Carmina (Catullo)/08
Testo
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Miser Catulle, desinas[1] ineptire, |
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Infelice Catullo smettila di impazzire |
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Note al testo
- ↑ desinas è un congiuntivo esortativo
- ↑ Fulsere è la forma arcaica di Fulserunt
- ↑ Soles al plurale è generalmente un modo per dire giorno, ma in questo caro la parola Soles contiene un simbolico rimando alla vita
- ↑ E' un dativo d'agente. Traduci con la prima persona singolare
- ↑ Arcaismo per vult
Analisi stilistica
[modifica | modifica sorgente]- Miser al verso 1 > valore enfatico, tipico del linguaggio dei neoteroi ed indica chi soffre per amore
- Desinas al verso 1 > congiuntivo esortativo da desimere con valore di imperativo
- Ineptire > infinito formato da in+aptus
- Quod vides perisse > relativa prolettica
- Fulsere > forma arcaica per fulserunt (terza persona plurale)
- Quondam > avverbio di tempo
- Candidi soles > metonimia per giorni
- Tibi > dativo di vantaggio
- Qui puella dicebat > relativa
- Nobis > dativo d'agente
- Amabitur > non ha il complemento oggetto
- Illa > valore enfatico
- Nec nolebat > litote
- Volt > forma arcaica per vult
- Verso 10 rimanda al gioco amoroso
- Quale fugit> relativa condizionale
- Miser > vedi verso 1
- Obstinata mente > ablativo di modo che è diventato avverbio
- Perfer > imperativo di perferre
- Vale > imperativo
- Nec... Nec > né... né
- Verso 14 > cambio di prospettiva
- Versi 16-19 > relative molto forti che chiudono il verso
- Bella > diminutivo di bonus
- Basiabis > verbo denominale di basium
- Labella > diminutivo-vezzeggiativo di labium
Sintesi della poesia
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Il tema
[modifica | modifica sorgente]Nei versi 1-8 il ricordo della felicità passata, nei versi 9-18 la descrizione dell'infelicità presente e l'immaginazione di quella futura.
Il messaggio
[modifica | modifica sorgente]Catullo, folle d'amore e di sofferenza per il contrasto tra i giorni vissuti e il presente, sin dall'apostrofe dell'incipit - la lirica è considerata un antico Ad se ipsum di leopardiana memoria - si esorta a non essere folle (desinas ineptire), a mantenere il contatto con la realtà (et quod vides perisse perditum ducas), a essere felice (nec miser vive), a superare il dissidio tra passione e affetto, a risolvere il conflitto tra filein e bene velle, l'ossimorico Odi et amo, a smettere di seguire eam quae fugit.
Nella prima sezione della lirica emerge il conflitto tra un passato luminoso (per il tema della luce, cfr. A. Traina e L. Canali) e l'angoscia del presente, in cui il poeta neoterico, al di là di qualsiasi orgoglio per la profonda cultura o della forza della giovinezza, si percepisce come un novecentesco ineptus, un antieroe, inadatto alla vita come Zeno Cosini, mentre Lesbia che fugge (lontano dal Cras Amet o dall'invocazione saffica ad Afrodite, appare come una creatura occhiazzurrina alla Thomas Mann, "luminosamente viva", la più amata tra tutte (amata nobis quantum amabitur nulla).
Nella seconda parte del carme, il poeta si rivolge alla Puella con una serie incalzante di domande retoriche (o aperte?). La composizione ad anello si conclude con l'esortazione a se stesso.