Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: esercito 3

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Indice del libro

Come armamento di base, della fanteria, l'E.I. ha avuto una vasta panoplia di armi, per lo più di concezione tedesca e americana. Ecco quali:

Armi fanteria[modifica]

  • Bombe a mano: vari tipi americani e poi italiani, tipiche le SRCM
  • Pistole: nemmeno a dirlo, erano e sono le Beretta. Ve ne sono state due tipi: la Beretta 34 e la 92. La prima, adottata ufficialmente dal regio esercito nel 1936, è stata posta fuori ordinanza nel 1995. Era un'arma ben fatta, piccola, più simile ad un modello civile che militare, arma prediletta dai collezionisti di pistole, la Beretta 34 venne prodotta in 590.000 esemplari fino all'armistizio, altre 120.000 durante l'epoca della RSI (praticamente 200 al giorno), 90.000 Mod. 35 da 7,65 mm e addirittura 120.000 dopo.A tutte queste si aggiungono altre armi prodotte nel dopoguerra. Con l'adozione di un altro lotto di 8.000 Mod. 92SB ordinate nel 1994 (su 24.000 totali ordinate), le ultime di queste armi sono andate in pensione. La loro costituzione 'camusa' (a castello aperto) e mirino a coda di rondine erano caratteristiche riprese poi anche dalla Beretta 51, usata però soprattutto (come la Mod. 92) dalla Polizia Stradale e dalla Marina oltre che ad alcuni reparti dell'Esercito. La Beretta 34 (lungh. 148 mm, altezza 120, canna da 88 mm a 6 righe destrorse), praticamente un'arma tascabile, usata ampiamente dai carristi, incursori, paracadutisti, era un progetto prodotto con livelli qualitativi molto alti, giusto scemati durante la guerra (specie nella RSI), con meccanica semplice e essenziale, e molto precisa balisticamente. I difetti erano tra l'altro il cal. 9 mm corto (9x17 o .380 auto per gli americani), meno potente del Parabellum, scatto che richiedeva assuefazione per un tiro preciso, difficoltà a riarmare il cane, una precisione (che nonostante le lodi sulla balistica) limita a circa 30 m la gittata utile, nonostante i 300 ms della velocità iniziale. Il peso è di 650-730 gr (a pieno carico di 7 colpi) e alcuni dettagli piuttosto inutili per un'arma militare come l'alta rifinitura e la mancanza di una leva di hold open che tenesse aperto il carrello dopo che fosse stato sparato l'ultimo colpo (il carrello veniva intercettato dalla suoletta del caricatore vuoto, ma quando questo veniva sfilato il carrello andava in chiusura e bisognava, una volta infilato un nuovo caricatore tirare indietro nuovamente il carrello).

La Beretta 92, con caricatore bifilare da 15 colpi e munizioni parabellum cal. 9 mm, è diventata un'arma standard dagli anni '80. Bell'arma con il tipico castello con canna parzialmente sporgente, piuttosto pesante e con un calcio piuttosto voluminoso, nonché prone ad inceppamenti per la sabbia che può entrarvi all'interno, è nondimeno usata dalle forze di polizia ma anche dalle F.A. italiane, come del resto americane, a seguito di una vittoria clamorosa (in finale contro la P.226 svizzera) in cui le armi americane vennero escluse praticamente per prime.

  • Mitra: inizialmente il Beretta MAB, poi un certo numero di Beretta M12 principalmente ai carabinieri e recentemente, armi come la carabina M4 americana (una specie di M16 accorciato) ed anche MP5 tedeschi (lo stesso, ma rispetto al fucile G3), armi tra le migliori della categoria. Il MAB era ancora in servizio in anni non tanto lontani per gli equipaggi dei carri armati, visto che i mitra moderni non sono diventati mai davvero diffusi (i Beretta, con la loro impugnatura anteriore rispetto al caricatore, sono diventati ben più diffusi come arma d’ordinanza per i carabinieri, essendo piccoli e maneggevoli, tutto sommato più adatti ad unità paramilitari che militari: in ogni caso i Carabinieri sono a tutt’oggi un corpo militare dello stato). Da ricordare che la Marina Militare, nonostante i fondi profusi per aggiornare la sua prima linea di navi, è rimasta con il MAB e l'enfield inglese eccetto il battaglione operativo del reggimento s.marco.
  • Fucili: inizialmente venne fornito il Garand, fucile potente, ad alimentazione semiautomatica che lo rendeva un'arma avanzata anche nel 1945 (dopo la fine della guerra che lo vide prodotto in milioni di esemplari), ma anche assai pesante. Quest'arma americana aveva le capacità per erogare anche fuoco automatico, infatti gli americani ne fecero una versione totalmente automatica, la M14, mentre gli italiani fecero lo stesso con il BM59. In entrambi i casi si tratta di armi prodotte in varie versioni, che hanno anche tromboncini lanciagranate o versioni fucili mitragliatore con canne pesanti. Ma il BM59 non diventò mai un'arma totalmente standard: ne vennero prodotti circa 100.000, troppo pochi, e questo significò che l'M1 Garand rimase a lungo in servizio. Se ne potevano trovare ancora nei tardi anni '90, magari nelle mani di militari di sorveglianza a seggi elettorali. Poi sono arrivati i fucili d'assalto moderni. I Beretta SC70 sono stati però adottati in minimo numero e in generale, nonostante la loro qualità di produzione, non hanno avuto grande successo, malgrado anche un bell'aspetto equilibrato. Per mettere fine alla questione è arrivato l'AR/90, fucile sempre della Beretta. Come i precedenti non si è distinto né per il successo produttivo, né per il peso ridotto (tutt'altro), né per gli ingombri modesti. Arma convenzionale, con pregi e qualche difetto, sperimentata in Somalia per la prima volta, è stata comprata in oltre 100.000 esemplari. Al 1994 ne erano stati consegnati oltre 25.000 esemplari su 48.000 ordinati all'epoca. Il loro aspetto era caratteristico, ovvero una struttura piuttosto squadrata, pesante, spigolosa, che non agevolava il maneggio e il trasporto, ma se non altro era assai precisa. Nel 1992 ne erano previsti 143.000 dei tipi AR70/90, da comprare entro il 1999 con un costo di 190 miliardi. L'esigenza era per 217.000, ma la forza dell'esercito stava numericamente riducendosi e passando da 23 a 13 brigate, con 110.000 soldati piuttosto che 258.000, è stato possibile ridurre di molto anche gli equipaggiamenti per la fanteria.
  • Altre armi: essenzialmente almeno un tipo di lanciafiamme, con una portata di una cinquantina di metri.
  • Mitragliatrici: tre nomi: la M2HB Browning americana, che con la sua potenza ed affidabilità è diventata la mitragliatrice pesante standard NATO; la MG42/59, versione dell'MG3, che è probabilmente la migliore mitragliatrice mai progettata. La sua carriera è continuata dal 1942 ad oggi. Sostituì la Breda da 8 mm del periodo bellico, arma buona ma non eccezionale. Era ed è dall'aspetto equilibrato, armonioso, dote non comune per una mitragliatrice (mentre la M2 ha un aspetto squadrato, funzionale, imponente), come del resto la cadenza di tiro di 1200 c.min. La MG42/59 era camerata per il 7,62/51 mm NATO e non per l'originale 7,92 mm tedesco. Alcune sono state ricamerate per il meno potente ma più leggero 5,56 mm NATO, l'unica vera innovazione degli ultimi decenni. Recentemente le F.A. hanno cominciato ad equipaggiarsi con la MINIMI belga, ottima arma da 5,56 mm e anch'essa ben diffusa nel mondo. Insomma scelte ortodosse, standard con la gran parte dei Paesi occidentali.
  • Mortai: armi come i Brandt da 120 mm, sia a canna liscia (di cui erano oltre 800 in servizio nei primi anni '80) e poi alcuni a canna rigata per rimpiazzare niente di meno che gli obici da montagna M56. Ma vi sono anche armi da 81 mm e qualche tipo da 60 mm leggero, di fornitura americana oppure nell'ultimo caso, anche di produzione italiana.
  • Armi c/c: al solito, forniture americane. V'erano i Super Bazooka da 89 mm, rimasti a lungo nei depositi, anche se erano 20 anni che non sparavano un colpo. Più usati i cannoni SR, anche quelli piccoli e oramai misconosciuti da 57 e 75 mm. Ma soprattutto v'erano i cannoni M40 da 106 mm, armi formidabili da 200 kg di peso e 1 km di gittata pratica (fino ad oltre 7 in teoria), con una granata da circa 15 kg con cariche HE o HEAT. Sono stati usati a lungo, specie su veicoli fuoristrada AR59. Questi cannoni SR sono stati prodotti a migliaia di esemplari come armi ad interim tra i cannoni controcarri e i nuovi missili, ma sono rimasti a lungo in servizio dappertutto per via delle loro capacità di appoggio tattico. Alcuni esemplari, ma solo per alcuni reparti speciali, vi erano anche i Carl Gustav da 84 mm, armi leggere e moderne, portatili, che sono anch'essi un punto di riferimento della categoria, da decenni a questa parte. Poi sono arrivati i razzi moderni, per rendere possibile una capacità controcarri moderna. Sono stati comprati 500 APILAS francesi da 112 mm, armi usa e getta di costruzione francese, ma era solo una dotazione d'emergenza per la FIR, poi il concorso per l'armamento dell'esercito ha visto la gara tra questi, il LAW-80 inglese e il Panzerfaust 3 tedesco, con la vittoria di quest'ultimo. L'ordinazione è stata per ben 17.000 sistemi, dei quali 1.000 consegnati al 1994. Anche questi razzi, infatti, sono usa e getta. Differentemente dagli altri tipi valutati hanno un razzo che sporge dal tubo di lancio, ovvero questo (come nel caso del Panzerfaust originale o dell'RPG-7) ha una testata più grossa del tubo, per cui questo deve contenere solo il razzo vero e proprio, così è più leggero. Ma anche così questo sistema, con una portata di circa 300 m, ha una massa di oltre 10 kg. Sconfiggere le corazze dei carri moderni non è in effetti una cosa a buon mercato e facile, i tempi dei razzi M72 da 2,27 kg americani sono passati da molto tempo. Il razzo Panzerfaust 3 ha una capacità di penetrazione di oltre 700 mm, ed è un'altra di quelle armi che hanno molto successo. La fornitura originariamente era stata stabilita in circa 30.000, da comprare entro il 1998. Un altro sistema, su cui era stato fatto un certo clamore per le sue caratteristiche era il Breda Folgore. Questo è un'arma un po' a metà tra il razzo e il cannone SR, con una gittata di circa 1 km, calibro di 80 mm e peso di circa 20 kg. Non era a dire il vero tanto diversa dal Carl Gustav o dal cannone SR americano M67 (mai adottato dall'E.I.), concepita per diverse configurazioni. Poteva sparare da spalla, su bipiede o su tripiede, con installazioni anche su veicoli. Ma il peso non era indifferente e il calibro piuttosto modesto. Anche se era un'arma riutilizzabile, la potenza perforante insufficiente e il peso elevato non l'hanno reso popolare, e tanto meno ben diffuso all'estero. Di fatto, non ha trovato un mercato. Degli oltre 1000 previsti ne sono stati comprati in tutto 720-800, e relegati prontamente (si parla dei primi anni '90) ad unità di seconda linea. Non pare che questi armamenti siano stati utilizzati nelle missioni all'estero, e non se ne sente parlare da anni. Eppure sono costati nel solo 1990 53 miliardi. In tutto, tra questi e i lanciarazzi 'a perdere', sono stati previsti costi di 270 mld.
  • Missili: inizialmente v'erano armi controcarri come i Cobra tedeschi da 1,6 km, a medio raggio, e gli SS-11 francesi da 3 km. Dagli anni '70 sono arrivati i missili di seconda generazione, essenzialmente i TOW americani e i MILAN franco-tedeschi. I TOW sono stati comprati in 5.000 esemplari nella prima versione, e altrettanti in quella migliorata di seconda generazione, ma dopo sono seguiti anche i TOW di terza generazione. Erano parecchi, eppure il loro uso era praticamente limitato agli M113 'cacciacarri' e poi, agli A.129 e Dardo. I MILAN sono diventati parte della fanteria. Se ne prevedevano 1.000 lanciatori e forse qualcosa come 30.000 missili. Con l'esercizio finanziario 1990 venne completato il programma originale, ma ridotto a 714 lanciatori e ad un minor numero di missili, 17.163. La spesa è stata di ben 648 mld di cui 119 spesi nel 1990. Ma in seguito questi missili hanno ricevuto aggiornamenti, in particolare dagli anni '90 (circa 10 anni dopo l'entrata in servizio) con sistemi di mira infrarossa IRT, già disponibili da parecchi anni in Francia e Germania. Come il TOW, il MILAN è un'arma molto diffusa, quella di maggior successo della sua categoria. Se del TOW sono stati prodotti, pur essendo un'arma pesante, oltre 500.000 esemplari, del MILAN si è arrivati ad oltre 360.000, anche se il loro ruolo è quasi soltanto quello di lancio da terra, da parte della fanteria. Un affusto per veicoli venne sperimentato in Somalia, con 3 centri su 4 missili (l'altro ebbe il cavo di guida spezzato durante il volo). Il MILAN non è mai stato inteso come arma eliportata. Recentemente è stato adottato, come rimpiazzo, il sistema israeliano SPIKE, che è un'arma con autoguida IR ma anche un cavo di guida in fibre ottiche. Anch'esso è l'arma di maggior successo della categoria, tra quelle moderne. Naturalmente costa molto di più dei 4 milioni del MILAN (valori 1990 circa). I missili SAM sono arrivati dalla metà degli anni '80, ma non sono diventati diffusi se non negli anni '90. Sono gli Stinger, ancora una volta armi di riferimento della categoria, scelti prima in un lotto per la FIR (Forza d'Intervento Rapido, allora in costituzione), poi per le unità antiaeree, dopo avere vinto la gara contro il Mistral, più potente ma non lanciabile da spalla.
  • Altre armi: fucili di precisione; tranne qualche unità speciale, l'E.I. non ha mai avuto una grossa cura della specialità del cecchinaggio, e in pratica si aspettò gli esperimenti dei primi anni '90 per schierare sniper, praticamente non in uso dopo la I GM. Prima sono state impiegate armi come i Garand, poi fucili moderni, di recente anche di grosso calibro ovvero fuciloni americani da 12,7 mm.
  • A tutto questo naturalmente vanno aggiunti gli altri equipaggiamenti, dalle divise alle stufe campali, ai radiotelefoni da campo da 9 kg di peso, ai sistemi di visione notturna (apparsi essenzialmente negli anni ’90), su cui una storia è più difficile da redigere.

Folgore[1][modifica]

Ed eccoci ad uno dei sistemi d'arma italiani più controversi, o forse si dovrebbe dire apertamente deludenti, il cannone SR 'Folgore', arma che non ha niente a che vedere con l'omonima unità paracadutisti (o meglio, di fatto non ha avuto nulla a che vedere visto che era tra quelle più adatte, nominalmente, a servirvi). Nonostante il suo successo modesto, è un prodotto interessante, poco conosciuto (nonostante la molta pubblicità che ebbe negli anni '80) e l'ultimo del suo tipo sviluppato nel mondo intero. Per tutti questi motivi, è interessante approfondirne la storia e la conoscenza.

Quest'arma appare nel fascicolo n.3 di 'Armi da guerra', in una foto d'epoca azionata da due militari baffuti con divisa kaki, che erano stati ripresi mentre lo utilizzavano, e la didascalia affermava che era uno dei pochi sistemi d'arma moderni in valutazione dall'esercito italiano (a dire il vero, il termine 'modernizzazione' stonava un po' con la divisa dei soldati..). Una foto simile venne pubblicata nella stessa opera a pag. 978 descrivando quest'arma come 'un moderno lanciarazzi c.c. in corso di sviluppo avanzato da parte della Breda, per l'impiego su distanze fino a 1000 m'. RID se ne occupò nel 1983, poi ritornò sull'argomento con un articolo di A.Nativi nel numero di giugno 1986. Gli apprezzamenti erano molti e vari: l'arma, ben equilibrata, si portava bene nonostante il metro e ottanta abbondante di lunghezza e i 23 kg di peso, era precisa, economica, con un sistema addestrativo pratico ed economico, e si proponeva bene anche per l'export. Ma lo stesso giornalista descriveva, 8 anni dopo (RID 10/94) lo definì come 'poco felice' e in corso di distribuzione solo dal 1992 e solo alle unità di seconda linea.

Cosa era successo nel corso di tutti quegli anni? Iniziamo dai fatti cronologici: il Folgore era in corso di sviluppo dal 1974, come successore dei vecchi cannoni SR da 57 e 75 mm ancora saltuariamente usati dall'EI e in generale per compensare il quasi nulla assoluto che all'epoca era presente nelle unità di fanteria di livello più basso nel settore controcarri. Non era un compito molto difficile ma subito vi furono problemi: c'era chi voleva un sistema simile al bazooka, e quindi soprattutto adatto all'uso da spalla o su bipiede, e chi voleva un sistema molto più pesante. Su Armi da guerra c'era menzione infatti di tre versioni diverse: una su bipiede, una con trippiede, una per mezzi da esplorazione leggeri su apposita torretta. Di quest'ultima non c'è traccia nell'articolo di RID nel 1986. L'arma all'epoca era già da 4 anni in fase di omologazione per l'impiego operativo, ed era oramai sviluppata a sufficienza per considerarne stabile il disegno costruttivo.

Che cos'é il Folgore? La sua definizione lo ha portato ad essere un sistema d'arma controcarri e per impiego generale, da 80 mm di calibro, dal peso piuttosto consistente, con capacità d'impiego da parte di truppe appiedate e su automezzi. I cannoni SR tradizionali sparano un colpo che viene compensato, nel rinculo, dai gas espulsi dalla culatta. Però questo significa scarsa efficienza e anche se il peso è ridotto, la vampata e la nube di polvere e fumo rendono evidente il cannone SR al momento dello sparo. Se non si è lesti ad abbandonare la posizione il fuoco delle mitragliatrici (il raggio utile del cannone è in genere non più di 1000 m) può reagire efficacemente all'attacco. Per ridurre la nube di detriti e per sveltire l'operazione il cannone SR spesso è montato su veicoli leggeri 4x4, come lAR-59 dell'E.I. Del resto il cannone SR occidentale di maggior successo, l'M40 da 106 mm, ha una massa di circa 200 kg, che corrisponde peraltro alla capacità di sparare proiettili da 15 kg a circa 500 m.sec e fino a distanza nominali di 7 km (in pratica circa 1 km contro bersagli di punto). Per ottenere sistemi pià efficienti vi sono poche soluzioni, ma pur sempre praticabili. Prima di queste la scelta era o tra i bazooka, inutilizzabili sopra qualche centinaio di metri, o i cannoni SR minori. Questi ultimi sono stati in servizio per un certo periodo di tempo, anzi gli USA hanno fatto seguire ai pezzi da 57 mm gli M67 da 90 mm, armi di seconda generazione che solo nel 1990 hanno trovato, per il 75th Ranger regiment, un successore, ovvero il cannone SR Carl Gustav da 84 mm svedese, ordinato in un certo numero con un contratto da 4 mln di dollari.

Tornando ai problemi basici di un cannone SR, questi possono essere alleviati di molto se si usa un sistema misto: una carica di lancio di bassa potenza spara il proiettile, il che riduce la vampa, la nuvola di polvere, e lo stress della bocca da fuoco (che quindi diventa ben più leggera). Poi il proiettile accende un razzo aggiuntivo e accelera ulteriormente, dando modo di raggiungere una gittata maggiore rispetto a quanto avrebbe potuto fare con la sola carica esplosiva di lancio. Questo ha il prezzo di una maggiore complessità e costo del proiettile-razzo, ed è suscettibile d'esser influenzato dal vento laterale alterandone la traiettoria. Nondimeno, i sovietici riuscirono a praticare con successo la soluzione in parola. Ecco perché ai B-10 da 82 mm e ai colossali B-11 da 107 mm (equivalenti all'M40 americano) ha fatto rapidamente da successore e sostituto l'SPG-9, arma capace di sparare un colpo da 4 kg a 400 ms, poi il motore a razzo lo accelera fino a ben 700 ms -praticamente la velocità iniziale del cannone di un T-34- e gli assicura una gittata utile di 1.200 m, max di 4.500. La massa del cannone è di appena 60 kg. La sua forma è caratteristica per la parte posteriore, in un certo senso simile a quella dell'RPG-7: vi è una specie di camera di espansione dei gas con sfogo a tromboncino, che assorbe e deflette i gas di scarico riducendo molto la vampa. La perforazione è di 400 mm d'acciaio. Da notare che spesso si dice che il cannone del BMP-1 è una specie di RPG, ma non è vero: in realtà è la versione per veicoli, da 115 kg, dell'SPG-9 di cui usa munizioni paricalibro e forse anche del tutto analoghe.

Nel caso del Folgore è stato adottato praticamente lo stesso sistema, tanto che, a parte il colore scuro uniforme, potrebbe sembrare un SPG-9 di cui è, concettualmente, un clone. La sua differenza principale è che pesa di meno, 17 kg col bipiede, grazie ad una minore velocità iniziale e all'uso di acciaio speciale ad alto carico di rottura (200 kg/mm2). I sistemi di puntamento erano costituiti da un mirino 5x con campo visivo di 8 gradi, pesante appena 350 gr (una puntigliosità persino eccessiva vista la mole dell'arma di per sè), ma un sistema di visione notturna non era ancora certificato, mentre era proposta una versione pesante 27 kg munita di telemetro che aumentava la gittata utile da 700 a 1000 m.

I sistemi addestrativi consentivano, assieme alla traiettoria che si è voluta il più possibile piatta, di rendere in circa una settimana, e con costi ridotti, un operatore ben addestrato: prima fase, simulatore di tiro con uno schermo speciale, in ambiente chiuso, in cui venivano proiettati i bersagli; seconda, una munizione sparata ad aria compressa, inerte, contro bersagli reali; terza fase, una munizione d'addestramento contenente un proiettile da 7,62 mm al posto del razzo.

L'E.I era, nel giugno 1986, interessato al Folgore e in procinto di comprarne 800-1000 esemplari, con 30-40.000 colpi. Si faceva poi notare, nell'articolo, che il territorio italiano era poco adatto alle armi a lunga gittata, dati i campi di tiro ridotti dall'orografia, e che i carri armati di ultima generazione, invulnerabili frontalmente al Folgore, non erano che una minima parte dei bersagli incontrabili su di un campo di battaglia, mentre in aree come l'America latina o l'Africa non c'era alcun carro armato moderno di questo genere. Il Folgore, rivitalizzando il vecchio concetto del cannone SR, sposandolo a quello del lanciarazzi, era un buon compromesso tra tante esigenze operative e aveva pure un importante cliente di lancio, l'Esercito Italiano. Inoltre nella fase di collaudo sono state sparate ben 10.000 granate, il che non lasciava certo sorprese sulle caratteristiche di quest'arma. La produzione avrebbe visto coinvolta la SNIA Viscosa per le munizioni, oltre alla Breda Meccanica Bresciana per l'arma.

Le caratteristiche erano, in riassunto, queste:

  • Calibro 80 mm
  • Lunghezza 1,8-1,85 m
  • Peso: 17 kg con bipiede ripiegabile, 23 kg con treppiede, 27 con treppiede e telemetro
  • Proiettile: 5,2 kg di peso totale; 3 kg circa per la munizione, 1 per la carica di lancio; gittata max. 4.500 m, pratica da 75 a 700-1000 m.
  • Prestazioni: capacità perforante 425 mm di acciaio; velocità iniziale 385 ms, 500 ms a 100 m con la combustione del razzo (acceso a distanza di sicurezza dal lanciatore); traccia visiva dello sparo ridotta; tempo di volo 1,2 sec a 500 m; 1,7 a 700 m; 2,5 a 1.000 m.
  • Ottica di puntamento: 350 gr, 5x, 8° di FOV

Insomma, sembrava procedere tutto per il meglio. Invece, il Folgore è entrato in servizio solo nel 1992, ben 18 anni dall'inizio dello sviluppo, con un costo di 270 mld (assieme a quello dei lanciarazzi Panzerfaust, valori 1992) e subito distribuito alle unità di seconda linea in caso di improbabili penetrazioni di mezzi nemici nelle retrovie dell'Esercito, per un totale tutt'altro che disprezzabile, di 800 sistemi (la cui vita utile è di 500 colpi l'uno). Da allora i Folgore si sono visti pochissimo in giro, forse sono semplicemente rimasti accantonati nei depositi.

Cosa è successo nello iato tra le rosee premesse e il mesto finale di carriera? Negli anni dello sviluppo del 'Folgore' sono comparsi nuovi carri armati, frontalmente almeno invulnerabili a questo lanciarazzi/cannone SR (cosa che non era vera nel 1974), e gli eserciti della NATO non saranno stati troppo entusiasti di un'arma pesante, ingombrante e incapace di mettere KO i carri da battaglia nemici. La massa di un Folgore più appena 4 colpi era già di 38 kg, e considerando solo il sistema con bipiede. Per il resto, alle corte distanze il sistema ha subito la concorrenza dei lanciarazzi, a quelle più lunghe dei missili c.c. Il calibro condizionava la capacità di perforazione del Folgore, ma in ogni caso oltre alla granata HEAT non sono stati prodotti altri modelli, e a parte questo la gittata minima, tutt'altro che ridotta, è di 75 m prima dei quali la spoletta non si attiva.

Ma forse e soprattutto, mentre i Paesi 'poveri' avevano abbondanza di RPG e SPG, quelli NATO hanno preferito il sempreverde 'Carl Gustav' svedese, di calibro appena superiore (84 mm), ma: lungo appena 1,15 m, pesante 14-15 kg, capace di sparare una congerie di colpi HE, HEAT, illuminanti tra i 400 e i 2000 m, anche se con una velocità molto più bassa (230 ms, poi col motore a razzo, arrivava a 300 ms). Per giunta, mentre il 'Folgore' veniva messo finalmente a punto, il Carl Gustav nella versione M3, con l'utilizzo di fibre di carbonio per la canna, riduceva il peso a 9 kg, mentre venivano introdotte nuove munizioni come la FV 751 con testata HEAT in tandem per superare difese corazzate moderne (ERA+ 500 mm di acciaio), che -sebbene non sarebbe stata messa in produzione prima del 1994- si aggiungeva alla FV 551 HEAT, parimenti precisa (motore a razzo senza fumo funzionante per 1,5 sec accendendosi a 18 dalla bocca da fuoco), FFV-41 HE, FFV-454 illuminante da 2000 m, FFV-469 fumogena e con 1000 m di portata utile. Insomma, un'arma già ben conosciuta, ben apprezzata e diffusa, e rivitalizzata di continuo con munizioni e versioni migliorate. Il 'Folgore' non ha avuto questo livello di sviluppo e non ha convinto del tutto, mentre il C.Gustav è stato adottato in dozzine di Paesi e anche da alcune unità militari italiane come il Consubin.

D'altro canto, il successo di un'arma non si determina quasi mai dalle caratteristiche sulla carta (nel caso del Folgore tutt'altro che eccezionali); l'esempio dell'OTOMATIC, rimasto invenduto nonostante le tante capacità nominali (cannone da 76 SR, allora al suo debutto; radar di ricerca da oltre 12 km e di inseguimento da oltre 8 km di portata; periscopio per il capocarro, capacità anche come semovente d'artiglieria di medio calibro e persino controcarri), per l'eccessivo costo e qualche cambiamento della filosofia della difesa aerea (ovvero, arrivare alla conclusione che non necessariamente per distruggere un elicottero ha bisogno di un costoso sistema d'artiglieria da 45 t, quando l'ADATS è un sistema almeno altrettanto efficace e installabile pure su mezzi da 10 tonnellate).

Quanto al Genio, molto della sua efficienza era dato da mezzi pesanti basati su carri armati. Venne sperimentato un carro gettaponte con uno scafo M26 Pershing, con una soluzione ‘autarchica’. Non ebbe molto successo e in suo luogo è stato piuttosto adottato il Biber, ovvero il carro gittaponte su scafo Leopard 1, che era giudicato il migliore della sua categoria. Gettava un ponte da 22 m su aperture massime di 20 m di larghezza. Altri mezzi erano quelli antimine, per esempio i tubi anti-campo minato o trincee ‘Vipera’ riempi di esplosivo (il vecchio concetto dei tubi ‘Bengalore’ aggiornato), non è chiaro se vi siano stati mezzi avanzati per la posa di mine, settore in cui la Valsela era (piuttosto tristemente) famosa e con progetti validi, come il lanciatore di mine ‘Istrice’ con tubi multipli orientabili con un computer, installato su scafo M113, e altri sistemi di semina da elicotteri, tramite un contenitore agganciato sotto gli stessi. Ma per quello che riguarda i sistemi di sminamento, l’E.I. è rimasto senza mezzi realmente validi e moderni fino quantomeno ad anni recenti. Infatti si pensava di usare gli scafi dei Leopard 1 in eccesso, negli anni ’90, proprio per costruire carri genieri con lame apripista e-o lanciarazzi per i tubi tipo ‘Vipera’ onde aprire varchi nei campi minati. Di equipaggiamenti speciali per i singoli carri armati invece non pare ve ne sia mai stato alcuno.

M113 e VCC-1[2][3][modifica]

Strano che l'E.I. non sia riuscito a completare la 'meccanizzazione' delle proprie truppe se si considera quanti M113 abbia immesso in servizio. Questi hanno addirittura battuto gli L3 come 'record', quello dei mezzi corazzati più prodotti in Italia. Nondimeno, diverse brigate di fanteria motorizzata tali sono rimaste, con solo una minima parte delle proprie truppe trasportate da mezzi corazzati. Eppure, gli oltre 4.000 veicoli del genere sarebbero, da soli, in grado di mobilitare circa il 20% dell'intero Esercito (ai tempi della Guerra fredda, chiaramente: ora è molto meno numeroso). La cosa è maggiormente vera se si considera che delle 23 brigate 5 erano alpini e una paracadutisti, per cui avevano reparti meccanizzati molto ridotti, anzi inizialmente non ne avevano affatto. Nondimeno, questo non è successo, mentre i blindati ruotati sono rimasti pressoché sconosciuti nell'E.I. per tutta la Guerra fredda.

In ogni caso, prima di iniziarne la storia, diciamo cos'è un M113: basicamente si tratta di una sorta di 'scatolone' corazzato, sistemato su cingoli, con una postazione di mitragliatrice sopra. Può sembrare riduttivo, ma come descrizione base rende bene. È un mezzo piuttosto spazioso, compatto al tempo stesso, con una scarsa specializzazione e quindi capace di operare in molti modi diversi, anche se senza punte di eccellenza.

Ai blindati corazzati ma a cielo aperto del tipo M3 e M5, semicingolati, gli americani presto cercarono di far seguito con i mezzi interamente corazzati come gli M75 e M59, cingolati. Ma questi veicoli non erano del tutto soddisfacenti. Serviva qualcosa di più leggero e tutto sommato, economico e una nuova specifica venne emessa dall'US Army nel '56 appositamente (e stranamente non ebbe interesse per il blindato francese AMX che proprio quell'anno entrò in servizio, primo IFV a livello mondiale). Per ottenere la prima delle due cose, ma a scapito apparentemente della seconda, venne utilizzato un materiale normalmente di uso aeronautico: l'alluminio. Questo ha una leggerezza maggiore, pari a circa un terzo del peso specifico dell'acciaio, ma ne serve anche una quantità grossomodo altrettanto maggiore in termini di spessori, per ottenere la stessa protezione balistica. Nondimeno, l'alluminio è un materiale molto rigito (per questo è favorito, per esempio, nei monopattini moderni, peso a parte), e la costruzione è possibile senza traversine e altre strutture di sostegno che sarebbero necessarie con ridotti spessori in acciaio. Alla fine il prodotto che ne deriva stazzava solo 11 t. scarse. L'M113 per il resto ha un motore nella parte anteriore destra dello scafo, pilota a lato, capocarro (con relativa cupola) dietro, mitragliere al centro del mezzo con una vecchia ma affidabile e temibile M2 HB da 12,7 mm, con circa 2000 colpi disponibili in astucci da 100, e dietro appena vi sono 8 soldati su panche ai lati del mezzo, a cui possono accedere facilmente con una rampa di grosse dimensioni, rapidamente abbattibile grazie ad un sistema idraulico di movimentazione, ma per fare le cose più semplici (per esempio, senza dover attivare i sistemi di bordo) esiste in questa rampa anche una porta che si apre verso la destra del mezzo, per far passare una persona per volta. Quindi è vero dire sia che l'M113 ha una rampa che una portiera posteriore. La lega d'alluminio è la 5083 della Kaiser Aluminium, che non è alluminio puro ma contiene anche magnesio e manganese, che la rende molto più rigida. Così, assieme ad un leggero vantaggio in peso-resistenza, con l'abolizione di strutture di rinforzo, e la possibilità di laminare a freddo le piastre, il risultato è quello di un mezzo ben più leggero. Il pilota ha leve di comando, e un portello con 4 iposcopi. Il comandante ne ha 5, e la sua è una vera cupola, non un semplice portello, rotante di 360 gradi. Il vano di carico ha anche sedili ribaltabili per consentire, nonostante si tratti di un mezzo piccolo (meno di 5 m di lunghezza) lo stivaggio di 6,54 m3 di materiali. Il motore originale è un Chrysler 75M8V, ovvero un 8 cilindri a benzina, a V, 215 hp a 4.000 giri.min, accessibile da un portello anteriore allo scafo. Poi dal 1964 è stato possibile sostituirlo con un motore diesel GMC 6V53 di pari potenza ma con 160 km di autonomia in più.

La mobilità è assicurata da cingoli senza rulli reggicingolo, con 5 ruote doppie per parte, sospensioni a barre di torsione, in 4 casi con ammortizzatori idraulici, cingolatura metallica con inserti in gomma, rullo di rinvio posteriore e motrice anteriore. Lo sterzo è ottenibile co i tamburi del freno del differenziale ripartendo la coppia tra i due alberi trasmissione, uno per cingolo. Il cambio ha probabilmente 4 marce avanti e 2 indietro.

Detto questo, e detto anche che dell'M113 sono stati realizzati qualcosa come oltre 70.000 veicoli, passiamo all'impiego nazionale. Nel '63 l'E.I. aveva già approvvigionato nel 1959-60 alcune centinaia di AMX-12 (AMX-VCI o Mod.56) francesi, che però avevano dato cattiva prova in termini meccanici (stranamente, questi mezzi rimarranno in servizio per decenni con i francesi: forse i problemi vennero risolti?):nonostante che questi fossero forse i primi veri veicoli da combattimento per la fanteria, e che vi fossero ancora veicoli da rimpiazzare del tipo half-track (l'E.I. aveva saltato mezzi come gli M75 e 59), si decise di cercare qualcosa di meglio. Quel qualcosa era già in produzione oltreoceano. L'M113 era un mezzo semplice, affidabile ed economico. Nonostante il costo della lega d'alluminio rispetto ad una protezione simile in acciaio, il solo fatto di essere pesante solo una decina di tonnellate rendeva possibile ottenere una buona mobilità con un motore di potenza piuttosto ridotta. La OTO-Melara non perse tempo e si procurò la licenza di produzione. Inizialmente si trattava di montare le parti che arrivavano dagli USA, poi si passò (dal '65) alla produzione integrale, grazie anche alla collaborazione della Fiat per cingoli, motore e sospensioni, mentre la Lancia si occupava del cambio-differenziale. Insomma, una esperienza 'full immersion' nella tecnologia più avanzata all'epoca disponibile. I primi mezzi avevano il motore a benzina 75MV8, che già all'epoca poteva vantare una trasmissione automatica a 6 marce Allison TX200-2, anche se non aveva ancora la 'cloche' già usata dai carri armati (e persino dal BMP, il primo al mondo della sua categoria ad impiegare il volantino al posto delle leve). Con la sua corazza di alluminio anodizzato saldato elettricamente,pesava solo 10,4 t in assetto di combattimento, trasportava fino a 13 uomini (ben 10 della sola truppa imbarcata), era aviotrasportabile e aviolanciabile con l'80% del carburante, anche se senza equipaggio e pattini gommati ai cingoli. In dettaglio, i periscopi di comandante e pilota sono degli M17, ma il pilota ha anche un M19 (con una testina di ricambio) per la guida notturna: infatti l'M113 ha una coppia di fari infrarossi a lato di quelli a luce 'bianca'. Il veicolo ha anche una capacità anfibia senza preparazione, grazie anche a due pompe di sentina elettriche site tra il piano fondo scafo e quello pavimento, vi è un estintore CO2 per il vano motore, un impianto di riscaldamento a benzina, ad accensione elettrica, fornisce aria calda al motore per avviamenti con climi freddi, e all'equipaggio. Il sistema elettrico ha due batterie da 12V dietro gli schienali dei sedili a destra. Esistono nel vano di combattimento due luci per illuminazione a luce bianca o rossa, una presa di corrente del sistema di accensione ha una presa elettrica per alimentare a 24 V fonti esterne, per esempio ricaricare altre batterie, mentre le radio erano inizialmente le AN-GRC a valvole, poi rimpiazzate dai sistemi a transistor RV3/4. Altri sistemi interni comprendono interfono, innesti per telefoni esterni, comandi per pilotare il mezzo anche in posizione sopraelevata (con la testa fuori dal mezzo), cambio a 6 posizioni (folle, 1 retromarcia, 4 avanti), differenziale DS200. Altri particolari sono, meccanicamente, un gruppo sterzatura a differenziale a rapporto fisso, due freni per il controllo differenziale, nastri di freni azionati meccanicamente con tiranti: tirando una delle leve si rallenta il tamburo corrispondente, il che fa sì che il differenziale dirotti la potenza verso l'albero rimasto 'libero', il che provoca la sterzatura per l'aumento della velocità del cingolo. I cingoli, di cui si stava parlando prima, hanno 63 o 64 elementi larghi 38 cm, fissati a perno unico, con pattino smontabile ricoperto in gomma. La 'skirt' di gomma serve per ridurre gli schizzi d'acqua durante i guadi. Per quelli profondi, invece, è necessario azionare le pompe di sentina per evitare eventuali entrate d'acqua, e abbassare la grossa e spessa piastra anteriore flangiflutti, cosa che il pilota fa con appositi comandi. Da notare che questa piastra, anche se ricoperta apparentemente da una lamiera metallica, non è in lega d'alluminio, ma solo in compensato. Questo significa che la protezione del mezzo non è affatto incrementata da questa struttura, se non contro le ondate. Quanto agli spessori dell'armatura, vi sono diversi dati in giro: si parla di 24, 38, 42 mm. Non è chiaro se questi numeri sono frutto di differenti spessori o di errori di ricopiatura. Quello che dice per esempio N.Pignato riguardo al VCC-1 è che la corazzatura è raddoppiata da una piastra d'acciaio aggiuntiva di 6 mm, il che significherebbe che lo spessore dello scafo in alluminio sarebbe solo di 18 mm (oppure che altri dati sono sbagliati). Ma di questo si parlerà poi. L'armamento è costituito da una sola mitragliatrice M2 con 2000 colpi, sistemata in un affusto a candeliere inusitatamente alto, senza nemmeno uno scudetto protettivo per il mitragliere.

I dati complessivi (VCC-1 tra parentesi) sono:

  • Peso: 10,4 t/11,6 t
  • Lunghezza: 4,87/5,04 m
  • Altezza: 2,03 m senza armamento
  • Larghezza: 2,69 m
  • Luce libera: 0,41 m
  • Velocità max: 64 kmh
  • Autonomia: 322/550 km
  • Trincea: 1,68 m
  • Gradino: 61 cm
  • pendenza longitudinale: 60%

Insomma, l'M113 era un mezzo popolare e presto è diventato tanto obiquo, tanto che la sua sagoma, scatolata (l'unica parte inclinata è quella anteriore, e leggermente, anche quella posteriore) e piuttosto piccola, passa quasi inosservata nelle foto e nei panorami in cui gli M113, in ogni parte del mondo, sono stati impiegati. In Italia vennero prodotti in tutto oltre 3.500 mezzi con motore a benzina, e tra questi non mancavano le versioni speciali come: ben 420 veicoli portamortaio da 81 mm Mod. 62 o da 120 mm Mod. 63, 270 M113 TOW, e altri tipi ancora: dal carro ambulanza, a quello osservatorio con una specie di 'baldacchino' sopraelevato (che sembra quasi un altro M113..), e così via.

Anzitutto la versione portamortaio, ampiamente costruita sia con arma media che pesante: essa era l'M106 americano, versione portamortaio, che nel caso delle armi pesanti ha visto la sostituzione del pezzo da 107 mm M30 statunitense con un'arma francese da 120 mm. La trasformazione dell'M106 base per alloggiare questo potente mortaio e 66 bombe è stata fatta dall'Arsenale dell'Esercito di Piacenza. Sul pavimento vi è una piattaforma rotante in cui è alloggiato il mortaio, con una culla, telaio, molla a lamina per l'ammortizzazione del rinculo, congegno per correggere lo sbandamento (inclinazione laterale e direzionale). Vi sono anche un bipiede e una piastra che consentono se necessario di smontare il mortaio dal mezzo e spararlo da terra. Dal veicolo, invece, vi è modo grazie ad un tetto apribile con un grosso portello. L'equipaggio è di 6 uomini e questo mezzo, con mortaio da 120 mm, offre indubbiamente una notevole potenza di fuoco, anche perché è leggero, resta anfibio, e facilmente rifornibile dall'esterno grazie al portellone posteriore. I mezzi portamortai da 81 mm sono stati usati a loro tempo per dare supporto ai battaglioni corazzati e ai GED, ma poi sono stati ritirati dal servizio. Gli M106 privati dell'affusto sono stati invece riutilizzati per il trasporto truppe, cosa accaduta con alcuni mezzi privati dei loro mortai e riutilizzati diversamente.

L'M113 TOW ha invece un kit di modifica M233, dal peso di altrettanti kg. Scordatevi il sistema TUA degli M901 americani: qui si tratta del precedente sistema, apparso nei primi anni '70, per un tubo di lancio brandeggiabile del missile, fissato davanti al portello equipaggio che esiste superiormente al comparto di combattimento, da cui è possibile azionare manualmente (e senza alcuna protezione) il lanciamissili, come anche rifornirlo). Vi sono 10 missili di ricarica e l'equipaggio è di 5 uomini: comandante, puntatore, guidatore, aiuto puntatore etc. Forse l'unica cosa positiva di questa trasformazione è che resta la mitragliatrice da 12,7 mm per la difesa ravvicinata, cosa spesso omessa in altri veicoli controcarri (tra cui l'M901). L'affusto era elevabile, in quanto in fase di trasporto la colonna del lanciatore era a scomparsa. Un altro M113 cacciacarri è stato prodotto in piccolo numero, con un cannone da 106 mm M40 con uno speciale affusto nazionale. Altri mezzi sono entrati in servizio in tipi derivati come il carro comando disarmato M577 (200 esemplari) con soffitto rialzato nella parete posteriore, quello di controllo esercitazioni, l'M548 che è un veicolo logistico con la stessa meccanica ma vano di trasporto aperto, usato come trattore d'artiglieria e veicolo da rifornimento, l'M688 e M572, i più potenti di tutti in quanto adibiti al trasporto e al lancio dei missili nucleari Lance.

Dai primi anni '70 è entrata in produzione la versione 'diesel' dell'M113 con il GM 6V53 da 210 hp e cambio automatico TX100-1 della Allison. Tra i miglioramenti, oltre a un minor rischio d'incendio, un'autonomia portata da 320 a 360 km e raggio minimo di sterzata ridotto da 7 a 3,9 m. Questo mezzo è stato chiamato M113A1. La sua ulteriore evoluzione è stata poi il VCC. Qui bisogna aprire una finestra sui limiti del mezzo base, che ha molti pregi, ma non è assolutamente a prova di critica.

Tra i limiti e difetti: l'M113 ha un armamento scarsamente efficace contro i mezzi corazzati leggeri, e privo di protezione per il mitragliere; i fanti trasportati, piuttosto stretti dato il numero e il volume in cui sono stipati, non hanno modo di vedere e sparare da dentro il mezzo; la corazzatura dello stesso è ridotta, vulnerabile anche a colpi di piccolo calibro se di tipo perforante. La capacità anfibia è limitata all'attraversamento di soli corsi d'acqua calmi, con poca corrente. Lo scafo d'alluminio, in caso d'incendio,non è recuperabile: differtemente da altri mezzi corazzati in acciaio, le fiamme pratiamente distruggono l'M113 anche nella sua struttura base. La FMC ha pensato così a mezzi migliorati. Uno era già usato in Vietnam, l'M113 ACAV, con M2 HB scudata, 2 mitragliatrici pure scudate laterali da 7,62 mm e altri miglioramenti.

Nel 1974 l'E.I. adottò il VCC-1, noto anche come Versione Nazionale. La scelta era stata fatta contro ben 2 tipi di APC svizzeri della Mowag, come del resto contro il Marder tedesco, stretto parente dei primi. Ma l'adozione era stata fatta per motivi d'economicità, non certo d'efficacia. Oltre il 90% delle componenti erano simili, come meccanica, a quelle dell'M113A1. Quello che è stato possibile fare è stato principalmente: dotare il nuovo mezzo di corazze aggiuntive, e miglioramenti di dettaglio alle sistemazioni interne. Mentre però il cugino americano, il 'Product Improved' della FMC aveva corazzatura spaziata su fianchi e frontale, capace di compensare l'aumento di peso a ben 13 t, il VCC-1 (Veicolo da combattimento fanteria) pur pesandone solo 11,6 ha ricevuto quasi 1 t di corazze aggiuntive sotto forma solo di una piastra da 6 mm. Pignato dice che questo ha raddoppiato la resistenza (difficile a credersi), Cappellano dice che invece la distanza di penetrazione da parte delle mitragliatrici M2 HB è calata da ben 600 m ad appena 200, riducendo grandemente il raggio di tiro utile rispetto delle armi di grosso calibro nemiche. Le mitragliatrici sovietiche paricalibro, pur con un bossolo più grosso da 108 anziché 99 mm, hanno un'energia cinetica leggermente inferiore, mentre le KPV perforano a 1 km la stessa corazza (c.a . 20 mm) perforata a 500 m da una M2 HB, il che significa che grossomodo la penetrazione dell'M113 era possibile ad olte 1 km, mentre contro il VCC scende a circa 500-700 m. Originariamente il VCC-1 avrebbe dovuto essere dotato, come comparve in almeno un prototipo, con una torretta telecomandata con la solita mitragliera Rh-202 da 20 mm, ma anche questa era una soluzione 'troppo onerosa', così tutto quello che hanno avuto i VCC-1 è stata la solita M2HB con una postazione protetta da piastre d'acciaio spesse circa 1 cm, dalla foggia aggressiva ma rudimentale, caratterizzate oltretutto da una incernieratura che ne consente l'abbassamento, sia le due laterali che quella posteriore del mitragliere/secondo pilota/motorista. La parte anteriore è soprattutto 'coperta' dalla stessa M2, una protezione piuttosto opinabile. Un'altra arma, da 7,62 mm, è sistemabile nella parte posteriore dello scafo, sopra la botola superiore. Il VCC-1 si riconosce bene anche dal fatto che ha le fiancate laterali, inclinate nel quarto superiore-posteriore, come anche nella parte posteriore-superiore. Questo aumenta la capacità di resistenza balistica. I fanti hanno finalmente la capacità di vedere e sparare da dentro il mezzo con 2 episcopi per lato, uno posteriore, una feritoia di tiro sotto ciascuno. Dal secondo lotto di pruduzione è arrivato anche un sistema di 8 lanciagranate da 76 mm fumogeni, 4 per lato della torretta/postazione. Paradossalmente, pur pesando molto meno, il VCC-1 ha un problema di protezione che l'AIFV non ha: infatti quest'ultimo ha una corazza spaziata, che permette una migliore resistenza ai proiettili e anche alle cariche cave minori. Il VCC-1 è invece dotato solo di corazze giustapposte, senza alcuno spazio nel mezzo, e per questo ha perso la sua capacità anfibia. Teoricamente è indicato ancora come mezzo 'anfibio', o almeno fino a qualche anno fa era così indicato. Ma di fatto non lo è: per effettuare un guado dovrebbe come minimo essere privo della squadra trasportata, così lo stabilizzatore ripiegato sul suo muso ha più che altro una funzione di 'facciata'. A proposito di stabilizzatori, ve ne sono due tipi, i più recenti sono più grandi. Oltre a perdere la capacità anfibia, ovviamente questa corazza non spaziata non offre nessuna vera protezione contro le cariche cave, anche di piccolo calibro, mentre l'inclinazione delle pareti ha prodotto una riduzione del personale trasportato ad appena 9 uomini, 7 dei quali della squadra di fanteria, che adesso non ha più gli schienali dei sedili rivolti verso le pareti del mezzo, ma schiena contro schiena al centro del comparto, in maniera tale da usare al meglio le feritoie di tiro (lo stesso passaggio è accaduto tra il BTR-60 e il BTR-70). I sedili sono, al centro del comparto, solo 4, uno per feritoia: gli altri uomini d'equipaggio sono alle mitragliatrici, alla guida etc. Vi sono due ventilatori elettrici che adesso servono per rendere possibile la nuova tecnica di sparare da dentro il veicolo, evacuando i velenosi fumi di sparo. Un'altra cosa facilmente riconoscibile riguarda i serbatoi di carburante. Questo era originariamente sotto il vano di carico, una sistemazione potenzialmente pericolosa. Per eliminare tale pericolo e per guadagnare spazio interno, il carburante è stato portato dall'unico serbatoio originale in due serbatoi blindati, sdoppiati, ciascuno sistemato ai lati del portellone di carico e scarico, in due grosse strutture dall'aspetto tronco-piramidale (la loro parte superiore è inclinata su due lati, per raccordarsi con il resto della struttura del mezzo). Contro le mine è una soluzione indubbiamente superiore, e inoltre consente di aumentare il carburante e l'autonomia. Ma come i BMP hanno dimostrato, il carburante sistemato dietro il veicolo, proprio ai lati del portellone di carico, non è in ogni caso una soluzione potenzialmente 'pericolosa' quando l'avversario non sono le mine ma schegge e raffiche di armi pesanti.

Una delle cose più strane a proposito dei VCC-1 è che oltretutto, pur non essendo più anfibi e in generale meno mobili degli M113A1, sono stati assegnati anche al Battaglione S.Marco, che pure è incaricato di sbarchi anfibi, cosa che quindi è quantomeno discutibile dato il loro compito. Del resto, anche i Marines americani non furono beneficiari dei carri M103, tutt'altro che adatti per gli sbarchi anfibi con le loro 56 t?

Dopo gli scontri in Somalia, in particolare la battaglia al Check point 'Pasta' in cui uno venne messo momentaneamente fuori uso da un RPG-7 che non ebbe difficoltà a penetrarlo e ad uccidere e ferire molti degli occupanti, sono arrivati 100 kit di corazza EAAK che offrono una resistenza balistica, con le loro piastre a 'fisarmonica', maggiore contro i proiettili perforanti (pare fino a 14,5 mm, ma non è chiaro fino a che distanza) e alle cariche cave leggere.

I VCC-1 sono stati spesso visti in azione nei punti più 'caldi', e l'impressione è che fossero molti. In realtà pare che in tutto ne siano stati realizzati solo 560 esemplari. Questo pugno di mezzi, con una certa validità, sono del tutto inermi contro mezzi corazzati di un certo valore, per esempio un 'cugino' AIFV col pezzo da 25 mm, un Marder con il 20 mm, ma anche un BTR-60 con un'arma a 14,5 mm che probabilmente è capace di ottenere, meno protetto ma più armato, una distanza di penetrazione comparabile. Inoltre, differentemente dal mitragliere del VCC, quello del BTR ha una torretta protettiva completa, che offre certo una maggiore tranquillità in azione (in altri termini, indipendentemente dalla distanza a cui il VCC può essere messo KO di per sè, il suo mitragliere 'perderebbe la testa' anche a distanze ben maggiori se una pallottola lo colpisse, anziché schiacciarsi contro le strutture in acciaio).

Al VCC-1 sono seguiti peraltro i VCC-2: questi non sono altro che 1.230 mezzi M113 trasformati dalle prime versioni alle tecnologie del VCC-1, incluso il motore diesel. La trasformazione è stata numericamente importante, fatta dal Servizio Tecnico Motorizzazione, ma ha lasciato le pareti laterali, senza 'miglioramento balistico', e la protezione per il mitragliere è costituita da un unico elemento circolare da 10 mm di spessore. Stranamente, per tanti che sono, non si sono mai visti in gran numero 'in giro', e sono meno noti quindi dei VCC-1.

Le versioni degli M113 non sono solo queste. Ve ne sono alcune assai importanti. Una era la versione 'Istrice', non so se realmente adottata, che era apparsa negli anni '80, con un sofisticato sistema di tubi di lancio per la semina speditiva di migliaia di mine Valsela, con tanto di computer per programmare la 'figura' ottimale per la semina. Era potenzialmente micidiale, ma non se n'é sentito molto parlare dopo di allora. Un altro è il SIDAM, già descritto nella sezione artiglierie. Questo mezzo è stato preventivato in qualcosa come 350 mezzi, poi per forturna ridotti a 275. Sono tutti armati di una poderosa torretta quadrinata da 25 mm. Come il loro 'mentore' M163 Vulcan, insomma, si tratta della versione contraerea dell'M113, solo che mentre il mezzo americano è imparentato con il Vulcan Phalanx, ovvero con una torretta armata con un cannone da 20 a 6 canne rotanti, nel caso del SIDAM vi è la versione 'terrestre' della torretta 'Seaguard'. Difficile capire come mai si sia scelta tanto con convinzione la massima potenza di fuoco senza curarsi dei sensori di per sé. Anche l'M163 Vulcan aveva solo un radar telemetrico e non aveva quindi capacità ognitempo, mentre il SIDAM sostituisce il radar con un più preciso sistema laser. Ma se il SIDAM voleva essere l'interpretazione dello ZSU-23-4 ha fallito malamente. Negli anni '60 era normale per un mezzo antiaereo tattico avere solo capacità diurne, per cui l'M163 non faceva molto scalpore. Era eccezionale invece avere complete capacità d'intercettazione come nel caso dello 'Shilka' russo, con un radar di ricerca e attacco da 20 km di portata. Il SIDAM non ha affatto questo sistema radar: benché abbia computer digitale, telemetro laser e sensori ottici e IL, non ha una capacità ognitempo di attacco, e soprattutto di sorveglianza per cui il suo valore come copertura tattica campale è davvero opinabile, a parte poi la gittata utile di circa 2,5 km. Sarebbe stato molto meglio piuttosto ottenere un miglior equilibrio: per esempio, le lo 'Shilka' poteva avere le sue 4 mitragliere da 23 mm con ben 2000 colpi di pronto impiego, e il radar, mentre il SIDAM non ha questa possibilità, allora sarebbe stato meglio prendere atto che il sistema su scafo M113 era troppo limitato. Invece si è voluto metter in campo questo sistema con 4 cannoni che hanno solo 640 colpi di pronto impiego, e soprattutto la torretta non ha nessun radar di ricerca e attacco. Per fare un esempio, una torretta tipica francese, come quella del minuscolo blindato Panhard M3 VDA, ma anche sistemi simili su scafo AML, ERC, VCR etc. hanno una sola coppia di cannoni da 20 mm, un radar di ricerca e attacco e dispositivi ottici di puntamento. Risultato: questo mezzo da appena 7,2 t ha un radar della Serge Dassault Electronique che ruota a ben 40 giri al minuto, insegue fino a 4 bersagli entro 10-15 km almeno, il cannoniere orienta i suoi due cannoni da 20 mm a 60 gradi al secondo e 85 gradi/s di alzo, e spara entro i 2 km con 300 colpi di pronto impiego per ciascuna arma, tirando 2000 c.minuto complessivi. Puntare tutto sul volume di fuoco omettendo invece un radar di ricerca non è stata una scelta felice. La produzione era pensata per ben 350 mezzi, poi ridotta di un quinto. Il carburante è sistemato dietro, come nel VCC-1, allo scafo. Altri 140 mezzi sono veicoli di supporto del SIDAM, ovvero rifornitori di munizioni, uno ogni due SIDAM, e che sono anche piattaforme di lancio per i lanciamissili spalleggiabili Stinger. Mentre gli M113 SIDAM sono stati trasformati, dalla configurazione originaria, in mezzi a gasolio, i portamunizioni sono rimasti, molto opinabilmente, a benzina. Hanno una capacità di carico di 2,3 t di munizioni da 25 mm, suddivisi in pallets, ed equipaggio di 3 uomini, che sono separati dal carico da una paratia scorrevol,e mentre la cupola del capocarro è stata eliminata. Il portello di carico superiore, piuttosto piccolo, è stato spostato a sinistra anziché verso destra, e serve per tirare con gli Stinger. Esiste la predisposizione per una gru da 600 kg di portata.

Altre versioni ancora: carro pioniere Astra, con lama apripista, per il Genio; M113 con lanciatori di granate nebbiogene da 76 mm su piattaforma rotante, per creare cortine fumogene; M113 centro radar per il tiro contromortai; prototipi con mitragliere in torretta da 20 e 25 mm; lanciarazzi con il sistema navale Breda SCLAR da 105 mm a 20 canne; corazzatura OTO Melara per i VCC impegnati in Bosnia, di tipo leggero, traforato, per far detonare le cariche HEAT (trasformazione del 1995).

Questo tanto per dare un'idea. Poi non mancano le esportazioni, e qui non è chiaro se il totale, sopra citato per i mezzi prodotti (M113 a benzina e VCC-1) includa o meno i mezzi per l'export. In ogni caso, questi sono stati ordinati da Tunisia, Turchia, Danimarca e Libia, tutti del tipo con motore diesel (M113A1). La versione VCC-1 ha anche avuto un estimatore estero: l'Arabia Saudita, che ha ordinato ben 200 mezzi con sistema d'arma americano M901 ovvero la torretta TUA (Tow Under Armour) che consente di tirare due missili stando con il mezzo defilato dietro ripari tattici e senza esporre personale. La Libia è nota per almeno un'ordinativo per gli M113, anche in questo caso caratterizzati da una notevole potenza di fuoco: quelli con mortaio da 120 mm, che sono stati ordinati in non meno di 150 esemplari. Tanto fu rapida la loro consegna, che in Parlamento vi fu una mozione per chiedere se era vero che la fornitura di questi mezzi ebbe la precedenza sulle consegne per l'Esercito Italiano.

Quanto agli M113, ogni specialità dell'E.I. ha avuto la sua storia con questo cingolato: fanteria meccanizzata, granatieri, bersaglieri, lagunari: in tutti i casi c'erano compagnie fucilieri con 17 VCC e compagnie armi di sostegno con ben 8 M113 portamortaio, 12 lanciamissili TOW, 4 M113 comando. Come reggimento v'erano anche M113 ambulanza e M577 posto-comando. I reggimenti paracadutisti ad un certo punto avevano ciascuno una compagnia su VCC-1, come quelli del 183° 'Nembo' combatterono il 2 luglio 1993 al Check Point 'Pasta' a Mogadiscio. I reggimenti carri, infine, avevano l'M113 come ambulanza e posto comando, l'artiglieria aveva M113 come 'Osservatori artiglieria', con tanto di scale per l'osservatore, e infine non mancavano gli M548 cingolati, con un totale di 210 mezzi per il trasporto munizioni da 155 e 203 mm. Altri impieghi sono quelli per il missile Lance, quelli per le squadre genio-guastatori, quelle per i ponti radio e così via. Erano previsti anche centri radar come il RASCAL, per aiutare le batterie SIDAM, e che era basato (come altri tipi di radar di scoperta aerea, quale lo SHORAR) su chassis M113 con radar su mast telescopico.

Non c'è modo per il VCC-80 di rimpiazzare l'M113, che ancora negli anni '90 era tanto diffuso che dopo il trattato CFE, che fissava per l'Italia un totale di 3189 mezzi corazzati della categoria, doveva disfarsi di centinaia di mezzi in surplus.

Nel 1994 erano presenti ancora quasi 5.000 mezzi. Quelli che sarebbero stati aggiornati o mantenuti in servizio erano i seguenti: i circa 500-600 VCC-1, 1.200 VCC-2, 200 portamortaio M106 da 120 mm, 200 M113 TOW, oltre 200 M548, 200 M-577, 275 SIDAM, 140 M113 portamunizioni, in totale quasi 3.000 mezzi (di cui oltre 200 non del tipo corazzato), mentre gli altri erano da rottamare e usare come parti di ricambio)[4].

Il Dardo[5][modifica]

Dagli anni '70 l'E.I. cercò un nuovo mezzo da combattimento per la fanteria. Provò un veicolo tedesco, l'allora imbattibile Marder, ma ovviamente costava troppo e non venne comprato. Ben più ragionevole sarebbe stato il MOWAG Tornado, che pesava 22 t anziché 27 ed era un parente molto stretto del primo, ma non venne adottato nemmeno questo nonostante fosse a sua volta valutato. Piuttosto si preferì il VCC-1 che, privato di armi moderne, era davvero il minimo indispensabile per le esigenze future, e soprattutto vennero aggiornati 1.200 blindati M113 allo standard VCC-2. Come contrappasso dantesco, però, si pensò a un blindato molto più moderno, addirittura più moderno degli altri tipi in servizio nel mondo o in sviluppo. Sempre per contrappasso dantesco, il programma sarebbe stato poi flagellato da problemi e ritardi che hanno fatto sì che questo mezzo, apparso come mock up nel 1984, come prototipo a Perdasdefogu nel 1986 e soprattutto al memorabile Monteromano del 1987 (i famosi '4 moschettieri' vennero annunciati per il futuro Esercito: Ariete, Puma, Centauro, Dardo). Il progetto si è poi trascinato per anni in mancanza di fondi, senza priorità rispetto all'Ariete, ma anche rispetto alla Centauro. Infine un primo ordine per 200 dei veicoli da ben 1.100 mld venne piazzato ma ancora nel 1997, la produzione non era ancora partita.

Il Dardo era originariamente pensato per ospitare, nella torretta, un periscopio panoramico derivato dalla semplificazione del TURMS dei carri armati, un particolare unico per i blindati da fanteria; unico perché costava troppo, e infatti nella produzione in serie è stato omesso, e sempre per contrappasso dantesco, il mezzo è stato dotato poi di un sistema di controllo del tiro che è privo di una sufficiente sofisticazione per la visione del capocarro. Piuttosto che questo sistema pensato inizialmente, nelle rielaborazioni per la 'economizzazione' del veicolo è stato previsto un paio di lanciamissili corazzati per i BGM-71 TOW, il che dà l'idea di quanto il sistema originario fosse costoso.

In ogni caso ecco le caratteristiche base del mezzo, che risente dell'esperienza con i precedenti M113 e VCC e non potrebbe essere ben capito senza menzionare anche il C-13 (dal peso delle tonnellate; si trattava di un mezzo 'tutto inclinato' basato sulla meccanica dell'M113A1 ma con una nuova scocca del tutto riprogettata per migliorarla in termini balistici: proposto per l'export, non ha avuto successo, e nell'insieme era simile a molti altri mezzi come i blindati cinesi 531).

La struttura è in alluminio saldato, con acciaio balistico aggiuntivo che sulla parte anteriore della torretta arriva a ben 35 mm, ma sullo scafo non supera i 6 mm. La struttura è ben inclinata per una migliore resistenza al fuoco nemico. Esiste una grembiulatura sui cingoli, fatta da pannelli d'acciaio che riducono anche la polvere e gli schizzi d'acqua e fango. Il pilota ha 3 iposcopi d'osservazione, di cui il centrale sostituibile con un tipo IL notturno, ed è a sinistra del motore. Il capocarro è a sinistra del cannone principale e il cannoniere a destra, il primo è anche il capo della squadra di fanteria di altri 7 uomini. La cosa ovviamente lascia il mezzo senza leader quando la squadra sbarca totalmente, ma è piuttosto normale per un mezzo della fanteria. Questa ha un vano alto 1,2 m, piuttosto grande ma non eccessivo, ha due sedili per lato, due al centro e come confort, un sistema di condizionamento dell'aria da -19 a +44 gradi, non sufficiente per impieghi in climi estremi ma abbastanza per quello italiano. Esistono sedili piuttosto che panche, e una cosa che fa la differenza rispetto ad altri mezzi corazzati, ovvero un evacuatore di scorie al centro del comparto carico, vicino ai due sedili centrali. Esso è pressurizzato per non compromettere la protezione NBC del mezzo, ma finalmente si è pensato ad un sistema WC per gli occupanti di un mezzo per la fanteria, che oltretutto deve combattere a lungo a portelli chiusi visto che è stato pensato per la 'Guerra fredda' e quindi per la possibilità di operare in condizioni di contaminazione ambientale. Esiste un sistema di filtri NBC con presa d'aria davanti al posto del pilota, che permette per 8 ore consecutive di operare senza cambiare i filtri. Il posto di pilotaggio è accessibile con una porta a sinistra del cestello della torretta. Altra protezione, oltre alla corazza e ai sistemi di filtraggio aria, è data dai lanciafumogeni Galix da 80 mm di cui 4 sono su ciascun lato della torretta, azionabili a seconda delle necessità con un pannello elettrico.

Il sistema meccanico include un motore Fiat 8260 a 6 cilindri ad iniezione diretta, diesel, raffreddato ad acqua, turbocompresso, che è uguale a quello della Centauro. Accessibile tramite due portelli sulla piastra anteriore dello scafo, ha una potenza di 520 hp che garantisce il rapporto potenza-peso di 22 hp/t, buono ma non eccezionale. La motorizzazione comprende anche la meccanica, con un cambio ZF LSG-1500 con 4 marce avanti e 2 indietro, impianto frenante ad ingranaggi epicicloidali, i due serbatoi di gasolio sono nella parte posteriore del mezzo, un po' come nei VCC-1 ma più armonizzati rispetto al disegno complessivo. I cingoli sono simili a quelli dell'M109L con un dente centrale e due pattini di gomma sostituibili, le sospensioni sono date da 6 ruote per lato di cui 4 con ammortizzatori idraulici con molloni di fine corsa, e tutte con barre di torsione. Esistono anche 4 ruote di rinvio. Il mezzo non è anfibio, ma guada fino a 1,5 m d'acqua. E' capace di accelerre a 40 kmh in 15 secondi e le sospensioni hanno un'escursione di 40 cm nei rulli portanti.

Come armamento si vedono le cose più avanzate: esiste un cannone KBA-BO2 da 25/80 mm, capace di perforare con munizioni APDS da ben 1.360 m.sec, 25 mm/60°/2 km (munizioni in tungsteno, non DU), e anche, da almeno 1 km, la torretta laterale di un Leopard 1 (circa 60 mm). È quindi un 'cliente' pericoloso (a maggior ragione per lo scafo, spesso solo 35 mm dello stesso Leopard), ha doppia alimentazione (HE e APDS), avviso per gli ultimi colpi disponibili, capacità di selezionare il fuoco a colpi singoli, raffiche di 1-2 colpi, tiro a 180 c.min e anche tiro antiaereo o comunque rapidissimo a 560 c.min (la stessa mitragliera è sul SIDAM), alzo -10/+60 gradi. Vi sono 400 colpi disponibili, altri 1.200 di cui 700 pronti al tiro sono per la mitragliatrice MG 42/59 da 7,62 mm coassiale, poi vi sono 2 lanciamissili TOW con alzo da -7,5 a +30 gradi, sistemati ai fianchi del mezzo, elevabili su braccia speciali, corazzati leggermente nonché facilmente smontabili per il trasporto su ferrovia o aereo. Se uno viene danneggiato, l'altro è ancora elevabile normalmente.

La centrale di tiro Hitfist ha un calcolatore digitale, un telemetro laser, un periscopio diurno con ottica Kollsmann da ben 12 ingrandimenti per il cannoniere, una camera ad immagine termica (il tutto protetto da raggi laser con appositi filtri), mentre il capocarro ha 6 iposcopi fissi, con un sistema di 'richiamo rapido' della torretta ovvero pulsanti che premuti la 'convocano' brandeggiandola verso il quadrante indicato. Il capocarro ha anche il visore per ottenere l'immagine termica del periscopio del cannoniere. Inoltre il cannone e la relativa mitragliatrice coassiali sono interamente stabilizzati per poter sparare in movimento. Versioni previste almeno per l'export (che non c'è stato) erano un mezzo molto interessante con cannone italo-israeliano da 60/70 mm, capace di sparare a 30 c. min una riserva di 32 proiettili, che potevano essere sia HE con spoletta di prossimità (praticamente un 'mini-OTOMATIC'..), che APDSFS capaci di perforare un Leopard 1 frontalmente (70-86 mm/60 gradi). Un altro mezzo proposto era tra l'altro uno dotato di un sistema ESM, un apparato ad immagine termica panoramico, lanciamissili Stinger o simili ai lati della torretta, il tutto per farne un sistema contraerei, come una versione speciale costruita dell'M2 Bradley. Quanto ai missili, i TOW sono gestiti da un sistema computerizzato digitale che ha dimostrato 5 centri su 6 lanci in condizioni notturne. La portata del sistema termico è di 2,5 km ma quella di riconoscimento corretto è di 1,5 km circa.

Tutto bene dunque? Non proprio, infatti il Dardo è sì un buon mezzo, ma non è eccezionale. I mezzi costruiti dovrebbero essere, secondo le esisgenze, 400 di cui 200 autorizzati in una prima serie che era valutata, nonostante tutte le economie fatte, ben 1.100 mld. Questo nonostante che la metà dei mezzi abbia rinunciato ai lanciamissili TOW. Soprattutto, pesano ben 10 anni di attesa nei quali i mezzi cingolati, nel 'dopo guerra fredda', sono andati un po' démodé.

Ha una buona potenza di fuoco a cui si aggiunge la capacità di far combattere la fanteria dall'interno grazie a 5 feritoie di tiro a tenuta stagna, con supporto sferico, e altrettanti visori (uno sul portellone posteriore, alzabile meccanicamente, ma dotato come sull'M113 anche di una porta d'emergenza), mentre un altro portello è sul tetto, specie per ricaricare i lanciamissili TOW (nei prototipi era presente un portellone a due ante, ma in quelli di serie dovrebbe essercene solo uno). Anche la mobilità è buona, ma come per la potenza di fuoco, non è nulla di eccezionale.

La protezione è limitata a quella contro le mitragliatrici pesanti, non essendovi nemmeno i pannelli tipo quelli della Micrex che proteggono le Centauro più recenti. Non esistono corazze composite, ERA, spaziate (a parte la grembiulatura), e questo rende il mezzo più vulnerabile anche a semplici testate HEAT. La capacità di combattere internamente per la fanteria è pregevole, ma i mezzi svedesi, francesi e britannici non l'hanno mai adottata e tedeschi e americani l'hanno abolita con le corazze aggiuntive poste sui fianchi dei mezzi. Inoltre i blindovetri montati dentro la fiancata sono dei punti deboli della struttura, che si aggiungono alle feritorie di tiro. L'armamento è buono ma non eccezionale e nell'insieme il Dardo, che tra l'altro non è nemmeno anfibio né aviotrasportabile su C-130 (o se lo è, solo con molti problemi) è ancora un mezzo leggero e piccolo: se è vero che è 30 cm più basso e 20 più stretto dell'M2 Bradley, è anche vero che pesa pure 6 t in meno, in buona parte significanti meno protezione. La presenza di un telemetro laser e di un calcolatore balistico aiuta molto l'uso corretto delle munizioni, ma a corta distanza la telemetria delle distanze precise non è così importante essendo sufficiente fino a circa 1 km l'alzo di combattimento. Se il Bradley potrebbe essere equipaggiato facilmente con un telemetro laser, non è del tutto vero per il Dardo raddoppiare il quantitativo di munizioni, appena sufficienti: 1200 colpi da 7,62 mm, 400 da 25 mm, 4 missili TOW di cui due di ricarica. Il Bradley ha 900 colpi da 25 mm, il BMP-2 ha 500 colpi da 30 mm. Rispetto a quest'ultimo per certi versi il Dardo rappresenta un po' l'evoluzione dell'IFV medio-leggero, con caratteristiche non tanto dissimili, anche se è più comodo e più avanzato tecnologicamente, ma non tanto dissimile come sagoma e concetto sostanziale, certo molto più vicino di quanto non lo sia a un colosso come il Bradley.

Come sistemi di visione, il capocarro non ha altro che gli iposcopi e il monitor per l'immagine IR del cannoniere, dal campo visivo di appena 5 gradi, il che costringe a ruotare di continuo la torretta esponendone magari i lati, meno protetti, ad eventuali nemici, oppure ad usare solo gli iposcopi (nonostante l'ingegnoso sistema dei pulsanti di richiamo, non è che siano una grandissima risorsa). Interessante che l'ultimo modello di Hitfist, la torretta del tipo TC-25 abbia anche un sistema per allarmi vocali via interfonica. ma nondimeno, non c'è nemmeno un mirino secondario se le ottiche venissero messe KO. Il Warrior inglese, il Tipo 89 giapponese (a cui il Dardo pure somiglia molto) hanno invece due periscopi uguali per capocarro e cannoniere, l'M2 ha un mirino secondario etc. La caratteristica di far combattere la fanteria dall'interno è condivisa oramai solo dal Type 89 giapponese, anche se è ancora apprezzabile, almeno fino a quando la minaccia non sia tale da richiedere una protezione ben maggiore.

VBM, VM-90 etc[modifica]

Dato che i tempi sono cambiati, e di molto, dopo la fine della Guerra fredda, rendendo più importanti i mezzi ruotati, che tra le altre cose dalla loro hanno sia una maggiore velocità che costi di manutenzione e consumi grandemente minori. Il futuro della fanteria è stato così spostato sui mezzi ruotati. Il primo esempio è stato il VM-90P ovvero protetto. Ottimisticamente proposto col nome di 'Veltro', è VM-90 con uno scafo blindato. In Somalia del resto era particolarmente chiaro che i veicoli 4x4 leggeri, senza blindature, non avevano molta utilità in ambienti di combattimento urbano, dove è facile subire attacchi a distanza ravvicinata, anche da edifici alti (e persino furti, come successe nella famigerata 'Battaglia del pastificio'). Per ovviare a questi rischi sono stati applicati dei pannelli di corazze composite alle fiancate proteggendo il vano di carico e quello di pilotaggio, anche se si trattava di un intervento davvero modesto e di fortuna. Per un risultato migliore è stato realizzato un veicolo con carrozzeria del tutto blindata, poco affettuosamente ribattezzato, per la sua forma, come 'Scarrafone', certo poco in accordo con il nome proposto dalla ditta Boneschi che lo realizzò. 100 esemplari sono stati ordinati mentre il primo venne mandato a Mogadiscio e lì è rimasto, come auto personale dell'ambasciatore Mario Scajola, protetto dalla scorta di 16 militari del Tuscania con i VM-90 meno efficacemente protetti dai pannelli anti-pallottola. Certo un notevole controsenso che militari in zona di guerra fossero meno protetti che quelli delle scorte ai politici in Patria. Quanto al veicolo, corazzato dalla Boneschi di Milano, è un mezzo con il normale motore SOFIM del VM-90 standard, da 103 hp e 2.500 cc, pesa max 4.450 kg, 100 kmh di velocità. Ha pilota, copilota e 4 uomini dietro, nel compatro truppa, con due sportelli anteriori+posteriore e 6 postazioni di tiro con altrettante finestrelle blindate. La corazzatura non si può certo definire poderosa, ma d'altro canto è quanto possibile per restare con un veicolo ancora manovrabile e veloce nei limiti della potenza. Le dimensioni sono di 2,8 m di larghezza, 4,66 di lunghezza, 2,13 di altezza e una postazione sul tetto per mitragliatrice leggera. La corazzatura, in termini di spessori, è di appena 5,5 mm sui lati, resistente nondimeno alle pallottole da 7,62 mm. È difficile prendere alla lettera quest'affermazione, visto che la modesta inclinazione delle piastre laterali, con la 'piega' a metà altezza', non è certo tale da far rimbalzare via i proiettili con facilità e i colpi di armi da guerra calibro 0.30 non sono da prendere alla leggera. Probabilmente si riferisce a colpi non perforanti e-o non sparati da distanze ravvicinatissime, dato lo spessore di poco superiore a mezzo centimetro. Il tetto ha uno spessore di 3 mm, resistente al tiro delle 7,62 mm ma solo con angolo di 60 gradi, mentre il pavimento ha uno spessore di 2 mm, che ottimisticamente dovrebbe avere una certa resistenza alle mine. A dire il vero, difficilmente resisterebbe anche alle schegge delle bombe a mano, visto che 2 mm sono uno spessore appena superiore a quello di una vettura normale. Del resto altri mezzi leggeri sono tutt'altro che pesantemente corazzati, come il BRDM-2 che ha 7 mm di corazze laterali, fino a 14 frontali, appena 2-3 mm sotto il pavimento e forse 5 mm sul tetto. Il VM-90 Protetto è il meno corazzato tra i veicoli 'da guerra', ma è stato comunque il meglio che si è riusciti a improvvisare, con tanto di vetri corazzati Isoclima Ominarmor (Padova), del tipo No-spall, ovvero senza rischi di frammentazione e schegge interne anche se colpite da colpi da 7,62 mm. In ogni caso, un mezzo anche se leggermente blindato, è sempre un veicolo da trattare con la dovuta attenzione e prudenza da parte di malintenzionati, niente a che fare con i veicoli scoperti di tipo scoperto, mentre l'abbondanza di vetrature e feritoie per 4, anche 8 fanti, consente di vedere e reagire a giro d'orizzonte con rapidità. Il VM-90P, piccola parte dei 7.000 complessivamente ordinati a tutto il 1994 dall'E.I (o quantomeno pianificati) del popolare VM-90, è stato usato soprattutto dai reparti di cavalleria in attesa dei futuri Puma e Centauro VBM, ben superiori ma di difficile reperibilità dati i costi non compatibili con le risorse dell'Esercito.

Dopo un centinaio di questi mezzi, impiegati ampiamente per le missioni di peacekeeping, nati dopo le esperienze in Somalia, si è pensato alla versione IFV dello scafo Centauro. Alla fine, anziché 400-520 VCC-80 i programmi sono stati 'girati' soprattutto alla Centauro VBM, che pare sarà consegnata in 480 mezzi per rimpiazzare i VCC-2. Questo mezzo ha una torretta grossomodo del tipo impiegato dal VCC-80 Dardo, con cannone da 25 mm e sistemi di controllo del tiro e visione elettronici. Lo scafo finalmente è stato usato per il trasporto truppe, dopo che questa capacità è stata introdotta, a livello embrionale, con la Centauro originale e poi migliorata con le ultime 150 blindo. La VBC ha uno scafo con ampie vetrature antiproiettile (anche troppo ampie, dato che sono punti deboli della struttura e anche per questo, omesse dalle versioni più recenti degli IFV americani e tedeschi), con due postazioni di tiro per ogni lato. Soprattutto però, si tratta di una blindo con una corazzatura fin dall'inizio pensata in maniera moderna, niente a che vedere con quella orinale della Centauro e del Dardo. Questo perché è stata adottata una struttura ad 'intercapedine', con una serie di piastre d'acciaio che coprono i fianchi dei mezzi con distanze di 20-30 cm (da qui l'infossamento delle feritoie di tiro, al solito per i mezzi italiani, abbinate a finestre sui lati e non episcopi alla sommità dello scafo) che permettono una certa resistenza alle cariche cave (limitata, specialmente se si tratta di cariche moderne con una molto superiore efficienza in termini di formazione del getto, e quindi una maggiore stabilità anche nella propagazione in zone vuote). La protezione è efficace anche nel destabilizzare le munizioni perforanti (che colpiscono il primo strato e poi tendono a 'capitombolare'), rendendo possibile la resistenza a munizioni da 14,5 mm a 100 m di distanza, nonché alle granate HESH (che sono quasi totalmente neutralizzate dalle corazze spaziate).

Il Centauro VBM (prima noto come VBC), con il nome proprio di 'Freccia', è stato ordinato in 4 versioni differenti, almeno fino ad oggi: un totale di 172 APC con torretta da 25 mm,36 controcarro con i nuovissimi missili 'Spike LR' israeliani, 20 posto comando e 21 portamortai da 120 mm. Nuove versioni sono allo studio: mezzo recupero, ambulanza, combattimento del Genio, pioniere e gittaponte. Ma al momento solo 54 mezzi sono stati ordinati, e solo parzialmente finanziati: 50 APC, 2 posto comando, 2 controcarri. Ma perché di un mezzo apparso alla metà degli anni '90 (ufficialmente presentato nel 1996, ma in realtà apparso anche prima, quantomeno nel 1995), è ancora in acquisizione in pochissimi esemplari? Perché il costo è altissimo. Il programma per i soli 249 mezzi base, da completarsi in 9 anni ovvero entro il 2014, comporta un costo di 1,5 miliardi di euro. Questo significa che ogni singolo veicolo verrà a costare qualcosa come 6 mln, ovvero circa 12 mld del 'vecchio conio'. Già il costo delle Centauro originali, di circa 4 mld di lire al pezzo, era molto alto, pari a circa i 3/4 di un carro Ariete da 52 t. Con questo mezzo, pur se privo di armi pesanti come la torretta da 105 mm, si è arrivati ad un costo triplo, che resta molto più alto anche con la correzione relativa all'inflazione corrente. Questi costi non sono certo trascurabili nemmeno per un esercito oramai finanziato con uno dei più ricchi bilanci della Difesa del mondo, che peraltro sono assorbiti dal personale prosessionista. La versione con il cannone da 120 mm della Centauro, apparsa 5 anni fa, non è ancora stata adottata. Indubbiamente il suo costo unitario non sarebbe inferiore a quello del VBC/VBM, il che evidentemente non lascia molti margini.

Meno problemi vi sono stati per il PUMA, che comunque è stato costruito dopo lustri di ritardo rispetto agli altri programmi. Mentre il DARDO è stato prodotto entro il 2006 con il 200imo esemplare, il PUMA è stato prodotto in fretta, nonostante i ritardi: entro il 2007 sono stati completati i tipi 4x4 e 6x6 nel quantitativo necessario: 180 e ben 360 rispettivamente. Come per il Dardo, si sta studiando come migliorare la protezione balistica, specie per il 6 ruote. Il Programma RISTA-EW con la Puma come elemento dell'intelligence, non ha avuto per ora seguito dati i costi e le ambizioni che comporta, anche se l'idea non è stata abbandonata con sensori di qualcosa semplificati e sistema di comunicazioni SICCONA, a cui si stanno convertendo alcuni Ariete, Centauro e Dardo, nonché gli elicotteri. Se la Centauro ha avuto un successo molto limitato all'export nonostante tutta la pubblicità datale per i suoi meriti tecnici e per la partecipazione a missioni internazionali di peacekeeping, il VBL Lince ha avuto ben più successo specie per la sua protezione modulare e con un sistema di protezione dedicato antimina. È un classico 'gippone' militare ma con una massa enorme, di ben 6,7 t che raddoppia per esempio la massa del VBL francese apparso negli anni '80. Non stupisce il valore della protezione, visto che supera in peso anche le autoblindo come la AML e quasi pareggia la BRDM-2. Non c'è modo di ottenere capacità anfibie data la situazione dei pesi, ma per il resto il mezzo è valido e con un diesel common-rail arriva a 130 kmh e a 500 km di autonomia. La sua protezione antimine è valida e soprattutto non richiede uno scafo molto alto, come in genere viene fatto (vedi i mezzi di scuola sudafricana), il che aiuta a tenere basso il profilo e basso il baricentro, esponendolo meno e non riducendo l'agilità su terreno vario. L'E.I. ne prevede un totale di 1.200, di cui alcuni anche armati con missili Spike israeliani, oramai i designati sostituti, soldi permettendo dato il costo maggiore, dei vecchi TOW.

Note[modifica]

  1. Nativi, Andrea: Folgore: tra cannone SR e lanciarazzi cc RID 6/86 pag. 98-101
  2. Cappellano, Filippo: Dall'M113 al VCC-2, P&D Novembre 1996 pagg. 62-28
  3. Pignato, Nicola:Storia dei mezzi corazzati pagg.600-605
  4. Nativi, Andrea: I programmi dell'Esercito. Incontro con il gen. Vozza, RID Ottobre 1994, pagg. 20-32
  5. Cappellano, Filippo: Dardo: 10 anni di attesa, P&D Gennaio 1998 pagg. 52-57