Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Anglosassoni

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Indice del libro

Fin da quando le Americhe vennero scoperte, oramai oltre 500 anni fa, si delineò per loro un destino diverso. Sebbene l'America settentrionale fosse più vicina al continente europeo, la mancanza di civiltà evolute e delle conseguenti ricchezze da depredare non sembravano costituire un'attrattiva sufficientemente valida per gli conquistatori europei. La loro azione si spinse così entro l'odierno Messico, scendendo poi via via all'America meridionale vera e propria. Il Nordamerica fu invece appannaggio degli anglosassoni e dei francesi. Gli Stati Uniti ottennero l'indipendenza dalla Gran Bretagna, diventando poi ricchi e potenti grazie a tre fattori determinanti: il genocidio dei nativi amerindi, con una conquista durata fino agli ultimi decenni del XIX secolo; la schiavitù di una moltitudine di africani e loro discendenti, dal XVIII secolo soprattutto; poi, dopo l'abolizione della schiavitù, l'arrivo di un gran numero di immigrati europei, specie polacchi, irlandesi, italiani, oltre che i cinesi, la comunità non anglofona di più vecchia data (a parte qualche residuato francofono in Luisiana).

Gli USA vinsero l'avversione all'isolamento nel 1917, e si ripeterono con molta più efficacia nel 1941, ritrovandosi 4 anni dopo potenza egemone, con l'Europa e URSS in macerie e il Giappone in cenere. Crollata l'Europa come potenza coloniale (o in declino irreversibile, anche per i 'vincitori') gli USA, presentandosi come una potenza anti-imperialista (nel senso classico del termine) di fatto colonizzarono l'Europa con il Piano Marshall e con innumerevoli forniture di armi. Erano loro i successori del vecchio impero britannico, la prima vera potenza 'globale' della Storia. L'obiettivo era la difesa del mondo 'libero' dalle mire di Stalin e dei suoi successori, perché l'URSS restava una realtà militare e non propriamente in accordo con la politica americana e i suoi interessi. Gli Americani, caduti in disgrazia economicamente nel '29, ebbero un periodo di grande depressione, superato definitivamente proprio nel '41 con le commesse statali per avviare nel settore militare le loro immense potenzialità industriali (favorite dal controllo di un territorio vasto e ricco, con poche necessità di rifornimenti esteri), e si ritrovavano economicamente e tecnologicamente (con tanto di armi nucleari) superiori a tutti gli altri protagonisti mondiali. Affrontarono guerre come quella di Corea, vennero messi in crisi in Vietnam, ma potenziarono le loro armi e le loro tecnologie imparando dai propri errori e limiti, fino a ritrovarsi vincitori della Guerra fredda. A tutt'oggi sono la potenza egemone del mondo e non potrebbe essere altrimenti, dato che, con l'impulso dei nuovi conflitti post-11 settembre, il loro bilancio per la 'Difesa' nel 2009 arriva a oltre 600 mld di dollari, pari a circa 400 mld di euro, quasi 20 volte quello italiano. In verità si tratta di una cifra pari a quella della dozzina di nazioni che seguono in graduatoria messe insieme, e nondimeno, gli impegni in teatri di guerra hanno affondato programmi come il Crusader e il Comanche, ritardando o diminuendo altri articoli di 'alta tecnologia'. Sebbene gli americani non brillino in tutte le categorie in simultanea, tanto che hanno dovuto accettare il fallimento dei loro programmi per gli addestratori comprando aerei inglesi e svizzeri, e addirittura pistole Beretta (pur con le blasonate industrie americane del settore, e il mercato più grande del mondo di armi 'da difesa' o 'da caccia', inclusi fucili d'assalto comprabili nei supermercati, con la benedizione della potentissima NRA). Nondimeno, restano il Paese leader a livello tecnologico e operativo, con un arsenale che varia dalla guerra cibernetica a quella nucleare, passando attraverso tutte le 'tonalità intermedie', incluse le chiavi del GPS, l'unico sistema satellitare di posizionamento pienamente operativo e una delle loro risorse decisive nello svolgimento dei conflitti recenti.

I Britannici, da sempre più 'angloamericani' che europei, sono un po' l'anello di congiunzione tra Washington e Bruxelles. Anche se costretti da motivazioni d'opportunità ad allearsi con i Francesi, i Tedeschi e poi con gli Italiani, di fatto hanno mantenuto una predilezione per i rapporti diretti, sia politici che militari, con l'Alleato d'oltreoceano, specie nell'era Thatcher e poi, in quella Blair (su cui G.Michael basò il videoclip di 'Shoot the dog', in cui il premier britannico metteva un fuoribordo all'isola per portarla vicino agli USA); tant'è che, se nel '91 parteciparono con un grande contingente a Desert Storm, ma pur sempre in abbondante compagnia, nel 2003 furono praticamente gli unici alleati di Bush Jr sul campo (nonostante che la 'Coalition of the willings' avesse sulla carta decine di sostenitori, tra cui Islanda, Palau e Costa Rica). Tutto questo è stato di volta in volta criticato e i dubbi sulla reale intenzione britannica di identificarsi con posizioni europee (ma di fatto, franco-tedesche) sono rimasti. Tant'è che Londra non ha accettato nemmeno di privarsi della sua stimata sterlina per passare all'euro.

Nell'insieme, pur seguendo una propria storia tecnica ed operativa, i Britannici hanno testimoniato sia la loro decadenza, iniziata dalla crisi economica postbellica (il razionamento andò avanti persino più che in Italia, fino al '54) e proseguita con la decadenza dell'Impero, da cui se non altro si districarono con stile e poche perdite (specie se comparati ai Francesi). Nemmeno lo schiaffo diplomatico rimediato da Washington per l'attacco all'Egitto (militarmente eseguito a regola d'arte, ma politicamente un disastro) ha allontanato Londra dalla sua linea politica vicina a Washington. Le decisioni dei governi, soprattutto laburisti, di privarsi dei caccia e poi delle portaerei, hanno portato in grave crisi le sue Forze armate e la ricca e avanzata industria bellica, che ha subito drastici ridimensionamenti. Alle volte con risvolti beffardi, come accadde nel dopoguerra con l'Alleato sovietico. Oggi quasi non ci si ricorda più di quest'episodio, ma la fornitura di decine di motori Derwent e Nene rese possibile il salto in avanti dei sovietici, che ci misero pochissimo a recuperare il gap con gli occidentali nel settore motori, coniugandolo agli studi aerodinamici di provenienza tedesca. Il risultato fu il MiG-15 e i suoi discendenti.

I Britannici, tecnologicamente leader in Europa (specie nel settore motori, dove erano i fornitori di tutti i tipi di aerei italiani), si sono ritrovati costretti a reinventare la ruota con escamotage (Sea Harrier) o collaborazioni europee (Tornado, quando oltre 10 anni prima si poteva ottenere il TSR.2). L'efficienza e professionalità degli uomini sul campo, tutti professionisti (come anche gli Americani, eccetto che ai tempi del Vietnam) non sono mai stati in discussione, e anzi hanno fatto indubbiamente scuola per scaltrezza e attitudine a combattere in ogni ambito, vincendo con poche perdite, dalle Falklands al Golfo.

Quanto agli altri, i Canadesi sono 'anglosassoni', ma non in maniera completa (il francese è la loro seconda lingua) e certo ambigua: di fatto sono sia molto polemici con i vicini di casa, sia, per forza di cose, necessariamente legati a loro e ai Britannici nei programmi e decisioni politiche (tra cui il grosso delle loro forze tattiche mandato in Europa durante il confronto tra i Blocchi). Quindi nell'insieme fanno parte di quello che si può definire il 'mondo anglosassone'.

Gli Australiani sono un altro caso a sé, ma come parte del Commonwealth e come nazione di lingua e cultura anglosassoni (ma in una versione molto 'costumized'), sono distinti nettamente dall'area geografica in cui si trovano, così come i vicini neozelandesi, a suo tempo ben rappresentati anche militarmente (i 'Kiwi' furono ottimi combattenti, come anche gli Australiani, durante i conflitti mondiali, e nell'ultimo di questi fornirono ben 50.000 piloti, e numerosi reparti di volo), ma attualmente pressoché disarmati.

Vi sono anche altre nazioni che si potrebbero definire 'anglosassoni', ma in maniera ben più sfumata, sia per ragioni etniche, che politiche, che storiche. Il Sudafrica, per esempio, è un caso-limite, ma pur essendo legatissimo alla Gran Bretagna, nel dopoguerra la sua politica di Apartheid lo ha portato ad un lungo isolamento e a scelte ed evoluzioni sostanzialmente autoctone, per cui definirlo un Paese 'anglosassone' (quando né la sua gente, né la sua lingua si potrebbero totalmente definire in tal senso) è una forzatura e verrà quindi trattato nel libro dedicato all'Africa, dove è la sua ragion d'essere e il senso delle sue vicissitudini dal secondo dopoguerra in poi.

Buona lettura.