Latino/Genitivo

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Il caso genitivo (da genĭtus, «generato») è il caso che specifica un concetto espresso da un aggettivo o participio con valore aggettivale, un sostantivo o un verbo.

Genitivo retto da aggettivi e participi[modifica]

A) Il genitivo può essere retto da aggettivi che indicano:

  • possesso, abbondanza, partecipazione: plenus, inops, particeps, etc.
Navis plena erat amphorarum: «La nave era carica di anfore».
  • desiderio o il contrario: cupidus, studiosus, fastidiosus, etc.
Caesar fuit gloriae avidus, honorum cupidus: «Cesare fu avido di gloria, desideroso di onori».
  • memoria, conoscenza, esperienza: peritus, imperitus, memor, immemor, conscius, nescius, etc.
Iphicrates Atheniensis peritissimus rei militaris fuisse traditur: «Si tramanda che l'Ateniese Ificrate fosse profondamente esperto di arte militare».

B) Participi di verbi transitivi come patiens, amans, neglegens, etc. reggono il genitivo; inoltre, avendo perlopiù valore aggettivale, possono trovarsi anche nei gradi comparativo e superlativo. Assumono generalmente un valore continuativo, ossia di una condizione duratura nel tempo.

Servus laboris patiens: «Servo tollerante della fatica (abitualmente)».

NOTA BENE: Questi participi talvolta hanno valore verbale: in tal caso indicano un'azione momentanea e reggono l'accusativo; ad esempio: Servus laborem patiens: «Servo che sopporta la fatica (non abitualmente)».

Genitivo retto da sostantivi[modifica]

Genitivo possessivo[modifica]

Il genitivo possessivo indica il possessore, la persona o la cosa cui qualcosa appartiene; può essere retto anche dai verbi sum e fio (espressi o sottintesi).

Domum invenies Epaminondae: «Troverai la casa di Epaminonda».

Se il genitivo possessivo è retto da filius / filia, uxor, aedes, templum, il sostantivo reggente può essere sottinteso:

Vidi Marciam Maximi: «Vidi Marcia, [figlia] di Massimo».

Genitivo dichiarativo[modifica]

Detto anche epesegetico o esplicativo, determina e specifica la "specie" di un sostantivo generico. Ad esempio: virtus iustitiae («la virtù della giustizia»), arbor populi («l'albero di pioppo»), verba rogandi («verbi di chiedere»), etc.

ATTENZIONE: i nomi geografici, preceduti da sostantivi come urbs, flumen, insula, provincia, etc., si comportano come apposizioni e quindi si concordano con il sostantivo. Quindi insula Sardinia, urbs Mediolanum, e così via.

Genitivo soggettivo e oggettivo[modifica]

Il genitivo viene detto soggettivo o oggettivo a seconda che esso rappresenti il soggetto o l'oggetto dell'azione che viene implicitamente espressa dal sostantivo da cui dipende. Per esempio:

  • Fuga militum («la fuga dei soldati») vale milites fugiunt, dove milites (che prima era in genitivo) è il soggetto: si tratta perciò di un genitivo soggettivo;
  • Illo tempore maxima fui observantia legum («In quel tempo massima fu l'osservanza delle leggi»); observantia legum vale observare leges, dove leges è l'oggetto: questo è dunque un genitivo oggettivo.

Osservazioni[modifica]

  • Talvolta bisogna servirsi del contesto della frase per chiarire il valore di un genitivo. Per esempio, l'espressione timor hostium («il timore dei nemici») può aver sia valore soggettivo («il timore che provano i nemici») che oggettivo («il timore nei confronti dei nemici»).

In latino si ricorre generalmente a complementi equivalenti, come in, erga, contra + accusativo; così, una frase del tipo:

Odium hostium viene resa, quando ha valore oggettivo, con odium contra/in/erga hostes.
  • Il genitivo dei pronomi personali mei, tui, sui, nostri, vestri ha valore oggettivo; per il valore soggettivo vengono usati gli aggettivi possessivi. Così: misericordia mei vale «la misericordia di me (= nei miei confronti)»; misericordia mea, invece, «la mia misericordia».
  • Nel caso genitivo, i pronomi nos e vos hanno la doppia forma nostri / nostrum e vestri / vestrum. Nostri e vestri hanno valore oggettivo, nostrum e vestrum soltanto valore partitivo.

Genitivo di pertinenza[modifica]

Il genitivo di pertinenza (o di convenienza) indica la persona cui è propria, si confà, conviene qualcosa. È introdotto da aggettivi come proprium o sostantivi come officium, munus ed è unito a una voce di sum; questi elementi sono generalmente omessi.

Dicendi peritia est [propria] oratoris: «L'abilità nel parlare si confà all'oratore».
Officium est civium omnium patriam defendere: «È dovere di tutti i cittadini difendere la patria».

Con i pronomi personali non si usa il genitivo (mei, tui, nostri, vestri) ma i neutri meum, tuum, nostrum, vestrum concordati con i sottintesi officium o munus; per le terze persone si usano regolarmente i genitivi di is, ea, id.

Meum est dicere quid viserim: «È mio compito dire ciò che vidi».
Eorum est dicere quid viserint: «È loro dovere dire ciò che videro».

NOTA BENE: Se i pronomi di 3^ persona si trovano in una oggettiva e sono riferiti al soggetto della reggente, si usa suum.

Dixit Cicero suum esse patriam defendere: «Cicerone disse che era suo [dovere] difendere la patria».

Genitivo partitivo[modifica]

Il genitivo partitivo indica un insieme di persone o cose di cui se ne considera una parte. Esso è retto da:

  • numerali;
  • sostantivi indicanti numero o quantità, come multitudo, pars, turba, etc.;
  • pronomi indefiniti;
  • comparativi e superlativi;
  • avverbi di luogo, come eo («a tal punto»), ubi («dove, in quale parte»), ed altri.

Genitivo di qualità[modifica]

Il genitivo qualitativo indica le qualità della persona o della cosa cui ci si riferisce. Il suo uso si interseca con quello dell'ablativo di qualità nel seguente modo:

  • genitivo e/o ablativo quando si tratta di qualità morali;
Fuit vir summae auctoritatis, ma anche: Fuit vir summa auctoritate.
  • genitivo per le caratteristiche oggettive (peso, misura, età);
C. Marius mortuus est senex octoginta annorum.
  • ablativo per le caratteristiche fisiche.

Genitivo di quantità[modifica]

Il genitivo di quantità indica la materia di cui si considera una certa porzione. Viene retto da:

  • avverbi di quantità, pronomi, aggettivi neutri, come aliquid, nihil, quiddam,[1] nimis, quid, multum, etc.;
  • sostantivi indicanti misura, come libra, amphora, e così via.

Genitivo retto da verbi[modifica]

Genitivo di stima[modifica]

Esso indica l'apprezzamento, la stima nei confronti di qualcosa o qualcuno; si trova in dipendenza di verbi come duco, habeo, facio, aestimo, i quali reggono l'accusativo della persona o della cosa stimata; da sum e fio («valgo», «sono stimato») quando la forma è passiva, e ciò che è stimato si trova al nominativo.

Il genitivo viene usato solo per stime generiche e indeterminate; negli altri casi il complemento di stima si esprime in ablativo.

Le forme avverbiali (in genitivo) più usate sono: quanti, tanti, nihili, maximi, minimi, plurimi, parvi (non pauci), magni, pluris, minoris, etc.

Per modificare il grado della stima, gli avverbi multum, aliquantum, etc. vanno in caso ablativo, seguiti dal valore della stima. Ad esempio:

Italiano Latino
molto più multo pluris
molto meno multo minoris
alquanto più aliquanto pluris
alquanto meno aliquanto minoris

Le espressioni «di poco, molto, nessun, ... conto», «di poca, molta, nessuna, ... importanza» sono rese in latino nel seguente modo: parvi, magni, nullius, ... ponderis / momenti.

Genitivo di prezzo[modifica]

Quando il prezzo o il valore di qualcosa o qualcuno è:

  • indeterminato (tanti, quanti, pluris, ...), il complemento di prezzo si rende con il genitivo;
Emo tanti quanti vis: «Lo compro a tanto quanto vuoi».
  • determinato, ma anche indeterminato, il complemento di prezzo si rende con l'ablativo retto da pretio.
Id emi quinque talentis: «Lo comprai a cinque talenti».
Id emi magno pretio: «Lo comprai a caro prezzo».

Genitivo di pena[modifica]

Retto da verbi come damno, condemno, absolvo, libero, etc., esso indica la pena cui una persona è condannata o da cui è liberata; viene espresso:

  • in genitivo per le pene indeterminate (dupli: «del doppio»; minoris: «a meno»; etc.);
Condemnatus fur sum dupli: «Fui condannato come ladro al doppio».
  • in ablativo per le pene determinate.

Genitivo di colpa[modifica]

Il genitivo che esprime il complemento di colpa può essere retto da:

  • verbi come accuso, damno, insimulo, arcesso, etc.;
  • aggettivi come obnoxius, reus, etc.;
  • crimine, sclere, generalmente sottintesi.
Accusatus Catilina est (crimine) proditionis: «Catilina fu accusato di tradimento».

Il complemento di colpa può trovarsi, in linguaggio giuridico, anche con la forma de + ablativo della colpa (de parricidio, de repetundis, de veneficio, ...).

Genitivo con i verbi di memoria[modifica]

I verbi indicanti memoria o dimenticanza si costruiscono nei seguenti modi:

  • memini, reminiscor, obliviscor reggono: il genitivo se si tratta di un nome di persona; il genitivo o l'accusativo se si tratta di un nome di cosa; l'accusativo in caso di un pronome neutro o aggettivo neutro;
Semper reminiscor propinquorum: «Mi ricordo sempre dei parenti».
Paene oblitus huius paginae sum: «Dimenticai quasi questa pagina».
Omnia memini praeterita: «Ricordo tutte le cose passate».
  • admoneo, commoneo, commonefacio («faccio ricordare qualcosa a qualcuno») reggono: l'accusativo della persona cui si fa ricordare qualcosa; genitivo o de + ablativo della cosa; se la cosa è un pronome neutro, esso va in accusativo;
De auctoritate (o auctoritatis) senatūs te admoneo: «Ti rammento l'autorità del senato».
  • recordor regge: de + ablativo se si tratta di un nome di persona o di un pronome personale; il genitivo o l'accusativo per i nomi di cosa o per i pronomi e gli aggettivi neutri.
De te recordor et diligentiam tuam: «Ricordo te e la tua diligenza».
  • venit in mentem (mihi, tibi, nobis, vobis) regge il genitivo della cosa ricordata; se la cosa è un pronome o un aggettivo neutro, si trova il nominativo.
Mihi in mentem patriae meae venit: «Mi viene in mente la mia patria».
Mihi permulta veniunt in mentem: «Mi vengono in mente molte cose».

Costruzione di rēfert e intĕrest[modifica]

I verbi rēfert (piuttosto raro) e intĕrest sono impersonali e hanno il significato di «interessa, importa». Presentano la seguente costruzione:

  • genitivo della persona cui la cosa importa; se questa è rappresentata da un pronome personale di 1^ o 2^ persona, si utilizzano gli ablativi singolari femminili del possessivo: meā, tuā, nostrā, vestrā; per la 3^ persona si usa regolarmente il genitivo (eius, eorum, earum, illius, illorum, illarum, etc.);
  • la cosa che importa non è mai espressa con un sostantivo, ma con un pronome neutro, una proposizione infinitiva o congiuntiva introdotta da ut, ne, una interrogativa indiretta;
  • il fine per cui la cosa interessa è espresso con ad + accusativo;
  • quanto una cosa interessi si esprime con gli avverbi multum, parum, tantum, maxime, etc., o con i genitivi di stima magni, parvi, tanti, maximi, e così via.

Osservazioni[modifica]

  • Per le espressioni «a noi tutti/voi tutti (interessa)» si trovano le forme omnium nostrum e omnium vestrum.
Hoc omnium nostrum interfuit: «Ciò interessò a tutti noi».
  • La forma suā si trova solo nelle dipendenti con interest o refert all'infinito o al congiuntivo, quando si riferisce al soggetto della proposizione reggente.
Cicero dixit id suā maxime interesse: «Cicerone disse che gli importava moltissimo».

Note[modifica]

  1. Se da aliquid, nihil, quiddam dipende un aggettivo sostantivato, questo può trovarsi: a) in genitivo o concordato col pronome se è della 1^ classe (ad es. Nihil recti vale come nihil rectum, «nulla di giusto»); b) sempre concordato se è della 2^ classe (Nihil suave, non nihil suavis). Se il pronome regge due aggettivi di classe diversa, il primo aggettivo attrae il secondo nel suo caso (es. Nihil recti et suavis, oppure nihil suave et rectum).