Shoah e identità ebraica/Gli ebrei d'Italia

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Il ghetto di Firenze, di Telemaco Signorini (1882)

Gli ebrei d'Italia[modifica]

Per gli ebrei d'Italia, i loro cambiamenti furono rapidi e costanti dal periodo del primo Rinascimento e attraverso l'era della Modernità. Con il Vaticano in Roma al centro della Chiesa cattolica, gli ebrei d'Italia furono governati dagli atteggiamenti fluttuanti del papato. Alcuni dei Papi al potere furono indulgenti nei confronti degli ebrei e più solidali con la loro situazione, tuttavia altri come Paolo IV, imposero un regime più duro contro la comunità ebraica italiana durante il suo pontificato dal 1555 (Johnson 1987, 1995:243). L'espulsione degli ebrei di Spagna nel 1492 da parte del re Ferdinando e della regina Isabella, contribuì all'aumento della popolazione di ebrei italiani, con molti ebrei in fuga dalla Spagna verso gli stati italiani. "There had been 50,000 Jews in Italy even before the Spanish expulsions and the number was quickly swollen by refugees" (Johnson 1987, 1995:243). Con l'aumento del numero degli ebrei in Italia, per tutto il Cinquecento e il Seicento le autorità pontificie d'Italia avviarono un processo di ghettizzazione a partire dall'istituzione del primo ghetto della città di Venezia nel 1516, confinando la comunità ebraica in un distretto recintato e custodito da guardie, con coprifuoco e restrizioni commerciali. Questo è il ghetto di cui parla Raffa in relazione alla Giudecca di Dante e il ghetto che ispirò la figura ebraica dello Shylock shakespeariano e il suo trattamento per mano dei veneziani. I ghetti si svilupparono in tutta Italia in seguito alla bolla papale di Paolo IV del 1555, che imponeva agli ebrei di risiedervi. Questa costante privazione dei diritti agli ebrei d'Italia che restringeva i loro commerci, vietando le loro Scritture ed eliminando il loro spazio vitale, trasferendoli in ghetti chiusi alla popolazione gentile, dimostra il sospetto e il disagio che le autorità cristiane provavano per la crescente popolazione di ebrei in Italia e la minaccia percepita per questi "altri". Ci sono echi significativi di questa metodica privazione dei diritti degli ebrei nelle politiche dell'Europa occupata dai nazisti nel ventesimo secolo, in particolare nella censura della letteratura e nelle restrittive aree di ghetto per lo spazio vitale ebraico.

L'oppressione degli ebrei d'Italia rimase fino alla fine del XIX secolo, con la breve eccezione della loro emancipazione da parte dell'esercito rivoluzionario francese di Napoleone tra il 1796 e il 1798, durante la quale fu dichiarato estinto il potere del papato e furono aperti i ghetti ebraici, poiché agli ebrei furono concessi i diritti civili (Beales e Biagini 2002:24). Nella regione Piemonte del Nord Italia, patria ancestrale di Levi, la comunità ebraica era composta da ebrei sefarditi che erano fuggiti in Italia dopo l'espulsione dalla Spagna. Nel tumulto politico del XIX secolo, mentre le autorità monarchiche, rivoluzionarie e pontificie combattevano per il controllo di regioni come il Piemonte, la situazione regrediva ancora una volta per gli ebrei d'Italia. Infine nel 1848, un editto di emancipazione liberò gli ebrei dai ghetti e dalle persecuzioni religiose (Beales e Biagini 2002:95). Gli ebrei d'Italia godettero quindi dei diritti civili uguali alla maggioranza italiana gentile, diventando una popolazione di ebrei i più assimilati ed emancipati d'Europa nei primi del XX secolo, fino a quando la legislazione antisemita del partito nazista si infiltrò nel partito fascista di Mussolini e il Nord Italia infine cadde sotto l'occupazione nazista.

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Studio in Sinagoga, di Maurycy Minkowski (1910)


Per approfondire, vedi Interpretazione e scrittura dell'Olocausto e Serie letteratura moderna.