Shoah e identità ebraica/Aleichem e Singer

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Le storie in yiddish di Sholem Aleichem, con il ritratto e l'autografo dell'autore

Identità ebraica in Oriente: Aleichem e Singer[modifica]

Quando si cerca di confrontare Kafka con altri scrittori ebrei europei dell'età della Modernità, due figure significative sono Sholem Aleichem e Isaac Bashevis Singer. Se Kafka rappresenta l'ebreo assimilato dell'Europa moderna, Aleichem e Singer rappresentano entrambi gli ebrei religiosi (ortodossi) dell'Europa orientale. Questo parallelo si riflette nella letteratura di tali scrittori, nelle loro storie e personaggi spiccatamente ebraici, antitesi alle figure secolari, industriali, solitarie delle storie di Kafka. Sholem Aleichem nacque a Pereiaslav in Ucraina nel 1859 (Aleichem 2009:ix). Come il padre di Kafka e grazie alla vasta area governata dalla Russia e alla sua Zona di residenza, come la maggior parte degli ebrei dell'Europa orientale di quel tempo, Aleichem nacque in una comunità shtetl. A differenza dei Kafka, tuttavia, Aleichem (nato Rabinowitz) rimase parte della comunità ebraica, accettando con questo senso di comunità e unità culturale tutte le difficoltà e i pregiudizi esterni che erano associati alla vita ebraica in quel periodo. La figlia di Aleichem ricordail padre nelle sue memorie:

« The world into which my father was born was the world of the proverbial poverty-stricken Jewish small town in Russia. Such a town was often called a shtetl (townlet) but my father coined a special word to describe life in such town lets. Kasrielevka, he named this world, from the word kasriel, meaning a man who is poor but proud. »
(Waife-Goldberg 1968:30)

Aleichem, come risulta dalle memorie di sua figlia, era orgoglioso delle sue radici ebraiche, godeva dello spirito comunitario dello shtetl e traeva ispirazione dalla lingua e dalla gente della sua comunità. Lo stesso pseudonimo di Aleichem è un saluto ebraico, il che indica che, mentre Kafka nascondeva il suo background religioso, Aleichem celebrava e utilizzava il suo nella propria carriera. Aleichem scriveva sia in ebraico, sia poi in yiddish, ed era un sostenitore della lingua yiddish, tradizionalmente il volgare della conversazione quotidiana. Scrivendo in yiddish, Aleichem scriveva per le persone della sua infanzia e della sua storia, segnando il suo lavoro con un forte marchio di identità ebraica. L'ebraicità di Aleichem e della sua opera è di indubbio significato e influenza nell'ambito della scrittura ebraica.

Cresciuto nel villaggio di Voronkov, Aleichem fu esposto fin dalla giovane età alla vita shtetl di queste comunità ebraiche dell'Europa orientale della fine del XIX secolo. Una prima educazione ebraica tradizionale rese Aleichem fluente in ebraico, ma lo yiddish divenne la sua lingua preferita per lea sue opere, lottando contro una tradizione che valutava l'ebraico come lingua scritta della letteratura ebraica. Aleichem perseguì la sua ricerca per rendere lo yiddish una lingua accettata e rispettata per la letteratura sia in Europa che a New York, dove si trasferì dopo i disordini delle rivolte e dei pogrom degli stati russi e l'inizio della prima guerra mondiale, e dove morì nel 1916 (Aleichem 2009:ix-xi). Lo stile di scrittura ottimista, instancabile e loquace di Aleichem, dimostrato dai monologhi di Tevye e dalle narrazioni infantilmente entusiaste di Motl, si adatta alla lingua yiddish delle conversazioni dello shtetlekh che Aleichem presenta nelle sue storie, più della lingua accademica dell'ebraico.

Illustrazione per il musical Il violinista sul tetto (2010)

La letteratura di Aleichem evoca un mondo lontano dall'immaginario moderno, industriale e grigio dell'opera di Kafka. Il mondo di Tevye the Dairyman (La storia di Tewje il lattivendolo) e Motl the Cantor's Son (Motl il figlio del cantore Peyse) sono comunità piene di carattere e umorismo. Queste piccole comunità timorate di Dio ricordano il senso comunitario e quasi fiabesco dello shtetl, con il senso di avventura e paura che i personaggi provano nel dover abbandonare le loro case e i villaggi che conoscono. Il musical del 1964 Il violinista sul tetto, tratto dalle sue storie che hanno come protagonista Tevye il lattaio, è stata la prima pièce in lingua inglese sulla vita degli ebrei in Europa Orientale ad avere un grande successo commerciale. L'opera di Aleichem, mentre discute i pogrom e le minacce molto reali agli ebrei dell'ambiente di Aleichem, presenta un fedele ottimismo, pur continuando un dialogo sulle prove della fede ebraica:

« The answer is this: Slaves we were once in Pharaoh's Day, and that's why we are the Chosen People. A Jew must exist on hope and faith. He has to believe, above all, that there is a God, and he has to have faith in Him who lives forever and hope that someday, with His help, perhaps things will get better. »
(Aleichem 2009 Tevye the Dairyman:14)

Isaac Bashevis Singer nacque a Varsavia nel 1904, figlio di un rabbino e di una famiglia con una lunga e devota adesione al chassidismo ebraico (Blocker ed Elman 1969:11-12). Singer, come Aleichem, rimase nell'Europa orientale durante i suoi anni di formazione e il suo lavoro riflette l'influenza della sua comunità profondamente religiosa e tradizionale. Le storie di Singer sono intrise della storia e del folklore della fede ebraica e dei racconti della sua comunità, evocando un mondo completamente separato dall'era moderna in continua evoluzione dell'Europa occidentale. "It is the world and life of East European Jewry, such as it was lived in cities and villages, in poverty and persecution, and imbued with sincere piety and rites combined with blind faith and superstition" (Allén 1993). Singer, come Aleichem, scrisse in yiddish, evocando la lingua e la cultura della sua prima infanzia. Come mezzo per mantenere un reddito e per sfuggire al violento antisemitismo dell'Europa orientale all'inizio del ventesimo secolo, Aleichem viaggiò molto in tournée di letture, per poi trasferirsi permanentemente a New York. Singer, sotto la minaccia di arresto e persecuzione da parte del crescente potere di Hitler, lasciò la Polonia per New York nel 1935 (Blocker ed Elman 1969:16). Scritte dopo l'opera di Aleichem, le storie di Singer sono intrise non solo dell'atmosfera delle comunità religiose consumate dalle superstizioni della loro fede (The Unseen e The Gentleman from Cracow), ma presentano anche le paure e i traumi dell'età moderna. Storie come The Cafeteria e A Tale of Three Wishes, tra le altre, presentano personaggi che sono sopravvissuti al regime di Hitler e ai campi di concentramento e hanno lasciato l'Europa, solo per rimanere ossessionati dai ricordi dell'Olocausto.

Sia Aleichem che Singer lasciarono le comunità in cui lo yiddish era la lingua comune, per nuove comunità in cui la lingua era molto più secolare. In questo modo, sia Aleichem che Singer, mentre si spostavano da una comunità ebraica all'altra, si trovavano estranei all'interno delle loro nuove culture. Scrivendo prevalentemente in yiddish, fino a quando i loro nomi e le loro opere non furono abbastanza popolari da essere tradotti, sia Aleichem che Singer avevano in qualche modo limitato agli ebrei i loro lettori. Arrivando in America per scoprire il notevole declino del volgare yiddish, questi due ebrei tradizionali si trovarono in una certa misura ad essere "altri" all'interno di una comunità ebraica e mentre non abbandonaronoto la loro fede o la loro osservanza religiosa, fu necessaria una certa acculturazione per entrambi gli uomini per poter fare parte di questa nuova comunità. Aleichem scoprì che fama e fortuna non erano facilmente raggiunte in America, dove la comprensione dello yiddish e la conoscenza dello shtetlekh dell'Europa orientale non erano comuni, a parte tra gli immigrati come lui (Aleichem 2009:xi). Rubinstein e altri, spiegano l'atteggiamento moderno nelle città americane come New York e il declino della lingua yiddish:

« Eventually the rich Yiddish-based cultural world to be found in New York and other American cities with large eastern European immigrant populations declined, as few of the second and third generations spoke or read that language. They identified Yiddish with the impoverished and foreign world of the immigrants, with elderly men and women who failed to understand the modern world and were often regarded by younger generations as an embarrassment. »
(2002:256)

Singer nel suo racconto A Day in Coney Island riassume in modo molto succinto la situazione degli immigrati ebrei europei, quando descrive il protagonista della storia come "un anacronismo" a trent'anni, con i suoi racconti di folklore ebraico (1953 1984:372).

Aleichem e Singer possono essersi ritrovati estranei all'interno delle comunità ebraiche di New York per le quali avevano lasciato l'Europa e affrontano temi di fede ebraica nella loro letteratura, ma ciò che condividono è una fede nella propria fede e, come dimostrato nella loro letteratura, un senso di appartenenza alle comunità ebraiche dell'Europa orientale dell'Ottocento e del primo Novecento. Rimossi dalla modernizzazione e dal rapido movimento dell'Europa occidentale e dalla relativa secolarizzazione dell'identità ebraica, Aleichem e Singer si aggrapparono alle tradizioni e alle credenze della loro fede e riuscirono a mantenere un forte senso di identità religiosa, con cui Kafka ebbe così tante difficoltà. Questa interrogazione sugli ebrei europei che mantengono la fede e l'identità religiosa rispetto a coloro che la rifiutano, emerge di nuovo quando si considera come Levi e Wiesel abbiano vissuto e siano sopravvissuti all'Olocausto. Kafka, in una certa misura, rappresenta il fallimento del processo di assimilazione degli ebrei europei, nel loro tentativo di assicurarsi sicurezza e posizione in un periodo del pensiero illuminato e della Modernità che stava per crollare portando con sé nel suo annientamento un così vasto numero di ebrei sia dell'Est che dell'Ovest dell'Europa. Tornando al saggio di Bauman sulla Modernità, egli discute degli ebrei tedeschi (e di lingua tedesca) come il ponte culturale e geografico tra gli ebrei tradizionali, mistici e superstiziosi dell'Oriente medievale, e gli ebrei assimilati e laici dell'Occidente.

« Thus for the duration of "high Modernity" and through the heyday of Jewish assimilation, German Jewry remained the vital linchpin holding together the two branches of Jewish European Diaspora. In the result, though not necessarily by their own design, they served as the testing ground for the viability of cultural assimilation as a vehicle of social integration in a modern (or, rather, modernizing) society. »
(Bauman 1991:109)

Il problema che Kafka dimostra è ancora una volta la nozione di "alterità". Kafka è consapevole della sua storia ebraica, ma ne è sufficientemente rimosso a causa del processo di assimilazione della sua famiglia, cosicché manca di un sicuro senso di identità ebraica. Pertanto, egli è un "altro" e un estraneo alle tradizionali comunitarie ebraiche dell'Europa orientale che suo padre si è sforzato di lasciare alle spalle. Tuttavia, l'assimilazione della famiglia Kafka in una moderna cultura secolare non poteva rimuovere la loro storia, e l'osservazione superficiale da parte di Hermann Kafka delle feste ebraiche significava che suo figlio non potè assolutamente ignorare la sua "ebraicità". Così, Kafka si trovò in una terra di nessuno religiosa e culturale, tra il moderno mondo laico dell'Occidente e la cultura religiosa dell'Oriente che tanto lo avrebbe affascinato in seguito. Bauman ha chiamato questo problema "estraniamento" e paragona tale allontanamento dovuto all'isolamento sociale alla ghettizzazione e alla segregazione che questi ebrei si sforzavano di lasciarsi alle spalle, recidendo i legami con la comunità ebraica, ma non riuscendo a stabilire un collegamento con la comunità laica (1991:120 -21). Un altro problema nel fallimento del processo di assimilazione e un punto che Bauman osserva nella sua discussione sull'assimilazione ebraica, è il fatto che questa assimilazione e acculturazione fu sempre una "strada a senso unico" per gli ebrei che dovettero inchinarsi alle culture, alle tradizioni e ideologie di stati nazionali cristiani ma sempre più laici. "It was they, the non-Jews who were the ‘respectable persons’, who had the sole authority to define the meaning of being a Jew" (Bauman 1991:89). Come avrebbero presto rivelato le atrocità della Germania nazista per gli ebrei d'Europa, l'Occidente assimilato, l'Oriente tradizionale e i tedeschi "linchpin", il potere delle autorità gentili di definire l'identità fu quello di rendere superflui i secoli di modernizzazione e assimilazione allasocietà cristiana occidentale. Nella sua discussione dell'opera di Kafka, Bauman osserva il senso dell'essere intrappolati in un mondo a cui non si appartiene. Nonostante sia morto nel 1924, ciò che Bauman rileva nella rappresentazione da parte di Kafka della grigia e banale Modernità nella sua narrativa, è tragicamente presagio della situazione fin troppo reale in cui gli ebrei d'Europa si sarebbero trovati solo un decennio dopo, stigmatizzati, perseguitati e annientati per il crimine di avere null'altro che un'identità ebraica.

« Like his nameless heroes, Kafka experienced guilt without a crime, complete with its consequence: condemnation without judgement. He lived in a "world in which it is a crime to be accused" [Jaffe], in which the paramount skill for all those who did not want to be convicted of the crime was "to avoid the accusation". This was the very skill, however, which it was impossible to obtain. From the world where the crime was to be accused, there was no escape. »
(Bauman 1991:86)
Per approfondire, vedi Franz Kafka e la metamorfosi ebraica e Interpretazione e scrittura dell'Olocausto.