Latino/Alfabeto
L'alfabeto latino comprende le lettere:
A, B, C, D, E, F, G, H, I, K, L, M, N, O, P, Q, R, S, T, V, X, Y, Z.
Alcune di queste non esistono in italiano.
Confronto con il greco[modifica]
L'alfabeto arcaico greco, con alcune lettere che ormai non esistono più, è il seguente (lettere maiuscole): Α (a), Β (b), Γ (g dura), Δ (d), Ε (e breve), Ϝ (u di uovo), Ζ (z di zona), Η (e lunga), Θ (th inglese), Ι (i), Κ (c dura), Λ (l), Μ (m), Ν (n), Ξ (x), Ο (o breve), Π (p), Ϙ (c dura), Ρ (r), Σ (s), Τ (t), Υ (ü), Φ (f, ph), Χ (ch), Ψ (ps), Ω (o lunga), Ϡ (ts o s di suono, scomparsa), ϳ (i di ieri)
Pronuncia[modifica]
Nella pratica scolastica odierna sono utilizzati in Italia due tipi di pronuncia: quella ecclesiastica o scolastica, utilizzata dalla Chiesa Romana, che dovrebbe corrispondere alla pronuncia utilizzata nel latino medievale, e la pronuncia classica o restituta, che punta a ricostruire la pronuncia del latino classico.
Pronuncia ecclesiastica[modifica]
Consonanti[modifica]
Si leggono come in italiano, con poche differenze:
- La "z" si legge sempre come quella di zona
- La "t", seguita da "i" non accentata e vocale, si legge come la z di fazione, ma se è preceduta da s o x si legge come se fosse una t
Vocali[modifica]
Nell'alfabeto latino i segni che indicano le vocali sono a e i o u y ; in più, rispetto all'italiano, c'è la y (ipsilon). Ogni vocale, inoltre, può essere lunga o breve in rapporto alla durata della sua pronuncia. La vocale lunga viene marcata con un trattino (ē) chiamato macron, la vocale breve con un semicerchio (ĕ) chiamato breve.
Dittonghi[modifica]
Si leggono come in italiano, ma "ae" ed "oe" si leggono come una "e" aperta. Se è presente la dieresi (¨) sul secondo elemento del dittongo le due vocali si leggono staccate (es. aër, poëta), i vocabolari, invece, per far capire che non costituiscono dittongo, aggiungono segni di quantità diversi sulle due vocali (es. ăēr)
Accento[modifica]
L'accento delle parole polisillabiche latine può cadere sulla penultima sillaba se essa è lunga (ovvero ha vocale lunga), sulla terzultima se la penultima è breve.
Nelle parole tronche l'accento cade sull'ultima sillaba (es. illùc (da illuce), vidèn (da videne)). Queste parole finivano per -ce, -ne.
Da alcune ricostruzioni sembra che l'accento latino in una qualche fase possa essere stato melodico e non intensitivo, ma per noi è difficilissimo pronunciarlo.
La pronuncia classica[modifica]
La pronuncia classica ricostruita è diversa da quella scolastica in alcuni punti:
- I dittonghi si leggono sempre aperti, e se l'accento cade sul dittongo, esso si legge sul primo elemento;
- La y si legge ü (u lombardo o francese);
- Il gruppo "ti" si legge come è scritto, non "zi";
- La "h" si aspira eccetto quando è tra due vocali;
- I gruppi "gn" e "gl" hanno la g gutturale e si leggono come lettere separate: dignus si legge digh-nus;
- La "c" e la "g" si leggono sempre dure (come in cane e gatto);
- La "v" si legge sempre come la u di uovo (w);
- Nelle parole con "-uu-", di esse se ne legge una ("equus" letto "ekus");