Carmina (Catullo)/05

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Vivamus, mea Lesbia, atque amemus (dal latino: "viviamo, mia Lesbia, e amiamoci") è l'incipit del quinto dei Carmina di Catullo, nonché il primo verso del carme, e viene usato come titolo della poesia stessa. I personaggi della poesia sono il poeta e Lesbia; il tempo è il I secolo a.C., il luogo è la Roma del I secolo a.C.

Testo[modifica]

(LA)
« 

Vivamus[1], mea Lesbia [2], atque amemus[1]
Rumoresque[3] senum severiorum[4]
Omnes[5] unius[6] aestimemus[1] assis [7].
Soles[8] occidere et redire possunt:
nobis cum[9] semel occidit brevis lux,
nox est perpetua una dormienda[10].
Da mihi basia[11] mille, deinde[12] centum,
dein mille altera, dein secunda centum
deinde usque[13] altera mille, deinde centum.
Dein, cum milia multa fecerimus,
conturbabimus[14] illa, ne[15] sciamus,
aut ne[16] quis malus invidere possit,
cum[17] tantum sciat esse basiorum[18].

 »
(IT)
« 

Viviamo, mia Lesbia, e amiamoci
e ogni mormorio perfido dei vecchi
valga per noi la più vile moneta.
Il giorno può morire e poi risorgere,
ma quando muore il nostro breve giorno,
una notte infinita dormiremo.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.
E quando poi saranno mille e mille
nasconderemo il loro vero numero,
che non getti il malocchio l'invidioso
per un numero di baci così alto.

 »
(Fonte: → Wikisource )

Note al testo

  1. 1,0 1,1 1,2 Congiuntivi esortativi.
  2. Pseudonimo letterario dietro il quale il poeta nasconde la reale identità della destinataria del testo.
  3. Rumores: "le critiche" da parte degli anziani (senum), troppo legati alle tradizioni del mos maiorum.
  4. Comparativo assoluto, forma intensiva.
  5. Con valore predicativo, riferito a rumore.
  6. In Catullo il genitivo pronominale presenta sempre la vocale breve: unǐus invece di unīus, cfr. carme 3.8 illǐus e carme 4.3 ullǐus. Ciò avviene per motivi metrici.
  7. As o assis, termine popolare per indicare una moneta di poco valore. Unius... assis, genitivo di stima.
  8. Lett.: I soli, metonimia classica per dies, ovvero "i giorni".
  9. Introduce una proposizione temporale.
  10. Perifrastica passiva.
  11. Catullo preferisce il termine popolare basium rispetto a quello più formale osculum per indicare il bacio.
  12. L'anafora dell'avverbio, anche nella forma ridotta dein, serve a sottolineare lo scambio continuo di baci tra il poeta e la donna amata.
  13. Avverbio di tempo, "senza interruzione", "continuamente".
  14. Ind. fut. sempl. att. del verbo conturbo, composto di cum e turbo (turbo, as, avi, atum, are), "sconvolgo, metto in disordine". In questo caso, il significato del verbo assume una sfumatura ironica e gioiosa.
  15. Ne + cong., proposizione finale negativa.
  16. Ne + cong., proposizione finale negativa.
  17. Cum tantum... basiorum: proposizione circostanziale con valore intermedio tra temporale e causale.
  18. Genitivo partitivo dipendente da tantum.

Analisi stilistica[modifica]

  • Il genere della poesia: lirico.
  • La metrica della poesia: Endecasillabi faleci.
  • Le figure foniche della poesia: assonanza (nei versi 7, 8, 9, 10, 11) e allitterazione
  • Il tono emotivo della poesia: la poesia esprime un tono emotivo molto forte, perché esprime l'invito a vivere e ad amarsi l'un l'altro, a darsi mille baci per schiacciare gli invidiosi e a liberarsi dai vecchi troppo moralisti.
  • La coesione della poesia: è perfetta con il ripetersi dei numeri.
  • Il lessico della poesia: alto e letterario.
  • La sintassi della poesia: paratattica e ipotattica.
  • La lexis della poesia: affascinante ed originale, capace di suscitare nei lettore un senso di bellezza formale.
  • Il linguaggio poetico della poesia: raffinato e ben costruito.
  • Le figure retoriche della poesia: inversione e anafore.
  • Le espressioni poetiche più belle della poesia: «Viviamo, mia Lesbia, e amiamo»; «I soli possono tramontare e risorgere; per noi quando una volta la breve luce tramonta/ una notte perpetua dovremo dormire»; «Poi, quando avremo fatto molte migliaia [di baci], le confonderemo, per non sapere quante, o perché nessun invidioso ci porti male, quando sappia ch'esiste una tale infinità di baci».
  • I riferimenti culturali della poesia: sono quelli che rinviano alla poesia alessandrina;
  • I riferimenti filosofici della poesia: sono quelli che si rifanno alla filosofia epicurea e cirenaica.
  • I riferimenti letterari della poesia: sono quelli che si riferiscono alla poesia dei poeti nuovi vicini al poeta: Quinto Lutazio Catulo, Gaio Elvio Cinna, Gaio Licinio Calvo, Quinto Scevola, Valerio Catone ed altri.

Sintesi della poesia: inizio, sviluppo e conclusione[modifica]

La poesia inizia con il celebre verso: «Vivamus, mea Lesbia, atque amemus», che invita a vivere e ad amare, prosegue con il consiglio di non stimare molto le lamentele dei vecchi troppo moralisti e arcigni che borbottano, criticano e malignano, continua affermando che nella natura il sole tramonta e poi risorge, ma quando sarà tramontata la nostra troppo breve luce (la nostra vita) dovremo dormire una notte perpetua. E si conclude con l'invocazione del poeta alla sua donna amata di dargli mille baci e poi ancora cento e poi ancora altri mille e poi cento e alla fine altereranno il totale dei baci sia per non sapere il numero finale, sia per distogliere qualche invidioso che potrebbe portare male qualora sapesse che esiste una tale infinità di baci.

Il tema[modifica]

La poesia è senz'altro un inno all'amore, inteso sia come sentimento affettivo, sia come piacere sessuale erotico, ma soprattutto è una esaltazione a godere la vita, data la sua brevità a confronto con l'eternità della morte. L'amore è inteso come terapia e come catarsi dalle malignità degli invidiosi che possono lanciare i loro malefìci e dei vecchi troppo severi o troppo moralisti, che criticano i giochi gioiosi dell'amore dei giovani. L'amore è universalmente riconosciuto un sentimento che crea allegria, che genera felicità, abnegazione e oblazione. Anche l'amore fisico sapientemente vissuto crea piacere e rende all'anima un dolce e piacevole equilibrio affettivo che è alla base del percepire la vita come bella e degna di essere vissuta. Questo tema era già molto famoso nella letteratura greca e latina. Catullo lo riprende da Omero e Mimnermo; sarà il tramite per Orazio con il suo famoso Carpe diem, per Varrone che così scrive: «Properate vivere, puerae, quas sinit aetatula ludere, esse, amare» che significa: affrettatevi a godervi la vita, o fanciulle, cui l'età giovanile concede di scherzare, mangiare e amare; e per Virgilio che così scrive: «mors aurem vellens "vivite" -ait- "venio"» che significa: la morte tirando l'orecchio dice: "spassatevela, sto per arrivare". Non c'è dubbio che l'amore descritto nella poesia derivi dalla cultura degli epicurei e dei cirenaici, ma è altrettanto indubbio che esso è inteso nel modo più pulito e più casto, che non debba scadere nell'amore turpe e sconcio dei pornografici e che deve essere vissuto e goduto tra i giovani in modo aperto e con pudore. Senza dubbio la vita senza l'amore diventa vuota, tediosa, insipida, incolore, insapore, dura, fredda, mentre l'amore la rende calda, saporita, bella, avvincente, colorata, emozionante, L'amore dà un senso alla vita e le toglie la depressione e la solitudine che sono due vere malattie dell'anima e dell'esistenza. A prescindere se dopo la vita terrena ci sia un'altra vita, più beata o infernale, è altrettanto vero che finché si sta su questa terra l'amore costituisce una forza insopprimibile e travolgente, una forza primigenia e fondamentale che dà senso alla vita; senza l'amore si cadrebbe facilmente e precocemente nelle braccia della morte. L'amore è corrente libidica, è l'eros che lotta contro Thanatos, la morte, la quale altrimenti avrebbe una vittoria facile sulla vita.

Il messaggio[modifica]

Il messaggio della poesia è l'invito del poeta a godere la vita prima che essa finisca e dopo la quale gli uomini debbono entrare nell'interminabile notte della morte. L'amore rende piacevole la vita; ma l'invito edonistico non è un abbandonarsi alle sfrenate passioni della libidine, bensì è un invito a vivere una vita intensa d'amore giovanile ed erotico, come chiarisce meglio il carme VIII che dice: «Brillarono un tempo per te giornate radiose/ quando sovente venivi agli incontri che la ragazza fissava,/ amata da me quanto non s'amerà nessuna. Là si svolgevano giochi gioiosi d'amore senza mai fine, e tu dicevi sì e lei non diceva no. Splendevano, una volta, candidi soli». Ma l'amore non dura in eterno e allora Catullo dice a se stesso di prendere atto, nel carme VIII, che essa non ci sta più e quindi: «Disperato Catullo, falla finita con le tue follie; ciò che è perduto, come perduto consideralo. Non cercarla se sfugge; e non vivere da disperato, ma con ostinazione sopporta, tieni duro. Cara ragazza addio. Alla fine Catullo è fermo, non ti cercherà più, non ti implorerà più, tanto non vuoi, ma ti pentirai, quando nessuno più t'implorerà...».

Il poeta invita a non sciupare la vita, ma a viverla intensamente con l'amore. Catullo pare affermare che, a prescindere se dopo la vita terrena vi sarà una vita beata nei Campi Elisi o una vita oscura in fondo al Tartaro, gli uomini, mentre vivono su questa terra, debbono godere dei piaceri dell'amore, prima che la vita finisca. Catullo pare dire che un giorno il sole potrà non sorgere; allora l'unica cosa che resta oggi, durante l'esistenza, è l'ammontare dei baci che rendono la vita piacevole e rendono l'anima forte di fronte alle avversità della vita. E quanto più l'amore è intenso tanto più gli invidiosi non possono far niente.