Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Francia-7

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Artiglierie[modifica]

Il GIAT LG-1 è un cannone-obice leggero pesante 1.520 kg azionato da 5 serventi. In calibro 105 mm NATO, con lunghezza di 30 calibri, ha alzo tra -3 e +70 gradi, e brandeggio di 25 gradi per lato. Spara 12 colpi al minuto entro un raggio di ben 19.500 m ed è molto preciso. La sua costruzione leggera però affligge la durata della canna, che è stata valutata in 7.500 colpi, più che accettabile nell'insieme, senonché l'uso pratico, con le carice di lancio sufficienti per ottenere la gittata notevole di cui è capace, ha dimostrato un valore pari al 20% appena. In ogni caso esso è stato pensato soprattutto per le forze di dispiegamento rapido e quindi l'essenziale è stato quello di garantirgli una sufficiente leggerezza per il trasporto, soprattutto con gli elicotteri medi. Naturalmente questo significa una canna relativamente leggera, sebbene sufficiente per resistere alla pressione interna; con le munizioni standard arriva a 18,5 km, ma con le HE-ER G2 e le M913 arriva a 19,5 km, un modesto aumento per un costo probabilmente assai maggiore.

In ogni caso esso è stato scelto dal Belgio,Canada, Indonesia, Singapore e Thailandia per le loro forze di terra, non in gran numero: il Canada ne ha comprati 28 per la sua RCHA e li ha ricevuti tra il 1996 e il 1997, mandati direttamente in Bosnia, con il contigente canadese.. Nel 2005 proprio il Canada ha realizzato l'LG-1 migliorato con varie modifiche, per esempio, un nuovo freno di bocca, e ruote più larghe per rimpiazzare le precedenti e troppo piccole (curiosamente della Pirelli e non della Michelin), nell'insieme aspettandosi una maggiore durata e sicurezza. Nell'insieme un progetto di successo non univoco, adottato complessivamente in 14 esemplari dal Belgio, 28 dal Canada, 20 dai Marines dell'Indonesia, 39 da Singapore, 24 dalla Thailandia, 20 ordinati dalla Turchia (nonostante l'ostilità recente con la Francia) e 20 dall'esercito della Colombia. Notabilmente non è stato ordinato in nessun esemplare dalle F.A. francesi.


Missili c.c.[modifica]

Il missile MILAN è un'arma di grande successo[1][2], e chi negli ultimi decenni ha fatto il servizio militare nell'E.I. ne ha senz'altro sentito parlare, se non addirittura utilizzato, magari con un primordiale simulatore disponibile negli anni '80.

Origini[modifica]

Il MILAN non arriva dal nulla, ma da una tradizione fatta da armi di prima generazione come i Cobra tedeschi e di vari modelli francesi quali l'SS-10. Già i Cobra, da soli, sono stati prodotti in almeno 170.000 esemplari (sia del tipo originario da 1.600 m che del tipo a gittata portata a 2 km), dei quali moltissimi esportati, anche in Italia. La costruzione del migliorato Mamba, sempre da parte della MBB, era stata di molto successiva; il nuovo missile era ancora quasi indistinguibile dall'altro, anche se nei 15 anni che lo separavano dal Cobra (del 1957) molte cose erano cambiate. La principale era stato l'avvento degli apparati di controllo del tiro computerizzati (il sistema SACLOS), e poi l'adozione di alette di piccole dimensioni, ripiegabili dentro o attorno al missile, con un tubo di lancio sigillato che contiene il tutto. Questo ha reso possibile ottenere un'arma tattica di facile maneggio e conservazione, piuttosto che un grosso aggeggio con alette ingombranti e soprattutto senza protezione dagli urti, polvere, umidità.

Insomma, sebbene costasse piuttosto poco, il Mamba non era poi così efficace rispetto alle moderne esigenze militari e non ha replicato il successo del suo antenato. Ma soprattutto, nel suo cammino deve essersi imbattuto in più occasioni nel MILAN, sviluppato dal 1962 come arma controcarri guidata di seconda generazione dall'allora consorzio franco-tedesco Euromissile, ma inizialmente noto come Division des Engines Tactiques (dell'Aérospatiale) e dalla MBB tedesca, poi per l'appunto uniti nel celebre consorzio binazionale, autore anche dell'HOT e del Roland. Quest'arma, dal punto di vista etimologico non ha nulla a che vedere con l'omonima squadra di calcio: il suo nome è un acronomico e significa, anche se oramai sono pochi a ricordarlo: 'Missile d'Infanterie Léger ANtichar'. Milan significa nibbio, ma forse, data la posizione europea, non dispiacque nemmeno citare la squadra del Milan. Nel 1972, dopo circa 10 anni dall'inizio dello sviluppo, entrò in produzione. All'epoca era uno dei primissili missili con questo tipo di guida, e al contempo di

Il successo sarebbe stato tale da renderlo di gran lunga il più diffuso della categoria, anzi anche l'unico visto che l'M47 Dragon era un'arma portatile da 1 km di gittata e l'AT-4 Spigot è praticamente la copia dello stesso MILAN.

Questo entrò in servizio anzitutto per equipaggiare gli eserciti di Francia e la Germania, ma la media delle vendite, con 250 lanciatori e 9.000 missili (ciascuno dal costo di 4 milioni di lire nei tardi anni '80) è testimone di ordinazioni massicce, spinte da un costo alto ma non eccessivo, e dal favorevole rapporto costo-efficacia. Tanto più che il missile è vantato dall'Euromissile per un (molto, molto ottimistico) valore di successi del 90-95%, su di un totale di lanci di oltre 100.000 missili.

Senza tema di smentita, si può ben definire come il migliore tra tutti gli ordigni a medio raggio (circa 2 km) che sono stati ideati e costruiti, e anche se non più al 'top' della tecnologia, la sua affermazione economica è con ogni probabilità destinata a non ripetersi. Nel 2007 ne erano stati venduti (ma non necessariamente ancora costruiti) oltre 360.000 esemplari con 10.000 unità di lancio, finiti negli arsenali di 44 nazioni diverse e in chissà quante formazioni di guerriglieri, anche se va rimarcato che i due terzi dei missili vennero messi negli arsenali delle sole cinque maggiori clienti (Francia, Germania Occidentale, UK, Italia e un'altra ancora). In pratica solo il TOW ha avuto maggior successo commerciale, principalmente per via della sua combinazione con blindati ed elicotteri dato il suo elevato raggio d'azione, pagato però con un peso eccessivo per la fanteria.

Tecnica[modifica]

La sua è una costruzione abbasteanza semplice: missile dentro il tubo di lancio sigillato, sistema di guida computerizzato, ottica di mira, Il missile di per sé era lungo 77 cm, diametro 90 mm max, apertura alare 26 cm, peso di appena 6,65 kg. Il tubo di lancio era lungo 120 cm, e con il missile pesò di 11,3 kg nella versione iniziale e 11,5 kg nel MILAN 2, nonché 11,9 kg per il MILAN 2T e MILAN 3. Naturalmente anche il peso del missile è aumentato, soprattutto per via della testata: il MILAN 2T ha un peso di 7,1 kg, così come il MILAN 3 (1,45 erano di esplosivo). Il MILAN ha una sagoma caratteristica: motore piuttosto lungo e grosso, alette corte con struttura curva attorno alla parte centro-posteriore della fusoliera, poi un altro 'pezzo' della stessa, la testata enorme di calibro molto maggiore, e una lunghissima (molto più che in qualunque altro missile) sonda per generare l'esplosione alla miglior distanza per ottenere la corretta distanza di scoppio tra la carica HEAT e il bersaglio (per esempio l' I-TOW è stato dotato di una spoletta con sonda telescopica, che si sviluppa dopo il lancio).

La sua capacità di perforazione non era di poco conto: stando ai dati ufficiali arrivava a 650 mm d'acciaio con la testata che prendeva parte per metà della massa totale, ovvero circa 3,5 kg. A dire il vero secondo altre fonti si trattava di una testa da 2,98 kg. Anche la capacità di perforazione appare eccessiva, infatti si parla in altre fonti di 450 mm, cosa ben più congrua. Questo deriva dal rapporto tra diametro e perforazione: con un rateo che, per esempio, nel TOW di prima generazione (testata da 3,9 kg, a dire il vero poco superiore a quella del MILAN) da 127 mm (ma la testata è leggermente più piccola in diametro), perfora circa 600 mm, con un rateo di perforazione di circa 5-6 :1. Solo le testate più recenti sono capaci di ottenere ratei di perforazione superiori, di circa 7-8:1 come massimo, mentre 650/900 mm avrebbero significato oltre 7:1.

La testata è stata poi migliorata con una testata in tandem per superare le corazze ERA: in tutto, con questo nuovo missile, si è arrivati a ben 900 mm. Questa nuova versione era chiamata Milan 2T, entrata in servizio agli inizi anni '90. Il missile era controllato in tutti i casi tramite i comandi passati dal filo di guida metallico tramite il computer: il puntatore, nei sistemi SACLOS, punta verso un qualunque bersaglio con il mirino. Il computer segue non il bersaglio (che per quel che gli riguarda, è semplicemente il centro del reticolo); segue invece il missile, che ha una fonte IR posteriore, seguito tramite un 'visualizzatore' dal computer, che calcola lo scarto tra la traiettoria e il punto di mira, impartendo le correzioni tramite il filo di guida, con la bobina che si srotola dietro l'arma (a questo proposito, mai lanciare sopra uno specchio d'acqua: il cavo, per essere più leggero possibile, non ha una protezione gommata e farebbe massa con l'acqua), mentre il controllo della traiettoria è ottenuto da sole 3 alette (il TOW ne ha 4 cruciformi, come se fosse un missile aria-aria), giusto come il suo fratello maggiore HOT; rotando sul proprio asse, con queste sole alette è possibile manovrare sui tre piani. Il lancio non è, a sua volta, affatto banale. Prima un generatore di gas, agendo su di un pistone, fa rinculare il tubo di lancio (in circa 45 millisecondi) fino a tre metri di distanza, per compensare la partenza del missile (come sistema di neutralizzazione delle forze di rinculo) e lo accelera fino a 75 m./sec, poi l'ordigno parte davvero, con un motore a razzo Roxel monocamera, in lega d'alluminio (pareti) e due regimi di combustione; questo razzo, da 87 mm di diametro alza la velocità del missile da 75 m/sec, e in 1,3 secondi lo porta a 130 m.sec (oltre 450 kmh); poi, con la modalità 'di crociera', lentamente il MILAN raggiunge i 720 kmh o 200 ms. Il propellente è a doppia base, ma senza nitrammine (è del tipo 'unfilled'). Nel frattempo la bobina di guida srotola il cavo (con circa il 25% di possibilità che si spezzi nel processo), che è lungo e pesante, ma anche necessario perché l'alternativa o è soggetta al disturbo (guida radio), o è troppo costosa e avanzata, specie per i tempi (a guida IR o laser-guidata).

Nemmeno il volo è così banale: il MILAN non ha alette fisse, ma spiega quattro ali curve, prima sistemate attorno al suo corpo (dal diametro inferiore rispetto a quello della testata, diciamo che l'arma somiglia un po' ad un 'minareto'), e lo stabilizzano nel volo con la rotazione. L'arma, quando parte, già è stabilizzata perché il tubo non è liscio, ma rigato, e questo permette di arrivare a 6 giri al secondo; poi le alette, che dispiegate arrivano a 26 cm di apertura alare, gli permettono di arrivare anche a 12 giri al massimo della velocità. La capacità di perforazione, da parte della testata da 103 mm e 3 kg, è sufficiente per perforare il triplo bersaglio pesante NATO, con inclinazione di 65 gradi. La portata massima è di circa 2 km, quella minima di 25, ma questa è la distanza di attivazione della spoletta, non delle capacità di guida dell'arma.

Il motore non ha una spinta uniforme, e allora la gittata di 1.950 m viene coperta in 12,5-13 secondi a circa 570 kmh. Il fatto che il tubo di lancio è fatto saltare dalla partenza del missile libera la rampa di lancio con il relativo tripode e il sistema di mira a sinistra. Esso è abbastanza basso da dover essere impiegato da straiati, cosa del resto necessaria se non si vogliono troppi rischi in battaglia. A quel punto è possibile agganciare un altro missile e questo è possibile in circa 30 secondi.

Evoluzione[modifica]

Negli anni '80 il MILAN si lanciava ancora o di giorno, o di notte, ma con l'ausilio di bengala illuminanti. L'Esercito britannico lo usava in abbinamento al mortaio leggero da 51 mm, con gittata di circa 800 m (maggiore del tipo della II GM) con proiettili illuminanti. Ma era una soluzione di ripiego, che non sfruttava certo la gittata massima del MILAN. Tra l'altro a proposito di quest'ultima, se la gittata minima era molto minore rispetto a quella dei primi missili anticarro (tipo 25 metri contro 300-500) con guida CLOS, che hanno bisogno di maggior tempo per essere messi sotto controllo da parte dell'operatore. La gittata minima rilevante dei missili controcarri è stata la ragione per la quale i sovietici hanno abbinato il pezzo da 73 mm al Sagger (per poi abbandonare tale disposizione con l'arrivo degli AT-4 e AT-5). Ma anche i missili a guida SACLOS hanno una gittata minima 'pratica' (la distanza è relativa all'attivazione della spoletta più che alla capacità d'ingaggio), le distanze di colpi a segno sono infatti indicate come 'bassa probabilità' di colpire fino a ben 800 m, e ad alta probabilità oltre quella distanza, quando il missile è più facilmente indirizzabile verso l'obiettivo. Questo nonostante il fatto che il MILAN abbia la più ridotta gittata minima tra tutti i missili (il che potrebbe farlo utilizzare anche come una sorta di 'bazooka' senza far conto al sistema di guida).

Per assicurare la scoperta notturna con una migliore capacità e senza farsi notare con i bengala, è stata messa a punto una telecamera termica, la Thales MIRA, pesante 8,9 kg e con una distanza di visione di 3-4 km, un'innovazione davvero importante per l'epoca. Ma il potenziale per identificare un mezzo era di circa 1,5 km, quindi non era ancora possibile sfruttare appieno la gittata del MILAN di notte, tanto più che il campo di mira era di soli 6x3 gradi. Non solo, costava decine di milioni e aveva un campo di visione tanto ridotto da limitare molto la sua potenzialità di osservazione notturna, specie se non si sapeva bene da che parte sarebbe arrivato il 'nemico'. Per di più il peso era notevole, di ben 7 kg. Nondimeno fu una notevole innovazione, essenzialmente per gli eserciti francese e tedesco. Solo negli anni '90 per esempio, l'E.I. ne approvvigionò un certo numero per i lanciatori disponibili (almeno per una parte di questi, dati i tagli e le riduzioni in corso). La capacità di perforazione era indicata in 450 o 475 mm, e il missile non era ritenuto efficace contro corazze composite o ERA.

Il MILAN è una delle armi controcarri più diffuse e anche più usate in azioni reali

Il MILAN è stato impiegato in guerre varie, spesso come vera 'artiglieria leggera' della fanteria. La sua utilizzazione da parte inglese, specie a Goose Green, ha ottenuto grandi risultati a scapito degli argentini, i cui bunker, potenzialmente pericolosissimi per la fanteria inglese, sono stati distrutti l'uno dopo l'altro. Un soldato argentino venne visto addirittura uscire da un bunker appena colpito per poi nascondersi in un altro a sua volta colpito da un altro MILAN. La produzione del primo modello del missile è stata fatta dalla OTO Melara e dalla indiana Bharat Dynamics; il MILAN 2 venne fuori nel 1983. Esso aveva una testata da 115 mm e sonda distanziatrice anteriore (quella di cui si è accennato prima) per ottenere l'effetto 'jet' migliore della carica cava.

Per quanto lenti e con gittata ridotta, questi missili sono stati anche valutati nel tiro anti-elicotteri: la Legione straniera francese per esempio è stata addestrata al loro uso in questa funzione. I MILAN sono stati usati anche dai guerriglieri dell'OLP e di altre organizzazioni assieme ad armi sovietiche, in funzione anti-israeliana dagli anni '80 in poi, inclusa la guerra in Libano combattuta in quello stesso infausto 1982. Negli anni '80 gli irregolari chadiani ne hanno usati molti distruggendo le colonne libiche di mezzi sovietici e brasiliani in alcune epiche battaglie attorno a Uadi-Doumm.

Negli anni '90 (precisamente attorno al 1991) entrò in servizio il MILAN 2T con la testata in tandem capace di sopraffare anche carri con protezioni ERA e in generale, di tipo composito. La sua innovazione più notevole era questa, sebbene affidata ad una piccola ogiva di appena 30 mm, sulla sommità della sonda telescopica anteriore; ma non mancava anche la codificazione del segnale trasmesso dal 'flare' di coda, che restava acceso per tutto il volo. Anziché un semplice flare IR, era usato un lampeggiatore a flash elettronici, come quelli delle macchine fotografiche: usando uno schema di lampeggiamenti codificati era possibile, per il computer, escludere tutti gli altri possibili 'finti flare', che potevano essere accidentali (sul campo di battaglia di emissioni infrarosse è facile trovarne) o voluti con speciali flare anti-missile, o lampade di disturbo attivo. Insomma, se la filoguida rende impossibile disturbare la trasmissione dei comandi al missile, era possibile, con i sistemi SACLOS di prima generazione, confondere il computer di guida che questi comandi dava. L'uso di fonti di energia codificate o di tipo UV ha risolto in buona parte il problema. L'unico modo di disturbare il missile era quindi coprirsi dietro una cortina di fumo di elevato spettro d'assorbimento (con il sistema IRST è possibile vedere non solo di notte, ma anche attraverso nebbia e fumo, entro certi limiti) oppure ricorrere ad un sistema attivo di disturbo come i temibili laser di rilevazione e 'accecamento' tipo lo Stingray, teoricamente pronto anche per la Guerra del Golfo, ma non usato. A questo standard vennero poi aggiornati (alcuni, certo non tutti) dei MILAN di altre nazioni, come quelli dell'E.I. Quest'ultimo ebbe anche, al posto della MIRA, il Galileo VTG-120M, simile al TURMS dell'ARIETE.

A metà negli anni '90 (attorno al 1996) entrò in servizio il MILAN 3, e si è trattato di un'arma ben più avanzata e infatti è ancora in produzione. Pesante 7,1 kg, diametro passato a ben 12,5 cm (quasi quanto i primi TOW), lungo 1,2 m, quest'ordigno era più potente e abbinabile alla nuova camera termica di visione Sagem MILIS al posto della vecchia MIRA. Ha un raggio di scoperta enormemente maggiore, a dimostrazione della nuova tecnologia, raggiungendo i 7 km. Il raggio d'identificazione è meno significativamente migliorato, ma pur sempre a 2,5 km. È montabile sull'affusto in 10 secondi, pesa sempre 7 kg, doppio campo visivo e zoom elettronico 2x. Inoltre il visualizzatore del computer non è più quello originario, ma una moderna unità del tipo CCD. Po dice che fu tuttavia il MILAN 3 che introdusse il lampeggiatore IR allo Xenon, per migliorare la visione nel fumo e per ridurre i disturbi. Inoltre venne fatto ricorso alla tecnologia dell' ERYX con una camera CCD da 288x500 px e un sistema di guida più resistente alle ECM. Inoltre è stata introdotta grossomodo negli stessi anni, anche la MILIS TI della Thales, una camera termica di 2a generazione con raffreddamento basato sul ciclo Stirling; essa è superiore al MIRA e pesa solo 7 kg, pur avendo una portata pratica di 7.000 m, capacità di identificazione di un mezzo a 2.500 m e 7 ingrandimenti.

Quanto alla postazione di lancio, essa inizialmente pesava 15,5 kg, 16,4 per il MILAN 2 e 16,9 per il MILAN 3 di cui 4,2 kg per il trippiede.

Situazione attuale[modifica]

Così siamo arrivati ai nostri giorni. Mentre il TOW, malgrado la sua potenza e affidabilità, è un po' in affanno (pur resistendo degnamente al costoso e pesante Hellfire, i nuovi ordigni come lo SPIKE ER israeliano sono sicuramente superiori anche se più costosi), il MILAN è sempre un ottimo articolo, e la MBDA, attuale gestore del programma (ex-Euromissile), ha ottenuto di sviluppare, entro il 2007, un nuovo missile: il MILAN ER (Extender Response). Inizialmente si sarebbe voluto realizzare il TRIGAN, ovvero con la postazione di tiro del MILAN 3, ma con il missile TRIGAT MR, che però, a causa di una gestione decisamente fiacca (nonostante vi fossero in collaborazione le industrie di Olanda, Germania, Francia e Gran Bretagna), venne abbandonato nel 2000. E così si portò avanti il MILAN ER.

Questo nuovo ordigno è un'arma davvero migliorata e difficile da riconoscere rispetto al predecessore. Anzitutto ha una testata in tandem capace di perforare 1 metro di corazza(!). Può sembrare un valore enorme: 50 cm a 60 gradi, mentre un Leopard aveva 70 mm, e un T-62 100 mm con lo stesso angolo; ma i carri moderni con corazze composite-reattive sono talmente ben protetti, che almeno la loro torretta è impermeabile frontalmente, anche ad un'arma del genere. Ma nondimeno, questo è il massimo che si poteva fare per un'arma portatile. Se avesse una capacità d'attacco dall'alto tipo il Javelin sarebbe un nemico mortale anche di questi ultimi carri in ogni aspetto. In alternativa il MILAN ER perfora 3 m di cemento (già il modello base ne perforava circa 2). Poi vi sono altre novità, grazie all'elettronica moderna.

Gli ultimi sviluppi sono stati quelli degli ultimi anni: attaccare le corazze frontali sembra sempre più difficile, e così armi come il TOW 2B e il Javelin attaccano dall'alto i loro bersagli. Nell'US Army, del resto, i missili c.c. sono diventati di Close Combat Missiles, quindi armi polivalenti, non solo contro-carri. E sebbene i missili fire and forget sono oramai un'attualità notevole, le cose sono meno chiare nella realtà. Per esempio, in Irak, gli americani hanno portato un numero di JAVELIN triplo rispetto ai TOW, di oltre vent'anni più vecchi, non fire and forget oppure di tipo portatile. Invece, in realtà, vennero tirati 980 missili Javelin ... e 5.500 TOW! Questo per dare un'idea di come le cose non sempre siano dettate dal mero progresso tecnologico. Tra l'altro, il missile più grande e vecchio costa circa un sesto del Javelin: il fatto che un missile presente nel triplo degli esemplari è stato usato un sesto rispetto al tipo più vecchio e raro, la dice lunga su come i vecchi ordigni SACLOS siano tutt'altro che fuori del mercato. Con un reticolo di mira tale da rendere possibile uno scarto rispetto al centro del reticolo di circa 50 cm, e la possibilità di mirare a un po' di tutto, e di togliere la linea di mira se si scopriva durante il lancio che il bersaglio era 'amico', hanno aiutato molto a rivalutarli.

E così è arrivato il MILAN ADT, per fare da ponte ai futuri MRCM (Multi Role Combat Missile), come programma di studio, e gli EMM (European Modular Munition) tra i 6 e i 50 km in fase di sviluppo. L'ADT è stato basato sull'analisi fatta sui 28 maggiori eventi bellici tra il 1976 e il 2003, e in 21 casi l'arma è stata usata come sistema di supporto fanteria, per giunta quasi sempre in azioni offensive, incluse sei delle sette occasioni in cui venne usato come arma c.c. L'esempio delle Falklands è solo uno di come l'arma venne impiegata per compiti diversi da quelli progettuali. E del resto, con il TOW che resterà in servizio con le F.A. americane almeno fino al 2025, nonostante i tanti e mirabolanti sistemi c.c. pensati nel contempo (come il LOSAT), dà il via al concetto di missile 'polivalente', come già è accaduto con i razzi per la fanteria (si pensi all'RPG-7). Nel 2003 si è così deciso di andare avanti con il MILAN ADT; l'ottobre di quell'anno vi fu un accordo tra MBDA e la tedesca LFK.

L'ADT (ADvanced Technology) è un sistema digitalizzato, addirittura 'networkcentrico'; ha una camera termica totalmente integrata a doppio campo visivo, ottica diurna 7x, ma anche un canale IN/OUT per un cavo video, e infine un telemetro laser e un GPS; nonché l'ennesimo miglioramento del sistema d'inseguimento missile, stavolta il CMOS, assieme ad un proiettore multispettrale per l'allineamento dell'asse di puntamento computer-missile. Il fatto che il sistema di lancio è collegabile ad una consolle con un display video per il controllo remoto, mette fine -in maniera molto costosa- al problema dei missili moderni: quello che il lanciatore, il missile e l'operatore sono tutti insieme: se un carro vede un missile partire, spara in quella direzione e quasi di sicuro colpirà l'operatore. I primi missili avevano invece scatole di controllo, con rampe di lancio campali per un missile l'una: l'operatore (anche quando si trattava di veicoli) povera stare decine di metri distante dal missile, come anche il suo sistema di guida, e poteva lanciare missili in sequenza (il Mamba tedesco aveva anche 12 ordigni collegati, ma il normale era di 4-8). Il MILAN, dopotutto, non spara più di 2 colpi al minuto (in realtà lo stesso valeva per i missili meno recenti per via della minore velocità: il Sagger arrivava a 3 km in 27 secondi). Con questa specie di 'playstation' è possibile vedere e puntare l'arma, stando totalmente al sicuro. Ma è anche vero che c'è un solo missile pronto al lancio e che il sistema di guida è pur sempre solidale con la rampa di lancio (così se viene localizzata, viene distrutta e in ogni caso qualcuno deve pur ricaricarla). Inoltre il missile è utilizzabile anche ad alta quota (evidentemente grazie all'Afghanistan), cosa che le prime armi, per problemi di controllabilità, non consentono appieno. La portata è poi aumentata. Il sistema di lancio è pesante ben 21 kg, e come si è detto, è digitalizzata e permette tante cose, tra cui la visione notturna (la camera è compatibile con la precedente MILIS TI), è della AIM tedesca, con tecnologie derivate da quelle del 'soldato del futuro' tedesco. Essa è raffreddata, matrice MCT (tellururo di cadmio e mercurio), funziona nel 'medio infrarosso' (3-5 micron), matrice 384x288 pixel, campo visivo stretto (NFOV) 1,8x2,4°, 'largo' 5,4x 7,2°, onde usarlo anche come mezzo d'osservazione e non solo come sistema di osservazione. Poi, come detto, c'è anche il canale diurno. Il sistema di guida è del tipo multispettrale 'cross air'. Le prove sono state omologate dalla DGA francese con delle prove fino a marzo del 2007; l'arma pesa adesso 7,5 kg; la gittata aumenta a 3.000 m, il motore è senza fumo, la testata pesa 3,4 kg con doppia testata in tandem (l'anteriore con il liner in rame, quella posteriore in molibdeno forgiato, per avere la massima efficacia dato il peso del metallo), pur con un diametro uguale a quello del MILAN 3, da 117 mm. E l'efficacia complessiva è tale da pareggiare quella del TRIGAT-MP, ovvero circa 1.000 mm di acciaio e con protezione ERA di terza generazione sopra, quest'ultima perforata dalla carichetta anteriore. La capacità di perforazione contro i bunker è tale, che anche dopo 2,5 metri vi è ancora una capacità esplosiva aggiuntiva, grazie alle 'bolle' di molibdeno, che 'scoppia' per ossidoriduzione. Il motore a razzo è della Roxel, di dimensioni aumentate, sperimentato alla Roxel UK; il deflettore del getto è della Roxel France, la testata della RUAG svizzera, la MBDA tedesca ha costruito il prototipo.

Questo gioiello della tecnicologia militare può sparare tutte le versioni del MILAN, con un peso relativamente 'contenuto' (pur sempre di 45 kg se si includono due missili). Il primo tiro con questo sistema è stato fatto il 18 maggio 2006. A proposito del missile, oltre alla testata più potente vi è anche un nuovo motore della Roxel, a combustione prolungata, che accresce la gittata a 3 km, cosa sperimentata soprattutto in una serie di tiri di prova nel febbraio 2007. Enrico Po parla di un primo lancio alla massima distanza da 3.000 m il 17 ottobre 2006. Nel 1-16 febbraio 2007 a Bourges, dove c'erano stati anche i tiri precedenti, venne sperimenato l'uso del missile contro bersagli tra 2 e 3 km, in condizioni 'networkcentriche', poi sono state fatte le sperimentazioni nell'esercitazione 'Phoeinx' in ambiente NEB (Network Enabled Battlefield) tra il 13 e 19 ottobre 2007, fatta dall'esercito francese nei poligoni di Mourmelon; essa faceva parte del programma SCORPION, che serve per la digitalizzazione per l'esercito francese e del concetto BOA (Bulle Opérationelle Aéroterrestre), con le informazioni passate 'in rete' ai soldati tiratori (una cosa impensabile anni fa, ma oramai siamo nell'era di 'Google Heart'). Si sono fatti anche tiri a breve raggio: uno di 40 metri, con impatto senza esplosione (per ragioni di sicurezza del tiratore) e uno da 150 metri che ha dimostrato invece la funzionalità dell'arma (evidentemente i tiri da '25 metri' sono immaginari).

Sebbene oramai i missili 'fire and forget' sono quelli che vanno per la maggiore, il MILAN ha dalla sua un costo ridotto e la capacità di ingaggiare anche bersagli 'freddi', difficili da vedere all'infrarosso, nonché la guida per tutto il percorso con un operatore umano. Il Sudafrica si è fatto convincere e allora ha ordinato il sistema ADT e il MILAN 3. Ma soprattutto era in ballo il programma per l'Esercito francese, con oltre 3.000 nuovi missili e 500 lanciatori, da consegnare nel 2010-12. I concorrenti sono il Javelin e lo Spike. Gli Israeliani oramai stanno invadendo l'Europa, mentre gli Americani hanno pur sempre i canali FMS molto favorevoli. Ma il MILAN ADT-ER costa solo il 40% di Javelin e SPIKE, soprattutto per via del costoso sistema di ricerca IR di questi ultimi; inoltre non necessita di manutenzione. E così già nel 2005 la Bharat indiana firmava per il MILAN ADT-ER, mentre il Sudafrica lo ha comprato con un contratto del 20 dicembre 2006 da 18 mln di euro per un numero non noto di postazioni di lancio e missili MILAN 3; notare che qui le postazioni di tiro sono ADT, mentre i missili no, ma non importa, perché il sistema di lancio è capace di far funzionare tutti i tipi più vecchi. La Libia avrebbe, pare, firmato per un contratto attorno al 2008, proprio la nazione sconfitta nel 1986 dai MILAN chadiani. L'Esercito tedesco nel frattempo sperimenta gli SPIKE e MILAN-ER dai mezzi PUMA, mentre i francesi hanno emesso un requisito per oltre 3.000 missili e 500 postazioni di lancio tra il 2010 e il 2012.

Ma c'è un problema maggiore: quello che i missili MILAN, come anche gli HOT, sono sì avanzati, ma non dovevano essere quelli definitivi della produzione europea.

Il fu TRIGAT-MR[modifica]

Infatti prima esistevano i famosi missili TRIGAT, nelle versioni LR e MR. Questi ordigni erano adatti, per esempio, per gli elicotteri Tigre. Ma poi.. una serie di ritardi, problemi di messa a punto e via così, soprattutto un management orrendamente inadatto allo scopo, hanno fatto fallire il tutto. Il compito di sostituire i missili MILAN, HOT e Swingfire iniziò nel 1983 da parte delle tre nazioni europee (Germania, Francia, GB), con un consorzio chiamato EDMG (Euromissile Dynamics Group), con MBB, Aérospatiale e BAe Dynamics. Esso avrebbe dovuto essere un'arma da fanteria da 2 km, poi aumentati a 2.400 metri, con fascio direttore laser codificato, e operatività dal 1990-92 circa. Ma il pieno sviluppo dell'arma iniziò solo nel settembre 1988, e il primo lancio avvenne nel 1991, almeno con sistema di guida. Era un'arma moderna, massiccia, pesante ben 18,2 kg e lunga 950 mm, diametro 152 mm, controllo vettoriale della spinta; veniva tirato a bassa velocità dal tubo (16 m.sec), con la tecnologia francese per l'ERYX. Poi aumentava la velocità a 230 m.sec; anziché il giroscopio meccanico, il missile aveva l'Attitude Reference System della BAe Systems, un sofisticato ed innovativo apparato digitale. Scartate le testate con attacco dall'alto, si decise di usare una molto potente, doppia, da 40 mm anteriore e 150 mm posteriore; quella anteriore venne poi aumentata a 55 mm; la capacità di perforazione arrivò a 1.193 mm in acciaio omogeneo. Ma finita la Guerra fredda, l'esigenza di questo grosso missile non era più così sentita. Il TRIGAT 3MR o ATGW 3MR (per la GB), PARS-3 Merlin (Germania), AC3G (Francia), era un'arma a cui si associarono anche Olanda e Belgio, e le prove di qualificazione vennero fatte con successo in Francia nel novembre del 1996, poi seguirono quelle degli eserciti delle cinque nazioni coinvolte ma svolte tutte nel poligono di Woomera, Australia. Le prove si conclusero nei primi mesi del 1998 e la produzione era prevista per il 1999, per cui era grossomodo equivalente in tempistica al JAVELIN. Un MoU franco-anglo-tedesco venne firmato a metà del 1998, per 1,33 mld di dollari (8 mld di franchi), con 1.600 postazioni di tiro (tutte prodotte dalla LFK tedesca), 1.200 camere termiche Sagem (francesi, quindi), e 35.000 missili da produrre alla Aérospatiale di Burges e alla MAtra BAe UK, e consegne dal 2002. La Gran Bretagna aveva avuto per i suoi stabilimenti il 45% della produzione. Ma... proprio ora che tutto era stato fatto al meglio, e il missile pronto alla produzione, nel luglio del 2000 Londra si ritirò dal programma; già lo avevano fatto Olanda e Belgio gli anni prima; forse i britannici non avevano tutti i torti, visto che avevano già speso tra il 1988 e il 2000 107 mln di sterline, ma proprio quando potevano passare all'incasso, producendo finalmente i missili per i clienti (certo piuttosto numerosi, almeno in Europa), decisero di fare economia. Il missile era stato sviluppato e si tentò se non altro si tentò di salvare quest'ultimo, proponendolo tra agosto e il 15 settembre del 2000 come TRIGAN, su lanciatore MILAN. Ma senza successo. Da notare che il missile era fratello del TRIGAT LR, a lungo raggio, anch'esso decaduto.

La Francia, a suo tempo, vendeva missili agli Stati Uniti nel settore controcarri; adesso subisce l'onta di adottare per i suoi nuovi e tribolatissimi elicotteri i missili HELLFIRE, quelli degli arcinemici Apache, che avrebbero dovuto essere contrastati dai TRIGAT, abbandonati dopo anni di sviluppo e di costi.

Un mesto finale per l'europa dei missili controcarri, per decenni protagonista del settore, che adesso è difeso praticamente solo dal vecchio MILAN. Nondimeno, quest'arma, assieme al TOW e al Sagger, è forse l'unico sistema missilistico controcarri a meritare un'ampia storiografia, in riconoscimento della sua importanza e significato per gli eserciti moderni. A maggior ragione se si considera che è parente stretto dell'HOT e dei sovietici AT-4 e AT-5, quantomeno inspirati se non proprio copie di quest'efficiente sistema d'arma.

L'Italia e il MILAN[modifica]

Per quello che riguarda l'Italia, l'Esercito ne voleva ordinare ben 1.000 lanciatori e forse 30.000 ordigni, ma poi (al 1990) il programma è stato decurtato a 'solo' 714 lanciatori con 17.163 missili. Il suo compito è stato quello di sostituire i cannoni SR da 106 mm nei plotoni controcarri dei battaglioni di fanteria. Il costo non è stato di poco conto: ben 648 miliardi, di cui 119 iscritti al bilancio del 1990. Magari, con i costi attuali dei sistemi d'arma, questo valore può sembrare non molto elevato, ma non è così. In sostanza, pur essendo cost-effective (il 70-80% di probabilità di colpire il bersaglio, e con molta facilità distruggerlo anche se si tratta di un carro armato ben protetto), questo programma è costato l'equivalente di tutti i carri armati Leopard 1 dell'Esercito, che pure ne ha avuto la seconda flotta mondiale dopo quella tedesca, facendone l'ossatura delle truppe corazzate. All'epoca sia i carri che i missili controcarri costavano circa un decimo dei sistemi moderni. Anzi, i missili hanno subito un incremento anche maggiore rispetto ai carri armati (il Javelin è arrivato a 70.000 dollari contro i 4 milioni del MILAN). Da notare che il missile aveva, secondo i tabelloni dell'E.I., un valore di probabilità di colpire basso entro gli 800 metri, e alto solo al di sopra di tale valore, al contrario di quello che accade con armi non guidate (cannoni e razzi).

Un'altra cosa che non è facile trovare ricordata dalle fonti è che la capo-commessa era la Selenia (come del resto con lo Sparrow) che pare, avrebbe prodotto su licenza il 90% delle armi e molti sistemi di lancio.

In seguito altri soldi sarebbero stati spesi per ammodernare, specie con i sistemi IRT notturni, questi sistemi. Non è chiaro quanti altri missili siano stati comprati, e se questi siano stati inclusi o meno nel totale di cui sopra, di quelli con la testata in tandem 2 (come è successo con i missili TOW, via via comprati nei tipi più moderni) che è stata introdotta in servizio negli anni '90.


Impieghi bellici[modifica]

Infine, da ricordare gli episodi di cui si è a conoscenza dell'impiego bellico dei MILAN:

Libano, 1976, Irak 1980-88, Falklands 1982, Libano 1982, Kashmir 1984, Ashara, 1985, Chad 1987, Kuwait 198, Afghanistan 1989, Irak 1991, Bosnia 1995, Africa centrale 1995, Congo 1997, Macedonia 1999, Afghanistan 2001, Irak 2003.


La famiglia MILAN[modifica]

  • Milan 1: peso tubo in configurazione di trasporto 12,23 kg, pronto al lancio 11,52 kg (senza le due vistose strutture anti-urto alle estremità, a forma di 'bullone'), lunghezza in trasporto 1.260 mm, di lancio 1.200 mm, diametro tubo di lancio 133 mm. Missile 6,73 kg, lunghezza 769 mm, diametro 125 mm con alette ripiegate, estese 267 mm, gittata 1.950 m, testata 2,67 HEAT dal diametro 103 mm, peso HE 1,36 kg, diametro cono esplosivo 101 mm; postazione di tiro 16,4 kg, lunghezza 900 mm, altezza 65 cm, larghezza 42 cm.
  • Milan 2: peso tubo in configurazione di trasporto 12,23 kg, pronto al lancio 11,52 kg (senza le due vistose strutture anti-urto alle estremità, a forma di 'bullone'), lunghezza in trasporto 1.260 mm, di lancio 1.200 mm, diametro tubo di lancio 133 mm. Missile 6,73 kg, lunghezza 918-1.138 mm, diametro 125 mm con alette ripiegate, estese 267 mm, gittata 1.950 m, testata 2,7 kg HEAT dal diametro 115 mm, peso HE 1,79 kg, diametro cono esplosivo 112,9 mm; postazione di tiro 16,4 kg, lunghezza 900 mm, altezza 65 cm, larghezza 42 cm.


  • Milan 2T: peso tubo in configurazione di trasporto 12,62 kg, pronto al lancio 11,91 kg (senza le due vistose strutture anti-urto alle estremità, a forma di 'bullone'), lunghezza in trasporto 1.260 mm, di lancio 1.200 mm, diametro tubo di lancio 133 mm. Missile 6,73 kg, lunghezza 918-1.138 mm, diametro 125 mm con alette ripiegate, estese 267 mm, gittata 1.950 m, testata 3,12 kg HEAT dal diametro 117 mm, peso HE 1,83 kg, diametro cono esplosivo 112,9 mm; postazione di tiro 16,4 kg, lunghezza 900 mm, altezza 65 cm, larghezza 42 cm.


  • Milan 3: peso tubo in configurazione di trasporto 12,62 kg, pronto al lancio 11,91 kg (senza le due vistose strutture anti-urto alle estremità, a forma di 'bullone'), lunghezza in trasporto 1.260 mm, di lancio 1.200 mm, diametro tubo di lancio 133 mm. Missile 6,73 kg, lunghezza 918-1.138 mm, diametro 125 mm con alette ripiegate, estese 267 mm, gittata 1.950 m, testata 3,12 kg HEAT dal diametro 117 mm, peso HE 1,83 kg, diametro cono esplosivo 112,9 mm; postazione di tiro 16,9 kg, lunghezza 900 mm, altezza 65 cm, larghezza 42 cm.
  • Milan ADT-ER: peso tubo in configurazione di trasporto 13 kg, pronto al lancio 12,29 kg (senza le due vistose strutture anti-urto alle estremità, a forma di 'bullone'), lunghezza in trasporto 1.260 mm, di lancio 1.200 mm, diametro tubo di lancio 133 mm. Missile 6,73 kg, lunghezza ? mm, diametro 125 mm con alette ripiegate, estese 267 mm, gittata 3.000 m, testata 3,4 kg HEAT dal diametro 117 mm, peso HE ? kg, diametro cono esplosivo 115 mm; postazione di tiro 21kg,  ?

L'Exocet[3][4][modifica]

Data l'importanza dell'Exocet per la storia della guerra navale, ecco una sezione dedicata al missile che forse ha fatto più parlare nel settore. Non è l'arma più veloce, né tanto meno quella di maggiore gittata, o con la testata più potente. Nondimeno è risultata talmente diffusa e usata spesso in azioni reali, che fin dalla guerra dell'82 è sinonimo nella RN di 'attacco devastante'.

Negli anni '50 l'Aerospatiale costruì il missile AS 30, arma supersonica ma a corto raggio (11 km), entrata in servizio nei primi anni '60 con guida radio, poi radio automatica (TCA) e infine laser,l'AS 30L, con un totale di oltre 4.000 esemplari, valore non indifferente per un missile da 600 kg e collegato al successo dei Mirage nell'export. Nel contempo si lavorò all'MM 20 (Mer-Mer da 20 km) arma antinave ch'era la derivazione dell'aerobersaglio CT-20. Divenne il missile RB 08A per i caccia 'Halland' svedesi, rimasti in servizio fino agli anni '80. Nel '63 si propose l'AS 30 in versione navale; nel '65 la sua storia si evolse fino a definirsi come un missile antinave imbarcato di nuovo tipo (ma piuttosto simile come superfici di controllo, e non tanto diverso nemmeno dal Martel anglo-francese); nel '67 avvenne l'affondamento del caccia EILATH e quello che fin'allora era stato un programma di bassa priorità, divenne pressantemente richiesto. Il nuovo ordigno era simile anche al Kormoran tedesco, di cui era parente (l'arma tedesca era derivata dalla francese AS.34 della Nord-Aviation, poi Aerospatiale). Lo sviluppo vero e proprio partì solo nel maggio 1968, un mese ricordato per la rivoluzione degli studenti, meno per quest'evento, che invece fu una 'rivoluzione' nella storia navale. Peraltro all'epoca erano in corso di sviluppo anche altri tipi, come il Kormoran e l'OTOMAT. Il primo ordine fu nel dicembre del '68, da parte della Grecia per le sue 'Combattante II'. Fu solo dopo di allora che questo progetto, prima una 'private venture', interessò finalmente la Marine Nationale. I test balistici di base iniziarono nel 1970, i test operativi nel '72, per concludersi nel tardo 1974. 30 missili tirati diedero un rateo di successo del 91%, e nel '74 comparve finalmente l'arma di serie. Entro il 1983 ne sarebbero stati prodotti oltre 2.000[5].

La Royal Navy, da osservatore interessato, giunse subito a porre un ordine di 300 esemplari, per coprire un settore in cui non aveva proposte nazionali di sorta.

Oltre la metà dei missili comprati dai vari clienti vennero sistemati su navi d'attacco veloci, viste come economica alternativa alle unità maggiori e capaci di colpire con efficacia ogni sorta di navi (sacrificando però le dotazioni ASW e parte di quelle a.a.). Se si considera come le 'Combattante' e le tedesche Type 143, armate con una batteria di missili antinave, i nuovi cannoni da 76 mm OTO e siluri guidati antinave di vario tipo, si capisce che effettivamente c'era un aumento impressionante di capacità offensive tra le navi leggere.


L'arma di per sé era tutto sommato semplice. Un corpo affusolato con due serie di alette cruciformi, concentrate nella parte posteriore, con capacità di manovra (posteriori) e di stabilizzazione (anteriori, di forma trapezioidale). Il sistema di guida, naturalmente, era quello più difficile da realizzare: nella prua si riuscì a sistemare il Dassault ADAC (Auto Directeur Anti Clutter), di tipo monopulse e in banda I e J, INS Thompson RE 576, elaboratore EOG della Aérospatiale, e un elemento fondamentale, come il radar-altimetro Thomson AHV-7, necessario per permettere al missile di volare a pelo d'acqua, la sua principale capacità operativa. Dietro c'era la testata semiperforante da Luchraire GP1A da 165 kg oppure una carica a frammentazione, con spoletta capace di funzionare fino a 70° di angolo d'impatto o settata a 0,015 secondi dal contatto radar, per un effetto di prossimità; poi seguiva il motore. Attorno al sottile ugello di scarico posteriore c'erano gli attuatori di controllo e la batteria termica. Il lanciatore ITS di tiro 'standard' come dice la sigla, è fatto in leghe metalliche, mentre quello leggero ITL è in vetroresina, con una tipica installazione di 4 armi angolate per 12° rispetto alla prua della nave, a ventaglio, per coprire un settore di tiro anteriore fino a circa 120°. Spesso sono sistemati in gruppi di due per lato della nave, orientati verso l'avanti, alle volte tutti a prua. In effetti, dopo il lancio il missile non accetta correzioni di tiro particolarmente elevate e quindi non può, per esempio, ingaggiare bersagli a poppavia. Il peso di due coppie di lanciatori, dalla caratteristica struttura corrugata, è 13,5 t oppure, con la ITL, 9.500 kg (e quindi adatti alle navi minori). I lanciatori scatolati sono lunghi 5,4 m e pesanti 1.750 kg, carichi. Una consolle Aérospatiale si occupa del controllo del lancio; vengono attivate le batterie, si riscalda per 1 minuto la valvola a magnetron, si tira il missile o i missili selezionati, e in due secondi il booster l'accelera e lo porta in alto fino a 60-70 metri, dopo avere consumato i 100 kg di propellente. Poi ritorna subito a 9-15 m di quota fino a mare forza 7, e vola a mach 0,93 per un massimo di 93 secondi di autonomia (questo il dato riportato, ma appare incorretto visto che per 42 km a 300 m.sec sono necessari 140 sec), fino a quando a 12-13 km dal bersaglio comincia ad azionare il suo 'occhio' costituito dal radar Aérospatiale ADAC (angolo di visione 32°, alzo 20°), portandosi all'attacco ad appena 8 m di quota, scendendo fino a 2,5 se il mare è calmo. L'arma, capace di virare subito dopo il lancio di circa 30° a destra o sinistra, normalmente è trattata come un sistema piuttosto semplice, quasi un grosso pezzo d'artiglieria. Ogni giorno però va controllata la pressione nei lanciatori sigillati e il giroscopio, ogni settimana un test completo della durata di 2 ore, ogni anno deve essere controllato il missile a terra.

I motori sono capaci di far raggiungere al missile i 42 km; l'MM 38 ha booster Vautour e motore da crociera Eole V; diversamente, la combinazione per l'AM 39 è Condor-Tristan, SM 39 con il Narval e Tristan, l'MM 40 il Gerfault e l'Aither. L'entrata in servizio dell'MM 38 Block 0 avvenne nel '75.

Dell'MM 38 ne sono stati prodotti non meno di 1.262 esemplari per 18 marine, alcuni anche per difesa costiera (Argentina e poi la Gran Bretagna per Gibilterra).

MM 38 e lanciamissili RAM su di una Type 143A

Nel '75, 10 anni dopo l'inizio dei lavori, si poteva pensare ad un missile migliore, e nel gennaio 1981 entrò in produzione l'MM 40, frutto di una rapida maturazione, che ha maggiore gittata grazie ad un motore a razzo molto più lungo. Questo è stato il primo della nuova generazione degli Exocet Block 1, con radar Super ADAC in banda J, migliori ECCM e traiettoria di volo anche più bassa. Il giroscopio, poi, consente un lancio entro i 90° rispetto ai 30 dell'MM 38, piuttosto pochi. Così ogni lanciatore è capace di coprire un angolo di 180° complessivi (si pensi che l'OTOMAT arrivava invece da 200° di deviazione possibile). Questo ha fatto sì che i lanciamissili non siano più sul ponte prodiero delle grandi navi, ma sistemati a mezza nave, orientati perpendicolarmente allo scafo: ogni gruppo di lancio controlla un emicerchio. Entro il 1993 530 missili sono andati a 13 marine e alle batterie su 4 lanciamissili autocarrati per il Qatar (sarebbero poi seguiti altri ordini per la difesa costiera, come le 10 batterie thailandesi). Parlando di lanciamissili, l'MM.40 ha un sistema di ripiegamento alette migliorato, che permette l'uso di contenitori-lanciatori tubolari, simili a quelli degli Harpoon e molto più compatti dei precedenti: in teoria, pur pesando di più (850 kg anziché 750) questo consente di raddoppiare il numero di missili trasportabili da una rampa di lancio standard, perché il peso totale ammonta a soli 1.150 kg.


Ma negli anni '70 si pensò anche ad un missile aviolanciato, tornando alle origini dei missili Aérospatiale. Prima venne sperimentato l'AM 38, versione aria-terra dell'MM 38: esso, semplicemente, aveva un motore a razzo azionato dopo un secondo dal rilascio, per non danneggiare il velivolo lanciatore, e venne sperimentato già nel '73; poi, nel '75, venne pensato un tipo più corto e leggero, sperimentato nel '77 e che poi venne prodotto come AM 39, capace di essere portato a velocità supersoniche, con motore potenziato per almeno 50 km di gittata, e superfici di controllo migliori, seppure ancora minuscole rispetto alle superfici tipiche di missili AAM con configurazioni simili (le esigenze di manovrabilità sono ovviamente inferiori per un'arma antinave). A tal proposito, la configurazione dell'Exocet è una sorta di via di mezzo tra lo Sparrow e il Phoenix.

Entrò in servizio nel '79 e presto oltre 1.000 vennero venduti per aerei ed elicotteri di 11 nazioni e di una dozzina di tipi diversi. A bordo i velivoli hanno un set di adattamento pesante 40 kg circa, con consolle di selezione e controllo dati. Il pilone di lancio è di 75 kg e i dati sono trasmessi dal radar al missile in maniera automatica durante la fase di pre-riscaldamento, a cui segue il lancio su quote che scendono a circa 10 m.

Nel '78 il programma AM 39 portò, dato il rapido e positivo esito, ad una nuova arma, l'SM 39. Questo era un missile che integrava i siluri per dare ai sottomarini un'arma di portata e velocità superiore, dall'uso sì discutibile (essendo molto dibattuto se il sottomarino debba 'esporsi' con il lancio di un'arma che può essere abbattuta o deviata, e che è meno letale di un siluro normale). Ha lo stesso motore dell'AM 39 ma booster potenziato, e naturalmente una capsula di protezione chiamata VSM da 1.345 kg totali e 5,8 m, da espellersi assieme al missile dopo il lancio. La capsula, vista esternamente, sembra a tutti gli effetti un siluro a razzo, incluso il colore scuro (al contrario del missile), ma in realtà serve per proteggere il missile dalla pressione e ha una serie di otto pinne stabilizzatrici, mentre la rotta viene stabilita dalle deviazioni del getto del suo motore. Non è noto da che profondità sia possibile lanciarlo. Esce dall'acqua a 45° e a 20 m.sec, poi si apre l'ogiva, si livella ad appena 12° di angolo di salita, poi un generatore di gas espelle il missile, si aziona il booster e l'Exocet si porta poi a volo radente. Il VSM è davvero una capsula molto utile, perché tra le sue caratteristiche vi è anche quella della deviazione sott'acqua, fino a 90°, il che consente al missile di ingaggiare obiettivi fino a 180° dalla prua del battello, ovvero non c'è bisogno di muoversi per ingaggiare ogni bersaglio localizzato a giro d'orizzonte. La sua velocità d'attacco finale è circa 300 m.sec., può volare a 2-3 m di quota con mare calmo ed esplodere a circa 1 m sul galleggiamento, eseguire manovre verticali ed orizzontali per confondere i CIWS, ed esplodere anche con una picchiata sull'obiettivo anziché l'attacco radente tipico. Differentemente dall'Harpoon del tipo sub-lanciato, grazie al livellamento pre-lancio l'arma sale di appena 30-50 m, anziché 500-600, il che la rende molto più difficile da localizzare. L'Harpoon, d'altro canto, ha maggiore gittata e in teoria questo aiuta a non vederlo durante il lancio. Ma siccome il sottomarino deve localizzare con i suoi mezzi il bersaglio, la gittata non è sfruttabile appieno, a meno di non usare una fonte d'informazione esterna, che però comportaun traffico di dati esterni potenzialmente rilevabile. Quindi di fatto l'SM 39 è avvantaggiato rispetto al sub-Harpoon in numerosi settori, anche perché la capsula di quest'ultimo è a galleggiabilità positiva e non affonda dopo il lancio, rivelando potenzialmente da dove ha tirato il sottomarino (peraltro è una caratteristica utile in esercitazioni del tempo di pace, specie se la capsula fosse riutilizzabile)[6].

Gli Exocet hanno avuto esperienze di combattimento dal 1982, e il loro successo n.1 fu il 4 maggio contro il caccia HMS Sheffield, letteralmente bruciato da un'arma che lo raggiunse di sorpresa, mentre esso aveva le ESM disattivate perché interferivano con le comunicazioni satellitari. Così solo 6 secondi prima dell'impatto venne otticamente avvistato, quando oramai non c'era più tempo di fare nulla. L'arma si infilò nel fianco del caccia, alla quota di appena 2,4 m, aprendo una falla di 3 x 1,2 m. Non si è mai capito se la testata esplose o no, per quanto la cosa possa suonare bizzarra. Ma il carburante residuo, dopo un tiro da circa 45 km, era ancora sufficiente per incendiare la nave e renderla presto un relitto. La falla non fu subito importante, ma lo divenne poi, dato che da lì entrò l'acqua che 5 giorni dopo affondò la nave, a causa del mare grosso. Questo fu il primo successo dell'Exocet, anche se un secondo missile mancò l'obiettivo, una fregata britannica, la HMS Yarmouth, forse perché lo deviò con le ECM, infilandosi in mare a 300 m di distanza. Ovviamente la Gran Bretagna sapeva come funzionavano gli Exocet, ma le sue navi vennero sorprese da un attacco a bassa quota dei caccia argentini Super Etendard, che optarono così anziché con una traiettoria ad alta quota per sfruttare appieno la gittata di 70 km (60 a bassa quota o con lancio da aerei lenti). Seguiranno due colpi a segno sulla portacontainer Atlantic Conveyor il 25 maggio (nello stesso infausto giorno, festa nazionale argentina e quindi particolarmente temuto dai britannici, venne affondato il caccia HMS Coventry dalle bombe di alcuni A-4), poi un bersaglio mancato il 30 maggio, quando l'unico Exocet fu, a quanto pare, abbattuto dal cannone da 114 dell'Avenger (che rivendicò anche uno dei due A-4 distrutti ufficialmente dai soli Sea Dart dell'Exeter). Finiti i 5 missili aria-superficie, entrarono però in azione dei lanciamissili basati a terra, vicino a P.Stanley. Essi erano quelli della corvetta Guerrero, danneggiata da fuoco di terra durante l'invasione nel marzo precedente. I lanciatori vennero trasportati da un C-130 e usati verso la fine della guerra. Fu il 12 maggio, a 2 giorni dalla resa, che il grosso caccia (spesso considerato un incrociatore) HMS Glamorgan stava eseguendo un'azione di fuoco di sostegno all'inguaiato 45° Commando, navigando sotto costa per sparare con i 114 mm di bordo. Mentre si ritirava dall'azione, a 16 miglia nautiche da P.Stanley un Exocet si avvicinò a pelo d'acqua. Stavolta non c'era stata la sorpresa totale, ma il missile Seacat e i chaff non bastarono a difendere la grossa nave inglese: ancora pochi secondi, e venne colpita nell'hangar. Il missile non esplose, anche se causò danni notevolissimi data la poca distanza percorsa (molto carburantea bordo) distruggendo anche l'elicottero Wessex. Questo fu l'ultimo dei sei missili, e l'unico caso in cui l'arma non attaccò di sorpresa e non venne deviata dalle ECM (anche se, colpendo l'Atlantic Conveyor, che era priva di difese, fecero danni enormi tra cui la perdita di 10 elicotteri).

Ci si può solo meravigliare dell'esito della guerra qualora gli Argentini avessero pazientato ancora pochi mesi per avere una maggiore fornitura di missili e anche di Super Etendard: i Francesi si limitarono ai primi 5 dei 14 aerei, e soprattutto ai primi 5 missili, prima di interrompere le forniture. Poi queste ripresero ed entro la fine del 1983 vennero completate. Se gli Argentini fossero riusciti a modificare più lanciamissili Exocet per i tiri costieri, e se soprattutto fossero riusciti a modificare degli MM 38 per i lanci da aereo (come fu fatto con l'AM 38), avrebbero potuto causare danni disastrosi ai britannici. I soli 5 AM 39 causarono l'affondamento di 2 navi. Si consideri che i 5 Super Etendard prestati agli Irakeni ebbero uno stock di 20 missili. Forse, con 6-7 navi colpite, gli Inglesi avrebbero dovuto addirittura ritirare la flotta, che era sprovvista di sistemi CIWS (eccetto tre fregate con i Sea Wolf) e alquanto obsoleta. Per neutralizzare gli Exocet gli Inglesi ricorsero a disturbatori appositamente installati sugli elicotteri Lynx (il 'corno' sul loro musetto), mentre alcuni Sea King dovevano volare a bassa quota e lanciare chaff, per 'sembrare' delle navi bersaglio, con l'ovvio rischio per tali grossi elicotteri d'essere abbattuti dall'Exocet se non si fossero tolti rapidamente dalla sua rotta (anche per via della possibilità di esplodere senza impatto diretto). Alla fine, gli Argentini, che dopo Francia, GB e Germania erano i principali utenti dei missili, non poterono usare altro che queste poche armi.

A parte l'assenza della squadriglia completa di S.Etendard, non avevano nemmeno le piccole e furtive motocannoniere missilistiche (adatte anche a 'rompere' il blocco britannico con una certa facilità), anche se tutte le loro navi (caccia 'Gearing', Type 42, incrociatore Belgrano, A-69) avevano Exocet. Qualora, invece di ritrovarsi la flotta di superficie allontanata o affondata dalla marina britannica avessero deciso fin da subito di usare batterie di Exocet costieri, i problemi per i Britannici sarebbero certamente aumentati. Invece gli Exocet del Belgrano andarono a fondo assieme alla loro nave il 2 maggio. Dopo la guerra le rampe argentine vennero trovate tanto utili, che gli Inglesi ne hanno fatto il sistema Excalibur per difendere Gibilterra. Nel frattempo, a metà degli anni '80 l'Argentina aveva già ordinato 212 missili tra AM 39, MM 38 e MM 40[7] dato che le 6 corvette MEKO 140 e i 4 ct MEKO 360 ne ebbero fino a 8, per lo più del tipo MM 40.


Ecco i danni all'USS Stark

Nella guerra del Golfo l'Irak usò molti Exocet, prima con i Super Frelon, poi con 5 Super Etendard usati ad interim, prima di essere sostituiti dai Mirage F.1EQ. Con questi ultimi, gli attacchi vennero spinti anche ad oltre 1.000 km di distanza, e in tutto si stima che almeno 150 AM.39 colpirono i bersagli, affondando 10 navi e danneggiandone decine altre, oltre ad attaccare spesso le piattaforme petrolifere. I danni, peraltro, non furono gravi a sufficienza per giustificare il costo di tali missili, la cui testata poco poteva contro le superpetroliere e soprattutto, i piloni delle piattaforme. Il petrolio spesso attutiva la forza dell'esplosione e gli incendi, per quanto gravi, venivano frequentemente domati da squadre specializzate, arrivate sottobordo alle navi colpite. Si sviluppò una specie di 'attività commerciale' con gruppi di 'pompieri del mare' che avevano il compito di abbordare le navi, spegnere le fiamme, e così facendo salvando la gran parte del petrolio. Gli Irakeni riusciranno a colpire solo il 2% del traffico petrolifero iraniano, ma la tensione della 'tanker war' (anche gli iraniani facevano lo stesso con le navi irakene, forti della loro superiorità strategica, vedi Stretto di Hormuz), aumentò la tensione e i costi di assicurazione per le petroliere.

Il 17 maggio 1987, per ragioni mai chiarite, un Mirage F.1 decollò e, pur volando a bassa quota, fu seguito da un E-3 americano per una missione apparentemente di routine: ma ad un certo punto, lanciò contro la USS Stark i suoi due missili. Questi non vennero né avvistati dall'AWACS e tantomeno contrastati in alcun modo dalla nave -classe 'Perry'- americana, che venne colpita da un missile che squarciò la prua, vicinissimo alle oltre 20 t di missili del sistema di lancio Mk 13. Per fortuna esso non venne raggiunto dalle schegge e dalle fiamme. L'altro missile colpì ed incendiò la sovrastruttura, ma per fortuna la testata non esplose; nondimeno, la nave ebbe oltre 30 vittime e necessitò di 15 mesi di riparazione. I missili Exocet erano stati nel frattempo migliorati, con l'introduzione di sistemi migliori per le ECCM e la possibilità d'attacco finale con manovre evasive.


Le prove contro gli Exocet o loro sistemi analoghi sono state fatte negli anni '80. Attorno al 1985 i missili Standard dell'incrociatore Ticonderoga abbatterono missili di questo tipo, ma solo uno per volta, suscitando le critiche dell'Aerospatiale che nel frattempo produceva armi di tipo migliorato, mentre anche i Sea Wolf avevano fatto tiri validi contro questa minaccia. I CIWS come i Phalanx e Goalkeeper vennero pure testati contro armi della categoria Exocet. Le ECM però si sono dimostrate più semplici da implementare sulle navi, per esempio l'SLQ-32 delle navi americane ha avuto, dopo il 1987, un disturbatore Sideckick apposito contro armi tipo Exocet. La Marina Israeliana, dopotutto, sconfisse i missili Styx e Kelt nel '73 solo con le ECM e qualche misura per ridurre la traccia radar anteriore delle sue navi. Su 52 armi tirate, nessuna andò a segno, eccetto una sua scheggia. Senza ECM, 3 missili su 4 andarono a segno sull'Eilat, e 2 su due sul caccia Khayber pakistano. In ogni caso, dei 400 o più missili (su 600-800 comprati) dagli Irakeni, parecchi vennero ingannati dai sistemi difensivi iraniani. Tom Cooper, per esempio, riporta che una chiatta modificata con un 'riflettore' radar costituito da ampie superfici piatte, avrebbe addirittura attirato 23 Exocet da sola, simulando d'essere una petroliera. Qualche Exocet venne abbattuto da missili Phoenix iraniani, altri da cannoni e mitragliere. Ma in ogni caso, ancora nel 1991 i missili Exocet erano una minaccia concreta, che era considerata temibile. Quando due Mirage F.1 vennero diretti contro le navi Alleate, fu certo con sollievo che essi vennero abbattuti da un F-15 saudita (le uniche vittorie della RSAF) prima di lanciare i missili.

Il successore dell'Exocet doveva essere il supersonico ANS, derivato dall'ASMP, ma non ha avuto seguito in quanto vittima dei tagli post-guerra fredda, visto che apparve all'inizio degli anni '90. Piuttosto è stato sviluppato l'Exocet MM.40 Block 2, che avrebbe consentito di mantenere il mercato del 20% mondiale detenuto dai Francesi con la famiglia Exocet.

L'Exocet Block 2 venne presentato nel 1991 dopo una gestazione segreta, ed era comprensivo degli MM.40 SM.39 e AM.39. Radar ADAC Mk 2 ad agilità di frequenza, coordinamento del lancio di più missili, e altre innovazioni quali le manovre evasive a spirale per l'approccio finale. L'Exocet Block 2 Mod 1 ha un sistema INS migliorato di tipo laser, e il Mod. 2 è stato migliorato ulteriormente per l'uso dai Rafale. L'Exocet Block 3 era invece previsto per il 2010. Quest'ultimo aveva capacità d'attacco contro bersagli terrestri e un motore Microturbo TRI-40, per una gittata di 150 km con conseguenti 4 prese d'aria, minore segnatura radar e IR, manovre evasive ad alte accelerazioni, resistenza alle ECM migliorata, GPS per l'attacco contro bersagli di terra, testata HE-FRAG. Ecco quindi il vero erede degli Exocet, dopo la cancellazione dell'ANF (ex-ANNG, ex-ANS) nel 1999 per i costi eccessivi. Esso aveva uno statoreattore VESTA, mentre la Germania ha proceduto con il TAURUS per i fatti suoi. Lo sviluppo venne fatto partire ufficialmente nel 2002, per avere una prospettiva commerciale negli anni '2000 contro l'Harpoon, l'Otomat, i missili russi e cinesi. Questi ultimi hanno praticamente clonato l'Exocet, e molto prima dei francesi, hanno poi rimpiazzato i motori a razzo con quelli a reazione. Quanto all'Exocet, solo considerando i lanci addestrativi ha fatto oltre 200 lanci con un'alta affidabilità, a parte la testata, anche se la Aérospatiale ha dichiarato di averla risolta già negli anni '80.


  • MM 38: 18 flotte con 200 navi e 1.270 missili
  • MM 40: 14 flotte, 75 navi, 20 batterie costiere e 800 missili
  • AM 39: 11 Paesi, 153 velivoli, 1.100 missili
  • SM 39: 19 sottomarini, 800 missili

Caratteristiche (MM 38, 40, AM 39, SM 39, MM 40 Block 3):

  • Lunghezza: 5,2 --5,8--4,69--4,69--4,7 m
  • Diametro: 348 mm
  • Ap. alare: 100-113,5--110--100,4--113,5 cm
  • Peso: 750--870--670--655--540 (750 con il booster)

La scelta del motore a razzo ha pro e contro. Il pro è la relativa semplicità, l'affidabilità, e la capacità incendiaria del carburante. I contro sono la massa maggiore, l'autonomia molto minore a parità di peso, la traccia IR molto maggiore, la tracciabilità visiva molto maggiore di giorno come di notte dato la scia e la fiammata. Da notare come l'Exocet Block 3 è meno pesante, pur raddoppiando la gittata, del precedente MM.40. L'Exocet è stato pensato come arma da navi e questo effettivamente non dava problemi di portata massima, data la difficoltà di targeting oltre l'orizzonte. Invece l'Harpoon partì come arma aviolanciata e poi venne adattato alle navi e sottomarini, esattamente al contrario. Nessuno dei due missili, nondimeno, aveva un data-link per la comunicazione dei dati di mezza-corsa (per l’Harpoon questo si ebbe solo dalla versione SLAM aria-superficie per attacchi contro bersagli terrestri), né erano serviti da un radar con capacità OTH, come invece accadeva al rivale OTOMAT, che aveva anche una gittata maggiore, anche dell’Exocet. Per bizzarro che possa sembrare, nonostante che l’OTOMAT avesse una partecipazione paritetica franco-italiana e che la sua caratteristica più importante, la gittata, fosse dovuta proprio alla turbina Microturbo francese, nessuno è stato mai accettato dalla Marine Nazionale.

La testata dell’OTOMAT oltretutto arrivava a 210 kg, abbastanza per minacciare anche la galleggiabilità della nave e sensibilmente superiore ai 165 kg dell’Exocet (ancora più vero per l’Harpoon, che raggiungeva i 227 kg). La testata dell’Exocet era quindi ridotta in peso rispetto alla massa totale, nonostante una gittata tutto sommato ridotta. L’Harpoon, pesando appena 650 kg al lancio era capace di portare una testata del 50% più pesante ad una gittata che anche nella prima versione era almeno di 90-110 km contro 40-65 km dei vari MM 38 e 40. E questo, senza considerare che l’AGM-84 Harpoon del tipo aviolanciato, quindi senza booster di lancio, pesa appena 450 kg, di cui ben il 50% sono costituiti dalla testata. Questo dà l’idea della differenza di efficienza tra motori a razzo e a reazione, questi ultimi fino a 10 volte più efficienti in termini di portata-peso. Non solo, ma la traccia IR è ridottissima (attualmente non solo esistono dei missili a guida IR, ma anche dei sistemi di sorveglianza come il Vampyr che vedono persino le colonne di calore oltre l’orizzonte), così come quella visiva (niente scia di fuoco o di fumo bianco). I missili Exocet hanno magari un motore di spinta maggiore, ma ben lungi dall’assicurare prestazioni come la velocità supersonica che aiuterebbe a superare le difese nemiche, al dunque sono solo poche decine di kmh sopra le prestazioni dell’Harpoon. A parte questo, va detto che l’Exocet è stato sviluppato come nessun altro missile in termini di flessibilità d’impiego. Sebbene meno frequentemente aggiornato rispetto all’Harpoon, l’Exocet è stato adattato a: batterie di difesa costiera, aerei, elicotteri e sottomarini, oltre naturalmente le navi. L’Harpoon non è stato adottato da elicotteri, l’OTOMAT non ha avuto mai versioni sublanciate e anche quelle aeroportate sono state abortite, i missili Uran non hanno una versione sublanciabile.


Note[modifica]

  1. Per questo missile vedi soprattutto Batacchi, Piero: Milan: il successo di un controcarro,P&D Giugno 2007 p. 58-62
  2. Po, Enrico: Milan ADT-ER ,RiD Giugno 2008 p. 66-73
  3. Lanzara Leonardo: Exocet, RID mar 2005
  4. Fischer, Johan: Exocet, RID feb 1993
  5. Questi ultimi dati: Armi da guerra 25
  6. Stanglini, Ruggero: SM 39: l'Exocet che sale dal fondo, PD feb 1992
  7. Armi da guerra: Argentina