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Latino/Accusativo

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Indice del libro

Il caso accusativo (da adcusare) è principalmente il caso del complemento oggetto e dei suoi attributi, apposizioni, complementi predicativi. Assume inoltre funzioni di soggetto nelle proposizioni infinitive; funzioni esclamative, di relazione, di luogo, tempo e spazio, le quali verranno esaminate in questo modulo.

Verbi che reggono l'accusativo

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Verbi personali

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Fondamentalmente l'accusativo è retto dai verbi transitivi, sia attivi che deponenti.

Tuttavia alcune categorie di verbi, che in italiano sono considerati intransitivi, in latino possono presentare un valore transitivo e reggere un accusativo.

Le principali categorie sono:

  • verbi che esprimono una impressione o una sensazione fisica, come sapĭō («ho sapore»), olĕō («ho odore»), ed altri. Ad esempio:
Meliōra unguenta sunt quae terram, quam quae crocum sapiunt: «I migliori unguenti son quelli che sanno di terra, piuttosto che di croco».
  • verbi che reggono un complemento oggetto con la medesima radice del verbo (oggetto interno), tra i quali i più frequenti sono: vīvere (vītam), somniăre (somnium), pugnāre (pugnam), iūrāre (iūsiurandum), etc.;
  • verba affectuum, che indicano un sentimento: doleō, maereō, rīdeō, miror, horreō, [1] ... Per esempio:
Fīliī tuiī maereō mortem: «Mi affliggo per la morte di tuo figlio».
  • verbi di movimento che contengono già la preposizione che normalmente reggerebbe l'accusativo (in, circum, trāns, ad, ...).[2]
Flūmen exercitus trānsĭit: «L'esercitò attraversò il fiume».

Verbi impersonali

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A) I verbi assolutamente impersonali, ossia che si trovano esclusivamente alla 3^ persona singolare, sono cinque: piget, pudet, taedet, misĕret, paenĭtet. Generalmente si costruiscono nel seguente modo:

  • la persona che prova il sentimento va in accusativo, che si tratti di un sostantivo o di un pronome;[3]
  • la cosa che genera il sentimento va in genitivo; tuttavia, se si tratta di un pronome neutro, si usano le forme di nominativo/accusativo (id, hoc, illud, ...); se invece la cosa è un verbo, esso è reso con l'infinito o con quod + indicativo/congiuntivo.

NOTA BENE: Per la formazione della perifrastica passiva, il soggetto di questi verbi si rende regolarmente in dativo. Quindi: Mihi est paenitendum: «Devo pentirmi».

B) I verbi relativamente impersonali, ossia che presentano sia 3^ sing. che 3^ plur., sono sette: decet, dedĕcet, fallit, fugit, iuvat, latet, praetĕrit. La loro costruzione è differente:

  • la persona cui si rivolge il senso del verbo va in accusativo;
  • la cosa che sfugge, si addice, etc., va in nominativo; se si tratta di un verbo o di una proposizione, è resa da infinito, accusativo + infinito o un'interrogativa indiretta.

Doppio accusativo

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Quando in una proposizione si trovano due accusativi, ossia un oggetto e il suo complemento predicativo, si parla di doppio accusativo; i verbi che reggono il doppio accusativo sono quelli che alla forma passiva presentano il doppio nominativo, ossia verbi:

  • elettivi, come ēlĭgō, dēclārō e simili;
  • estimativi, come aestĭmo, dūcō, habeō, iūdĭcō, etc.;
  • effettivi, come faciō, efficiō e altri;
  • appellativi, come vocō, appellō, dīcō, ...

Inoltre, anche:

  • verbi come praebeō, ostendō, inveniō ed altri. Ad esempio: praebeō clēmentem: «Mi mostro clemente».
  • verbi transitivi indicanti movimento (es. dūcō, mittō), composti con prefissi che generalmente reggono l'accusativo: in questo caso reggono sia l'accusativo della cosa che del luogo. Così «Massimo trasportò l'esercito oltre il fiume» viene reso come: Māximus exercitum trādūxit flūmen.

Osservazioni

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  • L'espressione latina certiōrem faciō aliquem dē aliquā rē o alicuius reī («metto al corrente, informo qualcuno di qualcosa») regge, nella forma attiva, il doppio accusativo.
  • Frequente è l'espressione uxōrem dūcō aliquam, «prendo (conduco) in moglie qualcuna».
  • Quando si vuole sottolineare un confronto, in latino il predicativo dell'oggetto è preceduto da ut, tamquam, velut, quasi, etc.
Amābam tē ut frātrem alterum: «Ti amavo come un fratello».

Costruzioni particolari

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Il verbo cēlō («nascondo») si costruisce in due modi:

  • con il doppio accusativo (Cēlō aliquem aliquid);
  • con l'accusativo della persona cui la cosa viene celata e il + ablativo della cosa celata (Cēlō aliquem dē aliquā rē)

In forma passiva la costruzione è regolare: nominativo della persona cui si cela e + ablativo – o accusativo nel caso di un pronome neutro – della cosa celata ([Ego] cēlor dē aliquā rē o [Ego] cēlor id/hoc...).

Il verbo doceō («insegno») e i suoi composti reggono, alla forma attiva, il doppio accusativo, quello della cosa insegnata e quello della persona cui si insegna (Doceo aliquem aliquid).

Se doceō ha il significato di «rendere noto», «informare», la cosa viene espressa in ablativo preceduto da .

Al passivo generalmente si trovano:

  • dei sinonimi (ērudior, instituor, ...), costruiti con il nominativo della persona istruita e l'ablativo (limitativo) della cosa insegnata;
Philēmōn ā Myrsilō eruditus est architecturā: «Filemone venne istruito da Mirsilo nell'architettura».
  • il verbo discō («imparo») in forma attiva, che regge l'accusativo di ciò che si apprende e ā / ab + ablativo della persona da cui si apprende.

Verba rogandī

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I verba rogandī, ossia i verbi che indicano il chiedere (pregare, interrogare, etc.) presentano delle costruzioni particolari. I principali verbi sono:

  • petō, quaerō: accusativo della cosa che si chiede e ā / ab (con quaero si trova ex) + ablativo della persona cui si chiede (Petō/quaerō aliquid ab/ex aliquō);
  • ōrō, rogō: si costruiscono con un accusativo, o quello della cosa o quello della persona; altrimenti la cosa può essere espressa anche da un'interrogativa indiretta. Rogō talvolta regge il doppio accusativo, ma quasi esclusivamente nel linguaggio giuridico; il suo composto interrogo regge l'accusativo della persona e il dē + ablativo della cosa;
  • poscō, reposcō, flagĭtō: possono costruirsi con il doppio accusativo (persona e cosa), o con l'accusativo della cosa e ā / ab + ablativo della persona cui si chiede.

Usi particolari dell'accusativo

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  • Accusativo alla greca (o di relazione), retto da un participio perfetto (ictus, indūtus, ...) o da un aggettivo (sīmilis, saucĭus, nūdus, ...), e assume valore limitativo o modale.
Mīlitem quendam vīdī grāvem indūtum armātūram: «Vidi un soldato che indossava (vestito di) un'armatura pesante».
  • Accusativo esclamativo, introdotto o meno da interiezioni come ō, heu.
(Ō) mē miserum!: «O me misero!».
  • Accusativo avverbiale, come pronomi e aggettivi quantità (multum, plērumque, māximum, etc.) o espressioni particolari (magnam partem, partim ... partim, etc.) utilizzati a mo' di avverbi.

Complementi in accusativo semplice

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Numerosissimi sono i complementi in accusativo retti da preposizioni; meno numerosi sono quelli che si esprimono invece in accusativo semplice, e sono:

  • complemento di estensione fisica (lunghezza, larghezza, profondità, etc.), in accusativo quando è introdotto da aggettivi (longus, latus, ...) o espressioni del tipo patere in longitudinem/latitudinem («estendersi in lunghezza/larghezza»).[4] Ad esempio:
Dicunt in his silvis draconem vivere centum pedes longum: «Dicono che in questi boschi viva un drago lungo cento piedi».
  • complemento di distanza, introdotto da verbi come adsum, disto, sum, etc.; viene espresso con l'accusativo (a volte con l'ablativo, o spatio/intervallo + genitivo) del termine, spesso numerico, che definisce la distanza, e a, ab + ablativo del luogo rispetto al quale la distanza viene calcolata.
A litore circiter quinque milia abest media urbs: «Il centro della città dista dal litorale circa cinque miglia».
  • complemento di età, che può essere reso con:
a) l'accusativo del numero ordinale aumentato di un anno e accompagnato a una voce del verbo ago (spesso agens);
C. Marius mortuus est undevicesimum annum agens: «C. Mario morì a diciotto anni», letteralmente «mentre viveva il diciannovesimo anno».
b) l'accusativo del numero cardinale unito al participio natus, -a, -um concordato al nome cui si lega;
C. Marius mortuus est duodeviginti annos natus, letteralmente: «C. Mario morì, (essendo) nato da diciotto anni».
c) il genitivo del numero cardinale retto da un sostantivo indicante l'età (puer/puella, adulescens, iuvenis, senex, etc.).
C. Marius mortuus est duodeviginti annorum adulescens, letteralmente: «C. Mario morì [che era un] ragazzo di diciotto anni».
  1. Alcuni verba affectuum (es. labōrō, laetor) reggono l'ablativo o un complemento costruito con l'ablativo (ē / ex, dē + ablativo); reggono l'accusativo solo se l'oggetto è costituito da un pronome neutro (hoc).
  2. Non è raro che la preposizione si ripeta. Ad esempio: Trāns vallem trānsĭit mīlēs: «Il soldato attraversò la vallata».
  3. Attenzione: il pronome di 3^ persona è reso col dimostrativo eum, eōs, eās, non con il riflessivo . Il si trova solo nelle infinitive e solo se il soggetto dell'infinitiva è lo stesso della reggente. Per esempio:Dīxit sē paenituisse: «Disse di essersi pentito».
  4. Quando si lega direttamente al sostantivo cui si riferisce, di norma viene espresso da un genitivo di qualità. Es. Fossa quindecim pedum: «Una fossa di quindici piedi».