Abramo, Mosè e altri personaggi biblici erano senza dubbio liberi di parlare come volevano, non secondo un copione preordinato; l'inclusione delle loro parole nella Torah potrebbe essere considerata, per così dire, il sigillo d'approvazione divino e autorevole per l'inserimento di tali parole nella Sacra Scrittura. Similmente, quando il Talmud citava l'opinione di Rabbi Joshua che gli ultimi otto versetti della Torah erano stati aggiunti da Yehoshùa, non stava affermando che Yehoshùa si fosse inventato i versetti, ma che Dio li avesse dettati a lui piuttosto che a Mosè.

Ibn Yashush e Ibn Ezra, tuttavia, sembrano implicare qualcosa d'altro, cioè che qualcuno (non specificano chi) in una fase successiva avesse aggiunto versetti al testo ricevuto. Ibn Ezra è evasivo su questo punto e sfortunatamente solo parti delle opere grammaticali di Ibn Yashush sono disponibili e non il suo commentario originale.

Quando i cristiani cominciarono a partecipare seriamente alla discussione, avevano già stabilito che i testi classici di Grecia e Roma erano stati contaminati e avevano iniziato ad ammettere la possibilità che fossero avvenute interpolazioni nel Nuovo Testamento. Di conseguenza, furono in grado di spostarsi dalla nozione di un'interpolazione occasionale all'idea che il testo della Bibbia ebraica avesse una storia e che sue parti potessero essere state estratte da fonti documentarie precedenti. In tal modo divenne possibile formulare una teoria riguardo a quelle fonti e speculare su quali fossero.

A Henning Bernhard Witter (1683-1715) è attribuito lo sviluppo della prima ipotesi documentaria. Nel 1711 pubblicò una nuova traduzione latina di Genesi 1-18 con un tittolo a tre righe che cominciava con le parole Jura Israelitarum in Palaestinam terram Chananeam commentatione in Genesin. Fa un abile uso delle fonti ebraiche, da Filone a Flavio Giuseppe a Talmud e midrash, come anche a Rashi, Ibn Ezra, Maimonide e Obadiah di Bertinoro; ben informato sul rabbinismo, aveva pubblicato nel 1703 una traduzione latina di una sezione della Mishneh Torah maimonidea che aveva a che fare con le festività ebraiche. Non c'è molta "ipotesi documentaria" in Jura Israelitarum salvo la discussione, esposta nella sezione 22 dei Prolegomeni, che numerose parti del Pentateuco erano chiaramente non scritte da Mosè, poiché (come aveva osservato Nahmanide),[27] si parla di Mosè in terza persona affermando che aveva scritto alcune sezioni. Adduce circa quindi riferimenti a supporto,[28] ma soltanto i versetti pentateuci sembrano pertinenti. L'argomentazione non va di molto oltre la linea di ragionamento di Spinoza nel Tractatus Theologico-Politicus VIII ed è in numerosi rispetti meno sviluppato.

Sir Isaac Newton (1642-1726) non è generalmente citato in storie di critica biblica, tuttavia il capitolo iniziale del suo Observations upon the Prophecies of Daniel, and the Apocalypse of St. John,[29] pubblicato postumo nel 1733, è un resoconto sistematico di quelli che egli chiama "Compilatori dei Libri dell'Antico Testamento" in cui espone i documenti da cui venne formata la Bibbia e conclude inter alia che Genesi non poteva essere stata scritta prima del regno di Saul.[30]

Jean Astruc (1684-1766)fu un medico francese famoso per i suoi trattati relativi all'ostetricia e alle malattie veneree, come anche per un'opera sulla fistola dell'ano. Astruc non conosceva l'opera di Witter ma, come quest'ultimo, aveva formulato un lungo titolo per le sue ricerche; il suo Conjectures sur les mémoires originaux dont il paroit que Moyse s'est servi pour composer le livre de la Genese fu pubblicato per la prima volta a Brussels nel 1753, con molte edizioni successive. Il nome Astruc divenne comune tra gli ebrei della Francia meridionale e, sebbene il padre di Jean fosse un predicatore Ugonotto, era possibile che fosse di estrazione ebraica. A differenza di Witter, Astruc dimostra poca dimestichezza col commentario biblico ebraico, né sembra dubitare della paternità mosaica riguardo al Pentateuco. Sostiene che Mosè compose la Genesi ed i primi due capitoli di Esodo sulla base di documenti più antichi, sezioni dei quali egli incorporò senza nessun cambiamento, ecco perché numerose narrazioni sono duplicate in parte o in tutto e perché in queste appaiano nomi di Dio differenti. Astruc pensa che Mosé suddivise una dozzina di documenti in quattro gruppi, che Astruc chiama A, B, C e D. Nella seconda parte del libro Astruc riporta una traduzione francese da Genesi a Esodo 2 in colonne, cosicché sezioni appartenenti ad A iniziano sulla sinistra della pagina, quelle che appartengono a B un po' più a destra e così via. Parte 3 è un commentario che spiega perché ciascun passo sia allineato nel sua specifica colonna. Non c'è probabilmente alcun nesso tra il progetto di Astruc di "décomposer la Genese"[31] e il programma del suo connazionale Jacques Derrida, alcuni secoli dopo, di "decostruire" ogni cosa.

Johann Gottfried Eichhorn (1752-1827) si dice sia stato il primo a scrivere un'introduzione generale alla Bibbia, forse perché preferiva un titolo corto o perché, a differenza di Astruc, aveva condotto la propria ricerca andando oltre Genesi. La sua popolare opera in tre volumi, Einleitung in das Alte Testament (1780-3) influenzò molto gli studi biblici di Moses Mendelssohn e del suo circolo, specialmente il grammatico e lessicografo galiziano Judah Leib Ben-Ze`ev (1764-1811).

Nel 1805, Wilhelm M. L. de Wette (da non confondersi con Witter) sostenne l'ipotesi moderna dominante che il Deuteronomio, o perlomeno il suo nucleo, fosse stato composto solo poco tempo dopo la sua "scoperta" al tempo di Josiah (22,8). Tra i suoi studenti all'Università di Berlino ci fu Leopold Zunz (1794-1886), fondatore della Wissenschaft des Judentums (Scienza del Giudaismo). Nella sua opera fondamentale sull'oratoria ebraica Zunz assegnò date posteriori a numerosi Salmi e ad Ezechiele, suggerendo che il canone ebraico non fosse stato completato fino a poco prima del 70 e.v.;[32] successivamente confermò l'ipotesi di de Wette sul Deuteronomio.

Marcus Moritz Kalisch (1828-1885), laureato sia dell'Università di Berlino sia del Seminario rabbinico, fu segretario del Rabbino Capo di Londra Nathan Adler dal 1848 al 1853. Successivamente fu impiegato come tutore presso i Rothschild e si sentì quindi libero di mettere per iscritto le sue opinioni alquanto radicali sugli studi biblici, anticipanbdo la teoria delle fonti (formulazione definitiva dell'ipotesi documentale) di Wellhausen nel suo commentario al Levitico.

La teoria delle fonti "classica" emerse dall'opera di Karl Heinrich Graf (1815-69) e di Julius Wellhausen (1844-1918). Graf sosteneva che il Codice Sacerdotale, cioè la fonte che include Levitico, che fino allora era stata considerata la fonte principale del Pentateuco, era in realtà l'ultima delle fonti pentateucali. Wellhausen proponeva quattro fonti: Jahvista (J), Elohista (E), Deuteronomista (D), Sacerdotale ("Priestly" = P); datò il Codice Sacerdotale nel periodo dopo l'esilio babilonese e il Deuteronomio col suo codice legale nel periodo appena prima dell'esilio.[33] Dal tempo di Wellhausen sono state apportate importanti modifiche a questa teoria; non c'è oggi un'unica accettabile ipotesi documentaria, sebbene i principi basilari siano stati accettati dagli studiosi biblici.

Archeologia[modifica]

L'archeologia scientifica emerse nel diciannovesimo secolo. Jean-François Champollion (1790-1832), fondatore dell'egittologia scientifica moderna, decifrò la Stele di Rosetta verso il 1824. Friedrich, figlio del teologo tedesco Franz Delitzsch, sviluppò l'assiriologia verso la fine dello stesso secolo e il contesto storico e culturale della Bibbia diventò sempre più chiaro.

L'aumento della conoscenza delle lingue del Vicino Oriente Antico condusse ad una migliore conoscenza del vocabolario, della grammatica e degli stili delle Scritture ebraiche; la critica letteraria e storica gettò nuova luce sulle date di composizione, paternità e funzione originale dei vari tipi di scrittura che costituiscono la Bibbia. Più speculativi sono la critica della tradizione, che tenta di tracciare lo sviluppo delle tradizioni orali che precedettero i testi scritti; la critica redazionale, che studia come furono radunati i documenti dai loro autori ed editori ultimi; la critica delle forme, iniziata nel ventesimo secolo da Rudolf Bultmann e Martin Dibelius, che classifica il materiale scritto secondo le forme preletterarie, come la parabola o l'inno. Altre mode di critica vanno e vengono con la reputazione dei professori che le escogitano.

Metodo Critico = Metodo Antisemitico?[modifica]

Gli ebrei ortodossi spesso giustificano il loro rifiuto di venire a patti con la critica storica, con l'equazione, promossa dal Conservatore Solomon Schechter, "L'Alto Metodo Critico è uguale all'Alto Metodo Antisemitico". Questa non è una buona scusa per ignorare l'evidenza, ma non è nemmeno pura fantasia. La critica biblica, specialmente in Germania, si prestava spesso all'antisemitismo. Ciò accadeva perché una prospettiva storica sulla Bibbia portava i cristiani a separare non solo Bibbia e teologia, ma anche la teologia dell'Antico Testamento e quella del Nuovo Testamento, una posizione che divenne chiara nell'opera di Georg Lorenz Bauer, Biblische Theologie des Alten und Neuen Testaments.[34] Quale era il rapporto tra i due "Testamenti"? I teologi protestanti cercavano disperatamente di dimostrare la superiorità del Nuovo rispetto al "Vecchio Testamento"; era come se si chiedessero: se il Nuovo non era superiore al Vecchio, quale era il punto del cristianesimo?

Tra le opere peggiori dedicate a questo problema ci fu Die Religion der Zukunft di P. de Lagarde (1878). Il nazionalismo romantico tedesco si combinava con l'apologetica protestante portandolo a invocare una "nuova religione tedesca composta da autentico cristianesimo e dagli elementi nobili dello spirito germanico, ma purificato da tutti i vizi non-tedeschi, come l'Antico Testamento".

Le cose peggiorarono ancora. Houston Stewart Chamberlain (1855-1927), un filosofo politico germanofilo nato in Gran Bretagna che aveva passato la maggior parte della vita in Germania, era un devoto ammiratore di Richard Wagner e aveva sposato l'unica figlia del musicista; Chamberlain difendeva gli sforzi ed i fini militari della Germania durante la Prima Guerra Mondiale, ricevette la Croce Militare Tedesca nel 1915 e venne naturalizzato l'anno successivo. Nel 1899 pubblicò un'opera,[35] che si basava sulle teorie razziste del conte Gobineau, nel quale sosteneva la superiorità della razza nordica e della religione "Indo-Europea", cioè il Nuovo Testamento, sulla "religione degli ebrei", cioè l'Antico Testamento. Il cristianesimo, afferma Chamberlain, sorse da due radici: la fede storico-cronistica ebraica e la mitologia metafisica e simbolica indo-europea. Detto ciò, Chamberlain non svaluta l'ebraismo totalmente; riconosce, a differenza dei suoi seguaci, che Gesù era un ebreo, sebbene abbia dei dubbi riguardo a Paolo, il cui misticismo e l'idea di redenzione sono così indo-europee da poter essere anche tacciato di anti-ebraismo. I nazisti amarono Chamberlain, ma non deve essere accusato di tutte le loro perversioni.[36]

Argomentazioni di questo tipo e la continua sviolinatura in merito alla superiorità del "vangelo dell'amore" sulla "religione della legge" furono caratteristiche della teologia protestante, specialmente in Germania, ben oltre la Seconda Guerra Mondiale e non sono affatto scomparse, sebbene ci siano stati notevoli sforzi di sviluppare forme di teologia cristiana che siano prive di antisemitismo; in Budapest nell'agosto del 1984 la Chiesa Luterana ha formalmente ripudiato le diatribe antisemitiche composte in maturità da Martin Lutero (1483-1546).

Purtuttavia, le vessazioni da parte di alcuni teologi cristiani qui non ci riguarda. Ci sono sicuramente stati "critici del metodo" che furono "antisemiti con metodo", ma la disciplina della critica non può essere abbandonata in base a questo. Se Friedrich Delitzsch,[37] per esempio, abusò delle sue grandi scoperte in Mesopotamia per degradare le Scritture ebraiche sottolineandone la loro inattendibilità storica e il basso carattere del loro "Dio nazionale", ciò è spiacevole e diminuisce la sua reputazione accademica. Ma l'archeologia della Mesopotamia rimane valida e l'opera di Delitzsch sulle lingue antiche rimane fondamentale; le questioni che solleva non possono essere messe da parte facendo rimproveri personali ad un singolo studioso.

Conclusione[modifica]

All'alba del ventesimo secolo lo studio biblico era progredito al punto che l'antica ermeneutica riconciliatrice non era più plausibile; gli ebrei ed i cristiani tradizionali erano agitati non tanto dalle loro opposte ideologie, o da ideologie straniere come l'Islam, quanto dalle scoperte di una ricerca apparentemente obiettiva che potevano liberamente verificare da se stessi. Si trovavano davanti a tre possibilità di scelta: potevano abbandonare le affermazioni specifiche delle reciproche fedi e diventare deisti, agnostici, o finanche ateisti; potevano adottare un approccio fideista e asserire semplicemente che le certezze della fede erano maggiori di quelle della ragione; oppure potevano, come il protestante D. F. Strauss o l'ebreo Avraham Geiger, costruire nuove teologie che non dipendevano dall'accuratezza dell'attestazione dei fatti biblici.

Note[modifica]

  1. Lazarus-Yaffe, Intertwined Worlds, 50-74.
  2. Gli studiosi sono in disaccordo su questo. Abbas sostiene che le critiche fossero opera del figlio di Samuel, Joseph; Stroumsa che fosse un'invenzione di Ibn Hazm e le argomentazioni confutate fossero quelle dell'eresiarca mussulmano Ibn al-Rawandi; Fierro che fossero opera di uno scettico ebreo sconosciuto; Brann che Ibn Hazm costruì una figura tipologica che personificasse una gamma di credenze offensive per i mussulmani. Per i riferimenti si veda Adang, Muslim Writers on Judaism, 59-69.
  3. Il testo ènstato analizzato da Perlmann, "Eleventh-century Andalusian Authors". Adang, Muslim Writers on Judaism, 237-48, esamina nei particolari le asserzioni di Ibn Hazm.
  4. Solomon ben Adret, Ma`amar al yishma`el ("Trattato contro un Ismaelita"), in Perles, R. Salomo b. Abraham b. Adereth.
  5. Martin Jacobs ha esaminato il manoscritto Kashet umagen di Duran (MS Oxford, Bodleiana 151), ma a tutt'oggi non ho riscontrato ancora la relativa pubblicazione.
  6. Vedi PARTE I.2.
  7. I suoi commentari sono andati perduti. Citazioni della sua opera da parte di altri autori sono raccolte in Poznański, Mose b. Samuel hakohen Ibn Chiquitilla.
  8. Ibn Ezra su Gen. 12:6; Deut. 1:2 e 34:6. Spinoza, Tractatus Theologico-Politicus VIII, appoggia fortemente Ibn Ezra.
  9. Ibn Ezra su Gen. 36:31 dice che il libro di Ibn Yashush dovesse essere bruciato. Vedi Fishman, Shaking the Pillars of Exile, 204 n. 63 e i suoi riferimenti a "certi studiosi ebrei bizantini registrati nelle fonti del nono secolo".
  10. Spinoza, Tractatus Theologico-Politicus VII e VIII.
  11. Ta-Shma, An Anonymous Critical Commentary (in ebr.) e "Note on Biblical Criticism" (in ebr.).
  12. Simon scrisse una Historie critique du Vieux Testament.
  13. Knight, Rediscovering the Traditions of Israel, 44-50.
  14. Stroumsa, "Jewish Mythe and Ritual", 28.
  15. J.P. Gabler, citato da Reventlow, Problems of Old Testament Theology 3-4. Il titolo della lezione di Gabler era una lezione di per se stessa: Oratio de justo discrimine theologiae biblicae et dogmaticae regundisque recte utrius finibus "Sulla corretta distinzione tra teologia dogmatica e biblica e la giusta definizione dei loro fini".
  16. Sul primo scetticismo moderno si veda Popkin, History of Scepticism.
  17. Reventlow, Authority of the Bible.
  18. Herbert, De veritate, 75; Popkin, History of Scepticism, 154segg.
  19. Sull'opinione di Baruch Spinoza si veda PARTE IV.1.
  20. De' Rossi, Light of the Eyes, 710-21.
  21. Altmann, Moses Mendelssohn, 410-12. Mendelssohn inviò a Lowth una copia della sua recensione e in seguito il suo commentario Be`ur su Esodo; cita Lowth in Be`ur su Gen. 4:23.
  22. D.F. Strauß, Life of Jesus, pp. li, lii (mia trad. dall'ingl.)
  23. S. Heschel, Abraham Geiger.
  24. Geiger fece tale dichiarzione nel testo di una lettera che scrisse a J. Derenbourg; la parte specifica della lettera è stata tradotta in D.H. Frank, Leaman e Manekin (curr.), Jewish Philosophy Reader, 376. Meyer, Response to Modernity, 416 n.16, nota alcuni dei riferimenti di Geiger a Strauss, ma osserva che "un incontro tra i due uomini nella fase tarda della loro vita (1868) produsse una mutua insoddisfazione".
  25. Geiger, Urschrift und Übersetzungen der Bibel, 1.
  26. Leiman, Canonization of Hebrew Scripture, 17-18. "Il libro delle cronache dei re di Giuda" è citato in 1 Re 14:29; 15:7, 23; 22:46; 2 Re 8:23; 12:20; 14:18; 15:6, 36; 16:19; 20:20; 21:17, 25; 23:28; 24:5 e "il libro delle cronache dei re di Israele" è citato in 1 Re 14:19; 15:31; 16:5, 14; 20-27; 22:39; 2 Re 1:18; 10:34; 13:8, 12; 14:15, 28; 15:11, 15, 21, 26, 31.
  27. Si veda supra, PARTE I.3.
  28. Esodo 17:14; 24:4, 7; 33:1, 2; 34:27; Num. 33:2; Deut. 31:9, 22; Gios. 1:8, 31; 10:13; 2 Cron. 35:14; 2 Re 22:2.
  29. Cfr. Isaac Newton, Trattato sull'Apocalisse, Bollati Boringhieri, 1994, 2011, trad. e cura Maurizio Mamiani.
  30. Questo era il "segreto dei dodici" di Abraham Ibn Ezra, il punto preciso su cui egli criticò Ibn Yashush.
  31. Astruc, Conjectures, 17.
  32. Zunz, Die gottesdientlichen Vorträge.
  33. Per le opere principali di questi autori si veda Kalisch, Historical and Critical Commentary; Graf, Die geschichtlichen Buecher e Wellhausen, Die Composition des Hexateuchs.
  34. (Lipsia, 1796-1802). Questa sezione si basa su Reventlow, Problems of Old Testament Theology, 28-43.
  35. Chamberlain, Grundlagen des XIX. Jahrhunderts
  36. Sulla nuova "immagine" di Gesù durante il nazismo, si veda S. Heschel, The Aryan Jesus.
  37. Delitzsch, Die Grosse Täuschung.