Torah per sempre/Torah Orale: cosa contiene?

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Paramento della Torah (Sinagoga di Saarbrücken)
Paramento della Torah (Sinagoga di Saarbrücken)

Come abbiamo appena visto, Maimonide era conservatore nella sua definizione della Torah Orale, limitando il termine ad un ristretto numero di leggi e regole articolate dai rabbini; non la applicava a nessun testo scritto, come per esempio la Mishnah, né all'aggadah, la parte non giuridica del corpus rabbinico.

Il babilonese del terzo secolo Shmuel disse: "Uno non impara da halakhot, agadot, o tosafot, ma solo dal Talmud."[1] "Talmud" non denota un libro di tale nome, poiché non ne esisteva nessuno al tempo di Shmuel (sebbene cene potevano essere stati quando questo commento venne redatto); si riferisce piuttosto alle discussioni che comprendono l'attività caratteristica del Talmud. Ciò che Shnuel intendeva dire era: le decisioni halakhiche non si possono basare semplicemente su promulgazioni fatte dai tannaim (i saggi della Mishnah), ma solo sui risultati delle discussioni successive presso le varie scuole; inoltre, non tutto il materiale che viene tramandato è di autorità vincolante.

Se non tutto quello che viene tramandato è di autorità vincolante, allora dove si deve tirare la linea separatrice? Vedremo che i rabbini successivi differivano grandemente tra di loro rispetto al modo in cui risposero a questa domanda.

Samuel ben Hofni (m. 1034), capo dell'accademia di Sura in Babilonia, osservava che se le parole dei saggi contraddicono la ragione, non siamo obbligati ad accettarle; si sentì quindi libero di negare che la strega di Endro avesse riportato in vita il profeta Samuele, anche se i saggi avevano presa per buona la storia di 1 Samuele 28.[2] Samuel Hanagid di Granada (993-1055/6) scrisse nella sua Introduzione al Talmud, basata in gran parte sull'opera di Samuel ben Hofni:

« Aggadah è tutto ciò che è detto nel Talmud su qualsiasi materia eccetto una mitzvah. Nulla se ne deve dedurre oltre quello che appare ragionevole. Dovete sapere che tutto ciò che i rabbini hanno sostenuto in materia di halakhah rispetto ad una mitzvah [proviene] da Mosè nostro maestro (pace sia con lui!), dall'Onnipotente, e non ne dovete aggiungere né sottrarne. Tuttavia, l'interpretazione che ognuno diede ai versetti della Scrittura secondo quello che gli sovvenne o interpretò, noi [accettiamo] nella misura in cui appare ragionevole, ma non confidiamo nel resto. »
(Samuel Hanagid, Introduzione al Talmud, 46a)

Molte autorità medievali, specialmente i commentatori biblici, erano pronte ad esprimere opinioni contrarie a quelle dei rabbini in materie non halakhiche, tra cui l'interpretazione biblica, la scienza e la storia.

La Torah insegna scienza?[modifica]

Maimonide, nei suoi scritti medici e vari altri scientifici, ignora il Talmud e si affida completamente alla scienza corrente del suo tempo. Sembra credere che i saggi stessi facessero in tal modo. Rivolgendosi al suo discepolo Joseph ben Judah di Ceuta nella Guida dei perplessi, in tema di "musica delle sfere", negata da Aristotele ma affermata dai saggi (a anche da Pitagora), scrive:

« Non devi rammaricarti che l'opinione di Aristotele dissenta da quella dei saggi, che la loro memori sia benedetta, riguardo a questo punto... Tu sai... che in queste materie astronomiche essi preferivano l'opinione dei saggi delle nazioni del mondo a quella loro. Poiché dicono esplicitamente: I saggi delle nazioni del mondo hanno vinto.[3] E ciò è corretto. Poiché chiunque discuta di materie speculative, lo fa secondo le conclusioni derivanti dalle sue speculazioni. Pertanto la conclusione che è stata dimostrata correttamente deve essere creduta. »
(Guida II.8[4])

Più avanti nella stessa opera Maimonide fornisce forse il suo esempio più estremo della sua disponibilità ad abbandonare l'interpretazione rabbinica convenzionale. Aristotele non dimostrò l'eternità dell'universo, ma se lo avesse fatto in modo convincente Maimonide sarebbe stato pronto a reinterpretare la storia biblica della creazione in un senso figurativo, proprio come egli interpretò figurativamente i molti antropomorfismi della Bibbia.[5]

Anche nel suo lavoro halakhico occasionalmente trascura una sentenza rabbinica per un qualche motivo filosofico o scientifico. Per esempio, non cita la normativa talmudica che un ebreo debba evitare il diverbio con un non ebreo nel periodo che precede il 9 Av, ma debbe invece farlo nel mese di Adar, forse perché il Talmud stesso basa le decisioni sull'astrologia e Maimonide respinge l'astrologia come sciocchezza.[6]

I gaonim[7] ed i commentatori classici, come i provenzali David Kimhi (detto Radak, 1160-1235) e Gersonide (detto Ralbag, 1288-1344) si distaccavano facilmente dall'interpretazione biblica dei saggi in materie non halakhiche se le loro proprie speculazioni li portavano altrove. Per esempio, il primo capitolo di 1 Samuele descrive la nascita di Samuele in risposta alle preghiere di Anna. Dopo che Samuele fu svezzato, Anna e suo marito Elkana lo portarono al Tabernacolo e fecero un sacrificio. " Quindi loro immolarono un torello e condussero il fanciullo ad Eli" (1 Samuele 1:25). Il Talmud inserisce in questo versetto una storia convoluta il cui nocciolo è che l;infante Samuele aveva peccato promulgando una sentenza alla presenza del suo maestro Eli, indebolendo quindi l'autorità di quest'ultimo.[8] Kimhi rifiuta questo derash, come lo chiama sprezzantemente:

« E portarono il bambino. Dopo aver immolato il torello come sacrificio, Elkana e Anna [portarono il bambino] nella Casa del Signore a Eli affinché siedesse e imparasse da lui, in modo che [Eli] lo istruisse nella Torah e nei comandamenti. Il derash è ben noto e non necessita di essere scritto; è inverosimile. »
(David Kimhi, su 1 Sam. 1:25)

I razionalisti medievali sembra si siano preoccupati notevolmente dell'estrema lengevità dei patriarchi prediluviani (Genesi 5). Maimonide limitò la longevità agli individui nominati per quell'epoca, giustificando l'"anomalia" con varie allusioni all'alimentazione, alla dieta o forse al miracolo.[9] Moses Ibn Tibbon di Marsiglia (tardo XIII sec.) arrivò al punto di sostenere che i numeri elevati degli anni, per esempio 969 per Matusalemme, indicassero non la loro età, bensì la durata delle rispettive dinastie;[10] Ibn Tibbon chiaramente non riconosceva come Torah Orale la tradizione interpretativa rabbinica dei testi biblici non giuridici, che era vincolante per i fedeli.

La Torah di cabalisti e razionalisti[modifica]

Tuttavia i cabalisti erano restii ad ammettere che qualsiasi cosa nel corpus rabbinico, o finanche nella Bibbia, fosse "inverosimile", speculativo o erroneo, preferendo scoprire "significati nascosti" laddove un'affermazione appariva irragionevole. Inoltre, l'aggadah era per loro importante quanto la halakhah, se non di più. I cabalisti danno per scontato che qualunque cosa sia registrata in nome dei rabbini, non solo nel Talmud ma anche nei midrashim, sia "Torah", Scritta, Orale, o segreta. Alla fine anche lo Zohar ottenne questo status glorificato; dopo tutto, era attribuito a Simon bar Yohai.

I cabalisti della Provenza del XIII secolo si opposero vigorosamente alle interpretazioni bibliche razionaliste di Kimhi, di Gersonide e di altri; la loro opposizione costituisce il maggior aspetto dello scontro plurisecolare tra maimonisti e antimaimonisti. Iniziarono con l'appropriare le aggadot al sistema esoterico delle sefirot, o emanazioni divine. Azriel di Girona (1160-1238) studiò in Provenza sotto Isacco il Cieco e ritornò alla sua città natia con questa tecnica, che fu adottata avidamente e raggiunse il suo apogeo nello Zohar.

Gli aneddoti enigmatici e le affermazioni del rabbini, dicevano i cabalisti, erano segni che potevano essere letti da un adepto che avesse le chiavi per decodificare i profondi misteri della Cabala, ma che erano occultati all'ignorante e all'indegno. Pertanto l'immagine di Dio che indossa i tefillin (TB Ber. 6a) fu "decodificato" da Azriel come la narrativa sacra di quello che Dio "indossa" veramente, cioè le sefirot, i canali di emanazione, le "vesti" con cui Egli è visto dal mondo.[11] In questo modo cercavano di dimostrare come l'aggadah trasmettesse una verità "letterale" profonda — Dio indossava veramente i tefillin, di un tipo magnificato — l'aggadah non era una mera figura retorica. Tale interpretazione permise ai cabalisti non solo di difendere la tradizione dai suoi detrattori, ma di entrare nello spazio di quella tradizione e di appropriarsene l'autorità. Vale a dire, la Cabala era diventata Torah; la Torah Scritta, la Torah Orale e la Torah Segreta (qabbalah) erano quindi state tutte e tre date a Mosè sul Sinai.

Conclusione[modifica]

Nessuno, nella disputa tra razionalisti e cabalisti rispetto all'interpretazione della Torah, mise in dubbio l'integrità e l'autenticità dei testi biblici stessi, né nessuno delle due parti dubitò dell'esistenza di una Torah Orale che complementava quella Scritta. Tuttavia, esisteva un profondo disaccordo riguardo al contenuto della Torah Orale.

All'estremità razionalista, la Torah Orale consisteva più che altro di interpretazioni e regole basilari; altre affermazioni dei rabbini dovevano essere trattate con rispetto, ma erano soggette a revisione alla luce di argomentazioni razionali. Quello che Mosè aveva ricevuto al Sinai era semplicemente il testo del Pentateuco insieme all'interpretazione base della halakhah. Alcuni che non sono cabalisti adottano una posizione più rigorosa: i gaonim del nono secolo Amram e Natronai, per esempio, fondandosi su un'asserzione aggadica attribuita a Rav (primo terzo secolo), sostenevano che il Targum, traduzione aramaica attribuita a Onkelos, si originasse dal Sinai.[12]

All'altra estremità, i cabalisti sostenevano che tutte le dichiarazioni attribuite ai rabbini del Talmud e gli scritti associati, apparentemente anche derashot assurdi, fossero Torah santa, originata al Sinai; sia le affermazioni halakhiche sia quelle aggadiche nascondevano dottrine mistiche costituenti la loro essenza reale.

Tuttavia anche questa posizione cade al di sotto delle strane asserzioni sulla Torah fatte da alcuni rabbini susseguenti, come il Gaon di Vilna che, come vedremo in PARTE III.2, sosteneva che tutta la conoscenza, compresi i particolari della vita di ognuno, fosse implicita nel testo della Torah.

Note[modifica]

  1. TG Pe`ah 2:5.
  2. Lewin, Otsar hage`onim, IV, Ḥag. pp. 2-5. Cfr. Berger, Rabbinic Authority, p. 164 nota 12.
  3. TB Pes. 94b.
  4. Traduzione di Pines di Guida II.8, Vol. II, p. 267. Il corsivo di Pines indica parole in ebraico nel testo originale arabo, e non una sottolineatura.
  5. Guida II.25.
  6. TB Ta`an 29b. L'ovvia omissione di Maimonide avviene nella Mishneh Torah, "Hilkhot ta`anit" 5:6. Esamino e sue obiezioni contro l'astrologia in PARTE II.3.
  7. Gaon ("illustre", plur. gaonim) era il titolo usato dai capi delle accademie babilonesi dal settimo al tredicesimo secolo.
  8. TB Ber. 31b.
  9. Maimonide, Guida II.47.
  10. Lasker, "Lengevity of the Ancients" (He), p. 59, che cita Moses Ibn Tibbon, Ma`amar hataninim.
  11. Azriel di Girona, Commentario alle Aggadot, 4-6. Sull'interpretazione di Azriel riguardo all'emanazione si veda Scholem, Origins, pp. 430-454.
  12. Questa posizione viene confermata da diverse autorità successive, tra cui Joseph Karo (1488-1575) in Beit yosef, "Oraḥ ḥayim" 285, sebbene vada contro il significato semplice del Talmud (TB Meg. 3a), in cui appare solo come una difesa abbastanza forzata dell'affermazione di Rav.