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Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: esercito 1

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Indice del libro
Tutto cominciò così, con gli M13/40, i primi carri 'moderni' italiani

I reparti corazzati e meccanizzati italiani sono stati inizialmente modellati con materiali e tattiche americane. Solo in seguito è arrivata l'influenza europea, specialmente tedesca ma anche francese, e più tardi ancora è stata sviluppata una completa famiglia di mezzi corazzati e blindati di concezione e in larga misura (motori, sistemi di controllo del tiro, ecc.) nazionale.

La costituzione delle prime forze corazzate italiane del dopoguerra era basato su mezzi di varia provenienza. Non mancavano, per esempio, ancora i semoventi da 75 mm di produzione bellica, come anche vari mezzi corazzati ruotati o cingolati. Nel contempo stavano arrivando anche i primi mezzi Alleati, sia come forniture dirette sia come mezzi reperiti tra quelli fuori uso o abbandonati sul territorio nazionale, a causa della catastrofica guerra durata anni sull'intera penisola.

Inizialmente l'Italia, piegata dalla Seconda guerra mondiale, era stata autorizzata a disporre solo di 200 carri armati: inizialmente si trattò di M13, M40 (i semoventi), e persino i minuscoli L3. Ma poi le cose cambiarono. La prima unità corazzata è stata l'Ariete, nata come divisione nel 1939, rinata nel '48 come brigata corazzata. C'erano anche alcuni carri leggeri M5 Stuart, ed era grossomodo l'unica vera novità. Ma nel 1949 l'Italia entrò nella NATO: la furia di riarmarsi era data dal confronto sempre più teso con l'Est, dall'assedio di Berlino in particolare. L'invito all'Italia era stato dato dagli USA, e il trattato venne ratificato il 4 aprile 1949: era nata la NATO, North Atlantic Treaty Organization. Questo non rimase senza conseguenze: arrivarono cacciacarri M10, semoventi d'artiglieria M7, carri M4, ma sempre nel limite dei 200 corazzati da combattimento del trattato. Troppo pochi e questo significò cercare una soluzione. Questa fu trovata nel 1951 quando l'Italia chiese a tutti gli altri firmatari la revoca delle limitazioni militari. La Gran Bretagna era contraria ad alleggerire le sanzioni contro l'Italia, e certo nemmeno la Francia ebbe gioia nel ritrovarsi ancora una volta la 'cugina latina' elevata al rango delle maggiori potenze. Ma gli USA consideravano necessario riportare l'Italia in forze dopo che i cambiamenti politici avevano assicurato la 'svolta' definitiva rispetto al passato fascista, e poi (come già accadde o sarebbe di lì a poco successo con Germania e Giappone, peraltro in prima linea) era più sensato dare a una nazione la possibilità di difendersi autonomamente (dopo averla 'pacificata') che sobbarcarsi gli oneri della sua difesa. E alla fine le potenze vincitrici occidentali (GB, USA ,Francia) si ritrovarono d'accordo. L'URSS, la Polonia e la Cecoslovacchia protestarono, ma non ci fu nulla da fare; da allora l'Italia poté ignorare le limitazioni del Trattato. La fine delle sanzioni, nonostante fossero passati appena 6 anni dalla fine della guerra, non salvò le due poderose corazzate 'Littorio', che la marina tentò di salvare fino all'ultimo (trovandosi in particolare contro la Gran Bretagna, che non certo a torto ribadiva di avere vinto contro gli italiani una guerra incominciata da questi ultimi), ma per le unità terrestri era tutto molto più semplice: non occorrevano certo cantieri immensi e personale altamente specializzato per ricostituire unità corazzate terrestri, e specialmente se le forniture provenivano da altre nazioni. Così nel 1951 già si ebbe il primo risultato: la Brigata corazzata Ariete tornò al rango di Divisione Corazzata, completando gli organici l'anno dopo. Era organizzata in un grande reggimento carri, uno bersaglieri, un reggimento semoventi da 105 mm (M7). Ognuno di questi reggimenti aveva 3 battaglioni. La Brigata corazzata Centauro venne costituita nel '51, anch'essa in memoria di una divisione corazzata, ma dopo pochi mesi venne trasformata in divisione. Le divisioni corazzate italiane erano 3, come del resto le grandi unità da battaglia classe 'Littorio' (ma ve n'era una quarta in costruzione, mai completata, come del resto era stata riformata la divisione Centauro II, impegnata vicino a Roma contro i tedeschi dopo l'Armistizio).

M26

Le divisioni corazzate italiane, assieme a quella paracadutisti e a quelle alpine erano state le unità di punta del Regio Esercito nelle campagne della guerra. Fino a che queste ressero, la situazione non fu del tutto compromessa: crollate queste, i 3,7 milioni di uomini sotto le armi nel '43 rimasero quasi senza risorse e volontà e nel giro di settimane tutto l'ancor mastodontico strumento militare italiano crollò come un castello di carte, concludendo in maniera persino peggiore la guerra (a parte la lotta di continuazione, chiaramente) di come la incominciò (con le prove mediocri in Francia, Gran Bretagna, Albania, Grecia, Malta, e soprattutto Africa settentrionale dove in 3 mesi vennero distrutte 10 divisioni e catturati 130.000 uomini -tra cui 10 generali- contro le forze del Commonwealth che pure erano molto meno numerose, ma che con poche perdite riportarono una grande vittoria). In tutto, circa 800 carri armati arrivarono in Italia. C'erano i possenti M26 Pershing, ben armati e corazzati, ma dalla mobilità piuttosto limitata come l'affidabilità. Nelle fasi finali della II GM avevano combattuto limitatamente contro le forze corazzate tedesche. Un 'Super Pershing' con un cannone da 90 mm allungato rispetto alla canna standard di 50 calibri distrusse persino un Tiger II tedesco. Nella Guerra di Corea erano poi riusciti a imporsi ai T-34, che fino ad allora avevano travolto le difese poste ad arginarne l'avanzata, resistendo ai bazooka da 60 mm, ai cannoni controcarri leggeri, e soprattutto ai carri leggeri M24 'Chaffee', magnifici come mobilità ma deficitari come potenza di fuoco e soprattutto come protezione. I Pershing bloccarono e sconfissero i T-34 più o meno come sarebbero riusciti a fare i Tiger, ma pesando solo poco oltre le 40 tonnellate, grossomodo come un Panther (a cui per molti aspetti erano assimilabili). Ma la mobilità non era il loro forte e allora il grosso delle operazioni coreane fu appannaggio, dopo i principali scontri corazzati, degli M4 Sherman degli ultimi tipi. La notizia non era delle migliori per le truppe italiane, dato che anche l'Italia era una nazione stretta e montuosa.

L'M24

In ogni caso arrivarono in Italia una vera collezione di corazzati americani: carri leggeri M5 Stuart, andati per esempio in carico al Reggimento 'Lancieri di Montebello'; carri M4 Sherman; carri pesanti M26; ben presto giunsero anche i carri armati M47, che sarebbero stati secondi per importanza nella storia postbellica dell'EI solo ai Leopard 1; v'erano i cacciacarri M10 e poi gli M36 con un cannone da 90 mm e un aspetto non tanto diverso da quello di un carro pesante, anche se erano meno corazzati e più mobili. Sarebbero rimasti in servizio fino agli inizi degli anni '70, mentre M4 e M26 sparirono piuttosto in fretta, come anche gli M5. Infatti la seconda generazione di carri armati arrivò ben presto in Italia: gli M47 e gli M24 leggeri. Nel frattempo giunsero anche altri veicoli, i semicingolati M3, i semoventi M7 da 105 mm, i Sexton riarmati con il pezzo da 105 mm, le cingolette Vickers e altro ancora. Nonostante tutto questo, le unità corazzate italiane non erano pari alla forza di quelle delle altre nazioni principali NATO e del Patto di Varsavia. Oltre ad 'Ariete' e 'Centauro' venne costituita, ma solo nel 1953, una terza divisione corazzata. Questa non poteva certo essere, per comprensibili motivi, la 'Littorio' (il nome della terza unità corazzata del periodo bellico): allora la terza divisione corazzata fu la 'Pozzuolo del Friuli', altra unità fondamentale delle truppe corazzate italiane dal dopoguerra.

L'era del Patton: M47 nell'E.I.[1]

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L'M47 è un carro armato che è rimasto per decadi quale rappresentante principale, e poi comprimario, dei mezzi corazzati italiani. Si tratta di un mezzo evolutosi dalla serie 'Pershing', con una nuova meccanica e una maggiore mobilità. Il prototipo nacque come emergenza legata alla guerra in Corea: all'epoca l'US Army aveva una linea di carri M4, M26 e i primi M46. Questi erano un'evoluzione dei 'Pershing' con molti miglioramenti, ma soprattutto con un motore a benzina che raggiungeva, nonostante un peso ancora simile, gli 800 hp anziché 500. In generale era dotato di una migliore meccanica, assai più affidabile. Ma era solo un progetto ad intermin, visto che presto sarebbe stato necessario un nuovo carro armato, soprattutto uno capace di sfruttare al meglio il suo cannone da 90 mm, cosa che era necessaria soprattutto per gli ingaggi alle maggiori distanze. Il nuovo carro armato in fase di sviluppo era il T43, ma questo era ancora lontano dall'essere approntato quando scoppiò la Guerra di Corea. Come misura d'emergenza si decise di installare la sua torretta sullo scafo, già abbastanza collaudato, dell'M46A1. Quindi, per quanto possa suonare strano, tutti gli equipaggi che si sono avvicendati al suo interno, non sono mai stati in un carro armato realmente nuovo. Di fatto, si trattava di un M46 con una nuova torretta. La cosa ironica è che l'M47 è rimasto in servizio a lungo ed è ben noto, mentre dell'originario M46 non se ne ricorda quasi nessuno. La fretta con cui venne approntato l'M47 Patton (non esattamente noto così all'inizio, dato che ufficialmente il nome del famoso generale è stato affibbiato solo all'M48) non fu del tutto giustificata e i risultati non sono stati del tutto soddisfacenti: in Corea è stato spedito solo l'M46 come 'intermezzo' tra gli Sherman e gli M26, mobile quanto i primi e potente quanto i secondi. L'M47 venne prodotto in grande serie, pur essendo solo un mezzo di transizione. Il totale ammontò a ben 8.000 carri armati. Gli inconvenienti meccanici e i difetti erano diversi, tra cui una sagoma troppo alta, un'autonomia ridicola, difetti nella protezione.

L'M48 apparve per merito della Chrysler, nello stabilimento del Delaware Tank Corporation che gestiva all'epoca, quando nel luglio 1952 (ancora prima della fine della guerra in Corea) venne ufficialmente presentato con una cerimonia in cui partecipò anche la vedova di George Patton. Nemmeno questo carro armato era del tutto avulso da problemi, anche se aveva una corazzatura migliore, senza i difetti e punti deboli precedenti, ma con una spiacevole risonanza interna nella torretta durante i movimenti (essendo un rozzo esempio di mezzo prodotto per fusione in un sol pezzo), e ancora un'autonomia limitata dal motore a benzina, ad appena 112 km. Solo in seguito sarebbe stato migliorato in maniera adeguata, con un motore a benzina a iniezione (A2) che aumentò molto l'autonomia, uno Diesel (A3), mentre solo negli anni '70 apparve l'A5 (preceduto da altre versioni analoghe) con cannone da 105/51 mm L7/M68. In ogni caso, ne vennero realizzati 11.700, seguiti da 13.000 ben più costosi M60, ma ancora nella stessa linea evolutiva. La differenza era una corazza più pesante, e una torretta pensata per il cannone da 105 mm. Tutto questo rese rapidamente eccedenti gli M47, che proprio per questo diventarono un mezzo destinato all'export: in pochi anni vennero tolti dal servizio dall'US Army e spediti ai 4 punti cardinali per una moltitudine di utenti esteri, che erano ben lieti di avere carri di 'seconda scelta' ma nondimeno nuovi e assai avanzati per l'epoca, mentre gli M48 restavano appannaggio degli americani.

Quanto all'M47, l'E.I. ne ha ricevuti moltissimi, circa 800 esemplari (forse non includendo le riserve). La corazzatura del veicolo era relativamente spessa, ma senza esagerare: la parte frontale dello scafo arrivava a 102 mm (4 pollici) a 60 gradi (per uno spessore virtuale di 203 mm, ovvero il doppio); la parte frontale della torretta raggiungeva lo stesso spessore ma con una inclinazione media di circa 40 gradi; i fianchi dello scafo erano verticali da 76 mm (3 pollici), quelli della torretta, leggermente inclinati e arrotondati, di 63 mm (2,5 in); fondo e tetto erano di circa 12,5-25 mm (0,8-1 in), retro scafo 51 mm e torretta 76 mm (ovvero, per quanto possa sembrare strano, più spessore che per i fianchi del mezzo, pure più esposti, anche se muniti di corazze inclinate). Il veicolo aveva un telemetro stereoscopico per le distanze di 450-4500 m nella torretta, molto preciso rispetto a uno stereoscopico ma meno rapido e facile nell'uso, abbinato a un cannone da 90 mm munito di freno di bocca a 'T', ed estrattore di fumi. V'erano ben 70 proiettili da 90 mm, ma la varietà era ancora più impressionante dato che potevano essere di ben 11 tipi (per non parlare dei sottomodelli): tra questi c'erano quelli d'addestramento (più leggero di quelli 'da guerra', simulava la traiettoria delle munizioni HVAP e HE a seconda dei sottomodelli, aveva una testata sempre inerte e soprattutto produceva rimbalzi e traiettorie ridotte per non uscire dai poligoni dopo avere colpito le sagome di tela), a salve (con polvere nera, che poi andava tolta tassativamente con uno scovolone dalla canna, altrimenti l'avrebbe erosa con i successivi colpi sparati), perforante, perforante iperveloce, HE, HEAT, HESH e fumogeno. Una mitragliatrice da 12,7 mm sulla cupola del capocarro, una coassiale accanto al cannone, una nella parte anteriore dello scafo (l'ultima volta che un carro americano previde tale dotazione) completavano l'armamento. L'equipaggio era di 5 uomini, essenzialmente per via della presenza del mitragliere nello scafo. Nell'E.I come in altri eserciti che usarono questo carro armato, questo posto era utile per accogliere personale extra, nonché per ospitare per i corsi d'aggiornamento degli ufficiali di complemento. Se 3 uomini sono un po' pochi in un carro armato, 5 sono fin troppi (lo stesso vale per il numero di carri in un plotone); per cui non vi furono drammi quando arrivarono carri armati con 4 uomini d'equipaggio. Sommando la riduzione da 5 a 4 carri per plotone (fatta però solo nei tardi anni '80) questo ha significato ridurre da 25 a 16 i carristi per ciascun plotone.

Quanto all'armamento, tanto per precisare ulteriormente, v'era il pezzo T-119E1, poi sostituito dall'M36 come arma principale; una mitragliatrice M1919A4 nello scafo, impiegata dal 2° pilota, un'altra analoga coassiale (ma originariamente si trattava addirittura di una 12,7 mm); una M2 HB nella cupola; ma non mancavano per gli equipaggi anche altre armi, quelle leggere: nel caso dell'E.I. 5 Beretta Mod.34 da 9 mm (rimaste in servizio, nonostante l'avvento della Mod.92, fino agli anni '90), 2 'moschetti automatici' (mitra) Beretta MAB (altre armi prestigiose ma oramai obsolete), poi rimpiazzati dai FAL TA, e 12 bombe a mano SRCM. Quanto alla dotazione di colpi, una tipica era di 32 He, 21 APC-T (perforante con carica di scoppio per esplodere dentro il bersaglio, naturalmente ridotta rispetto a quella del proiettile HE) o HEAT (a carica cava), 10 HVAP (che con la loro leggerezza potevano raggiungere i 1250 m/s anziché i 929 come le AP-T a pieno calibro, di tipo convenzionale), 7 WP (White Posphorous, per effetti incendiari ma soprattutto fumogeni, creando cortine fumogene di circostanza senza aspettare l'artiglieria). La telemetria era precisa, ma richiedeva fino a 5 secondi con un errore a 1500 yds (1.370 m) di 42 yds(38 m). Questo risultato, a dire il vero più che apprezzabile, era beninteso ottenibile solo con un addestramento molto accurato. La misurazione delle distanze avveniva con una marca stereoscopica con 5 lineette verticali a V. Facendo coincidere con una pedaliera o un bottone apposito il vertice della V con l'obiettivo appariva la distanza leggibile nell'oculare, mentre per effetto della regolazione in distanza che veniva fatta, un 'autocollimatore' funzionante a pantografo, alzava il cannone alla giusta angolazione per colpire l'obiettivo sulla distanza stabilita, rendendo più rapida l'operazione di ingaggio. I proiettili erano disposti sul fondo della torretta, a parte 11 stivati in torretta pronti al tiro.

In tutto v'era, a parte il sistema di controllo del tiro M-3 -comprendente il telemetro M-12 e due periscopi, una serie di sottosistemi come i congegni di sparo elettrici e una radio AN/GRC 3 o 4, dalle prestazioni non eccelse data la portata di 16 km massima, e solo su terreno vario. Il capocarro e il cannoniere avevano due grandi periscopi M-20 entrambi a destra del cannone, scalati, e collegati (come il telemetro) al complesso balistico M-3, e utilizzabili in caso di guasto al telemetro (che funzionava anche da collimatore), e aventi un potere d'ingrandimento di 6x. Il complesso balistico aveva la necessità di calcolare anche il tipo di munizioni usate, per tenere conto delle differenti traiettorie balistiche, e questo avveniva con la regolazione di un apposito rullo del tipo di munizioni da impiegare, per ciascuna delle quali era calcolata una certa elevazione corrispondente alle distanze utili di tiro (non c'era un calcolatore vero e proprio).

Inoltre, il carro armato aveva anche un'altra risorsa piuttosto insolita, forse conseguenza delle esperienze in Corea dove spesso i carri erano usati come artiglieria mobile. Questo sistema era costituito da congegni di puntamento indiretti, con un quadranti a livello M-13 e uno azimutale T-24 che permettevano di regolare l'alzo e la direzione della torretta per colpire bersagli designati da fonti esterne. Per il tiro diretto, la distanza ottimale per l'uso delle munizioni era attorno a 800-1000 m. Le munizioni erano di nuova generazione, ma il cannone M36 (derivato dall'M31 dell'M46 Pershing) poteva sparare anche le munizioni del pezzo paricalibro M3A1 dell'M26 Pershing (non era possibile il contrario). L'arma aveva otturatore a scorrimento verticale per consentire un rapido caricamento e le munizioni erano cartoccio-proietto, un po' ingombranti nella torretta di un carro armato ma più rapide da mettere all'interno della culatta avendo sia la carica sia il proiettile.

Quanto alla torretta, dove erano ospitati 3 uomini era in acciaio speciale, monoblocco di fusione, brandeggiabile con un meccanismo oleodinamico su sfere metalliche fino a 1440 gradi/min (4 giri).

Per il motore AV-1790-5B da 820 hp a 2.900 giri/min., 12 cilindri a V raffreddato ad aria da ben 29,361 litri di cilindrata. Movimentava un carro armato che raggiungeva le 44 t, di 7,091 m di lunghezza col cannone in avanti, 3,51 m di larghezza e 2,96 di altezza. Era un grosso bestione se si considera che il T-54 era rispettivamente 6,45 m (ma senza cannone)x3,27 e 2,40 m e 35 t complessive. La potenza del motore non era tutta per la mobilità: i 2 ventilatori di raffreddamento assorbivano qualcosa come 60 hp, per cui la potenza 'netta' era di 760 hp. Il consumo non era certo il punto forte di questo carro armato: 140 m per litro di benzina, per cui gli 880 l di 'super' assicuravano solo 128 km su strada o circa 7 ore di operazioni (il che significa, in caso di guerra intensa, 4 pieni al giorno...). La trasmissione era attuata con un complesso cambio-sterzo Allison GM, il cosiddetto 'Cross-Drive', che era un sistema integrato che aveva una cloche che controllava lo sterzo, cambio, differenziale, ecc., praticamente una specie di equivalente del manubrio motociclistico. Questo era, per i primi carri, replicato anche per il secondo posto di guida nello scafo, che in effetti non era semplicemente per un mitragliere ma per un mitragliere-secondo pilota. Per scaricare la potenza a terra v'erano due tipi di cingolo, ovvero il T-80 E6 con elementi in gomma, e il T-84E1 con pattini interamente in gomma anziché il misto nervature d'acciaio-cuscinetti gommati. V'erano 3 rulli guidacingolo a doppia ruota su ciascun lato, sospensioni a barra di torsione con ammortizzatori idraulici e limitatori di fine corsa, con 6 ruote per ciascun lato, oltre a due rulli compensatori (nei modelli più vecchi), uno per lato, per permettere di mantenere la giusta tensione. L'impianto elettrico era costituito da 4 batterie da 12 V in serie/parallelo per un totale di 24 V. Inoltre v'erano innovazioni per l'equipaggio: motogeneratore ausiliario per avviamento, un refrigeratore (praticamente un condizionatore d'aria rudimentale) per l'equipaggio, pompe di drenaggio elettriche, estintori fissi antincendio e per la prima volta in un mezzo americano, un paio di fari anteriori a infrarossi per la marcia notturna. La pressione specifica sul terreno era di 0,935 kg/cm2, relativamente bassa ma non trascurabile.

Gli M47 finirono per fare un po' tutti i ruoli nell'E.I: radiato l'M24 senza rimpiazzi (l'M41 arrivò solo come versioni semovente d'artiglieria), anche le missioni di ricognizione offensiva vennero affidate all'M47, anche se la sua sagoma di 2,96 m misurata all'altezza della mitragliatrice contraerea non era certo d'aiuto a non farsi vedere, nonostante la sua torretta fosse piuttosto piccola. La cosa che fa impressione è che però anche la Centauro arriva a ben 2,72 m, decisamente non pochi per un corazzato 'da esplorazione' (il Leopard 1 si mantiene invece ad appena 2,68 m).

I carri M47, che almeno nei primi lotti provenivano dai reparti americani stanziati in Germania, appena riequipaggiati con l'M48, divennero a un certo punto l'unico carro dell'Esercito. Erano in forza alle divisioni corazzate ARIETE e CENTAURO, alle divisioni di fanteria meccanizzzata GRANATIERI DI SARDEGNA, LEGNANO e FOLGORE; e nei reggimenti corazzati delle divisioni di fanteria MANTOVA e CREMONA. Non mancava poi la brigata POZZUOLO DEL FRIULI, che era stata formata come divisione corazzata nel 1953 ma ben presto (1958) ridotta a brigata di cavalleria e l'XI^ Brigata meccanizzata dei Carabinieri formata per volere dell'allora comandante generale de Lorenzo nel 1964 che ne contava ben 130.

Come nel caso delle due corazzate, si trattava di un reggimento corazzato su 3 battaglioni e del GED (Gruppo Esplorante Divisionale, su due squadroni esploranti e uno carri), nel caso di quelle di fanteria i carri erano inclusi nel reggimento corazzato (1 battaglione carri e 1 fanteria) e nel BED (Battaglione esplorante divisionale), nel caso delle unità di fanteria v'era il battaglione carri e il GED. La 'Pozzuolo' aveva invece 2 reggimenti cavalleria e un gruppo squadroni cavalleria. L'XI Brigata carabinieri meccanizzata aveva compagnie carri, compagnie blindo (su M8 Greyhound o T17E1 Staghound) e compagnie meccanizzate su M113.

A livello numerico, tutta questa organizzazione si basava su plotoni da 5 carri, compagnie di 16, battaglione di 51, reggimento di 157 (nb. in tutti i casi le strutture maggiori erano costituite da 3 di quelle di livello inferiore, più i mezzi comando), reggimento di cavalleria blindata 52, con 3 gruppi squadroni (equivalenti alle compagnie). In pratica, anche se questi ultimi erano in minoranza, i reparti corazzati della cavalleria continuavano la dicotomia nelle truppe corazzate dell'E.I. Ovvero, per quanto potesse sembrare poco 'storico' e logico, la divisione tra fanteria e cavalleria continuava anche nell'era dei carri armati, con la fanteria carrista e la cavalleria corazzata. Ancora attorno al 1990 v'erano 850 carri nei battaglioni della prima, e 350 nei gruppi squadroni della seconda.

Quanto al GED, aveva 17 carri armati e 10 carri leggeri M24, poi sostituiti dagli M47.

Alla fine degli anni '60 gli M47 erano praticamente gli unici carri dell'E.I. Ma la cosa stava per cambiare. Nel frattempo, tuttavia, i carri armati M47 erano intensamente impiegati. Per esempio, con le esercitazioni 'Real Train', che comprendevano un efficace sistema di 'puntamento ottico': si trattava di mettere sui mezzi delle 'targhe' che offrivano numeri, di una certa dimensione, da leggere per gli avversari. Quando questo fosse avvenuto, tenendo conto delle regole (per esempio, le mitragliatrici da 12,7 mm non potevano mettere fuori uso un carro, ma veicoli blindati e leggeri come le AR-59 con cannone M-40), significava che le distanze erano state ridotte a sufficienza per sparare con efficacia contro i mezzi (e persino il personale) nemici. La cosa era macchinosa ma prima dei sistemi laser MILES non c'erano molti altri modi per simulare una battaglia e così negli anni '60-70 si faceva uso di questo sistema. Non mancavano le esercitazioni in Sardegna, con gli sbarchi americani nelle baie attorno a Capo Teulada, e gli italiani facevano il 'partito arancione' ovvero i difensori da battere alla fine di ogni esercitazione. Nondimeno, spesso le cose prendevano un'altra piega e i Marines venivano contrattaccati efficacemente dagli M-47 che li lasciavano sopravanzare e poi prendevano alle spalle i loro M-48 e M-60. Con questa tattica anche un carro moderno avrebbe delle difficoltà, visto che i proiettili da 90 mm non sono uno zuccherino: gli HVAP perforano circa 140-150 mm a 900 m e gli HEAT buoni 300 mm. Nelle esercitazioni si usavano anche i proiettili 'a salve' e ovviamente solo contro bersagli inanimati, i proiettili d'addestramento 'a rimbalzo limitato'. Gli M-47 sono diventati anche 'star del cinema'. Con i film bellici che spesso li vedevano incarnare i Tiger o altri mezzi tedeschi della II GM.

In ogni caso, questi carri armati stavano diventando obsoleti. Soprattutto, vecchi. Erano mezzi robusti e affidabili, ma i guasti sono aumentati e le parti di ricambio diminuite. Nondimeno, a un certo punto ve n'erano non meno di 800 in servizio contemporaneamente. Non è chiaro se la divisione corazzata aveva 1 o 2 reggimenti, pare che la forza sarebbe stata in tal caso di 315 carri armati.

Era necessario aggiornarli. Come era accaduto con i non molto dissimili M48 e i molto diversi Centurion, le vie erano essenzialmente due: l'uso di un motore Diesel e un cannone da 105 mm. In Italia venne provata la seconda soluzione, ma loro costo non era trascurabile e soprattutto piuttosto immotivato dagli sviluppi successivi. Dal 1970 (se non prima) apparve il carro armato M60, di cui vennero comprati 300 esemplari esatti per riequipaggiare la divisione 'Ariete'. 200 vennero prodotti dalla OTO Melara, l'unica produzione extra-americana di questo carro armato. L'M60 era armato di un cannone da 105 e un motore Diesel AV-1790-2A. Era anche più grosso e più goffo dell'M-47, ma era più avanzato. Nel frattempo la 'Pozzuolo del Friuli' ebbe i primi 200 Leopard 1, arrivati direttamente dalla Germania. Poi giunsero altri 720 carri Leopard e per gli M-47 fu praticamente la decadenza definitiva. L'ultima parte della loro carriera fu nelle brigate meno equipaggiate dell'E.I, come l'AOSTA, ACQUI, FRIULI, CREMONA, motorizzate, i 2 gruppi squadroni (dei 12 presenti): quelli di NIZZA CAVALLERIA (compreso nella brigata CREMONA) e il SAVOIA CAVALLERIA (per il 4° C.d'A alpino). Poi c'erano i carri nei magazzini e presso le due scuole carri di Lecce e Caserta.

L'organico era, per le unità di cavalleria, 2 squadroni carri per un totale di 32 mezzi ripartiti in 6 plotoni, e uno squadrone meccanizzato con 3 plotoni fucilieri su M113 e un plotone mortai da 81 mm (3 montati su scafi M113). La loro fine, verso la fine degli anni '80, venne determinata dallo scioglimento di vari gruppi squadroni e battaglioni, e della riduzione dei plotoni da 5 a 4 mezzi( per cui l'organico del battaglione calò da 49-51 mezzi a 40), il che liberò numerosi Leopard 1 dalle loro unità originarie. Ma non fu proprio la fine degli M47. Delle centinaia disponibili, alcuni finirono come monumenti nelle caserme, ma il destino degli altri non fu necessariamente la demolizione. Ancora attorno al 1983-84 erano segnalati circa 550 carri M47 in carico all'E.I, mentre attorno al 1989-1990 ve n'erano ancora 200 in riserva, ma praticamente del tutto dismessi (il NIZZA li dismise nel 1989, conservandone uno fino al maggio 1990). Ma parecchi finirono all'estero. Alcuni vennero mandati in Spagna, altri trovarono la fine del percorso in Somalia, il cui dittatore Siad Barre era un 'amico' dell'Italia (uno dei tanti leader non propriamente democratici clienti dell'industria bellica italiana che allora come ora non si pone grandi problemi di tipo etico), finendo la loro carriera nel caos somalo. Quelli spagnoli furono forse tra quelli modificati per diventare una sorta di carro ibrido M-47/60: erano gli M-47A1 con motore AV-1790B2 Diesel, con tanto di scarichi simili a quelli dell'M-60 (e quindi con le griglie posteriori a 'V' rovesciata), ma gli M-47A2 ebbero anche il cannone da 105 mm, diventando carri piuttosto moderni. Infine, per quanto possa sembrare strano, vi è stato un altro utente. Spesso nelle foto di test americani di armi controcarri si vedono missili AGM-65 e altri ordigni che colpiscono carri armati M-47: bene, nonostante ciò possa sembrare strano, spesso sono M-47 che hanno prestato servizio in Italia. A quanto pare, nonostante i carri armati M-48 in surplus, gli USA avevano carenza di carri armati bersaglio, e si sobbarcavano i costi del trasporto su mare per questi bestioni.

M60, l'ultimo dei 'Patton'

Nato con l'idea dello sviluppo dell'M48 con motori Diesel e soprattutto con una torretta con cannone da 105 mm pensata fin dall'inizio per questo scopo, l'M60 venne definito come caratteristiche basiche nel febbraio 1957, mentre il prototipo apparve nel 1959. Subito arrivò un ordine per 180 esemplari, i primi di oltre 13.000. Inizialmente vi fu una versione base, l'M60, prodotta fino al 1963 in 2.205 esemplari, poi arrivò l'A1 con cona torretta di diverso disegno, meglio profilata come anche la piastra frontale dello scafo, mentre le disposizioni interne erano state riviste: nonostante la maggiore inclinazione, con una minore disponibilità di spazio interno, la dotazione di munizioni passò da 60 a 63 colpi. Si tratta di un carro armato convenzionale, anzi il massimo della convenzionalità: equipaggio di 4 uomini, una grossa torretta, uno scafo spazioso (anche troppo data la sagoma complessiva), una cupola per il capocarro totalmente chiusa e indipendente. Il servente del cannone è a sinistra del cannone e non più a destra, mentre il pilota è adesso non a lato ma al centro della corazzatura dello scafo. In compenso, ha la sgradita compagnia di due pacchi di munizioni ai suoi lati. Ha 3 visori per guardarsi intorno, approfittando della posizione. Quello centrale è sostituibile con un visore IR M24 abbinato alla guida notturna tramite due fari IR laterali. Lo scafo, al solito, è saldato, mentre la torre è di fusione, con spessori leggermente maggiori di quelli dell'M48 e ancora di più, dell'M47, ma non in maniera determinante per assicurare la sopravvivenza ai colpi delle moderne armi c/c. Il cannone è l'M68, versione americana del poderoso L7 britannico, diventato lo standard di riferimento per intere generazioni di carri e blindati cacciacarri. In pratica si tratta di un L7 con blocco di culatta americano T254E2. La torretta è azionata in maniera elettroidraulica e uno manuale d'emergenza, con alzo di ben 20 gradi e depressione di 9, ancora più notevole (nel caso del parigrado T-62 si tratta di -4/+18 gradi). La cosa consente di sparare in contropendenza riducendo la sagoma del mezzo rispetto a quella dei carri armati medi sovietici che pure sono un metro più bassi. Però non si può certo dire che il mezzo fosse particolarmente riuscito. Il costo era, nei primi anni '60, di ben 422.000 dollari contro i 122.000 dell'M48A3 di qualche anno prima. Il cannone non è stabilizzato in questo carro armato, 13 proiettili sono in torretta pronti all'uso, 3 sotto il pezzo, 21 nel cestello di torretta, e il resto nella parte anteriore dello scafo. C'erano altre innovazioni, tipo la cupola che praticamente è una torretta autonoma, con una mitragliatrice pesante M85, che non era la solita M2 HB, ma un'arma del tutto diversa, a parte le munizioni. L'alzo è possibile tra -15 e +60 gradi con 900 colpi disponibili. Si tratta di un'arma con cadenza di tiro selezionabile a 600 colpi/min per le operazioni normali, ma anche con 1000 colpi/min per le operazioni antiaeree. Era un'arma inevitabilmente più moderna della vecchia M2, ma dopo la produzione di circa 14.000 esemplari, essenzialmente per i carri M60 e per gli LVTP-7, è stata praticamente dimenticata in favore della vecchia mitragliera Browning, tanto che l'M1 Abrams l'ha in dotazione. È strano, ma pare che l'affidabilità e la durata di quest'arma non fosse tanto valida rispetto a quella delle vecchie M2 HB. Per il resto il sistema ottico di mira M28C diurno, con un sistema IR M36 e M36E1 per uso notturno, nonché 8 periscopi in blindovetro per la visione a 360 gradi. Il cannoniere ha un sistema di mira M31 8xm mirino telescopico M105C 8x, sistema M32 IR attivo o M35E1 IL passivo come sostituto, telemetro M17 (adottato dagli ultimi lotti dell'M48) per distanze di 500-4.500 m. Per la visione notturna i sistemi sono anche utilizzati anche i proiettori IR AN/VSS-1 sopra il cannone, grosse attrezzature piuttosto vulnerabili. Il motore è l'AV-1790-2A da 750 hp a 2.400 hp, le sospensioni a barra di torsione con 6 ruote per lato e 3 ruotini di rinvio: la prima, seconda, sesta ruota avevano anche ammortizzatori idraulici, e tutto il mezzo pesava 52,6 t complessive, mosse fino a 48 km/h e, grazie ai 1450 L di carburante, a 500 km di distanza. Un'altra novità è il sistema di protezione NBC per l'equipaggio, la capacità di guado di 1,2 m e con preparazione, 2,4. Ma con uno snorkel apposito è possibile arrivare anche a 4,1 m finendo totalmente sommerso, come del resto era normale per i carri dell'epoca. Tra il 1963 e il 1980 ne sono stati prodotti 7.948: di questi 6.496 per l'US Army, 300 per l'E.I (la OTO Melara comprò nel 1965 i diritti per costruire 200 mezzi ed equipaggiare la divisione 'Ariete', l'unica rimasta tra quelle corazzate nell'E.I). Altri 578 carri sono andati ai Marines, e 874 a clienti stranieri, ovvero essenzialmente, Israele.

All'M60A1 seguì l'M60A2 con cannone-lanciamissili Shillelagh da 152 mm, prodotto in 526 esemplari. Lo 'Starship' era davvero un mezzo notevole, ma non ebbe successo operativo e la maggior parte della produzione è stata convertita in pochi anni dall'entrata in servizio (attorno al 1973) in mezzi del Genio o gittaponte. Dal '71 gli M60A1 vennero aggiornati, per esempio cominciò ad essere installato un sistema di stabilizzazione del cannone. Può sembrare strano che i carri medi M3 e M4 Sherman avessero spesso uno stabilizzatore ma i cannoni a canna lunga da 90 mm e poi da 105 mm, non erano facili da 'maneggiare'. Così per decenni i mezzi americani non ebbero più i cannoni stabilizzati, un regresso persino verso i vecchi carri leggeri M3 Stuart. Solo molti anni dopo i servomotori per la movimentazione dei cannoni di grosso calibro sono stati messi a punto e applicati (per così dire, visto che inglesi e persino sovietici avevano al contrario sistemi di stabilizzazione installato, fin dal Centurion e dal T-54).

La successiva evoluzione fu l'M60A3 con telemetro laser AN/VVG-2 prodotto dalla Hughes con portata di 5 km. Sebbene questa sia la metà di quella dei carri armati più moderni era ancora sufficiente per le necessità pratiche. V'era anche un calcolatore XM-21, il cannone di per sé era stabilizzato con un sistema da 5 hp di potenza, la mitragliatrice Springfield M73 coassiale venne rimpiazzata dalla paricalibro M240 (la MAG belga), e soprattutto, anche se non da subito, il visore termico AN/VSG-2, ovvero il TTS. La produzione ebbe inizio al Detroit Arsenal Tank Plant nel febbraio 1978 ed entro lo stesso anno arrivò a 116 carri al mese, ben più numerosi di quanto sarebbero stati poi gli M-1 Abrams (60 al mese). La nuova apparecchiatura termica rimpiazzava il periscopio passivo M35E1, ma per i carri rimasti privi di questo arnese è stato previsto un proiettore a fascio variabile AN/VSS-3A. Erano già stati previsti dei lanciafumogeni per gli ultimi lotti di carri armati M60A1, ma nell'M60A3 arrivò anche il sistema sovietico di iniezione di carburante negli scarichi per la formazione di cortine nebbiogene mobili. Il cannone ha ricevuto un manicotto termico, il vano motore ha ricevuto un sistema a estinzione a halon, molto simile a quello dell'M1 Abrams. In tutto sono stati prodotti 1.786 carri nuovi, ma anche 3.700 per trasformazione degli M60A1. Nel frattempo Israele ha prodotto un kit di aggiornamento dell'M60 costituito da un calcolatore di tiro Elbit, corazza reattiva, ecc. In seguito, molti anni dopo, sarebbe stato approntato un kit di trasformazione ben più completo, chiamato Sabra. Ma questa è un'altra storia, come del resto quella degli M60A2 e A3. Nel caso dell'E.I gli M60A1 sono rimasti quasi allo stato originale. Solo negli ultimi anni sono stati aggiunti, in sede di revisione, con nuovi equipaggiamenti. I mezzi così modificati si distinguevano dal fatto di avere i lanciafumogeni laterali. Per il resto v'erano sistemi IL per cannoniere e capocarro, mitragliatrici coassiali rimpiazzate dalle MG 42/59. Per il resto restavano i problemi di sempre. Elencandoli, anzitutto c'è quello dell'ingombro, che in un Paese montuoso come l'Italia è tutt'altro che irrilevante data la sagoma limite dei carichi ferroviari. La conseguenza della sagoma è che per i trasporti su ferrovia era necessario smontare: parafanghi, cingoli, periscopio M36 sulla cupola del capocarro. Piuttosto lungo e soprattutto molto pesante come compito. Il trasporto su nave era quasi preferibile, ma in alternativa c'era sempre quello su strada con portacarri ATC81. A parte l'ingombro, a parte l'altezza per ragioni tattiche (ricerca di ripari e appigli tattici in azione piuttosto difficile per un mezzo alto quasi 3,5 metri come questo), c'era da dire che la cingolatura T97, pur essendo provvista di pattini in gomma, era antiquata: era necessario infatti cambiare l'intero cingolo quando i pattini si consumavano. Ovviamente i cingoli costano molti soldi, e quindi si tratta di uno spreco. I cingoli degli M60 non sono certo né semplici né a buon mercato, differentemente da quelli interamente metallici dei mezzi sovietici come i T-62. I carri M60A3 dell'US Army sono infatti i T142, con cuscini di gomma estraibili una volta consumati. La differenza non è di poco conto: la durata prevista per i cingoli degli M1 Abrams era di circa 3000 km, ma all'atto pratico non superavano di molto i 1000 km. Per ovviare venne adottato il modello con pattini estraibili per aumentare la vita utile di questi a oltre 3.000 km. A parte questo, il sistema di sospensioni del pachiderma è delicato, soggetto a rotture piuttosto frequenti ai mozzi, barre oscillanti e bracci oscillanti.

Ma c'erano altri aspetti importanti, stavolta positive: il carro armato M60 è rustico, nel suo complesso affidabile, e permette di operare anche con equipaggi di leva. I battaglioni dell' 'Ariete' erano il 3°, 5°, 7°, 8° e 10° e operavano su livelli standard di operatività, spesso meglio di quanto facevano i 'Leopard'. I carri M60 vennero impiegati in un'operazione militare quando alcuni vennero spediti in Somalia, dove uno venne danneggiato da un colpo al torrettino del capocarro nel corso dei combattimenti al tristemente famoso 'Check point Pasta' nell'estate del '93. I carri italiani vennero rimpinguati da forniture americane: per un motivo logistico, infatti,fu reputato più facile e meno costoso prendere dai Marines americani 10 carri armati M60 con corazzature ERA, piuttosto che modificarli in patria e poi spedirli nel Corno d'Africa. Dopo di che, la fine dei carri armati M60 fu rapida: nei primi anni '90 vennero radiati dal servizio e demoliti.

I carri Leopard 1 sono un altro simbolo del carrismo postbellico, quanto e anche più di qualunque altro carro armato, tanto che è in servizio da quasi 40 anni nell'Esercito Italiano, che al di fuori di quello tedesco ne è stato il maggior utente. Ma risaliamo indietro nel tempo e vediamo com'é nato questo carro da battaglia.

Leopard 1

Negli anni '50 nacque la Bundeswehr, il nuovo esercito tedesco. Successe con un certo ritardo rispetto a quanto era già accaduto nelle altre nazioni europee, tra cui l'Italia, il cui esercito formò già nel 1948 una brigata corazzata. Questo consentì ai tedeschi di ottenere 'il meglio' disponibile dagli americani, saltando la fase M26 e anche l'M47. Il meglio, nei tardi anni '50, era l'M48 Patton, di cui i tedeschi ebbero molti esemplari, circa 2.000 degli 11.700 prodotti. La Francia e l'Italia ebbero invece l'M47. Ma questi carri armati non erano ritenuti idonei a resistere a lungo nella competizione per i nuovi carri armati, contro lo strapotere che nel settore aveva il Patto di Varsavia. Così venne fatto un accordo per un nuovo carro armato: dimensioni massime come larghezza di 3,15 m, altezza 2,2 m, peso 30 t. Nelle specifiche non veniva dato particolare risalto alla corazzatura, era sufficiente che fosse in grado di resistere ai proiettili perforanti da 20 mm. L'armamento avrebbe dovuto essere costituito da un cannone da 105 mm, il motore avrebbe dovuto essere un Diesel policarburante capace di assicurare una velocità di 65 km/h su strada. Queste specifiche erano state concordate tra Francia, Germania Ovest e Italia nel 1956, in base all'accordo FINABEL 3A3. Francia e Germania avrebbero pensato a produrre i carri armati da scegliere, mentre l'Italia, non avendo niente da offrire, avrebbe svolto il ruolo di supervisore. Tutti i tre paesi avevano l'esigenza di sostituire i carri armati americani della famiglia 'Patton'.

I francesi presentarono un prototipo progettato dalla Direction Technique des Armaments Terrestres (DEFA) ma prodotto dagli arsenali Issy les Moulineaux, noto come AMX, che abbastanza ovviamente venne chiamato AMX-30. I tedeschi misero insieme addirittura due consorzi, quello costituito da Porsche, MaK, Luther e Jung-Jungental, e quello di Rheinstahl, Hanomag e Henschel. Nel 1961 i tedeschi provarono i prototipi e l'esercito accordò le sue preferenze al primo consorzio, e nel 1962 ne vennero ordinati 26 esemplari. Così le 'primarie' tedesche determinarono il vincitore domestico, da contrapporre ai mezzi francesi, ma nel mentre era anche migliorato nei sistemi motore e nella protezione, che originariamente erano considerati non del tutto adeguati. Anche per questo il peso arrivò a circa 40 t in assetto di combattimento. La competizione tra AMX-30 e il Leopard ebbe inizio nel 1962 e proseguì fino al 1963. Ma a luglio di quell'anno i tedeschi avevano già deciso per il loro carro armato, assegnando alla Krauss-Maffei di Monaco il ruolo di capocommessa. La competizione era stata serrata, sui poligoni di Satory, Meppen, Brouges e Mailly le Camp. L'AMX era più compatto, più leggero, e soprattutto più preciso nel tiro oltre i 1.500 m del Leopard. Di contro, pur ritenendo all'epoca scontato che non fosse possibile costruire un carro armato capace di resistere alle micidiali testate a carica cava, e quindi decidendo di puntare su di un carro armato piccolo e altamente mobile per offrire un bersaglio ridotto, pur avendo entrambi i mezzi un rapporto potenza-peso di circa 20 HP per tonnellata, il veicolo francese soffriva di una certa inferiorità meccanica. La commissione trinazionale non espresse una chiara superiorità di uno sull'altro, e così alla fine entrambi i contendenti andarono per la loro strada, anche perché i tedeschi avevano forzato la mano fin dall'anno precedente, soprattutto quando l'offerta dei francesi non si dimostrò del tutto convincente rispetto a quanto offrivano loro. Prima ancora della fine della gara i tedeschi ordinarono, già nel 1962, ben 1.500 cannoni L7 in Gran Bretagna (per 250 milioni di marchi). Messaggio più chiaro sulle loro intenzioni non poteva esservi (il carro francese aveva un 105 mm di concezione nazionale, non l'arma inglese) e quindi si apprestarono a mettere in produzione su larga scala il loro Leopard. I francesi fecero lo stesso con un ordinativo di 1.000 carri AMX-30, ottenuto appena la messa a punto del loro nuovo carro armato terminò, ovvero nel 1966.

Gli italiani seguirono la scelta tedesca, e probabilmente fu la scelta migliore. Infatti, mentre l'AMX-30 continuò a essere afflitto da qualche problema (di troppo) nella meccanica, il Leopard si dimostrò degno della migliore tradizione germanica. Degno emulo e discendente del Panther (anche se probabilmente senza un singolo bullone in comune), come questo considerabile e in genere considerato il migliore carro armato del mondo all'epoca in cui entrò in servizio, per l'equilibrio tra protezione, mobilità e potenza di fuoco, divenne un "best-seller" nella NATO, di fatto estromettendo i carri armati americani dal mercato europeo. Il propulsore originariamente previsto nelle specifiche iniziali avrebbe dovuto avere una potenza di 900 HP, che avrebbe fornito un rapporto potenza-peso di 30 HP per tonnellata, ma in pratica la potenza fu 'solo' di 830 HP per circa 20-21 HP/t, tenendo conto del contemporaneo aumento di peso rispetto alle specifiche iniziali. Il motore è un motore MTU 838 Ca M500 a 10 cilindri, eccellente Diesel multicarburante con trasmissione automatica. La lubrificazione è a coppa asciutta', mentre il raffreddamento, che originariamente era ideato come 'ad aria' (soluzione semplice ma non molto efficace) è diventato a liquido, a circuito chiuso, funzionante in un intervallo di temperatura compreso tra -40 e +45 °C. E' dotato di un preriscaldatore per l'avvio sotto i -18 °C e di un motorino d'avviamento che, nonostante la sua funzione, eroga ben 15 HP, accoppiato a una dinamo da 19 kW, associata anche a 8 accumulatori. Il gruppo trasmissione sterzo si basa su di un sistema epicicloidale con convertitore di coppia idraulico, e un cambio elettro-idraulico che ha la disponibilità di 4 marce avanti e 2 indietro. L'accelerazione è tale che i primi 100 metri sono coperti in 11,7 secondi, mentre l'agilità è tale da permettere al mezzo di ruotare su sé stesso. Gli scarichi laterali hanno i gas del motore mescolati ad aria per raffreddarli. Tale accorgimento fu adottato, più che per ridurre la traccia IR, per evitare che le fiammate possano far individuare il mezzo di notte. I sistemi di sospensione sono a barra di torsione, con ammortizzatori idraulici abbinati, i cingoli hanno 82 elementi e permettono una pressione specifica di 0,86 kg/cm2. Esiste la possibilità di guadare corsi d'acqua assai profondi, anche senza preparazione, ma il mezzo può essere munito di un apposito snorkel che permette guadi di oltre 4 m. Nel 1964 un carro Leopard attraversò il fiume Reno, coprendo circa 1 km di 'navigazione' subacquea. Esistono sofisticati sistemi di protezione NBC per l'equipaggio (filtraggio dell'aria) e la revisione non avviene prima dei 10.000 km di percorso.

In termini di corazzatura, il Leopard è protetto solo leggermente, la corazzatura della torretta ha mediamente circa 60 mm di spessore, in un pezzo di fusione, mentre lo scafo ha uno spessore di 70 mm nella parte frontale (altre fonti riportano 86 mm), che è inclinato di 60 gradi rispetto alla verticale (raddoppiando lo spessore virtuale), i fianchi sono invece spessi appena 35 mm e sono leggermente inclinati nella parte superiore. Sicuramente non era questo il campo in cui il Leopard eccelleva, anche se l'acciaio era di ottima qualità. La protezione era essenzialmente quella di muoversi veloce e sparare, sottraendosi poi alla reazione avversaria, specialmente ai missili controcarro, potenti ma piuttosto lenti: per percorrere 3 km un missile controcarro impiegava circa 20-30 secondi, mentre i proiettili del cannone potevano essere sparati ad un rateo di 6-8 colpi al minuto, con una velocità media nella loro traiettoria di oltre 1 km al secondo (e, non essendo guidati, 'fire and forget').

I sistemi di controllo del tiro e visione sono all'altezza dell'ottima tradizione tedesca. La panoplia comprende ben 14 periscopi di cui 8 per il capocarro nella relativa cupola, 3 per il pilota (sistemato a destra nello scafo), 1 per il cannoniere e addirittura 2 per il caricatore che nella maggior parte dei carri non ne ha alcuno. Il sistema d'osservazione principale è un periscopio TRP5A per il capocarro, estremamente potente dato che ha ben 20 ingrandimenti. Inoltre ha un ingrandimento variabile a seconda della situazione, selezionabile dall'utilizzatore, con uno zoom da 6 a 20x. Questo significa che a) ha un potere d'ingrandimento molto maggiore di quello degli altri carri armati, b) sono disponibili più ingrandimenti e c) sono interamente variabili con un apposito 'zoom'. Anche il telemetro è significativo: con una base di 1,7 metri, il TEM 2A ha un raggio di rilevamento fino a 4.000 m e possiede un ingrandimento di 16x. Oltre a ciò, può essere utilizzato sia nella precisa ma difficoltosa modalità stereoscopica sia nella meno precisa ma più rapida modalità a coincidenza d'immagine. Il cannoniere ha anche un periscopio TZF 1A con ingrandimento 8x e due periscopi. Si può verosimilmente affermare che questo sistema di visione sia il migliore della sua generazione (per la gioia degli utenti nelle esercitazioni 'Real Train' di cui sopra). Il periscopio di capocarro e cannoniere dell'AMX-30 hanno ingrandimenti 10x e 8x, il telemetro ha una portata di 3,5 km ed è a coincidenza.

Il cannone originariamente non era stabilizzato (in seguito fu installato un sistema americano Cadillac-Cage), ed era asservibile anche al capocarro con il relativo periscopio. Per le operazioni notturne è possibile utilizzare un sistema IR attivo, rimpiazzando i periscopi di capocarro e cannoniere, nonché quello del guidatore (abbinato a fari IR). Quando viene avvistato un bersaglio, se c'è poco tempo si usa il sistema a coincidenza, se c'è scarsa visibilità si usa la modalità stereoscopica. Un sistema di collegamento flessibile permette di mantenere puntato il periscopio sul bersaglio mentre è brandeggiata la torretta. Quando viene scelta la munizione e viene determinata la distanza, l'alzo è determinato automaticamente. In pratica è un sistema evolutosi da quello del carro armato M47 e M48. Di notte viene usato un sistema IR che ha una sensibilità sufficiente per vedere anche oggetti roventi. La portata è di circa 1-1,5 km come massimo, ma una canna di cannone rovente potrebbe essere vista anche a 2-3 km, un vantaggio non da poco visto che non occorre emettere la 'luce nera' (IR) con il proiettore AEG XSW-30U. Questo è normalmente sistemato dietro la torretta smontato, ed è usato solo di notte. Ha la capacità di emettere anche luce bianca, cosa che ovviamente aiuta le operazioni notturne in generale (per esempio, collaborando con la fanteria) ma normalmente è abbinato al periscopio IR Eltro B171-2 per il capocarro. I colpi disponibili sono 60, di cui 42 nello scafo anteriore e 18 in torretta.

La produzione del carro armato Leopard iniziò relativamente tardi rispetto ai pariclasse americani e sovietici, ma non passò molto tempo prima che il carro fosse esportato a diverse nazioni. Tra queste l'Italia, che ricevette nel 1971-72 200 carri direttamente dalla Germania, mentre si attrezzava per la produzione su licenza. Arrivarono anche 69 carri soccorso, 14 carri Genio e una decina di carri scuola. Poi il carro venne prodotto su licenza dalla OTO. Questa iniziò solo l'anno dopo la guerra del Kippur (dal 1974), sicché all'epoca l'E.I. aveva 200 carri Leopard per la brigata di cavalleria 'Pozzuolo del Friuli', 300 carri M60 per la divisione 'Ariete' e alcune centinaia di carri M47 (più scorte) per varie altre divisioni meccanizzate e unità motorizzate varie. Dal 1974 ai primi anni '80 vennero prodotti 720 Leopard 1 ('uno' perché nel frattempo apparve il Leopard 2, ma è poco importante visto che l'E.I. non lo acquistò mai), di cui l'ultimo lotto fu costruito negli anni '80. Quest'ultimo lotto era costituito da ulteriori 120 carri armati, che non erano stati originariamente previsti, e la cui costruzione fu decisa in un secondo tempo. Vennero ordinati e consegnati entro il 1983, rendendo l'Italia uno dei principali utilizzatori dei carri Leopard. In tutto ebbe 920 mezzi, di cui 720 di produzione nazionale su licenza e 200 prodotti in Germania. Rispetto ai carri tedeschi, i mezzi italiani di produzione italiana si distinguevano per i cingoli Diehl 604A con doppia serie di pattini di gomma estraibili, teste corazzate per il telemetro ovale invece che rotonde, apparato IL per il pilota, cambio sterzo automatico anziché semiautomatico, sistema NBC in un blocco unico. In seguito, la maggior parte dei carri tedeschi fu ammodernata, in sede di revisione, con questi equipaggiamenti. Sono stati prodotti, sempre su licenza, anche numerosi altri mezzi derivati dal Leopard 1: 68 carri soccorso, 26 carri del genio, e 64 carri gettaponte capaci di superare ben 20 m di distanza (ma con una lunghezza nominale di 22 m, non interamente utilizzabile). Anche questi mezzi sono molto importanti per l'operatività dei reparti corazzati, anche più di un carro armato normale. In tutto quindi, sono stati ordinati e consegnati ben 1173 veicoli, inclusi una decina di carri scuola con un simulacro di cannone e una torretta che sembra una cabina di una gru civile.

I carri armati furono operati in servizio soprattutto da personale professionista. La loro manutenzione e meccanica, per quanto soddisfacente, richiede per lo più esperienza e quindi è quanto mai necessario ricorrere a personale a lunga ferma.

I carri Leopard, molto veloci e maneggevoli, sono di dimensioni piuttosto ridotte e l'abitabilità non è delle migliori (specie rispetto all'M60 e all'M47), ma tatticamente presentano dei vantaggi rispetto ai coevi carri americani, essendo più leggeri e più mobili ma altrettanto ben armati (anche come munizioni) e dotati di ottimi sistemi di puntamento. La loro capacità bellica, tuttavia, non va sopravvalutata, soprattutto dagli anni '70 in poi, con l'entrata in servizio dei nuovi carri sovietici T-72 all'inizio degli anni '70 e poi dei carri occidentali della generazione successiva negli anni '80. Di conseguenza, i tedeschi aggiornarono i loro Leopard 1 per prolungarne la vita operativa introducendo: sistema di stabilizzazione americano, corazzatura aggiuntiva (ma con i tipi A3/A4 fu realizzata una torretta saldata con doppia corazza spaziata, e al tempo stesso circa 1 m3 di volume in più interno) sia sulla torretta sia sullo scafo ("minigonne" dalla caratteristica forma irregolare, meno protettive ma più d'aiuto nell'evitare il fango e la visibilità data da linee troppo rette), e un nuovo sistema di controllo del tiro, computerizzato nel caso degli A4, computerizzato con visore termico nel caso degli A5, che in sostanza sono Leopard 1A1A1 (ovvero la versione originale A1 aggiornata con corazza spaziata) con un sistema di controllo del tiro e visione notturna paragonabile al Leopard 2. Invece i Leopard 1 italiani non furono soggetti ad alcun ammodernamento e di conseguenza la loro capacità operativa rispetto ai carri più moderni decadde velocemente. La loro carriera è durata per decenni, e risulta che questi mezzi, dopo essere stati messi in riserva, sono stati radiati dal servizio definitivamente solo attorno all'aprile 2003. Negli stessi giorni i mezzi corazzati usati in condizioni operative non erano più quelli della loro generazione ma i carri M1 Abrams che in quei giorni entravano a Baghdad. Ma non fu così per tutti i carri. Già nel 1989 nell'E.I. si pensava di organizzare 12 battaglioni con almeno 400 Leopard aggiornati, per i quali si prevedeva il sistema di combattimento TURMS come quello adottato nelle nuove autoblindo Centauro e nei nuovi carri Ariete. Il costo fu stimato in 655 mld, che nel 1992 crebbe a 730 mld, di cui 18,3 già spesi nel 1990. Ma poi il programma fu annullato nel 1994 sia per i costi eccessivi sia per la fine della guerra fredda che riduceva l'importanza di disporre di grandi masse di carri, e si decise semplicemente di togliere dai reparti i 200 carri tedeschi e 400 tra quelli più vecchi di produzione italiana, lasciandone appena 300 in servizio, di cui solo una parte aggiornati. Siccome contemporaneamente il programma per i carri Ariete fu decurtato da 300 a 200 carri appena, ci si dovette escogitare qualche espediente. Ovvero, aggiornare i Leopard 1 allo standard A5. Di fatto si acquisirono carri tedeschi aggiornati, una parte degli oltre 1.220 carri armati modificati dal 1987. Dalla metà degli anni '90, grazie alla struttura conosciuta come 'Leopard Club', fu possibile allacciare relazioni che permisero di ottenere 125 torrette, e applicarle su scafi di carri già disponibili, anch'essi aggiornati allo standard A5 (peraltro con poche modifiche, come le 'minigonne'). I carri armati divennero parte del 31° Reggimento della brigata 'Garibaldi' e il 131° della 'Pinerolo', che avrebbero accompagnato i 4 con gli Ariete: il 32°, 33° e 132° della Brigata corazzata 'Ariete' e il 4° rgt della 'Centauro'. Da notare le differenze: i carri Ariete furono assegnati a reggimenti che di fatto sono battaglioni con non più di 40 carri l'uno, mentre i Leopard sono 54 per ciascun reggimento. Il primo lotto fu consegnato nel 1995 con carattere d'urgenza al 131° per l'impiego in Bosnia, seguito alcuni anni dopo (attorno al 1997-98) al 133°. Altri 12 furono destinati alla Scuola di Carrismo di Lecce (otto carri) e Scuola Trasporti e materiali di Roma (gli altri 4).

Il possente Ariete mostra tutte le classiche linee di un carro armato moderno

Inizialmente la mossa logica per il futuro dell'Esercito fu valutata nel comprare i Leopard 2, come i degni successori del Leopard 1. Si trattava di comprare 300 carri armati direttamente in Germania. Ma la cosa non si concretizzò e nel 1984 venne deciso dallo Stato Maggiore dell'Esercito di comprare 300 carri armati di concezione nazionale. Sarebbero stati destinati a rimpiazzare i carri armati più vecchi tra quelli di seconda generazione, ovvero gli M60 della divisione corazzata ARIETE, che restava l'unità di punta dell'Esercito. Nel frattempo venne anche valutato un carro armato medio di costruzione nazionale, questo non era altro che l' OF-40. Ma questo carro armato, provato dalla Scuola Truppe Corazzate, non era altro che la rielaborazione del LION, che a sua volta costituiva un'idea congiunta italo-tedesca su come modificare il Leopard 1 per l'export in climi tropicali o desertici. In effetti l'OF-40 venne venduto in Dubai, con un totale di 36 veicoli. Apparso verso la fine degli anni '70, introduceva varie novità rispetto al Leopard 1, per esempio uno scafo più basso, corto e largo, anticipando tutto sommato la struttura del successivo Ariete. Nondimeno non garantiva un sufficiente margine di superiorità rispetto al Leopard 1, specialmente se si fosse messo a confronto in termini di costi un carro OF-40 nuovo rispetto a un Leopard 1 ammodernato con un sistema di controllo del tiro computerizzato. Ebbe più fortuna all'estero, come si è detto, ma soprattutto nella versione semovente d'artiglieria PALMARIA, un mezzo molto rispettabile anche se il motore era stato depotenziato da circa 840 a 750 hp. La Libia ne comprò 200 esemplari, che considerando la disponibilità di un cannone-obice da 155/39 mm esprimevano più capacità belliche di tutti i 221-260 M109 dell' E.I messi insieme, e magari aggiungendo a questi pure gli M107/110 e i tipi più vecchi. In pratica, solo con le modifiche che hanno portato gli M109 alla versione L, e quelle che hanno trasformato M107 e 110 in M110A2 l'artiglieria italiana è stata aggiornata, molti anni dopo, allo stesso livello. Questo beninteso, senza considerare che la Libia aveva anche altri sistemi semoventi, come i 60 RM-70, i BM-21 e i 20 DANA.

Tornando all'Ariete, lo sviluppo del mezzo fu accordato con la OTO Melara in consorzio con la Fiat-IVECO: doveva avere 4 uomini d'equipaggio (quindi niente caricatore automatico, nonostante che la OTO avesse approntato un sistema interessante, di discendenza navale, per l'OTOMATIC da 76 mm), cannone da 120 mm stabilizzato, motore posteriore. Inizialmente era noto come C-1 TRICOLORE, e dopo appena 3 anni dall'avvio del programma, veramente a tempo di record, venne presentato il prototipo, pronto già nel febbraio 1987, quando venne ufficialmente presentato al CSM dell'Esercito.

Questa fase progettuale e costruttiva tanto breve fu possibile per via delle ridotte specifiche relative ai sistemi più impegnativi, e per l'esperienza pluridecennale nella produzione di carri e blindati su licenza o anche di progetto proprio. La massa era di 50 t, il motore un turbodiesel da 1.200 hp, pressione specifica di 0,85 kg/cm2, lunghezza scafo 7,595 m (col cannone avanti 9,515 m), larghezza 3,611 m, altezza al cielo della torretta 2,45 m. Il motore era un Diesel Fiat MTCA, 12 cilindri a V per 1.200 hp, turbodiesel, capace di imprimere una velocità di 65 km/h su strada e un'accelerazione da 0 a 32 km/h tra le migliori, di 6 secondi, anche se il rapporto potenza-peso non era esattamente eccezionale, essendo di 24 hp/t.

Per il resto le prestazioni vedevano una trincea superabile di ben 3 m, gradino di 1,1 m, pendenza 60%, guado 1,2 m senza preparazione, 4 m con preparazione. L'armamento era di un cannone da 120/44 mm con 42 colpi e due mitragliatrici (come sul Leopard 1) MG-42/59 (poi portate, in alcuni esemplari a tre, con quella del portello del caricatore, cosa fatta anche sulle Centauro: in genere si tratta di mezzi impiegati all'estero, in missioni di 'peacekeeping') anche se la buona quantità di munizioni del cannone (come sul Leopard 2, e 2 colpi più dell'M1 Abrams) è scontata dalla dotazione di colpi per le mtg, a quanto pare solo 2.500 come dotazione standard (il Leopard 1 ne ha 5.500, cosa ben importante specie se si pensa alla cadenza di tiro che hanno le MG).

L'Ariete, come il carro M1 e Challenger, ha una torretta protetta in materiali compositi, con un frontale assai inclinato, ma come nel caso del Leopard 2 i lati sono verticali. La grembiulatura laterale è fatta pure in materiali compositi, prodotti dalla Lasar, ma questo non si evince dall'osservazione diretta, almeno sui prototipi, visto che sembrano giusto pannelli in lega d'acciaio e comunque non molto spessi.

Il motore Fiat-IVECO di cui sopra ha una cilindrata di ben 27 litri ed è sistemato dietro, in una configurazione assolutamente tradizionale (e che sembra davvero l'evoluzione diretta del Leopard 1(OF40), accoppiato a una trasmissione Iveco/ZC LSG 3000, un modello tedesco forse imparentato con quello del Leopard 2, con 4 marce avanti e due retromarce, con tre livelli di sterzatura tra cui quello sul posto; la trasmissione è abbinata a riduttori epicicloidali con freni a disco del tipo Messier, francesi, prodotti su licenza. Il carburante, sufficiente per circa 550 km su strada è in due serbatoi principali, e presumibilmente comprende una quantità di combustibile dell'ordine dei 1.200-1.400 L. Il treno di rotolamento è costituito da 7 rulli per lato, più 4 piccoli rulli guidacingolo superiori, uno di rinvio anteriore e quello motore posteriore. Quello anteriore è regolabile come sistema tendicingolo. Gli ammortizzatori idraulici sono su ben 5 delle 7 ruote, ma le sospensioni principali sono costituite da barre di torsione. I cingoli hanno denti di guida centrali e pattini di gomma sostituibili, e sono un altro retaggio dei Leopard.

Il pilota ha posto di guida sulla destra dello scafo, con 3 episcopi diurni e quello centrale, di notte di tipo IL.

La protezione è stata studiata dalla OTO Melara su specifiche dell'Esercito. È composita sul frontale dello scafo sul frontale e sui lati della torre, ma nonostante le dimensioni limitate del mezzo la massa complessiva suggerisce che essa non sia particolarmente robusta rispetto ai carri armati coevi, specie le versioni avanzate dei vari Leopard 2, M1A1, Challenger, ecc. Non ha elementi di tipo ERA o aggiuntivi, beninteso nella configurazione originale. I sistemi di protezione non sono solo lo spessore e la qualità delle corazze: infatti, a parte la mobilità i carri moderni fanno affidamento, e l'Ariete non fa eccezione, anche su: apparato NBC (qui sistemato nella parte posteriore della torretta), sistema di soppressione antincendio automatico o manuale sia per il comparto motore sia equipaggio; la vernice, di tipo piuttosto 'stealth', nel senso che (come per esempio anche nel caso dei carri Leopard e degli elicotteri) si tratta di un composto piuttosto opaco nel settore infrarosso: riflette poco la luce IR, e isola piuttosto bene il calore interno (evidentemente si tratta di vernici, dato anche il colore opaco, con una base importante di carbonio). Sempre in tema di visibilità, da segnalare la presenza degli 8 lanciagranate Weggmann da 3 pollici/76 mm (praticamente gli stessi del Leopard) sistemati in una fila di 4 per ciascun lato della torretta, per disimpegnarsi da situazioni tattiche pericolose (a maggior ragione se sono usati sistemi di tipo speciale, per esempio per assicurare anche la copertura nel settore IR), mentre non pare vi sia anche l'iniettore di gasolio dei tubi di scarico per consentire una cortina nebbiogena mobile. Infine, già all'epoca dei primi prototipi si stava pensando a un eventuale sistema di allarme capace di rilevare raggi laser (sia come armi d'illuminazione sia come sistemi telemetrici). La sinergia, specie se vi fosse stato un sistema automatico, tra l'allarme sui laser e la rapida produzione di una cortina nebbiogena ad alto potere di sbarramento (lanciando per esempio 4 degli 8 candelotti pronti al tiro) avrebbe potuto fare la differenza tra la vita e la morte in molte situazioni tattiche.

L'armamento è costituito da un pezzo da 120/44 mm OTO, con canna ad anima liscia realizzata con procedura ad autoforzatura per incrementarne la resistenza, organi elastici coassiali, otturatore a cuneo verticale. Non è ben chiaro che tipo di arma sia: viste le caratteristiche generali, la lunghezza, il calibro, ecc. dovrebbe essere una sorta di versione prodotta su licenza del cannone del Leopard 2 tedesco. Le munizioni sono di tipo APDFSDS e HEAT-MP, ma non sono più presenti i tipi HE puri, come anche gli HESH e i WP. I proiettili sono del tipo a 'cartoccio-proietto' che sono più rapidi da caricare, ma pesano 23 kg e sono lunghi 90 cm, cosa non certo d'aiuto specie se il carro spara in movimento veloce su terreno vario. La riserva è di 42 colpi. Notare bene che questi non sono sistemati in un sistema antiesplosione tipo la controcarena dell'M1 Abrams, ma non sono nemmeno sistemati un po' dappertutto come sul carro M60 (diretto predecessore) o Leopard 1 (diretto antenato, non sono, come è stato chiarito, la stessa cosa: l'Ariete succede agli M60 ma discende alla lunga dai Leopard e dall'esperienza con questi ottenuta). Questo munizionamento è presente così nella parte anteriore dello scafo e nel cesto di torretta, in una riservetta corazzata a pianta di 'ferro di cavallo'. La cosa non è tuttavia paragonabile alla sicurezza offerta dai pannelli di sfogo e dalle paratie che servono a tenere il vano equipaggio fuori dall'esplosione. La questione è che, in buona sostanza, se un colpo penetrasse nel carro non lo farebbe quasi automaticamente esplodere come un pacco di fuochi d'artificio, come accade nel caso dei carri T-64/72/80 (tristemente noti per questo 'difetto'), ma lo stivaggio del 90% dei colpi in una controcarena corazzata (M1 Abrams), idem ma solo per il 50% (Leopard 2), le cariche di lancio protette da cassette con liquido ignifugo (Challenger) sono un'altra cosa. Così un Ariete potrebbe benissimo essere colpito, per esempio su di un fianco, ed esplodere con la perdita della torretta. Della corazzatura non si sa bene di che si tratti, ma nel caso del Leopard 2, per esempio, non è una composita Chobbam, ma è un tipo di corazzatura 'perforata'. Per quanto possa sembrare assurdo, questo tipo di armatura aiuta molto a destabilizzare proiettili e granate in fase di perforazione, e non richiede studi su materiali esotici e costosi. Lo scafo è leggermente più basso, in proporzione, rispetto al layout del Leopard 1 e quindi le pareti sopra i cingoli sono di tipo verticale, come del resto i lati della torretta. Le prese d'aria sono sui lati delle stesse, nella zona posteriore, giusto come nel caso del Leopard 1.

L'apparato di controllo del tiro è molto avanzato, e si è posto, assieme a quello del Leclerc, in una categoria più evoluta rispetto a quella, già molto avanzata e costosa (il costo di un sistema di osservazione e controllo del tiro moderno arriva anche al 20% di quello totale di un carro armato, se non di più: i tempi dei 'fuciloni d'aggiustamento' sono finiti...) dei carri come l'M1 e il Leopard 2. Il primo non ha praticamente un periscopio per il capocarro (eccetto il minuscolo mirino 3x per il controllo della mitragliatrice M2 HB da dentro il carro), il secondo ha un visore valido, ma privo di una via notturna. L'Ariete adotta una soluzione intermedia tra questa e quella 'definitiva' ovvero una costosissima camera indipendente per la visione IR a parte del capocarro (che nei due casi precedenti era prevista per l'M1A2 e per il Leopard 2A5), ovvero un periscopio panoramico stabilizzato che è semplicemente un modello della SFIM francese, specializzata in questi sistemi di visione. Ha una via diurna e una via notturna con sistema IL, meno efficace ma anche molto meno costoso di una camera termica. Per il resto v'é una camera termica e un sistema ottico per il periscopio del cannoniere, fisso in avanti, con visione stabilizzata, e telemetro laser con portata di 9995 m, simile a quello del SIDAM ma più compatto. Vi è un calcolatore balistico digitale Cosmo, della Marconi Italia, che opera i calcoli di tiro utile in base alla munizione impiegata, alla temperatura delle cariche di lancio, ai sensori meteo (umidità, vento, ecc.), velocità del veicolo e così via. È possibile far funzionare il sistema anche in modalità 'degradata' con l'esclusione del computer, sistema di stabilizzazione e di movimentazione della torretta (di tipo elettroidraulico). Per aiutare la mira in caso di emergenza vi è anche un cannocchiale di puntamento abbinato al cannone con reticolo balisticio per il puntamento, affidandosi più che altro alla traiettoria molto tesa dei colpi (specie i perforanti decalibrati). Il sistema di controllo del tiro, nell'insieme, è noto come TURMS, roboante acronimo di Tank Universal Reconfigurable Modular System. Nel caso dell'Ariete è installato quello di terza generazione, ma in futuro si pensava anche a un sistema di visione indipendente, con camera termica, per il capocarro, e quello sarebbe stato il TURMS di quarta generazione, ma anche il più costoso di tutti. Difficile dire quali erano i due precedenti TURMS, forse quelli sviluppati per l'OF-40 e l'OF-40 Mk 2. Si tratta del primo sistema italiano con ottica 'master' ovvero con la linea di mira del cannone stabilizzata in relazione (con spostamenti massimi di 0,1 mrad) a dove sia puntato il periscopio di mira, sia quello del cannoniere o quello del capocarro. I sistemi di stabilizzazione precedenti invece 'trascinavano' il periscopio di puntamento dove era diretto il cannone. Il modo operativo è filosoficamente (nemmeno a dirlo) tedesco, con 3 modalità principali: osservazione da parte del capocarro, mira da parte del cannoniere che manda anche al capocarro l'immagine di quello che vede, e il sistema opposto con il capocarro che prende il controllo della situazione e punta l'arma verso il bersaglio, realizzando così una maggiore velocità di ingaggio dato che ha un periscopio panoramico che sfrutta per guardarsi attorno. Esistono anche periscopi per capocarro, cannoniere e caricatore (dall'altro lato della torretta, a sinistra del cannone). Il cannone di per sé ha un manicotto termico antidistorsione, e per incrementare ancora la precisione ha un sistema MRS che gli dà la caratteristica forma di un 'mirino' alla fine della canna. In effetti è proprio questo a cui serve: controllare l'effettivo parallelismo tra ottiche e cannone, che talvolta può essere sballato da varie cause, grazie allo specchietto che contiene e che guarda verso una finestrella attraverso cui viene percepita l'esatta posizione della canna. Questo sistema non è presente sul Leopard 2, ma lo è, curiosamente, sull'M1 Abrams, fin dal tempo dei carri con il cannone da 105 mm. La stabilizzazione dell'armamento e le sospensioni consentono il tiro in movimento: ma mentre un mezzo come il Leclerc spara con precisione anche sui 30-40 km/h, l'Ariete è costretto a rallentare a 15-20 km/h a seconda del terreno.

Il piano per gli Ariete, attorno al 1990, era di mettere in servizio 300 carri entro il 1996, al costo di 1.900 miliardi di lire.

L'Ariete ha poi avuto una storia piuttosto travagliata, e dopo qualche anno la situazione era tale che, per vari problemi legati ai costi, si decise di ridurre a 200 i veicoli da comprare, al costo, indicato nella finanziaria del 1992, di modici 1.378 mld. Questa previsione non è stata comunque rispettata. In seguito il bilancio per gli Ariete, tra inflazione e aggiustamenti (per esempio, il sistema d'allare laser e il potenziamento del motore da 1.200 a 1.300 hp) ha raggiunto un valore quasi uguale a quello previsto originariamente, ovvero appena pochi anni prima, per 300 carri armati: nel bilancio della difesa del 2000 erano previsti già costi di ben 1.660 mld per i 200 carri, passando così da previsioni di un costo medio di 6,3 mld del 1990 a 8,3 mld di 10 anni dopo: non un aumento drammatico quando corretto dall'inflazione, ma pur sempre un aumento non trascurabile. Inoltre le consegne incominciarono verso la metà degli anni '90, quando avrebbero dovuto finire secondo i programmi iniziali, e terminarono solo negli anni '20. Del resto anche per il coevo Leclerc le riduzioni e le dilazioni sono state molto consistenti, solo che se non altro si è mantenuto un livello di 400 mezzi, sufficiente per l'esercito (ma in origine si parlava anche di 1.100-1.400 veicoli).

L'Ariete, in tempi di magra come quelli in cui s'é venuto a trovare, non ha mancato di causare polemiche sul tipo di mezzo che l'E.I. intendeva adottare. Nondimeno, su di un percorso di 10 km venne confrontato attorno alla fine del '92 con altri 2 carri armati, ovvero il Leopard 1 e l'M60A1. In appena 10 km di percorso cross-country ha staccato in media di ben 7 minuti l'M60, ma è riuscito anche a dare 3 minuti e mezzo al Leopard, nonostante che questo fosse rinomato per l'alta mobilità e che fosse in una versione ancora piuttosto 'nuda' rispetto a quella di un carro armato come il Leopard 1A5. La ragione era, nonostante tutto, un rapporto potenza-peso di circa 24 hp/t contro 20-21, ovvero circa il 15-20% in più, il che dava una migliore accelerazione e ripresa, e anche una leggermente superiore velocità di punta con un picco di oltre 70 km/h (nominalmente erano 65, ma attenzione, i carri moderni riescono spesso a superare, differentemente dai loro avi, la velocità 'ufficiale', persino con picchi dell'ordine dei 100 km/h...), ma anche un sistema di sospensioni capace di mantenere meglio le curve ad alta velocità rispetto a quanto possibile al più delicato Leopard 1. L'M60, invece, con i suoi 13-14 hp/t è stato proprio stracciato. Tutto questo venne ottenuto nonostante l'Ariete fosse stato appesantito con una zavorra dalle 52 t originarie a ben 55. Però il motore era stato a sua volta potenziato da 1.200 hp a 1.270 (non è chiaro se l'obiettivo finale fosse 1.300 netti, come indicato da molte fonti), per compensare in qualche modo l'aumento di peso, visto che originariamente era di circa 50 t. Il rapporto potenza-peso, così, è passato da 24 a 23,1 hp/t, ancora di quasi il 10% migliore del Leopard e quasi il doppio rispetto all'M60. Peccato che non siano stati divulgati dati sul tempo totale di percorrenza, forse dell'ordine del quarto d'ora.

Il costo base dell'Ariete all'epoca era stimato in circa 5,4 mld per mezzo, ma il costo del programma era di 1.400 mld dato che in questo erano compresi anche: 18 mld per l'acquisto del sistema d'allarme laser, oramai deciso (al 1992), 130 per il supporto logistico, 44 per collaudi e munizionamento, 70 per l'avvio della produzione e 50 per lo studio riguardo al previsto successore Ariete 2. Le disposizioni interne dell'Ariete presentato all'epoca comprendevano 15 colpi di pronto impiego stivati verticali (non esattamente la miglior forma di protezione...) sul cestello torretta, in una struttura corazzata, e 27 nella parte anteriore dello scafom a sinistra del posto di pilotaggio. La protezione antiesplosione non era quindi particolarmente curata rispetto all'M1 e anche ad altri carri. Nella controcarena c'era il calcolatore digitale Cosmo, l'apparato di ventilazione e quello NBC, nonché la radio RV-3/4. Lo spazio è maggiore rispetto a quello consentito dal Leopard 1, ma il conduttore può entrare dal suo portello solo se la torretta è girata a ore 3 o 9. La visione del capocarro era affidata al sistema panoramico della SFIM ma anche a 8 periscopi fissi con visione di 360 gradi eccetto il periscopio anteriore, che fa da ostacolo. Il caricatore, a sinistra, invece ne ha solo 3 e tutti rivolti verso l'avanti. La mitragliatrice MG 42/59 è installabile su di una rotaia che può essere sia sopra il portello del capocarro sia quello del caricatore (oppure di tutt'e due, magari con un piccolo scudo protettivo, come è successo poi in azioni di 'peace keeping' o di occupazione militare che dir si voglia). Sul fondo del carro c'è un'uscita d'emergenza, utilizzabile dal pilota ma anche dagli altri dell'equipaggio se la torretta è orientata a ore 6. Si tratta di un utile ausilio (anche se potenzialmente vulnerabile alle mine) per scappare dal mezzo sotto il fuoco nemico, senza sgusciare dall'alto dei portelli (o anche per entrare, se il portello è lasciato aperto). La dotazione di bombole antincendio è di 6 (almeno sul prototipo), sull'abitacolo del servente vi era la manopola di bloccaggio torretta, pannello elettronico per la presentazione delle munizioni selezionate, allarme laser, sistema NBC e antincendio, ectc., mentre il comandante tra l'altro aveva i comandi di sparo nebbiogeni e il pannello d'allarme laser, 2 cloche per orientare la torretta e molti altri sistemi, tra cui quello di sparo in emergenza del cannone, a magnete, uguale a quello del Leopard 1.

Le alternative all'Ariete sono state vagliate: l'offerta tedesca per il Leopard 2 era per 4,5 miliardi al pezzo più però le forniture logistiche, mentre una co-produzione avrebbe invece aumentato i costi del 20%. L'Ariete almeno come sistema di osservazione e di tiro era migliore (nessuna sorpresa, la tecnologica in 10 anni ne ha fatti di progressi), ma soprattutto si è voluta preservare l'industria nazionale del settore, ovviamente soprattutto Fiat-Iveco con 248 subappaltatrici (in particolare Galileo con il 14,8%, Marconi Italia con il 6,4%, Marelli Avio con l'1%). Nondimeno, il 14% dei materiali è stato comprato dall'estero, per non parlare delle licenze varie (le munizioni, per esempio, ma anche presumibilmente lo stesso cannone, sia pure realizzato in maniera leggermente diversa). L'M1 Abrams costava di meno rispetto a tutti gli altri ma la turbina non ha convinto concettualmente e come consumi. Il Leclerc era disponibile più o meno negli stessi tempi e non costava meno di 7 miliardi al pezzo.

Per l'Ariete si stava pensando allo sviluppo di un Ariete 2, che in parte giustificava la riduzione dei carri armati da 300 a 200, carro che avrebbe avuto un motore da 1.500 hp (pareggiando la potenza di M1, Leopard, Leclerc), cannone automatico, possibilmente da 140 mm, ecc. Erano già allo studio irrobustimenti della corazzatura, tanto da prevedere l'aumento di peso a ben 55 t. In effetti sono stati sperimentati due kit di modifica, e almeno uno, quello più leggero, era stato adottato attorno al 2003 da alcuni carri armati, mentre un altro, più pesante e non privo di controindicazioni per il mezzo era stato approntato per missioni PSO, con il mezzo usato per lo più come 'fortino mobile' piuttosto che come macchina mobile da contrasto dinamico.

Nell'insieme l'Ariete si potrebbe definire come un 'Super Leopard 1', ma le polemiche non hanno certo risparmiato questo prodotto dell'ingegno italico, specie quando, durante una delle prime prove, il veicolo è andato in avaria e la prova, alla presenza di vari 'papaveri' è saltata. In seguito si è dimostrato in grado anche di fare 10 centri consecutivi sparando da carro in movimento a carro in movimento, ma questo è arrivato poi. I costi, previsti in 1300-1400 mld. ancora attorno al 1992, sono lievitati a circa 1660 se non più mld. Si tratta a dire il vero di un carro armato onesto, con un consumo abbastanza ridotto, una massa e dimensioni non eccessive, costo ragionevole. Tuttavia il sospetto che si sia trattato soprattutto di un 'aiuto' alla florida industria degli armamenti italiana, che il risultato sia una specie di copia 'scolorita' rispetto al Leopard 2, e che in generale il gioco non abbia valso la candela non si è mai dissipato, così come gli 'scatoloni' di corazze aggiuntive laterali non dicono molto di buono sulla protezione basica del mezzo (da sempre considerata piuttosto scarsa).

Nazioni come la Spagna, con programmi come il LINCE avrebbero in effetti voluto carri armati meno complessi e pesanti del Leopard 2, da circa 45 t. Nonostante la presumibile disponibilità per l'export, di fatto nessun contratto è stato mai discusso per questo mezzo: il resto del mondo ha preferito, a quanto pare, puntare diritto sui Leopard 2 e M1. A questo proposito, va ricordato che gli olandesi, senza troppa 'industria autarchica' da sostenere, specie come mezzi corazzati, sono stati tanto pragmatici da dar seguito al carro Leopard 1 con il Leopard 2, ben 445 mezzi, ovvero molti di più di quanti Ariete erano previsti, ottenendoli quando erano necessari (=Guerra fredda), cosa non certo di poco conto. È difficile risolvere una crisi ammonendo che di qui a 5-10 anni avrai i mezzi per riuscirci. E la Guerra fredda è finita ben dopo che l'Ariete è risultato approntato per la produzione. Costruire da parte italiana dei Leopard 2 su licenza sarebbe stato quindi, vista anche l'esperienza positiva con il Leopard 1, una scelta perfettamente logica, economica e plausibile. Invece, e non è stata certo la prima volta, si è voluto dare troppa importanza alle industrie locali (che data la mai eccelsa tradizione nel settore carri, non si vede in che modo, come nella stampa specializzata pure si è affermato, sarebbero state 'sminuite' dal produrre su licenza il miglior carro armato europeo e forse mondiale) e ai bilanci statali. Come colmo d'ironia, attualmente si parla con insistenza di comprare alcuni Leopard 2 tedeschi di seconda mano per rimpiazzare gli ultimi Leopard 1. Negli anni '80 successe qualcosa di simile, quando comparivano articoli autorevoli che sminuivano le capacità degli F-16 se comparati agli F-104S (erano un poco più veloci, portavano gli Sparrow, come se non fossero già in approntamento gli F-16ADF e se le prestazioni di combattimento a mach 2 fossero realmente importanti). Come sappiamo, adesso gli F-16 di seconda mano sono stati comprati per rimpiazzare gli ultimi F-104ASA/ECO (ciascuno di questi programmi d'aggiornamento è costato centinaia di mld). Ci sarà stato pure un buon motivo se nel resto d'Europa gli F-16 hanno rimpiazzato senza patemi d'animo gli F-104 e persino gli F-4. In Italia si preferì invece l'F-104ASA e lo sviluppo del cosiddetto 'caccia leggero' AMX (dalla stessa originaria collaborazione con gli svedesi, finita ben presto, sarebbe nato il Gripen). Ma le decisioni sul 'procurement' raramente sono avulse da interessi industriali ed economici; produrre un carro come il Leopard 2, per esempio, avrebbe significato poi non poterlo esportare in certe aree del pianeta dove gli armamenti tedeschi non sono autorizzati (da qui quella sorta di 'escamotage' da cui è nato l'OF-40).

Di recente gli Ariete sono stati impiegati in guerra, o meglio in missioni di 'Peace Enforcing', inviati in un certo numero in Iraq dopo il 2003 e fino al 2006. Ma non sono questi i mezzi più 'amati' nelle missioni di Peacekeeping, ma le 'Centauro'. Il programma Ariete si è fermato qui, a parte altri miglioramenti (si parla anche di un nuovo motore da ben 1.600 hp), mentre l'Ariete 2 è stato cancellato. Questo significa che il totale di 1.700 carri presenti attorno alla metà anni '80, previsto in calo a 700 negli anni '2000, in realtà già da diversi anni è ridotto a 200 Ariete e 120 Leopard 1A5. La mancanza di successi export (a cui certamente è stata data una certa attenzione, dopo lo 'stuzzichino' degli OF-40 arabi), e di un altro carro successore ha gettato più di un'ombra sulla reale utilità di progettare un carro moderno solo per produrne 200 esemplari. I 700 mezzi da combattimento, in compenso, sono raggiunti se si considerano le blindo 'Centauro'. Ma questa è un'altra storia.

Centauro in Irak. Ha una corazza aggiuntiva sulla torretta, ma non sullo scafo, forse per via del risparmio di peso.

Questo mezzo è nato con un programma non ben chiaro nella sua origine ed evoluzione. Quello che è certo è che l'Italia non aveva una tradizione sulle autoblindo degna di nota, fino a questo progetto molto avanzato. A parte le blindo AB40 e 41, armate con un cannone da 20 mm e usate in un numero limitato (la loro meccanica, efficiente, era anche piuttosto complessa da costruire) durante la guerra e anche dopo, poi l'E.I si adattò alle M8, che peraltro erano le migliori blindo americane, eccellenti veicoli 6x6 anche se con torretta scoperta, ma armate con un pezzo da 37 mm. Ma questo veicolo di fatto è stato radiato senza sostituzionee solo negli anni '70 apparvero finalmente dei corazzati italiani di progettazione originale. Erano i blindati 4x4 della serie 6600, prodotti dalla Fiat: il 6614 APC, e il 6616, la blindo. Pesanti circa 8 t, corazze di spessore di 7-8 mm in acciaio saldato, molto inclinate, soprattutto davanti, per rendere possibile una difesa balistica ottimale nei limiti degli spessori. Veicoli 'onesti', simili a tanti altri della categoria, ebbero destini diversi. La 6614 venne esportata in varie nazioni, soprattutto Perù (con tanto di versione portamortaio da 81 mm, ma erano previsti anche tipi lanciarazzi multipli leggeri da 51 mm e altri allestimenti) e ancora di più Corea del Sud, che ha comprato anche la licenza di produzione per un totale di circa 500 veicoli. In tutto ne sono stati costruiti circa 1.000, né tanti né pochi. In genere l'armamento era di una torretta da 7,62 mm binata per un uomo solo, e c'era la possibilità di portare e far sparare dall'interno una squadra di fanti. In pratica è stato usato in Italia solo da reparti di polizia, come del resto anche è accaduto alle 6616. Queste non hanno avuto export alcuno e solo una cinquantina di esemplari sono stati costruiti per i carabinieri (che erano e sono un corpo militare). Armate con una torretta per due posti con la potente mitragliera Rh-202 da 20 mm +1 MG42/59 da 7,62 mm, una versione migliorata con una torretta armata con un pezzo Cockerill belga da 90 mm venne approntata anni dopo, ma non ha ottenuto attenzione alcuna in un mercato già saturo di prodotti similari.

Dati questi precedenti è davvero difficile spiegarsi come a un certo punto all'E.I. venne l'idea di munirsi di una blindo che al contrario è diventata la più costosa, pesante e potente della NATO (superata come peso solo dalla Roiikat sudafricana). Per esempio, nel caso della Francia l'evoluzione delle blindo è stata vasta ma graduale. La B1 Centauro è stata pensata con un lungo dibattito concettuale, e alla fine è diventata un bestione di gran lunga più costoso e pesante delle altre blindo. Il prototipo apparve in fretta, attorno al 1987 e pochi anni dopo entrò in produzione per rimpiazzare i Leopard di molte unità, soprattutto nel caso di quelle blindate. A maggior ragione tutto questo è 'strano' se si considera come, nonostante fossero ben più economici e nonostante l'esperienza della Fiat-Iveco sui mezzi ruotati, non si sia costituito delle truppe blindate su veicoli ruotati, come quelle messe sù dal Patto, dai Francesi, dagli Spagnoli e dai Tedeschi, per dirne alcuni. Invece si costruirono quasi 5.000 mezzi della famiglia M113, tutti rigorosamente cingolati. Eccetto questi, non v'erano altro, nell'E.I, che autocarri a trazione integrale, mentre i blindati serie 6600 non sono mai stati presi seriamente in considerazione.

La Centauro ha una blindatura di acciaio saldato, molto inclinata ma non molto spessa, con alcuni miglioramenti introdotti successivamente: dal 101° esemplare ha avuto una corazzatura migliore: questa comprende un inspessimento della blindatura d'acciaio ma anche una pannellatura interna della Mikrex, in kevlar, capace di fermare anche a distanza ridotta (diciamo sui 100 m) le munizioni da 12,7 mm ordinarie, e da circa 300-500 m quelle da 14,5 mm, nonché le micidiali schegge da 155 mm da 15 m di distanza rispetto all'esplosione. L'incremento di peso è di circa 800 kg. Dal momento che il motore è avanti a destra, dietro c'è lo spazio per ospitare 2-3 uomini, ma in assetto molto precario. Dal 251° esemplare venne quindi allungato lo scafo di 22 cm per portare 4 esploratori con un certo confort, in ogni caso al posto di parte delle munizioni (14 sono in torretta, 24 nello scafo posteriore in 'rack' da 12 colpi). Per i mezzi precedenti era in studio, nel '92, un kit per ospitare 2 uomini e un pacco munizioni (quindi solo 26 colpi in tutto). Era allo studio un sistema d'allarme laser collegato ai lanciagranate da 80 mm Galix, della Lacroix francese, capaci di generare in meno di un secondo una cortina fumogena anche nello spettro infrarosso, e persistente per alcune decine di secondi. Si studiava anche un kit per la corazzatura da retrofittare sui primi 100 mezzi, anche se probabilmente questo valeva solo per i pannelli interni.

L'armamento della Centauro è costituito da un cannone da 105/52 mm, di tipo a 'lungo rinculo', con un freno di bocca a più luci, estrattore di fumi, manicotto termico, sistemato in una torretta piuttosto piccola e con una massa di circa 5 t (circa un quarto di quella di un carro armato tipo Ariete). I sistemi di controllo del tiro sono come quelli dell'Ariete, a cui rimandiamo. Va detto però che qui il capocarro non è dietro il cannoniere ma a sinistra del cannone (come si capisce dalla posizione del periscopio panoramico). Questo, della SFIM, se è uguale a quello del Leclerc consente una visione IL a 2,5x e due ingrandimenti diurni con 2,5 o 10x. Nonostante il suo volume questo ha quindi meno ingrandimenti (e senza zoom) di quello del Leopard 1, anche se è molto più avanzato. La Centauro non ha lo stesso livello di stabilità dell'Ariete: anche se spara con un cannone meno potente e a lungo rinculo (con una forza di rinculo attenuata dal freno di bocca), e per fare 'centro' deve fermarsi per qualche istante e sparare, specie se si muove su terreno vario. La dotazione di colpi è di 38 proiettili senza truppe dentro lo scafo, poi ci sono 2 (in seguito 3, con lo stesso discorso visto per l'Ariete) da 7,62 mm del tipo MG 42/59.

Il motore è un Diesel della stessa famiglia di quello dell'Ariete, un Fiat MTCA (lo stesso del 'Dardo') da 520 hp, con trazione motrice 8x8. La velocità max è di 100 km/h (gli pneumatici sono capaci di reggere fino a 120 km/h), l'autonomia di 800 km su strada.

Le dimensioni sono imponenti: lo scafo è lungo 7,4 m, col cannone avanti (nonostante che la torretta sia sistemata nella zona centro-posteriore) 8,51 m, la larghezza è di 3,05 m e l'altezza, tutto compreso, 2,71 m. La vecchia 6616 pesava un terzo, e le dimensioni erano invece di 5,37 x 2,5 x 2,03 m.

La Centauro è diventata molto, e meritatamente, famosa per il suo impegno nelle missioni di 'Peace Keeping' et similia ('Peace enforcing', praticamente una guerra a bassa intensità), incominciando dalla Somalia. Visto che i primi 5 esemplari apparvero in una esercitazione 'Farfadet' italo-francese solo nel '92, anche questi sono mezzi realizzati in ritardo per la Guerra fredda. Per incrementare la protezione sono stati applicati due kit di corazze distanziate, uno britannico insistente soprattutto nella torretta, l'altro per la torre e i lati dello scafo a forma di mattonelle (ma non è una corazza reattiva). 24 mezzi sono stati inizialmente dalla Spagna nel 1999 e ne sono seguiti altri per un totale di un'ottantina.

Insomma, la Centauro è di sicuro il mezzo più popolare della 'nuova generazione' dell' E.I. Questo anche perché l'ordine originario era per ben 450 mezzi, e la decurtazione, differentemente da quella dell'Ariete, Dardo e persino SIDAM, è stata limitata a meno del 10% del totale. Inoltre, SIDAM a parte, ha avuto una decisa preferenza nella priorità delle compere per i nuovi mezzi, tanto da avere la preferenza sui carri armati, pure coevi, tipo 'Ariete' (del resto la Fiat-Iveco è un colosso industriale e 'contava' molto di più della OTO-Melara).

Il costo delle Centauro, soprattutto per la considerevole complessità del sistema TURMS, è stato davvero notevole: ben 1.500 mld abbondanti stimati già nel 1992 per appena 400 mezzi, ovvero circa i 3/4 del costo dei 300 Ariete. La produzione avrebbe visto 10 prototipi, 90 di serie entro il 1992, addirittura 120 nel '93, 100 nel '94 e 80 nel '95. Quindi in tutto si è trattato di 390 mezzi di serie e 10 prototipi, a fronte di 450 (tutti di serie?) preventivati. Nonostante questi costi notevoli, i tagli sono stati ridotti e la consegna molto rapida. Questo non è un fattore di poco conto rispetto ai tagli a ripetizione che hanno colpito altri importanti programmi: cancellazione di FIROS, OTOMATIC, ritardi e tagli notevoli agli Ariete e alle blindo leggere Puma, VCC-80 e altri sistemi ancora.

Difficile criticare una blindo di successo come la Centauro, che per le missioni di Peacekeeping ha indubbiamente 'la faccia giusta': imponente, rapida, ben armata, con un cannone piuttosto minaccioso e dispositivi di visione ognitempo. Ma è reale tutta questa gloria? Specialmente all'inizio, si è pensato di no. E i dubbi su di un impiego in un largo combattimento convenzionale non sono mai stati realmente dissolti. Vediamo perché.

La Centauro ha un sistema di controllo del tiro analogo a quello dell'Ariete, ma non è così per il resto. Il motore è sistemato davanti, il che offre protezione aggiuntiva (a scapito del motore...), ma solo sul lato destro. Il pilota non ne trae giovamento, inoltre ha un posto di pilotaggio veramente (e sorprendentemente data la taglia del veicolo) angusto. Anche la torretta è piuttosto piccola se comparata a un carro armato, nonostante debba ospitare 3 uomini. Il vantaggio della configurazione scelta è di avere un portello posteriore, molto utile per varie ragioni, dall'ospitare altre persone a riarmare rapidamente il mezzo, ma la disposione è più simile a quella di un APC cingolato che a quella di una blindo e questo non necessariamente è un fattore del tutto positivo (anche se è tornato utile poi per la versione da trasporto truppe VBC).

La Centauro è stata descritta in tanti modi: cacciacarri, carro leggero, autoblindo, mezzo da intervento rapido. Quest'ultima è stata la sua vera ragione d'essere. La Centauro si vedeva originariamente 'giustificata' dal fatto d'essere un mezzo rapidamente rischierabile per fronteggiare situazioni di crisi: ovvero, nello scenario della Guerra fredda, visto che le unità corazzate italiane erano dislocate nel Nord-Est, se 'qualcuno' invadeva il Sud Italia, allora questi mezzi sarebbero rapidamente intervenuti. Questo però non è un tipo di spiegazione convincente. A meno che la psicosi causata dall'invasione della Sicilia del '43 non albergasse in chi ha immaginato questo impiego, c'è da dire che solo i commandos sovietici e libici potevano eventualmente fare colpi di mano nel Sud-Italia, e certo non c'era bisogno di spostare masse corazzate dal Nord per affrontarli, anche perché esistevano pur sempre i corazzati della scuola di Lecce. E poi, se il problema percepito era questo, allora tanto avrebbe valso stanziare un battaglione corazzato direttamente in Sicilia. Uno della trentina disponibili non avrebbe fatto molta differenza, per lo strumento schierato alla 'porta di Gorizia'.

A parte il preposizionamento, i paragoni si dovrebbero fare con quanto sia rapido spostare i mezzi da un fronte all'altro, tenendo presente della loro reale validità, al di là delle elucubrazioni teoriche. Le 'Centauro' erano e sono rapide su strada, ma solo se comparate ai mezzi cingolati, dopotutto con 100 km/h e 800 km di autonomia non sono diverse da un normale autocarro a pieno carico. Se si considera solo quale sia il tempo di percorrenza (e in tempo di pace) della Salerno-Reggio Calabria, è chiaro che puntare sulla velocità su strada è poco produttivo. Un veicolo portacarri con un Leopard avrebbe mantenuto probabilmente una media appena inferiore (e in assenza di ingorghi), ma avrebbe poi sbarcato un carro senza compromessi. Un altro modo è la ferrovia, vulnerabile ad attacchi sulle sue linee più di qualunque altro tipo di comunicazione, ma un treno merci è un sistema ragionevolmente rapido per spostare veicoli con rapidità. Un traghetto rapido (20-30 nodi) ha anch'esso la sua validità.

Ma vi è ancora un'altra possibilità, l'aviotrasporto. Se al posto della Centauro vi fosse stata per esempio, una macchina come l'AMX-10RC da 15 t, o una Centauro 'equivalente'(per esempio, 6x6), sarebbe stato possibile imbarcarne una dozzina e portarli da Venezia a Palermo in poco più di 3 ore a bordo di altrettanti C-130H Hercules. Abbassando i requisiti operativi vi sono le blindo 6616, oppure, se si cercano mezzi capaci di contrastare addirittura i carri armati (che avrebbero al più potuto portare gli americani, e in caso di una improbabile guerra con l'Italia di Craxi), le AML da 5,7 o le ERC-90 da 7,8 t. In sostanza, con circa 50 G-222 e C-130, se il problema era quello del rischieramento rapido, si sarebbe potuto caricare un intero battaglione di questi veicoli (per l'appunto ospitabili anche dai G-222) e portarli in qualche ora ovunque nel territorio nazionale. Inoltre, una volta arrivati sulla punta della Calabria, treni, autoblindo, rimorchi si sarebbero tutti dovuti fermare e aspettare per un traghetto. Gli aerei invece avrebbero continuato senza problemi giungendo facilmente in Sicilia.

Le Centauro, quindi, come spiegamento strategico non sono affatto 'rapide' da schierare: poco più veloci dei rimorchi autocarrati, e forse dei treni (sempre che le strade siano decenti), non trasportabili da nessun aereo italiano (anche se i C-130 hanno il vano di carico largo 3,12 m contro 3,05 della Centauro, questa a pieno carico è troppo pesante), sono trasportabili solo via mare o via terra. Come autoblindo sono molto grandi e visibili, addirittura più grosse di un carro. Come cacciacarri sono abbastanza efficienti, ma un veicolo ben più semplice con missili TOW può colpire con efficacia un carro armato moderno anche a 4 km di distanza, cosa che ben difficilmente un pezzo da 105 mm può eguagliare, anche nelle migliori condizioni. Inoltre le Centauro 'trasporto truppe' sono (come del resto il Merkava) nel migliore dei casi un ripiego. Infine, come carro da combattimento sono troppo vulnerabili. Si criticano i carri armati sovietici per la vulnerabilità alle armi occidentali, ma se non altro non hanno bisogno di corazze aggiuntive per resistere ai colpi di mitragliatrice pesante, anzi frontalmente hanno una buona resistenza ai colpi da 105 e anche da 120 mm, dipende dalle versioni. Inoltre le ruote sono sempre vulnerabili a schegge e pallottole, se non al fuoco nel senso più letterale del termine (leggi napalm e molotov).

Poi c'è il costo: quasi 4 mld per blindo. L'E.I. ha rottamato i suoi carri Leopard 1 senza nemmeno tentare (eccetto che nel caso dei Leopard 1A5, e giusto grazie alle torrette di 'seconda mano') di aggiornarli, come avrebbero indubbiamente meritato (e come è stato fatto da molti utenti: Germania, Canada, Belgio, ecc.). Il costo per 400 carri era stimato in circa 650-700 mld comprendendo il sistema di controllo del tiro TURMS. Questo significa che a parità di costo tutti i Leopard 1 dell'EI avrebbero potuto essere ammodernati. È significativo poi considerare il successo all'export' della Centauro. Questa è stata valutata (negativamente) dall'US Army, è stata comprata in alcuni esemplari dagli spagnoli. Ma questi successi dovrebbero piuttosto dimostrare, paradossalmente, come la Centauro non sia stata un progetto 'di successo'. Essendo tanto avanzata e moderna, e diversa da altre blindo, avrebbe dovuto ottenere molti più successi rispetto a quel poco che ha raccolto, e solo dopo ben 10 anni dal prototipo. Gli altri eserciti hanno preferito ammodernare i loro carri armati o comprarne di nuovi, assieme a mezzi per la fanteria e artiglieria. Per i movimenti rapidi degli MBT è stata incrementata la forza di veicoli portacarri. Nessun altro esercito ha seguito quindi lo stesso ordine di preferenza per investire i propri denari nell'ammodernamento: prima sono venuti i carri e la fanteria, poi l'artiglieria, ma i mezzi esploranti molto indietro. Forse l'E.I., non avendo soldi per tutto, avrà prediletto un mezzo piuttosto flessible per vari ruoli, ma di sicuro non per ragioni di 'peace keeping' che non erano contemplate all'epoca della Guerra Fredda, almeno non nella misura in cui sono state compiute poi, con mezzi pesanti.

Come mezzo tattico la Centauro non è affatto di dimensioni trascurabili, e non è anfibia: due cose tutt'altro che secondarie per l'ambiente italiano, montuoso e ricco di fiumi. È vero che anche la Rooikat sudafricana è grossa e non anfibia, ma si tratta di un ambiente del tutto diverso operativamente e sarebbe semplicemente disonesto fare tale paragone. Si pensi solo che, tornando allo stretto di Sicilia, una AMX-10RC potrebbe, con mare non troppo proibitivo, persino attraversarlo speditamente a 10 km/h.

Come mezzo di combattimento, avendo una corazza sottile, ruote vulnerabili e solo una quarantina di colpi da 105 mm, non ha nessun margine rispetto a un Leopard 1 parimenti aggiornato, che tra l'altro è stato concepito per resistere ai colpi da 20 mm, non da 7,62 come la Centauro originaria, e non hanno punti deboli come di fatto sono gli pneumatici.

In termini di confronti 'teorici' (con il classico 'duello' statico), non esiste cannone di carro che non potrebbe trapassare la potente Centauro, mentre non è vero il contrario. Ma c'è di più. All'epoca della blindo AML (anni '60), per esempio, questa era sì vulnerabilissima ai carri armati, ma poteva metterli KO con il pezzo da 90 mm e sfuggire rapidamente, tanto era piccola e veloce. La blindo ERC (anni '70) poteva fare qualcosa di simile avendo un cannone da 90 mm medio o lungo, contro mezzi tipo l'M60 e il Leopard 1. Ma con i loro discendenti non si scherza. L'M1 e il Leopard 2 non sono solo più veloci, ma anche molto meglio protetti e armati. È difficile che un veicolo, specie se grosso come la Centauro, sfugga ai loro sistemi IR (mentre prima poteva bastare un cespuglio per nascondere una AML), ed è difficile che la velocità o le piccole dimensioni bastino a evitare il fuoco di un sistema di controllo del tiro moderno (sperimentato persino contro elicotteri). Questo vale anche per la Centauro, ma almeno frontalmente, non c'è partita: anche di fronte a un M1 Abrams con il pezzo da 105 mm la Centauro è praticamente incapace di perforarlo, mentre il carro è capace di trapassarla e distruggerla a ogni distanza valida di tiro. Le munizioni non sono protette e se esplodono è la fine. Lo spessore della corazzatura dello scafo è frontalmente, dell'ordine dei 15-20 mm superiormente a circa 70 gradi e 30 mm inferiormente a circa 45 gradi, ma meno inclinata. Lateralmente è di circa 10 mm, poco inclinata. La corazzatura dovrebbe essere capace di resistere grossomodo al 25 mm a circa 1 km e al 20 mm ad alzo zero. Il potere perforante del 25 mm è di circa 25 mm a 60 gradi (spessore virtuale 50 mm) a 2 km. La granata M111, punto di riferimento per i proiettili perforanti della fine degli anni '70 (e usato anche dall'E.I.) ma in seguito migliorato, perforava esattamente 6 volte tanto. I cannoni dei carri armati moderni fanno anche di peggio. Nel Golfo i carri armati M1 hanno trapassato mezzi tipo T-62 (100 mm a 60 gradi) con tiri anche da 4 km di distanza, con i proiettili che uscivano dallo scafo posteriore dopo avere passato tutto il carro armato e magari anche una duna di sabbia anteriore. Quindi il motore non è affatto un ostacolo per i proiettili moderni.

I mezzi corazzati leggeri, specie se operano da soli, sul campo di battaglia moderno non hanno molte possibilità di sopravvivenza. E le armi controcarri come le RPG, Apilas, Panzerfaust 3 sono abbastanza potenti da mettere KO anche un carro, con un colpo ben piazzato: blindati leggermente protetti non avrebbero invece scampo, nemmeno sull'arco frontale. Insomma, per molti aspetti le Centauro sono una riproposizione dell'incrociatore da battaglia: entrambi hanno dimensioni e costi paragonabili a quelli delle unità maggiormente corazzate, sono veloci, ben armati, ma anche vulnerabili e senza molte possibilità di sopravvivere in una battaglia ad alta intensità.

Questo parallelismo tra mezzi navali e terrestri non dovrebbe stupire: la teoria di mezzi veloci e con buona potenza di fuoco esiste già nella storia dei corazzati: non per niente gli inglesi e altre nazioni diedero origine ai 'carri incrociatori', il cui squilibrio di caratteristiche non diede altro che cattivi risultati (troppo vulnerabili, sostanzialmente). Un mezzo come il BT-7 sovietico per esempio, ha subito danni gravissimi in combattimento contro truppe corazzate ben addestrate e forti. I carri britannici tipo 'cruiser', armati con lo stesso pezzo da 40 mm dei 'Matilda II' da fanteria, molto più veloci ma meno corazzati, sono stati letteralmente sterminati, mentre i loro cugini più corazzati, per quanto lenti ad arrivare in zona operativa, hanno combattuto con successo per molto tempo. Inoltre, se mancano le condizioni per la mobilità (per esempio su di un terreno fangoso) un mezzo poco protetto ma altamente mobile diventa poco protetto e basta: anche per questo gli inglesi persero a Bir-el Gobi contro gli italiani (nonostante fosse in pieno deserto, il terreno era inzuppato d'acqua e favoriva quindi la difesa rispetto alla manovra offensiva). Insomma, storicamente la mobilità a scapito della protezione non paga, specialmente con sistemi di controllo del tiro tanto efficaci e precisi.

L'E.I. negli anni '80 poteva certo limitarsi a un mezzo meno potente e meno dispendioso. Attualmente, invece, c'è la tentazione di scegliere la Centauro con la torretta HITFACT, con un nuovo, particolarmente potente pezzo da 120 mm, come rimpiazzo per i Leopard 1A5. Il cannone, che sembra decisamente grande rispetto al mezzo che lo porta, ha un freno di bocca a 'spargisale', tipo quello del cannone campale M-46. È strano che quest'arma, più potente di quella montata sull'Ariete sia stata destinata prioritariamente all'autoblindo (notare bene che la potenza di cui sopra è potenziale, quella effettiva è dipendente dalle munizioni impiegate). Il tempo dirà se la cosa andrà in porto, ma questo veicolo sarebbe ancora troppo vulnerabile in un grande conflitto convenzionale e al contempo fin troppo complesso e costoso per una missione 'di pace'. Specialmente nell'epoca di missili controcarri 'fire and forget' tipo lo Javelin, che possono essere portati in azione persino da team montati su jeep e colpire in maniera letale qualunque carro armato (ma se questo può metterlo fuori uso, non necessariamente lo distrugge dipendendo dalla disposizione interna delle munizioni).

Che l'E.I. avesse inteso di dotarsi di mezzi superiori alle sue possibilità, negli anni '80, lo dimostra del resto anche il prototipo del VCC-80 Dardo: era dotato di un periscopio d'osservazione e puntamento per il capocarro, come sui carri e le blindo, ed era un caso unico a livello mondiale: dati i costi che comportava, è stato soppresso e il sistema di tiro e osservazione notevolmente semplificato negli esemplari prodotti in serie. I fanti italiani hanno così continuato a usare il VCC-1 e 2, nati come ripiego negli anni '70, fino grossomodo ai nostri giorni, dato che i Dardo sono molto pochi (almeno inizialmente 200 al costo di ben 1.100 mld, paragonabile quasi a quello iniziale dei carri Ariete).

La Centauro ha avuto naturalmente anche utilizzi eterodossi rispetto alla funzione originale di autoblindo pesante, del resto era nelle sue possibilità. Per i dettagli sulla carriera come mezzo da trasporto truppe e artiglieria si veda alle pagine dedicate.


Nei tardi anni '80 le truppe corazzate erano inquadrate in ben 3 differenti branche: Fanteria, Cavalleria, e anche Carabinieri. Le unità di Fanteria carrista avevano battaglioni carri, battaglioni corazzati e compagnie controcarri. I 'Cavalieri' avevano gruppi squadroni di fanteria meccanizzata, gruppi esploranti e gruppi squadroni carri. Vi erano anche 2 battaglioni carabinieri,il 7° e il 13°, per il 4° e 5° C.d'A., dotati di carri Leopard, M113 e blindo Fiat 6616. I battaglioni corazzati (NB non si tratta di battaglioni carri!) e i gruppi squadroni corazzati, quelli dei carabinieri e i gruppi esploranti non erano unità 'tutte carri' ma erano gruppi tattici precostituiti, con carri, fanteria, mortai e armi controcarri a media gittata. Battaglioni di fanteria corazzati e gruppi squadroni carri non c'erano differenze di forza e dotazione mezzi, a parte che nel secondo caso non c'erano carri M60. Tradizioni e mentalità erano invece differenti dato il retaggio culturale delle due branche dell'esercito.

La situazione, fino al 1987, vedeva ben 1.200 carri armati complessivamente presenti, di cui 850 per la fanteria carrista, suddivisi questi ultimi in: 15 battaglioni carri, 3 corazzati e alcuni reparti addestrativi (es. 1° reggimento corazzato Capo Teulada, 21° e 31° battaglione corazzato della scuola di Caserta e Lecce rispettivamente). La Cavalleria invece aveva gli altri 350 carri con 4 gruppi squadroni carri, 2 gruppi squadroni corazzati, 4 gruppi squadroni meccanizzati, alcuni gruppi esploranti.

Dopo di allora, le cose sono cambiate in fretta: la soppressione di alcuni battaglioni carri tout-court e la riduzione da 5 a 4 dei carri armati per ciascun plotone ha resto liberi molti carri Leopard e così i battaglioni carristi (5: 6°, 9°, 19°, 60° e 62°) e i gruppi squadroni di cavalleria ('Nizza' e 'Savoia') hanno potuto finalmente liberarsi dei loro obsoleti carri M47 che, come al solito per i carri italiani, non avevano ricevuto alcun ammodernamento significativo e oramai erano anche meccanicamente logorati e senza parti di ricambio. Le unità di Cavalleria sarebbero state riequipaggiate con le Centauro e Puma (beninteso 'quando disponibili').

Per gli M60, in carico in 5 battaglioni, era decisa la sostituzione con l'Ariete. La divisione che aveva i Patton era quindi equipaggiata allora ancora con tutti i carri armati disponibili. Evidentemente c'erano 250 carri complessivi in forza, quasi al livello delle migliori unità corazzate dell'epoca. Ma dopo il 1987 la riduzione avrebbe comportato in tutto la costituzione di reparti equipaggiati con appena 200 carri armati. Le 'Centauro' erano invece previste per le brigate 'Acqui', 'Aosta', 'Cremona', 'Friuli', 'Pinerolo', 'Sassari', 'Granatieri di Sardegna'.

E adesso l'organico dell'unità base, il battaglione corazzato: compagnia comando e servizi con plotone comando e servizi, riparazioni-recuperi, trasporti. Poi le 3 cp carri con 13 carri l'uno con 4 carri armati l'uno per ciascuno dei 3 plotoni, più il carro comando compagnia. Quindi, comprendendo il carro comando battaglione, si tratta di 40 carri armati. Originariamente erano 49 (1 in più per ciascuno dei 9 plotoni, ripartiti sempre in 3 compagnie), anzi molti anni prima erano 51-52 per battaglione (forse perché esisteva un intero plotone comando battaglione). Oltre ai 40 carri armati veri e propri, esistevano (presumibilmente tutti nella cp comando e servizi) una decina di Leopard soccorso, M113 posto comando e in versione ambulanza, nonché veicoli e moto vari.

Il passaggio tra il plotone da 5 a quello di 4 carri ha comportato una struttura più agile, già adottata dall'US Army, esercito tedesco-occidentale e israeliani, permette infatti di una più facile condotta in azione da parte del capo plotone, con sezioni di 2 carri armati che si alternanto e si coprono a vicenda (un po' come la formazione 'a 4' dei caccia tedeschi della II GM...). Naturalmente tale riduzione è meno efficace in termini di potenza di fuoco ma la cosa sarebbe stata permessa dall'introduzione di carri armati e blindo con sistemi di puntamento computerizzati e stabilizzati, che consentono anche il tiro in movimento con precisione non riducendo quindi il volume di fuoco, e in particolare permettendo azioni di fuoco continue anziché una alternanza di 'sbalzi tattici' come con i mezzi più vecchi.

Il problema, ovviamente, è che nel 1987 non c'era traccia di carri moderni o ammodernati agli ultimi standard nell'E.I. e fino al 1992 sarebbe stato così, quando arrivarono le Centauro (però pressoché incapaci di sparare col cannone in movimento) mentre per gli Ariete si dovette aspettare oltre il 1995. Ma questo nel 1987 non lo sapevano (anche se già allora era chiaro che i nuovi mezzi avrebbero impiegato anni per entrare in servizio). Il problema era probabilmente un altro: quello di rimpiazzare finalmente i quasi quarantenni M47 liberando alcune centinaia di Leopard 1.

Questo è accaduto per esempio, con la brigata motorizzata Acqui, 3 battaglioni su autoveicoli 4x4 da trasporto, supportati da mortai da 120 mm di una batteria di supporto, e da un gruppo d'artiglieria divisionale con i vecchi M114. Questa unità aveva anche un battaglione corazzato: 2 compagnie con 26 carri (quando sarebbero stati tutti disponibili) Leopard 1 che nel 1989 avevano appena sostituito gli M47, mentre per il resto v'erano una compagnia con 16 M113 (dei tipi ancora con motore a benzina), un plotone con 3 M106 (M113 con mortaio da 120 mm), e un plotone c.c. con le vecchie AR 59 armate con cannone SR da 106 mm.

Questo tanto per dare un esempio sulla struttura di un battaglione corazzato, in questo caso 2 cp carri, 1 fanteria meccanizzata, 1 pl. mortai e uno controcarri.

  1. Gasparini Cesari, Enzo: Dedicato ad un carro: l'M-47 Patton, RID 12/95 pagg. 74-80
  2. Dossier JP4: 'Speciale MBT', giugno 1990
  3. Dossier JP4: 'Speciale MBT', giugno 1990
  4. Cappellano, Filippo: Ariete: OK il carro è giusto, P&D Marzo 1992 pagg 46-51
  5. Stanglini, Ruggero: Ariete: dopo le polemiche, i fatti, P&D Marzo 1993 pagg. 34-39
  6. Stanglini,Ruggero: 'Prova di Forza (Ariete e Centauro in azione)', P&D Luglio 1992 pagg.26-33
  7. Dossier JP4: 'Speciale MBT', giugno 1990
  8. Stanglini,Ruggero: Prova di Forza (Ariete e Centauro in azione), P&D Luglio 1992 pagg.26-33