Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Falklands

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Indice del libro

1982: guerra delle Falklands[1][modifica]

Quell’anno mise a dura prova, in maniera drammatica, le forze armate argentine. Il Generale Leopoldo Galtieri non era stato colui che diede inizio alla dittatura dei Generali in Argentina, in quanto andato al potere solo il 18 dicembre 1981, nondimeno ne era il continuatore. Nel suo programma vi era l’annessione delle Isole Malvinas entro il 1983. Ma cosa v’era di tanto importante in queste isole, e quali i precedenti storici che dovevano essere tenuti in considerazione per capire la necessità di tale programma?

Le Isole Falklands sono un arcipelago caratterizzato dall'essere costituito da due isole principali, la West e la East Falkland. Il capoluogo è nella East Falkland, Port Stanley, un piccolo centro abitato con un aeroporto, mentre altri ve ne sono a Dunnuse Head e Goose Green. La popolazione è scarsa e il clima risente molto della vicinanza al Circolo polare Antartico.

Le isole Falklands vennero scoperte dagli inglesi nel 1592, esattamente 100 anni dopo la scoperta delle Americhe, ma tale era la difficoltà di esplorarle e poco il valore attribuito che l'esplorazione iniziò solo nel 1594. Nel 1690 finalmente ebbero il loro nome definitivo, o meglio quello che attualmente le distingue, in onore del tesoriere della Marina Cary Falkland. Nel 1764 vennero occupate, dopo ben 164 anni dalla scoperta, dal francese de Boungainville, che le chiamò le Isole Malouines per via del fatto che la sua spedizione proveniva da St. Malò. La situazione però venne presto messa in discussione, perché nel 1765 sbarcarono gli inglesi.

La Spagna trattò con la Francia per la cessione di queste isole nel 1767 mentre gli inglesi, nel 1774, ne lasciarono la proprietà alla Spagna, avendo abbastanza problemi all’orizzonte (la guerra d’indipendenza americana preoccupava molto di più). Nel frattempo l’Argentina divenne indipendente e nel 1823, come eredità della Spagna si appropriò delle Isole con un altro sbarco. Dopo 10 anni arrivarono gli inglesi e stavolta occuparono definitivamente le isole, anche se gli argentini continuarono a chiederne la restituzione per almeno due buone ragioni: erano l’eredità spagnola e facevano parte della piattaforma continentale sudamericana. Agli inglesi facevano comodo per la fiorente industria baleniera, che nell’arco di un secolo avrebbe massacrato i cetacei dei mari meridionali, e perché base idonea alle navi che si muovevano da o per Capo Horn, prima del Canale di Panama l’unico modo per passare da un oceano all’altro, visto che le Americhe sono un continente che ha la particolarià di estendersi da un Polo all’altro (anche per questo Colombo non poteva mancarle, pur ignorandone l’esistenza). La questione della sovranità sulle isole contese continuò per decenni e generazioni di diplomatici non riuscirono a risolverla totalmente: le Falknads, ragionavano gli inglesi, erano state scoperte da loro e siccome erano disabitate si poteva dire con ‘inventio rei nullibus’. La popolazione, per quanto scarsa, che le abitava era essenzialmente di origine inglese. Tra il 1965 e il 1976 vi furono relazioni molto più amichevoli tra i due Paesi, tra l’altro non sempre così ‘nemici’ in quanto la Gran Bretagna vendette all’Argentina materiali come i bombardieri Canberra, bombe da 454 kg, missili Blowpipe e Tigercat, oltre ad un paio di cacciatorpediniere Type 42 e altrettanti elicotteri Lynx Mk.23.

Ma dal 1976 iniziò la cosiddetta ‘dittatura dei generali’ e le relazioni si interruppero del tutto fino al 1979. Nel febbraio 1982 si provò ad iniziare la risoluzione del contenzioso all’ONU, ma il 18 marzo 1982 un gruppo di operai argentini issarono la bandiera nazionale nella Georgia del Sud, considerata parte dei possedimenti inglesi del Territorio Antartico Britannico. Il 2 aprile una forza di invasione di 2.000 marines e fanti, portata da una flotta di navi comprendente mezzi da sbarco LVTP-7 e corvette A-69 (una delle quali fu danneggiata dal fuoco di reazione inglese, essendosi avvicinata molto a P.Stanley), sbarcò a Port Stanley. Gli inglesi avevano una piccola guarnigione e decisero di arrendersi presto, non potendo contare su nessun aiuto dalla madrepatria in tempi utili. Gli argentini avevano fatto la loro 'blitzkrieg' partendo da Rio Gallegos, e crebbero ben presto a 11.000 truppe. Stando tanto vicini alla madrepatria, essendo la Gran Bretagna fin troppo impegnata con la Guerra fredda in Europa ma anche con una pesante crisi economica e gli irredentisti dell’Irlanda del Nord, non sembrava che le forze argentine, supportabili da una cospicua aviazione, corressero rischi. Nondimeno, la loro forza aumentò considerevolmente per scoraggiare gli inglesi ad una reazione. Ma la Tatcher comprese che non si poteva lasciar perdere senza una inaccettabile perdita di prestigio per la Gran Bretagna e nei giorni successivi ordinò l’operazione Corporate, la riconquista delle Isole, che tra lo stupore generale sarebbe incominciata prima della fine di quello stesso mese.

Il teatro d'operazioni, con la 'zona d'esclusione' dichiarata dalla Gran Bretagna

Il 10 aprile 200.000 argentini festeggiarono per le strade di Buenos Aires, quando appena pochi mesi prima facevano manifestazioni di massa per contestare il Gen. Gualteri. Il regime sembrava aver riconquistato la popolarità perduta, ma non aveva fatto i conti con la reazione inglese. In sede ONU si condannò l’invasione con un termine di 30 giorni entro cui le truppe argentine dovevano abbandonare le Falklands. In Gran Bretagna vi fu chi propose addirittura di provocare una esplosione nucleare a fini dimostrativi, nell’Atlantico meridionale, tanto per mostrare fermezza. Ma la cosa non ebbe seguito. Invece, senza aspettare nessuna scadenza, gli inglesi iniziarono a riempire le loro vecchie navi (tra cui alcune preziosissime, come le navi da sbarco classe Fearless, che avrebbero dovuto essere radiate a breve, mentre invece erano indispensabili per la riuscita dell’operazione) di ogni materiale utile e di truppe, e partirono da Porthsmouth dal 5 aprile, anche a costo di impoverire lo schieramento della Royal Navy contro il Patto di Varsavia, soprattutto in funzione ASW ovvero nella lotta contro i sottomarini sovietici. La Georgia del Sud venne riconquistata, con tanto della cattura del sottomarino Santa Fè, già il 28 aprile, mentre il 1 maggio arrivò il bombardamento con 12 Sea Harrier dell’aeroporto di Port Stanley, pieno di Pucarà e aerei leggeri. Gli argentini non rimasero inermi e lanciarono almeno 20 aerei contro le navi inglesi ma ne persero diversi. I Sea Harrier, che erano una macchina mai provata in combattimento reale, dimostrarono la loro superiorità nei combattimenti aerei contro i famosi Mirage. Il giorno dopo, esattamente un mese dopo la ‘reconquista’ delle isole, gli inglesi affondavano l’incrociatore Belgrano.

La Fearless, cervello dell'operazione anfibia, indenne da tutti i tentativi nemici di colpirla

Il 21 maggio gli inglesi sbarcarono a San Carlos, resistendo poi ai contrattacchi argentini, soprattutto con l’aviazione e l'artiglieria. Pochi giorni più tardi, il 26 maggio, gli inglesi vinsero clamorosamente la battaglia di Goose Green, combattendo con forze ridotte (450 paracadutisti e alcuni marines) contro 1.500 argentini, poi rinforzati con elicotteri, e ben provvisti di mortai da 120 mm (le cui granate tuttavia tendevano a non esplodere o a esplodere con troppo ritardo nel terreno fangoso, non essendo dotate di spoletta di prossimità o altimetrica), obici da 105 mm OTO, cannoni da 20 mm (6 binati) e 35 (due), e dell’appoggio aereo di Pucarà e Skyhawk, tre dei quali a quanto risulta abbattuti dagli inglesi. Gli inglesi ebbero solo l’appoggio del cannone (ad un certo punto inceppatosi) della Arrow, una fregata inglese, e tre missioni degli Harrier. Furono molto bravi, però, a sopraffare i bunker argentini in cui le loro forze, troppo statiche ebbero la peggio, anche grazie all’impiego dei missili MILAN. Alla fine gli argentini ebbero 200 o più morti contro 16 inglesi, nonostante l’inferiorità dell’attaccante. A quanto pare i militari di leva argentini, mal guidati e motivati, non seppero resistere nonostante la loro netta superiorità in termini di potenza di fuoco e conoscenza del terreno, cosa che d’altro canto si è verificata in molte occasioni nella Storia (basti pensare alle guerre arabo-israeliane o all’invasione tedesca dell’URSS o della Francia, o anche la Battaglia di Roma).

Uno dei Dagger forniti da Israele

Il 14 giugno un bombardamento con bombe a guida laser venne interrotto, su Port Stanley, giusto in tempo: gli argentini si stavano arrendendo. La campagna era finita con un minimo coinvolgimento, una volta tanto, della popolazione civile. Gli argentini persero oltre 700 militari uccisi e migliaia di feriti e prigionieri. Gli inglesi persero oltre 200 soldati morti. Le perdite materiali erano state di elevato livello: gli argentini persero praticamente tutta l’aviazione basata sulle isole, ovvero circa 25 Pucarà, 5 MB.339 e altri apparecchi, oltre 20 A-4, oltre 10 Mirage e Dagger, e altro ancora per un totale di circa 100 aerei, mentre gli inglesi ne persero una trentina. Gli argentini persero l’incrociatore Belgrano, la nave da trasporto Rio Carcaranha, e la Isla de los Estados, oltre al Santa Fè. Gli inglesi ebbero perdite più salate, perdendo 2 fregate, 2 cacciatorpediniere, 2 navi da sbarco e la perdita peggiore, che era solo una nave portacontainer modificata, la Atlantic Conveyor con 10 elicotteri a bordo. Numerose altre navi vennero danneggiate. Nell’insieme la guerra fu relativamente incruenta, ma portò enormi insegnamenti per tutti: la pericolosità dei missili come gli Exocet antinave, la necessità di sistemi CIWS per le navi, la pericolosità degli attacchi aerei a volo radente, l’inaffidabilità delle bombe sganciate a bassissima quota, l’efficacia di missili aria-aria di nuova generazione, e la scarsa efficacia e-o affidabilità di quelli superficie-aria. Gli argentini persero tra l’altro contro gli inglesi pur usando molte delle stesse armi come i missili Blowpipe SAM, e i fucili FAL che erano, nel caso argentino, con sistema di tiro anche automatico invece che solo semiautomatico come nel caso inglese. E malgrado tutto, i paracadutisti e marines, usati come fanteria leggera, vinsero.

L' 'Arma segreta argentina, il Super Etendard, fu scarsamente utilizzato per mancanza di sufficienti missili Exocet

La RAF cercò di usare al meglio le sue possibilità e dall’isola di Ascension lanciò diverse missioni di bombardieri Vulcan, che dimostrarono in teoria la capacità di attaccare anche il territorio argentino ‘volendo’. Poco noto era l’appoggio dato dal Cile, che era retto da Pinochet ma venne considerato ‘amico’ a sufficienza per basarvi aerei da ricognizione della RAF e forse per attaccare direttamente l’Argentina, quantomeno per impedirle di concentrare tutte le forze contro la Gran Bretagna.

In seguito, non certo casualmente e nonostante la dittatura di Pinochet, il Cile beneficiò di molte navi ex-R.N. In pratica, quasi tutte le navi inglesi che parteciparono finirono entro pochi anni ad altre marine di seconda mano. La Royal Navy venne però rinforzata da forniture di navi migliorate, anche grazie all’esperienza accumulata, e trovò conferma sia la micidialità degli SSN in oceano aperto, che l’importanza di portaerei, anche piccole. I primi interdirono il mare agli argentini, le seconde però furono fondamentali per coprire la spedizione inglese. Le perdite di aerei argentini furono circa 20 contro i Sea Harrier, contro gli 11 abbattuti dai SAM navali inglesi, ma soprattutto gli argentini furono costretti a usare molta prudenza mentre gli inglesi poterono godere di una relativa superiorità aerea.

Negli anni successivi anche l’Argentina si potenziò, con 4 sottomarini TR-1700 in ordine, con 4 fregate missilistiche MEKO 360 e 6 MEKO 140, ma soprattutto con una intera squadriglia di Super Etendard. I 5 disponibili affondarono con appena 5 missili, 2 navi inglesi, un sesto Exocet venne lanciato da una rampa terrestre derivata da una navale e mise KO il cacciatorpediniere Glamorgan. La forza dei Super Etendard, che i francesi, relativamente filo-argentini, continuarono a fornire, raggiunse i 14 esemplari complessivi con decine di missili Exocet, e questo appena entro il 1983: avessero avuto gli argentini una tale forza appena un anno e mezzo prima, gli inglesi avrebbero potuto agevolmente perdere la guerra, anche se usando gli stessi missili (in un modello meno avanzato) avrebbero dovuto conoscerne i segreti e i punti deboli. Del resto anche gli Argentini conoscevano bene i limiti dei missili Sea Dart e dei relativi radar di scoperta aerea, ed impararono ad evitarli nel volo a bassa quota.

La fine del Belgrano[2][modifica]

La ARA General Belgrano era in origine un incrociatore corazzato da 7.069 tonnellate costruito in Italia, completato nel 1899 e andato in disarmo nel 1948, che era quasi gemello dell'incrociatore della Regia Marina Garibaldi. Venne rimpiazzato da una nuova nave con lo stesso nome, che in realtà aveva cominciato la sua vita diversi anni prima, ma con la US Navy.

Venne costruita come USS Phoenix (CL-46), sesta nave della classe Brooklyn di incrociatori leggeri, nel New Jersey dalla New York Shipbuilding Corporation. Venne impostata nel 1935 e varata nel marzo 1938. Sopravvisse all'attacco giapponese contro Pearl Harbour del 1941 e venne messa fuori servizio dalla US Navy nel luglio 1946. La USS 'Phoenix' venne venduta, insieme ad un'altra nave della sua classe (la USS 'Boise') all'Argentina nell'ottobre 1951 per appena 7,8 milioni di dollari. Venne ribattezzata 17 de Octubre in onore di un importante anniversario del partito politico del presidente Juan Perón.

Dopo la deposizione di Perón in seguito al colpo di Stato del 1955, il vascello venne ribattezzato nel 1956 General Belgrano (C-4) dal nome del generale Manuel Belgrano, che combatté per l'indipendenza argentina nel 1816. Nel 1967 venne dotata di SAM Sea Cat diventando così (con il 'minimo sforzo') un incrociatore missilistico.

'ARA General Belgrano (ex ARA 17 de Octubre ex USS Phoenix)'

  • Tipo: incrociatore leggero
  • Classe: classe Brooklyn
  • Cantiere: New York Shipbuilding Corporation
  • Dislocamento: standard 10.800 ton, a pieno carico: 13.645 t
  • Dimensioni: lunghezza: 185,4 m, larghezza: 21 m, pescaggio: 7,2 m
  • Propulsione: 8 caldaie Babcock & Wilcox Express e 4 turbine elettriche Westinghouse; potenza:100.000 CV
  • Velocità: 32 nodi (59 km/h) e autonomia 7.600 miglia a 15 nodi
  • Equipaggio: 900 uomini in tempo di pace, fino a 1.400 in guerra.
  • Sensori di bordo: Radar Thales Nederland DA-02 e LW-01
  • Armamento: 15 cannoni da 152 mm in 3 torri trinate a prua e 2 torri trinate a poppa, 8 cannoni AA da 127 mm in postazioni singole, 2 complessi doppi antiaerei da 40 mm, 4 mitragliere da 20 mm, 2 complessi quadrupli di Sea Cat
  • Velivoli: 2 elicotteri
  • Cronologia: impostazione 15 aprile 1935, varo 13 marzo 1938, radiazione 3 luglio 1946, entrata in servizio con la Marina Argentina 12 aprile 1951, affondata nel 1982 dall'HMS Conqueror.

Nelle prime fasi della guerra delle Malvinas la maggior parte della marina argentina evitò il conflitto. Il General Belgrano era partito da Ushuaia nella Terra del Fuoco il 26 aprile 1982, accompagnato dai due cacciatorpediniere ARA Piedra Buena (D-29) e Bouchard (D-26) (entrambi ex-navi della US Navy), come Task Group 79.3. Il 29 stavano pattugliando Burdwood Bank a sud delle isole. Il 30 venne avvistato dal sottomarino nucleare della Royal Navy HMS Conqueror della classe Churchill. Il sottomarino si avvicinò il giorno seguente. Sebbene al di fuori della Zona di Interdizione Totale dichiarata dai Britannici, 370 km (200 miglia) dalle isole, dopo una frenetica consultazione l'Ammiraglio Woodward decise che doveva essere affondato. Raggiunta alla residenza di campagna dalla richiesta di intervento, il primo ministro Margaret Thatcher acconsentì che il comandante Chris Wreford-Brown attaccasse il Belgrano, che stava tallonando usando gli idrofoni. Era il 2 maggio: alle 13.57 il Conqueror lanciò 4 siluri Mk 8 mod 4, ognuno con una testata di 363 kg di Torpex, che colpirono 3 minuti dopo.

Uno dei due Mk 8 colpì tra 10 e 15 m dietro prua, al di fuori dall'area protetta dalla cintura verticale o dalla controcarena contro le torpedini. L'esplosione distrusse la prua della nave, ma le paratie interne ressero e il deposito da 40 mm non detonò. Non c'era nessuno in quella parte della nave al momento dell'impatto.

Il secondo siluro colpì a circa tre quarti lungo lo scafo, appena fuori del limite inferiore della corazzatura verticale, il che fu determinante per il disastro. La torpedine penetrò infatti all'interno della sala macchine prima di esplodere. L'esplosione si sfogò verso l'alto attraverso due mense ed un'area ricreativa chiamata the Soda Fountain causando infine uno squarcio di venti metri sul ponte principale. Relazioni successive stimarono il numero di marinai intrappolati o uccisi nell'area dell'esplosione a circa 275 uomini. L'esplosione non causò incendi, ma la nave si riempì rapidamente di fumo. L'esplosione danneggiò l'impianto elettrico del Belgrano impedendo anche l'emissione di un segnale d'aiuto.

La paratia anteriore resse, ma l'acqua affluì dallo squarcio creato dalla torpedine e non poté essere pompata fuori a causa della mancanza di energia elettrica. La nave iniziò a sbandare a sinistra e ad affondare di prua. Venti minuti dopo l'attacco, alle 16:24, il capitano Hector Bonzo ordinò all'equipaggio di abbandonare la nave. Vennero lanciate delle zattere gonfiabili e l'evacuazione iniziò senza panico. Tutto finì in esattamente 2 ore dal siluramento. Il personale del Belgrano era in gran parte di leva: ragazzi inesperti che non potevano gestire una situazione del genere, soprattutto senza elettrogeneratori funzionanti. Basti pensare ai gravissimi danni che un incrociatore come il BOLZANO subì da un altro siluro inglese dello stesso tipo, esattamente 40 anni prima, e all'esplosione del TRENTO a seguito dell'impatto di un altro Mk VIII.

Le due navi scorta erano inconsapevoli di quello che stava avvenendo al Belgrano, avendo perso il contatto visivo nell'oscurità e non avendo avvistato i razzi di soccorso ed i segnali luminosi. Ad aumentare la confusione, l'equipaggio del Bouchard udì un impatto che poteva essere la terza torpedine al termine della sua corsa (un esame successivo dello scafo mostrò un danno consistente con quello causato da una torpedine). Le due navi continuarono sulla loro rotta verso occidente ed iniziarono a lanciare cariche di profondità. Quando compresero che era successo qualcosa al Belgrano era già buio ed il tempo era peggiorato, disperdendo le zattere di salvataggio.

Navi argentine e cilene salvarono in tutto 770 uomini tra il 3 ed il 5 maggio. In totale circa 300 (ufficializzato in 324) marinai argentini affondarono con la nave. I siluri, anche di vecchio tipo, avevano dimostrato una volta di più la loro pericolosità in azioni antinave.

In ogni caso, al momento dell'attacco il Belgrano era in rotta di allontanamento dalle isole Malvinas. Sebbene stesse allontanandosi, si era mossa in direzione dell'isola con la sua task force per tutto il giorno precedente e virò solo perché un attacco aereo contro la task force era stato cancellato a causa del forte vento che impediva il decollo di velivoli dalla portaerei operante a nord delle Malvinas. Alla nave era stato infatti ordinato di rimettersi in rotta per la costa e di attendere condizioni più favorevoli per attaccare. Il comandante Hector Bonzo commentò riguardo a quest'ordine: «Stavamo dirigendoci verso la terraferma, ma non andando verso la terraferma; dovevamo raggiungere una posizione in cui attendere nuovi ordini». Inoltre il Belgrano avrebbe potuto cambiare rotta nel giro di pochi minuti ed entrare in una zona di acque poco profonde (Burdwood Bank) nel giro di poche ore ed il Conqueror non avrebbe potuto seguirla. La nave era al di fuori della zona di interdizione di 200 miglia. Sebbene al nave fosse al di fuori della zona di interdizione, entrambe le parti comprendevano che questa non era più il limite di azione britannica - il 23 aprile il governo britannico aveva fatto giungere un messaggio al governo argentino mediante l'ambasciata svizzera a Buenos Aires che diceva:

«In announcing the establishment of a Maritime Exclusion Zone around the Falkland Islands, Her Majesty's Government made it clear that this measure was without prejudice to the right of the United Kingdom to take whatever additional measures may be needed in the exercise of its right of self-defense under Article 51 of the United Nations Charter. In this connection Her Majesty's Government now wishes to make clear that any approach on the part of Argentine warships, including submarines, naval auxiliaries or military aircraft, which could amount to a threat to interfere with the mission of British Forces in the South Atlantic will encounter the appropriate response. All Argentine aircraft, including civil aircraft engaged in surveillance of these British forces, will be regarded as hostile and are liable to be dealt with accordingly.» ovvero «Nell'annunciare l'instaurazione di una Zona di Interdizione Marittima intorno alle isole Malvinas, il Governo di Sua Maestà ha reso chiaro che questa misura è stata presa senza pregiudizio al diritto del Regno Unito di intraprendere qualunque misura aggiuntiva si rendesse necessaria per esercitare il suo diritto all'autodifesa, come previsto dall'Articolo 51 dello statuto delle Nazioni Unite. In connessione a ciò il Governo di Sua Maestà desidera ora rendere chiaro che ogni manovra di avvicinamento da parte di navi da guerra argentine, inclusi sottomarini, navi ausiliarie o aerei militari, che possano costituire una minaccia alla missione delle forze britanniche nel Sud Atlantico, incontreranno una risposta appropriata. Tutti gli aerei argentini, inclusi aerei civili impegnati nella sorveglianza di forze britanniche, saranno considerati ostili e passibili di essere trattati di conseguenza.»

Le interviste condotte da Martin Middlebrook per il suo libro, The Fight For The Malvinas, indicano che gli ufficiali della marina argentina compresero che l'intento del messaggio era di indicare che ogni nave che operasse nelle vicinanze della zona di interdizione poteva essere presa di mira. Il vice-ammiraglio Allora, che era responsabile della task force a cui apparteneva il Belgrano, disse: «Dopo il messaggio del 23 aprile, l'intero Sud Atlantico era diventato un teatro operativo per entrambe le fazioni. Come professionisti dicemmo che fu un peccato che perdessimo il Belgrano». Inoltre le regole di ingaggio furono specificatamente cambiate per permettere di attaccare il Belgrano al di fuori della zona di interdizione, prima dell'affondamento.

L'affondamento della nave irrigidì la posizione del governo argentino ed effettivamente pose fine ad ogni possibilità di un accordo pacifico, nonché l'episodio che causò la più grave perdita di vite umane di tutto il conflitto e avvenne dopo un giorno di combattimenti nel quale avevano perso la vita diversi piloti argentini. Gli scontri a fuoco erano già iniziati. I Britannici non avrebbero probabilmente mai accettato niente di meno che la restituzione delle isole, che gli Argentini difficilmente avrebbero concesso. Decisioni-chiave furono prese senza sapere che la nave stava allontanandosi dalle Malvinas nel momento in cui l'ordine venne dato. Secondo lo storico britannico sir Lawrence Freedman, in un libro scritto nel 2005, né Margaret Thatcher né il Gabinetto erano consapevoli del cambio di rotta del Belgrano prima dell'attacco, dato che questa informazione dal Conqueror non venne passato al Ministero della Difesa o al vice-ammiraglio 'Sandy' Woodward (comandante della task force della Royal Navy). Comunque nel suo libro One Hundred Days l'ammiraglio Woodward chiarisce che considerava (correttamente come risultò) che il Belgrano appartenesse alla parte meridionale di un movimento a tenaglia mirante alla task force britannica e che doveva essere affondato rapidamente. Scrisse:

«The speed and direction of an enemy ship can be irrelevant, because both can change quickly. What counts is his position, his capability and what I believe to be his intention.» «La velocità e la direzione di una nave nemica sono irrilevanti, entrambe possono cambiare rapidamente. Quello che conta è la sua posizione, la sua capacità e quelle che io ritengo siano le sue intenzioni.»

Alcuni dettagli dell'azione "filtrarono" successivamente ad un poliziotto militare britannico, Tam Dalyell, da un impiegato governativo anziano, Clive Ponting, che venne accusato senza successo per violazione della Official Secrets Act. Nel maggio 1983, Margaret Thatcher durante uno spettacolo televisivo dal vivo su BBC One, venne messa alle strette da uno spettatore che la intervistò riguardo all'affondamento, affermando che la nave era già a occidente delle Malvinas e stava dirigendosi verso la terraferma argentina a ovest. Lo spettatore affermò anche che la proposta di pace peruviana avrebbe dovuto raggiungere Londra nelle 14 ore tra la sua pubblicazione e l'affondamento del General Belgrano, impedendo quindi l'escalation della guerra. Nell'infuocato scambio che seguì la Thatcher rispose che il vascello era una minaccia alle navi e alle vite britanniche e negò che la proposta di pace l'avesse raggiunta. Dopo lo spettacolo il marito della Thatcher, Denis attaccò il produttore affermando che sua moglie era stata «incastrata dai fottuti culattoni e comunisti della BBC» («stitched up by bloody BBC poofs and Trots». La Thatcher stessa commentò durante l'intervista: «Penso che solo in Gran Bretagna un primo ministro possa essere accusato di aver affondato un vascello nemico che era un pericolo per la nostra marina, quando la mia principale motivazione era stata di proteggere i nostri ragazzi della marina».

L'artiglieria alle Faklands[modifica]

Quella di terra[3][modifica]

L'L119 britannico, protagonista della guerra e del mercato internazionale del settore

Dovendo combattere un conflitto di grandi proporzioni, i britannici portarono alle Falklands cinque batterie di cannoni leggeri da 105 mm, più i 114 mm navali; queste armi controbilanciavano altrettante batterie argentine, sempre da 105 mm, ma si trattava dei leggeri obici M56 da 105 mm someggiabili, veri e propri best-seller degli anni '60-70 (anche perché, per ragioni onestamente difficili da comprendere, non esistevano altre artiglierie someggiabili, giusto come oggi non vi sono concorrenti nel settore del 76 mm navale). Ironicamente, queste armi erano appena state radiate dai britannici, sostituite con i cannoni leggeri (Light Gun) della Royal Ordnance Factory (ROF). Questi cannoni-obici concezione nazionale, pur possedendo una portata di circa 17 km anziché 10,6, erano sensibilmente più pesanti (1.860 vs 1.300 kg) e forse nella circostanza non fu un grande affare. Inoltre le granate erano più veloci e tendevano a cascare con angoli meno elevati, cosa non positiva per i danni su bersagli trincerati. Sta di fatto che, sebbene non someggiabili (scomponibili per il carico da parte di muli) come gli altri, più pesanti e grossi, questi pezzi ne sono stati poi i degni successori, per lo più usati a traino meccanico, ma trasportabili facilmente anche con elicotteri come i Puma e i Sea King (uno), i Chinook (tre), i Wessex (ma solo in due viaggi, con l'arma scomposta in altrettanti carichi).

Oltre all'artiglieria, l'appoggio di fuoco era anche demandato alla fanteria. Ogni commando di fanteria di marina e battaglione parà aveva una compagnia di sei mortai L16A1 da 81 mm, armi da 37,5 kg, gittata min-max di 180-5.650 metri per proiettili da 4,47 kg HE, WP, nebbiogeni e illuminanti. Anche questi dovettero essere spesso trasportati a forza di braccia, suddivisi in tre carichi (piastra, affusto e canna) più le munizioni e tanto sforzo anche per preparare le posizioni di tiro, pure queste leggere armi tendevano ad affondare sotto la superficie. Per questo venne inventato un dispositivo, il 'Sacco di Raschen', ovvero un semplice sacco di terra posto sotto la piastra per ridurre l'affondamento con il rinculo. Parte delle artiglierie leggere britanniche è rimasta anche dopo la guerra, ma non sono stati impiegati pezzi di calibro maggiore come l'FH-70, troppo difficili da muovere e da rifornire in quell'ambiente estremo.

C'era anche una batteria CITEFA da 155 mm, Mod 77, trasportata con i C-130 ma relegati alla difesa del capoluogo, specie in ambito costiero. Pesavano troppo (8 t) per essere trasportate in altre zone delle isole. Non mancavano mortai da 120 mm, armi potenti (granate da circa 15 kg), ma più pesanti da muovere. Poco male, visto che gli Argentini erano schierati a difesa.

Presentati i protagonisti, ecco la cronologia degli eventi.

Il primo bombardamento d'artiglieria dalle navi venne eseguito già il 1 maggio, su postazioni vicino a P.Stanley (Caccia Glamorgan e fregate Arrow e Alacrity) dove si pensava fossero presenti artiglierie costiere e altri obiettivi validi, ma un'azione dimostrativa ebbe luogo già il 25 aprile, con l'Antrim e la Plymouth che eseguirono un'azione di forza per provare a convincere i difensori dell'inutilità dei loro sforzi. E così fu. Dopo il 1 maggio, di notte, molte altre azioni di bombardamento vennero pianificate e condotte sulle isole, appoggiando anche le incursioni del SAS, come quella su Pebble Island (14-15 maggio). Il bombardamento durante gli sbarchi venne diretto con gli osservatori avanzati della 148a Batteria di osservazione avanzata (29° Reggimento Commando dell'artiglieria).

Delle batterie di cannoni leggeri di terra, invece, ne venne assegnata una alla 3a Brigata Commando, una alla 5a di fanteria e ben tre batterie, tutte quelle rimanenti, alle unità commandos e forze speciali, che già 5 giorni prima dello sbarco a S. Carlos scesero a terra per esplorare la spiaggia. Spesso le forze speciali diressero il fuoco degli aerei e delle navi sugli obiettivi che avevano individuato. Durante lo sbarco del 21 arrivarono 3 batterie del 29° Rgt Commando e una del 4° Reggimento d'artiglieria campale, infine la quinta batteria venne sbarcata in appoggio alla 5a brigata di fanteria. Totale, 5 batterie e 30 cannoni.

La prima unità d'artiglieria, tutte su sei pezzi L118A1, che entrò in azione fu l'8a del 29° Rgt, con tre pezzi sparando da Camilla Creek House per appoggiare i parà del 2° Btg durante le azioni della battaglia di Goose Green e Darwin. Gli altri tre cannoni giunsero solo il giorno 29, a bordo degli elicotteri; erano in genere portati dai Sea King Mk.4. Gli Argentini continuarono a difendersi con 4 obici da 105 e 6 mortai da 120 mm.

Finita la battaglia, iniziò l'avvicinamento a Stanley, con grandi difficoltà di trasporto e logistica, specie dopo l'affondamento della Conveyor e i suoi Chinook. Vennero usati anche i Sea King HAS.Mk 2 adattati al trasporto di materiali. Per capire la differenza, il Chinook era capace di portare fino a 3 cannoni per volta più l'equipaggio, oppure 10 tonnellate di munizioni. Un Sea King portava un solo cannone oppure 60 colpi da 105. C'era bisogno di almeno 500 proiettili per ogni cannone per evitare di finire senza munizioni dopo poche ore di battaglia, e questo era tutt'altro che facile in quel contesto, estremamente difficile per ogni spostamento via terra.

Poi venne la conquista del Mount Kent, iniziata la notte del 30 maggio; i cannoni vennero portati in avanti per il fuoco d'appoggio, ma dovettero restare esposti sul terreno. Infatti, scavare una buca poco profonda significava in quella zona ritrovarsela piena d'acqua, un problema gravissimo per l'incolumità di uomini e armi. Per fortuna gli argentini non avevano proiettili ICM e le spolette spesso fallivano a causa della scarsa consistenza del terreno, ma i britannici erano drammaticamente esposti e l'unica modalità era quella di proteggersi con reti mimetiche. Il fuoco prolungato tendeva a far affondare il cannone nel terreno e così era necessario spostarlo ogni tanto, con grande fatica, così come era faticoso portare a spalla le 15,785 t di proiettili scaricati a distanza dagli elicotteri, fino alla posizione di fuoco.

L'armata argentina sconfitta

Finalmente, verso l'11-12 giugno vennero attaccati Mt Longdon, Two Sisters e Mt Harriet. A questo rispose l'artiglieria argentina con i gruppi d'artiglieria 3 e 11. Proiettili da 105 e 155 esplodevano a terra e in aria, diretti da osservatori argentini su Mt Tumbledown.

Ma l'attacco continuò e solo per l'azione finale, una specie di dimostrazione di forza, del 13 giugno vennero tirati 6.000 colpi da 105 in meno di 12 ore, spesso contro le batterie argentine che tuttavia continuarono a replicare. Accadde anche che una salva britannica cascasse 'corta' e centrasse anche delle postazioni della compagnia D del già provatissimo 2° Btg parà inglese, uccidendo un soldato e ferendone un secondo.

Poi l'artiglieria britannica contribuì a respingere l'unico contrattacco argentino, un misero plotone contro il 2° battaglione del 2° Rgt. Parà.

Infine la battaglia terminò. Le artiglierie argentine -inclusi alcuni Mod 77- che restarono intatti alla fine della guerra vennero portati in UK come trofei di guerra, assieme a tanti altri armamenti, inclusi i pezzi da 35 mm e due A.109, entrambi poi messi in servizio nelle F.A. britanniche, così come le batterie Exocet (per Gibilterra).

I cannoni navali[4][modifica]

L'Armada Argentina non ebbe praticamente modo di usare le proprie armi principali, così le proprie armi da 100, 114 e 127 mm (oltre ai 152 del Belgrano) giocarono un ruolo del tutto trascurabile, al limite giusto al momento dell'invasione dell'arcipelago. Quindi parleremo dell'artiglieria della Royal Navy.

Numerosi erano i pezzi da 4,5 in (114,3 mm) in servizio nella RN. Essi erano sia i vecchi Mk 6 binati, da 15 km di portata, 30 c.min di cadenza complessiva e proiettili da 25 kg, che i più moderni, gli Mk 8 a canna più lunga e molto più leggeri e automatizzati, da 23 km, 25 c.min, e proiettili da 21 kg, questi ultimi in dotazione alle sei (poi sette) Type 21, all’unico Type 82 e a 5 Type 42. Le altre navi, come i 2 ‘County’ e le vecchie fregate avevano, quando ancora provviste d’artiglieria, un impianto Mk 6. I sistemi di direzione del tiro erano dei tipi più vari, dall’MRS 3, al semplice radar Type 1006 e soprattutto, all’RTN-10X, per le sole Type 21 ‘Amazon’.

I proiettili da 114 mm avevano un tiro un po' troppo teso durante il tiro contro obiettivi a terra, ma erano molto efficaci. L'Mk 8 si dimostrò persino di ingaggiare due bersagli allo stesso tempo, uno con i proiettili illuminanti e l'altro con gli HE, contando sulla diversa traiettoria. Gli interventi di fuoco furono sempre molto veloci rispetto alle richieste. Tuttavia, durante la battaglia di Goose Green si ebbero diversi ritardi dovuti al guasto del cannone della Arrow, che non sparò per due ore facendo mancare il suo vitale supporto all'offensiva di terra britannica.

Gli osservatori a terra erano importanti e in genere della 148a batteria. Volando su di un elicottero Scout, durante le operazioni contro l'isolata (e per gli argentini, indifendibile) Georgia del Sud, il 25 aprile costoro arrivarono a terra e diressero il tiro su Grytviken, con un totale di 235 proiettili che convinsero gli argentini ad arrendersi senza combattere, mentre un gruppo eliportato sbarcava sull'isola.

Il secondo impiego delle artiglierie ebbe luogo il 1 maggio da parte di Arrow e Alacrity, tirando tra i 11.000 e i 15.400 m di distanza e dirette da elicotteri di osservazione. L’obiettivo erano batterie d’artiglieria e postazioni dell’esercito. Vi fu il primo attacco aereo argentino durante il bombardamento, che venne interrotto e poi ripreso di notte, quando il 25° Reggimento a Sapper Hill ebbe 10 uomini uccisi o feriti. La pratica di bombardare P. Stanley divenne regolare, anche di giorno e i soldati argentini impararono presto a tenersi al riparo quanto più tempo possibile.

10 maggio, a notte inoltrata. L'Alacrity si trovava nel canale tra le due isole (Falkland Sound) per cercare campi minati, quando il radar 1006 trovò un vascello sconosciuto. Prima cercò di illuminarlo con i proiettili con bengala, poi sparò una dozzina di colpi con spoletta di prossimità a largo raggio, per fermare la nave senza danneggiarla seriamente. Visto che questa non si arrestò, il comandante e sparò sulla nave (a quel punto sicuramente identificata come argentina), che venne centrata direttamente da almeno 3 colpi ed esplose improvvisamente in una palla di fuoco, scomparendo lentamente dagli schermi radar. Era la Isla de Los Estados, sorpresa con armi, mezzi e 325.000 l di carburante avio. L’Alacrity tornò una settimana dopo per sbarcare incursori dell'SBS, che il 21 maggio neutralizzarono una posizione dei reggimenti 12 e 25imo, potenzialmente pericolose per la testa di sbarco. Nel contempo il Glamorgan bombardò Stanley e la Ardent appoggiò un reparto dei SAS in attività di incursione tra Darwin e Goose Green. Le navi britannich parteciparono a numerose azioni di fuoco anche successivamente, tra cui la già ricordata battaglia di Goose Green, quando l’Arrow, partita in ritardo sul programma, cercò poi di completare il ciclo di bombardamenti sulle coordinate dei bersagli recuperando il tempo perso, e poi ritirandosi in mare aperto. Fino alla fine della guerra, quando il capoluogo e la periferia vennero colpiti duramente da tutte le artiglierie e gli aerei disponibili, i cannoni da 4,5 pollici ebbero il loro ruolo, dimostrandosi nell’insieme molto utili. Quando collegati anche ad un radar di tiro essi ebbero una buona validità nel settore contraerei, sia pure con esiti alterni. Nel caso dell’Ardent, per esempio, sparare ben 190 colpi da 114 mm non ebbe alcun risultato, e né questi né cinque Seacat e centinaia di colpi da 20 mm impedirono all’aviazione argentina di affondarla a suon di bombe. Ma il 30 maggio l’Avenger (Vendicatore, nome ironicamente molto indovinato) riuscì ad abbattere un Exocet e anche uno Skyhawk, poi peraltro attribuito all’ Exeter. L’abbattimento del missile fu il primo esempio noto, anche se nessuno si aspettava che il cannone Mk 8 potesse essere utile anche come arma anti-missile. Tuttavia, i Type 42 non avevano un radar di tiro vero e proprio, ma si dovevano arrangiare con il radar di navigazione e controllo elicotteri Type 1006. Adatto per il tiro in superficie, questo sistema non poteva pressoché nulla contro gli aerei, e infatti il Coventry, quando venne attaccato dagli A-4, sparò con una delle due mitragliere da 20 mm e persino tirò un Sea Dart senza guida attivata (non avendo potuto agganciare nessun bersaglio), ma a quanto pare, nemmeno ci si provò ad usare l’Mk 8, che pure sarebbe stata un’arma più che ragionevole se solo avesse avuto una FCS adatta al tiro contraerei.

In tutto, con le successive azioni, vennero eseguiti da parte di 14 navi un totale di 63 bombardamenti in 32 giorni di azione dal 1 al 14 giugno, e questo forse non includendo le cannonate del 25 aprile nonché gli ingaggi antiaerei. Nell'insieme la RN dimostrò l'utilità dei cannoni navali anche nella guerra moderna, specie per bombardamenti in appoggio fatti durante una campagna bellica anche di vasta scala. All’epoca la cosa era tutt’altro che condivisa e proprio la RN aveva seguito le marine maggiori (USN e VM-F) che ridussero l’importanza delle artiglierie di bordo a vantaggio dei missili, salvo poi riprendere l’attenzione per questi sistemi d’arma negli anni ’70-80. Da notare che, nelle Marine NATO del Nord-Europa, solo la RN aveva un armamento standard di artiglierie dal calibro superiore al 100 mm, e di conseguenza con la possibilità di eseguire un efficace tiro contro-costa per appoggiare dal mare gli sforzi e i movimenti delle truppe NATO di terra. A parte le prime 10 Type 22, quest’armamento era standard per le navi britanniche, dando loro una notevole potenza di fuoco in appoggio, su distanze e con effetti maggiori dei pezzi da 76 e 100 mm, pure rispettabili e maggiormente versati nel tiro c.a. (85 e 60 c.min contro 15 o 25). L’impostazione è stata confermata anche per le navi moderne, così i Type 45 Daring, paradossalmente, possono contare ancora su di un’artiglieria da 114 ultimo modello, mentre gli Orizzonte, malgrado la tradizione italiana e francese per artiglierie ad alta potenza, sono limitati ai pezzi da 76, essenzialmente per funzioni anti-missile.

La 'flak'[5][modifica]

Contrariamente a molte previsioni, incluse quelle dei pianificatori della RN, i cannoni alle Falklands dimostrarono di essere ancora un'arma su cui dover fare affidamento. E quello che c'era, sia a terra che in mare, venne ampiamente usato. Abbiamo visto il loro impiego contro bersagli di superficie. Ora vediamo cosa successe in ambito antiaereo.

Il GDF da 35/90 mm

La contraerea di una parte e dell'altra era molto potente e diffusa, ma non fu sufficiente per annullare il potere aereo, come al solito del resto.

Le navi britanniche avevano cannoni da 114 mm Mk 6 binati e gli Mk 8 singoli. Vecchi cannoni Bofors L60 erano sulle navi anfibie e le Type 22, ma solo in due impianti singoli per unità, niente a che vedere con i cannoni delle navi della II GM. Infine c'erano gli Oerlikon singoli da 20 mm, in genere due impianti, per le navi che prive di Bofors.

I proiettili da 114 erano dotati di spoletta EMI N97, predisposta per scoppi a contatto, ritardato o di prossimità, capace quest'ultimo di generare oltre 3.000 schegge e quindi molto efficace. C'erano anche proiettili con chaff interno per aiutare a confondere i missili e radar nemici.

Come armi a.a. essi i 114 mm erano abbastanza validi e molto precisi, ma non sufficienti per salvare le navi che li usavano, specie se non sufficientemente attrezzate. I Type 42 non avevano radar di tiro antiaereo adatti al loro impiego: non funzionavano con i radar guidamissili, e si dovevano affidare a quello di scoperta navale. Le Type 21 avevano invece i radar RTN-10X. Ogni sistema Mk 8 ha un direttore di tiro WSA (sistema d'arma automatico) Mk 4 con computer incorportato, collegato al radar quando presente.

La Ardent fu forse il caso più emblematico dell'inadeguatezza delle difese antiaeree britanniche: essa sparò 190 proiettili da 114 mm, 5 Seacat e diverse centinaia di proiettili da 20 mm in quel fatidico 21 maggio, ma non riuscì ad abbattere nessun aereo nemico dei vari Pucarà e Dagger inquadrati (anche il Seacat aveva un sistema radar RTN-10X di guida) dei gruppi 3 e 6. Poi fu affondata dagli A-4 e pare, anche dai Dagger (c'è chi dice, essenzialmente Argentini e l'Aermacchi, che il colpo di grazia venne dato da un MB-339 con razzi e bombe, ma la cosa è priva di riscontro da parte inglese). La Plymouth sparò con i cannoni da 20 e vari Seacat contro aerei in avvicinamento da poppa. Era l'8 giugno, quella della strage di Bluff Cove. Anche la Plymouth doveva essere affondata quel giorno, ma le 4 bombe che la centrarono rimasero inesplose. Il sistema di controllo del tiro degli Mk 6 era invece basato su di un sistema optronico MRS 3 di vecchio tipo, presente anche su Antrim e Glamorgan.

Quanto alle Bofors, esse erano sia L/60 che L/70 più moderne (presumibilmente sulle sole Type 22), installate su impianti Mk 7 o 8, sempre singoli e con due serventi, collegate a radar di navigazione Type 1006 specie per tiri contro bersagli di superficie, e mirini optronici a cerchi concentrici stabilizzati. I proiettili pesano 2,4 kg come munizione completa, circa 900 gr come proiettile vero e proprio (carica HE interna, circa 100 gr), gittata utile tra 3 e 4 km a seconda del tipo, cadenza di tiro 120 o 230-300 colpi al minuto. Con questi cannoni venne abbattuto il 27 maggio l'unico aereo argentino sicuramente perso per il tiro della contraerea leggera, un A-4B del 5 Gruppo del cap. Velasco, che venne danneggiato mentre era diretto sulla baia di Ajax, per poi eiettarsi sulla Falklands occidentale dopo avere invertito la rotta per i colpi a bordo.

Non mancarono le mitragliatrici da 7,62 mm L7A2 usate per rinforzare le armi di bordo, aiutate dalle armi leggere L4A4 con caricatore a nastro, entrambe efficaci entro i 1.000 metri. Esse si dimostrarono efficaci, contribuendo a danneggiare numerosi aerei e ad abbatterne uno, un A-4Q pilotato da tale Arca, che perse anche i suoi due compagni in azione contro i Sea Harrier. Arca tentò di atterrare a P. Stanley, ma si accorse che il carrello non si aprì e allora si dovette lanciare con il sedile. In tutto, la RN dichiarò di avere abbattuto con le sue difese 43 aerei, ma in effetti pare che solo 6 aerei vennero in parte coinvolti dal fuoco delle mitragliere, come un A-4B del 5° Gruppo il 23 maggio e 3 A-4C del 4° Gruppo entro il 25 maggio. Ai cannoni da 114 Mk 8 si attribuisce anche l'abbattimento di un missile Exocet (30 maggio) e non ufficialmente un A-4 nella stessa data e azione, da parte della Avenger.

Non mancarono le mitragliatrici da 7,62 mm L7A2 usate per rinforzare le armi di bordo, aiutate dalle armi leggere L4A4 con caricatore a nastro, entrambe efficaci entro i 1.000 metri. Esse si dimostrarono efficaci, contribuendo a danneggiare numerosi aerei e ad abbatterne uno, un A-4Q pilotato da tale Arca, che perse anche i suoi due compagni in azione contro i Sea Harrier. Arca tentò di atterrare a P. Stanley, ma si accorse che il carrello non si aprì e allora si dovette lanciare con il sedile. In tutto, la RN dichiarò di avere abbattuto con le sue difese 43 aerei, ma in effetti pare che solo 6 aerei vennero in parte abbattuti dal fuoco delle mitragliere, oltre ai due casi di cui sopra, c'è anche un A-4B del 5° Gruppo il 23 maggio e 3 A-4C del 4° Gruppo entro il 25 maggio. Ai cannoni da 114 Mk 8 si attribuisce anche l'abbattimento di un missile Exocet (30 maggio) e non ufficialmente un A-4 nella stessa data e azione, da parte della Avenger. La HMS Illoustrious, per la prima volta con due CIWS Phalanx, arrivò solo nel dopoguerra.

Il cannone da 40 mm è stato declassato dopo la guerra, nonostante le munizioni di prossimità. Il 20 mm è ancora più vecchio, su affusto a piedistallo e spara 600 c.min da 300 gr, di cui 120 di proiettile vero e proprio, su di un raggio utile di 1,5 km. Date le piccole dimensioni, è stato deciso di mantenerlo in servizio come arma tuttofare, anche contro obiettivi in mare ('barchini Pasdaran', si diceva una volta, adesso il problema sono quelli suicidi, vedi USS Cole). Del resto, persino le armatissime fregate italiane come le 'Maestrale', nel Golfo hanno operato con due obsoleti Oerlikon per la stessa ragione. Un altro motivo della permanenza di vecchi cannoni è anche il fallimento del loro successore, un pezzo Rarden da 30 mm su affusto stabilizzato, molto compatto e preciso. Sulla carta doveva sostituire sia i 20 che i 40 mm ('in media stat virtus'), ma di fatto la sua cadenza di tiro di appena 90 c.min lo ha limitato a qualche classe di navi ausiliarie.

Nel dopoguerra vennero aumentate le difese antiaeree delle navi inglesi, ma i Type 42 si sono dovuti privare di alcune imbarcazioni di bordo per mantenere i pesi sufficientemente bassi, con altri due impianti binati GCM-AO3-2 da 30 mm e due singoli GAM-BO1 aggiuntivi rispetto ai due già presenti. Questo ha comportato un certo aumento di peso (ciascun impianto da 30 binato pesa 2,5 t), ma in tutto si ritrovarono ben 8 armi da 20 e 30 mm anziché due sole Oerlikon. Purtroppo il 114 mm è rimasto senza direzione radar di tiro. Se questa non fosse stata possibile, almeno si sarebbe dovuta installare una FCS optronica coma la LIROD, ma non pare sia successo e così, paradossalmente, l'unica arma che alle Falklands ha dimostrato di poter distruggere persino un missile Exocet, resta su queste navi pressoché inutile contro una minaccia aerea. Da notare che in seguito, vari caccia hanno avuto due CIWS Phalanx, cosa anche più impegnativa visto che ciascuno di essi, malgrado il calibro modesto, pesa circa 6.100 kg, circa 12 volte un normale impianto da 20 mm e più dei due sistemi binati calibro 30 mm messi insieme. La HMS Illoustrious, che certo non aveva problemi di margini di peso, ebbe per prima due CIWS Phalanx, ma arrivò solo pochi giorni dopo la fine delle ostilità.

Gli argentini portarono molte delle migliori armi disponibili a livello mondiale: cannoni binati Rheinmetall da 20 mm Rh-202, e Oerlikon da 35 mm. Sei e due rispettivamente vennero catturati dopo la battaglia di Goose Green, da dove difendevano l'aeroporto e spararono anche contro le forze di terra inglesi quando si avvicinarono. Almeno 3 Harrier e Sea Harrier vennero abbattuti dai cannoni argentini, e solo l'accorta pianificazione delle missioni e la relativa immobilità a cui erano costretti gli argentini (causa terreno) rese minori i danni subiti dai pochi aerei britannici. Alcuni cannoni da 20 (e pare, addirittura da 35 mm) vennero portati a bordo delle LSD e usati come per la difesa aerea, non si sa bene con quali risultati. I 35 mm presi devono essere piaciuti, perché nel dopoguerra il buon numero di esemplari catturati vennero portati in UK e usati dalla RAF, priva di cannoni a.a. (come del resto anche l'esercito). Insomma, per un breve momento i pianificatori britannici quasi si dovettero ricredere nelle loro scelte tutto-missili, essendo l'unica nazione al mondo che all'epoca si affidava, per la difesa a.a., esclusivamente ai SAM. Stranamente non vennero messi in servizio anche i più numerosi cannoni da 20. Eppure si trattava di eccellenti complessi antiaerei, e il British Army avrebbe potuto trovare vantaggioso disporre di armi uguali a quelle dell'esercito tedesco, a casa del quale era presente l'Armata britannica (BAOR). Molte armi argentine vennero distrutte sul posto, come i vecchi missili Cobra. Altre messe in servizio, altre ancora, come forse gli Rh-202, vennero passate ad 'amici', anche non ufficiali. Non ci sarebbe da stupirsi se in seguito fossero stati 'girati' al Cile, che per la sua silenziosa complicità ebbe negli anni successivi persino i grandi cacciatorpediniere 'County', cosa che svelò apertamente l'appoggio offerto agli inglesi durante la crisi.

Blindati[modifica]

Lo Scorpion, il più famoso, anche se non il più evoluto, della famiglia dei piccoli blindati Alvis

Mentre gli argentini furono costretti a restare a Port Stanley con le loro piccole blindo AML-90, praticamente bloccate dal terreno fangoso, mentre i LVTP-7 usati per lo sbarco vennero rimandati subito sul territorio nazionale, gli Inglesi sbarcarono sulle isole con un piccolo reparto di Scorpion/Scimitar. Si trattava di elementi del Reggimento esplorante 'Blues and Royals', normalmente a Windsor, che fornì due sezioni con gli Scorpion (cannone da 76) e gli Scimitar (cannone da 30 mm) nonché i Samson da recupero. Ogni sezione comprendeva due Scorpion, due Scimitar e un Samson. Entro 24 ore dalla richiesta del governo erano pronti i dieci corazzati, imbarcati sulla ELK, mentre gli equipaggio andarono sul Canberra, entrambe navi civili requisite. Passarono ali ordini della 3a Brigata Commando e si addestrarono su Ascensione, anche al guado anfibio, che normalmente è di 1,067 m, ma diventano mezzi galleggianti con il telone eretto.

L'armata navale venne divisa in un gruppo portaerei e uno anfibio (inclusa la 3a Brigata Commando), più un'altra forza logistica nelle retrovie.

Il 21 maggio vennero sbarcati i reparti britannici su S.Carlos, tra cui il Commando 40, il 2° Btg del Reggimento parà, il Commando 45 ad Ajax Bay, e il 3° Btg del Rgt Parà a Port San Carlos. Ma le rocce impedirono lo sbarco degli Scorpion e i mezzi dovettero essere portati a terra su di una spiaggia alternativa. Inizialmente questi mezzi vennero posti a terra e interrati per concorrere alla difesa da eventuali contrattacchi.

Una volta sbarcati, i blindati usarono le loro armi (elevabili tra -10 e +35°) per sparare anche agli aerei argentini. Malgrado le torrette non fossero nominalmente adatte per questo scopo, esse erano meglio di niente: le 7,62 e i cannoni da 30 degli Scimitar (chiaramente non i 76 mm degli Scorpion). Uno Scimitar riuscì a colpire, a quanto affermò l'equipaggio, un A-4 da circa 1.000 metri. Consolidati gli sbarchi, i veicoli cingolati vennero usati per il loro compito di esplorazione e supporto, aiutati dall'unico CH-47C che poteva portarli al gancio baricentrico (ma l'affondamento della Conveyor, con gli altri tre elicotteri, fu un grave colpo per le operazioni inglesi).

Il 27 maggio le operazioni stavano procedendo e il 45° Commando iniziò a muovere verso P. Stanley da Nord, mentre il 3° Battaglione passò per Teal Inlet, supportati dai cingolati del 3° e 4° Plotone. La battaglia di Goose Green venne fatta dal 2° Battaglione senza l'appoggio dei blindati, perché si pensava che essi non potevano procedere su quel terreno. Anche a Nord c'era un terreno particolarmente difficile, acquitrinoso, che rendeva persino i potenti e leggeri Scorpion inadatti ad un rapido movimento, finendo spesso impantanati. Dalla loro avevano un cavo di traino di 40 mm di spessore, lungo 13,7 mm, in acciaio. Era attaccato ad un verricello che venne sfruttato ampiamente. La tecnica era di ingranare la marcia indietro per il veicolo trainatore, mentre quello impantanato imballava il motore, cercando di uscire dal fango senza spaccare la trasmissione. Ci volle da aspettare quasi la fine di maggio per completare un movimento che sarebbe stato senz'altro più rapido con veri mezzi da neve, come i BV 206.

Il 1 giugno unità della 5a Brigata sbarcarono a S.Carlos, cosa completata entro il 3 del mese, senza perdite e per tutta la grande formazione di fanteria. I reparti di cingolati operanti a Nord vennero dati in forza alla 5a Brigata a Fitzroy, e dovettero fare il trasloco con i propri cingoli. Ma ci riuscirono in sei ore anziché i due giorni previsti. Erano in zona quando attaccarono gli A-4 e colpirono le navi da sbarco, ma il loro fuoco non riuscì ad impedirne la messa fuori uso e gravi perdite per il 1° btg delle Guardie gallesi, che poi vennero soccorsi dai cingolati che si adattarono ad ambulanze di fortuna. In questo compito, però, i migliori erano gli elicotteri e in particolare i piccoli Scout, operanti con due barelle, si dimostrarono molto utili per queste missioni di seconda linea, ma pur sempre importanti.

Un'emblematica immagine della fine della guerra: cataste di armi ammucchiate e in attesa di essere distrutte. Pare infatti che non vennero adottate dal B.A., nonostante che i suoi FAL fossero solo semi-automatici, una situazione di arretratezza all'epoca condivisa solo dall'E.I.

Successivamente i cingolati attaccarono verso Stanley, assieme agli Harrier, ai cannoni da 105 e a quelli navali (derivati da questi) da 114 mm. Il 3° Btg parà attaccò Mount London sorprendendo nella notte i difensori, che però presto opposero resistenza accanita, tanto che ci vollero sei ore per averne ragione, solo considerando il lato est della montagna, poi conquistata anche nel settore occidentale con altre 4 ore. Gli Scorpion del 4° plotone appoggiarono con le loro micidiali HESH da 76 mm. Per l'inizio del 12 giugno gli obiettivi erano stati raggiunti e la fase successiva fu l'appoggio al 2° Btg parà contro Wireless Ridge con il 3° Plotone, mentre il 4° appoggiava il 2° Battaglione Guardie scozzesi su Tombledown Mountain. Uno Scorpion ebbe danni da una mina, ma il comandante passò su di un altro veicolo. Gli Scorpion e gli Scimitar appoggiarono il 2° Btg parà, e inaugurarono una nuova tecnica: sparavano mitragliate da 7,62 con l'arma secondaria, coassiale, verso sospette posizioni (ogni mezzo aveva 40 colpi da 76 e 3.000 da 7,62), e se questo rispondeva al fuoco lo annientavano con una cannonata da 76. Dopo che Wireless Ridge venne conquistata, era possibile dominare P.Stanley e gli Scorpion del 3° avanzarono con il 2° Parà per le strade della periferia, fino a che alle 21,00 venne dichiarato il cessate il fuoco. In seguito vennero raggiunti anche dal 4° plotone, e poi tutti si imbarcarono con la FEARLESS per tornare nel Regno Unito, assieme a due AML-90 trovate a P.Stanley.

Questi mezzi non si scontrarono mai con gli Scorpion, nemmeno quando essi si avvicinarono al capoluogo, dove le blindo erano costrette a restare per via della condizione del terreno. Fu una fortuna che i cingolati inglesi non venissero ingaggiati dalle AML, data la superiorità del loro cannone (ma gli Scimitar con il preciso pezzo da 30 mm erano un nemico di tutto rispetto). Lo Scorpion danneggiato da una mina venne recuperato da un Chinook e poi rimpatriato. Quanto alle altre minacce, questi piccoli cingolati inglesi avevano un peso ridotto, grazie allo scafo d'alluminio, ma la loro protezione non era certo particolarmente elevata. La loro maggiore garanzia era la sagoma bassa e l'eccellente velocità possibile dal motore Jaguar (anche se era a benzina, con i relativi limiti). A bordo c'era molto carburante e munizioni, per cui in caso di colpi a segno poteva essere distrutto con una certa facilità. Gli argentini avevano armi sufficienti per eliminarli, tanto più che, avanzando su lande desertiche e al contempo, dal suolo quasi impraticabile, i pochi mezzi inglesi erano dei facili bersagli. Ma nonostante questo e tutte le armi pesanti, come le mitragliere da 12,7, 20 e 35 mm, i missili Cobra, presumibilmente anche lanciarazzi e cannoni SR, per non dire delle bombe a mano e delle munizioni perforanti da 7,62 mm (già pericolose, se a corta distanza), nessun mezzo inglese venne colpito, o quanto meno distrutto dalla reazione nemica.

Tra i tanti handicap che le truppe inglesi avevano, dalla versione solo semi-automatica dei fucili FAL alle artiglierie di grosso calibro, c'era anche una certa carenza di sistemi di visione notturna, quando poi la maggior parte dei combattimenti ebbe luogo o inizio di notte, e chiaramente chi attaccava doveva vederci meglio di chi si difendeva. Il sistema di osservazione del cannoniere (IL, basato su di una camera LLTV) si dimostrò quindi molto utile anche per l'osservazione, in mancanza d'altro. In futuro sarebbero stati distribuiti molti più sistemi IL per la truppa, come è stato poi mostrato in Desert Storm, la consacrazione per tale tipo di sensori.

La guerra dei missili[modifica]

Un Sea Dart in dettaglio. Notare una sorta di piccola antenna parabolica sulla torre Mk 8 anteriore, la cui funzione non è chiara e la presenza non è frequente

In questo conflitto venne fatto un estensivo uso di missili di ogni sorta, a parte gli ordigni balistici: armi controcarri, SAM, AAM, SSM e ASM. Vediamo anzitutto l'impiego dei SAM navali, senz'altro tra i motivi di maggiore interesse per gli analisti militari, molto interessati a vedere come la maggiore marina NATO europea fosse capace di affrontare le minacce aeree.

La cronologia vide il loro battesimo del fuoco il 9 maggio. Il radar Type 965 del Coventry rilevò vicino a Stanley un bersaglio a bassa velocità e gli sparò contro un missile Sea Dart, che abbatté l'elicottero Puma dell'Esercito con 3 occupanti. Venne poi la battaglia del 12 maggio, finita con il danneggiamento del Glasgow e diversi aerei argentini abbattuti.

La prima ondata venne annientata, la seconda vide tre aerei contro il Glasgow e uno verso la Brilliant, che ebbe una bomba che rimbalzò sulle sovrastrutture, sorte ben migliore di quella subita dal compagno, che doveva provvedere alla difesa a lungo raggio. Dopo quell'azione non vennero più programmati bombardamenti diurni dell'aeroposto di P.Stanley.

Il 12 il Glasgow venne usato malamente per intercettare gli aerei argentini, e invece venne localizzato e attaccato per primo. La cosa non era scontata, dopo tutto gli A-4 non avevano un radar di ricerca aria-superficie, ma la FAA spesso riuscì a trovare le navi inglesi con l'uso dei ricognitori. Il Coventry venne perso per la stessa ragione. I Britannici pensarono di usarlo per sorprendere gli argentini, che per la loro festa nazionale avrebbero senz'altro tentato di causare il massimo danno agli inglesi. E paradossalmente, proprio il tentativo di sorprendere le formazioni ancora in quota (per risparmiare prezioso carburante) con una formazione schierata in avanti, portò ad aumentare i danni subiti dalla Marina britannica. I Sea Dart non riuscirono a fermare l'ondata di A-4 e stavolta non ci riuscì nemmeno il Sea Wolf. Nel frattempo, l'attacco dei Super Etendard alla flotta mancò una portaerei, ma non il Converyor e i suoi elicotteri. La HMS Invincible lanciò 6 missili in meno di due minuti, ma senza successo (probabilmente mirava agli Exocet, ma non è molto chiaro).

il 21 c'erano Sea Harrier in azione a 48 km sia a Nord che a Sud delle spiagge di sbarco, e numerosi aerei argentini vennero abbattuti (si parla di 8 aerei e un Pucarà basato sulle isole, fino ad un massimo di 17 aerei dichiarati in origine). Alla fine della giornata stava affondando la Ardent, mentre altre 4 navi erano danneggiate. Dall'altro lato, a parte i velivoli abbattuti dagli Harrier, solo un Dagger venne riconosciuto vittima dei SAM navali, i Seacat delle Plymouth e Argonauth. Il 23 maggio pare che un A-4 venisse abbattuto (un modello B del 5° Gruppo) dai Seawolf della Broadsword.

Il 25 maggio vennero fatte delle missioni con i Learjet 35A del 2° Gruppo, senza essere contrastati dai missili Sea Dart del Coventry, perché erano rimasti solo pochi istanti nel suo raggio di tiro. Fino al mezzogiorno si alternarono piccole formazioni di A-4 contro le navi in rada, con la perdita di 2 A-4C del 4° Gruppo. Ma dopo le 14 arrivarono 4 Skyhawk, due per nave. La Broadsword ebbe un guasto e gli A-4B del 5° gruppo non ebbe il contrasto dei suoi Sea Wolf, mentre un Sea Dart, lanciato senza guida (i radar di acquisizione non funzionavano contro aerei a bassa quota e con lo sfondo della costa) fallì il bersaglio, finendo poi tra la nave compagna e gli assalitori, così da rendere impossibile riprovare l'attacco. La Broadsword ebbe la prua del Lynx distrutta da una bomba rimbalzata prima sull'acqua, e poi sulla poppa della nave. Al Coventry, attaccato poco dopo, andò molto peggio e venne affondato con tre bombe sul lato sinistro. Sempre quel giorno venne affondata la Conveyor, durante l'azione ben sei missili Sea Dart vennero lanciati dalla Invincible in meno di due minuti, ma senza successo.

Il 27 maggio vennero fatte altre missioni da parte dei Learjet, che non ebbero contrasto da parte dei Sea Dart, data l'assenza momentanea dei caccia inglesi. L'Exeter abbatté il 30 maggio due A-4C del 4° Gruppo (uno contestato dall'Avenger).

Fu l'Exeter a vendicare la RN il 30 maggio, quando abbatté due A-4 (anche se uno in realtà venne distrutto dalla Avenger) che attaccavano ancora la formazione britannica a quote non superiori ai 15 metri (pare che venissero colpiti a meno di 11 metri, quando la quota minima ufficiale era di 30,5). L'attacco argentino di quel giorno fu un fallimento completo.

Il 6 giugno due Sea Dart vennero tirati contro i Learjet del 2° Gruppo, uno dei quali abbattuto da un ordigno a 12.000 m di quota, ma il sistema non si dimostrò capace di affrontare due bersagli alla volta.

L'8 giugno non vi fu risultato per i SAM della Plymouth contro gli aerei del 6° Gruppo, durante la tragedia di Bluff Cove. L'ultima azione del 13 giugno vide l'abbattimento di un Canberra a 12.000 m, che stava bombardando Mount Kent quando venne tirato giù da un Sea Dart dell'Exeter, che abbatté almeno 4 dei 5 bersagli distrutti dai Sea Dart (a parte l'elicottero Gazelle colpito per errore).

Il lanciamissili del Cardiff, un po' 'maltrattato' dalle vampate dei Sea Dart

In tutto i SAM navali ebbero accreditate 11 vittorie, anche se la rivendicazione è difficile da comprovare. Al Sea Dart vennero dati 8 successi, poi ridotti a 5 più il Gazelle colpito per errore. Al Sea Wolf ne vennero dati 5, poi ridotti a 3 più uno probabile. Quando funzionò bene dimostrò un'eccezionale validità, ma spesso il freddo e forse anche altre ragioni causavano malfunzionamenti al computer di tiro e questo accadde spesso proprio durante gli attacchi argentini: se la Brilliant non avesse avuto problemi, non sarebbe stato impossibile annientare anche la seconda ondata di Skyhawk e con questo, mettere in forse la possibilità di continuare il contrasto delle navi inglesi. Tre aerei persi contro un caccia KO era accettabile, sei contro nessun risultato sarebbe stato un disastro, anche psicologico, per gli argentini. Gli improvvisi sganciamenti del sistema, a cui pare sia stato posto rimedio nel dopoguerra (come monito per eventuali altre 'iniziative' argentine) costarono molto caro alla RN, e solo per caso non costarono anche di più, dato che entrambe le Type 22 vennero graziate da bombe che gli rimbalzarono letteralmente addosso.

Il Seacat era troppo lento per inseguire i jet ad alte prestazioni, ma usato in massa, ottenne qualche successo e soprattutto contribuì a 'distrarre' i piloti durante la 'bomb run'. Il Sea Slug tirò in un'unica occasione, ma mancò il bersaglio.

Il Sea Dart non è stato il più numeroso e forse nemmeno il più efficace SAM britannico, ma non c'è dubbio che è stato il più importante data la sua capacità di difesa d'area. Esso è stato usato durante la guerra delle Falkands nel 1982 ed è stato accreditato inizialmente di 8 bersagli colpiti, incluso un Gazelle abbattuto per errore. Tra le vittorie quella contro un Learjet 35A da ricognizione, a 12.000 m, un Canberra alla stessa quota, un Puma dell'esercito argentino, abbattuto a sorpresa dall'HMS Coventry che si avvicinò a Pt. Stanley, e due Skyhawks. Queste sono le vittorie poi confermate, più il Gazelle. Peraltro pare che uno dei due A-4 fu abbattuto da una cannonata da 114 mm dell'HMS Avenger, che già in quello stesso giorno, il 30 maggio, riuscì nell'impresa di abbattere un Exocet. Altre vittorie potrebbero essere state ottenute contro gli A-4, in particolare il 9 maggio, quando sempre l'HMS Coventry sparò tre ordigni, ma questi erano diretti contro i Learjet dell' Esc Fenix, due dei quali vennero mancati di poco. Il comandante Hart-Dyke dichiarò invece due A-4 del Grupo 4, ma questi due apparecchi, dei quali si sa anche il nome dei piloti (Casco e Farias) e il numero (C-303 e 313), andarono perduti per il maltempo a bassa quota vicino Jason Island, e non avevano nulla a che fare con i Learjet, perché gli A-4 normalmente volano a quote molto basse. Solo in seguito venne fuori l'idea di tendergli una trappola missilistica, portando in avanti un cacciatorpediniere Type 42 e una fregata Type 22 come 'guardiaspalle'. Avrebbero dovuto sorprendere gli aerei argentini quando questi erano in quota, dove si consumava meno, ma si mostravano come facili bersagli. Tuttavia questa tattica portò alla perdita del Coventry (25 maggio) e al danneggiamento (il 12) del Glasgow, mentre le due Type 22 vennero 'graziate' da bombe che giunsero a bordo ma non esplosero.

In tutto vennero tirati almeno 24 Sea Dart. Sebbene ne siano stati prodotti oltre 2.000, pare che per l'occasione vi furono anche problemi nell'equipaggiare le navi britanniche con un numero sufficiente di ordigni, sebbene il 'pieno' per la portaerei e i sei caccia (il 'Type 82' e i 5 'Type 42') necessitasse solo di 162 armi. Cinque missili vennero usati contro bersagli in quota oppure elicotteri, e quattro centrarono il bersaglio, ben l'80% di centri. Ma contro aerei a bassa quota vi sono solo due (o una) vittorie sugli altri 19 lanci. Peggio che mai, il Sea Dart in molte circostanze nemmeno funzionò e non si poté usarlo: il Coventry, prima di essere colpito, ne lanciò uno, ma solo per 'spaventare' gli A-4, perché il clutter della costa non consentiva di vederli negli schermi radar. Evidentemente la furtività non è questione di altissima tecnologia, se basta strisciare pancia a terra per rendersi invisibili a radar che altrimenti potrebbero avvistarti anche a 200-300 km. Si cercò di usare i radar illuminatori per avvistare gli aerei, perché essi sono dotati di un fascio più stretto e con una minore lunghezza d'onda. Tuttavia non ci si riuscì perché il fascio era per l'appunto, molto stretto, concepito per tenere sotto controllo un bersaglio designato dal radar principale, e non per cercarlo di propria iniziativa: la precisione e la grandezza del campo visivo non andavano d'accordo. Il Type 965 era un radar drammaticamente inadeguato (anche senza l'uso delle ECM), soffriva di multi-path e del clutter del mare e della costa. Il Type 1022 dell'HMS Exeter, però, era di nuova tecnologia e si dimostrò ben superiore. Non è un caso che proprio questo caccia ebbe i maggiori successi, anche contro aerei a volo radente.

Del resto gli Argentini avevano studiato bene i limiti del Sea Dart: incredibile a dirsi, le uniche due navi esportate con questo sistema erano state proprio due Type 42 costruiti per l'Armada. Così i piloti argentini impararono ad evitare di essere scoperti da questi sistemi.

Bisogna dire che anche così il Sea Dart fu un buon deterrente. Gli aerei ad alta quota, ad alta velocità (anche non straordinariamente veloci, vedi i Learjet) erano difficili da intercettare per i Sea Harrier. Se questi avessero dovuto abbandonare le medie quote, sarebbero stati in grave pericolo imbattendosi con i veloci Mirage e Dagger. Ma se non ci fossero stati i Sea Dart, per gli Argentini sarebbe stato facile arrivare ad alta quota e poi buttarsi in picchiata, per poi disimpegnarsi a tutto gas. Così, per esempio, gli A-4 avrebbero potuto arrivare scortati dai Mirage e colpire quasi indisturbati. Invece furono costretti ad avvicinarsi a pelo d'acqua, esponendosi al fuoco di tutte le armi disponibili, e con un tempo ridottissimo per vedere e sparare. Le bombe venivano sganciate da quote e distanze così ridotte che spesso non si attivavano in tempo prima di colpire il bersaglio, tanto che molte navi inglesi se la cavarono proprio per questa ragione.

I SAM terrestri ebbero diverso impiego. Almeno 5 gli Stinger tirati, con un solo Pucarà abbattuto, da parte di un'unità del SAS. Il Blowpipe venne tirato almeno in un centinaio di occasioni, solo considerando quelli britannici. In genere era portato dalle Land Rover, ma qui dovette essere portato a braccia. In genere era assegnato alle unità d'artiglieria con piccoli reparti distaccati. Spesso venne tirato anche dalle navi e nell'insieme ebbe inizialmente ben 9 vittorie e tre probabili accreditate. Ma le sue deficienze erano note anche prima della guerra, e infatti si stava approntando il Javelin. Il trattamento piuttosto rude che ebbe questo missile non facilitò la sua efficienza in azione, ma pare che ha solo ottenuto un paio di successi. Gli Argentini hanno anche usato quest'arma, accreditandosi almeno un successo sugli aerei Harrier o Sea Harrier.

I Rapier vennero portati in azione dalla batteria T del 12° Reggimento dell'artiglieria contraerei, con 12 sistemi, e il 63° squadrone del reggimento RAF con altri 8 sistemi, dotati di radar Blindfire ognitempo, e infine la 9a Batteria dell'artiglieria. La batteria T portò con sé solo 19 mezzi di cui 12 Land Rover da 1 t e vari mezzi di comando e rifornimento. L'esercitazione ad Ascension venne fatta con 4 lanciamissili portati dai Sea King a terra, era la prima volta perché prima venivano usati i Puma della RAF. c'era bisogno di 4 corse per una singola unità Rapier:equipaggio, lanciamissili, Land Rover e missili e materiali. Per una batteria servirono 60 missioni e la perdita dei Chinook della Conveyor era stata un duro colpo. I Rapier vennero messi a terra già il 21 maggio ed entro la notte c'erano 12 lanciamissili in posizione, malgrado i danni subiti dagli sganci rapidi dovuti all'approssimarsi degli aerei argentini. Sistemati a semicerchio attorno alla baia degli sbarchi. Solo il 25 venne portata una batteria di lancio quadrupla in posizione molto favorevole, a Wreck Point, per difendere le navi.

Il 27 maggio ebbe luogo anche l'intervento dei Rapier Blindfire della 63a Squadriglia RAF e poi vennero fatti altri spostamenti, per coprire la 5a Brigata e l'8 giugno arrivarono anche a Fitzroy. La batteria T ebbe, secondo il ministero della difesa britannico, 14 vittorie e sei probabili, abbattimenti che dovevano essere confermati da un'altra unità di fuoco che li vedesse cadere.

Il primo impiego venne fatto il 24 maggio, quando venne abbattuto un paio di A-4 diretti verso il transatlantico Canberra. Il missile colpì il primo aereo che coinvolse il gregario nell'esplosione. L'efficienza dei Rapier rimase, malgrado tutto, del 95%, anche se i radar navali erano una fonte di forte disturbo e talvolta gli aerei argentini volavano così basse che talvolta era necessario annullare il lancio, e almeno una nave venne colpita all'alberatura da un Rapier.

Gli Argentini ebbero modo di usare numerosi Blowpipe, ma non pare che alcuno dei SA-7 trovati venne impiegato; i Tigercat non ebbero successi nonostante il numero di armi lanciate fosse discreto, mentre i Roland 2, presenti con un solo tipo leggero, su rimorchio, spostato ogni tanto sui lati del campo d'aviazione e senza mai essere messo fuori uso dagli attacchi, tanto che venne catturato e portato in UK per essere esaminato. La Euromissile dichiarò 4 vittorie e un aereo probabile, dichiarando che il sistema ebbe modo di far cessare gli attacchi a P. Stanley, ma il Mod Britannico ne ha riconosciuta una sola. I sistemi di controllo del tiro vennero attaccati talvolta da missili Shrike, come il TPS-43 danneggiato e catturato dai britannici. A quanto pare (Armi da guerra n.8) l’antenna venne abbattuta da un missile inglese, ma il sistema continuò a funzionare ugualmente (evidentemente con l’antenna bloccata). I cannoni a.a. da 20 e 35 mm avevano i radar Fledermaus o Skyguard e almeno uno di essi venne messo KO da un missile Shrike.

Fonti[modifica]

  1. Sgarlato, Nico: Falklands, una guerra fuori dal tempo, Aerei n.3/1992 pag.20-30
  2. Dall'omonima voce di Wikipedia.it
  3. Armi da guerra 38
  4. Armi da guerra 124
  5. Armi da guerra 114

Commons ha una ricca collezione di foto della guerra